Milano, Roma, Sicilia: giunte allo sbando. Perché?
In una sola giornata sia Pisapia che Marino hanno perso, per ragioni diverse, il proprio vicesindaco, mentre le rispettive giunte sono assalite da venti di dissoluzione.
A Roma lo scandalo ha tagliato le gambe alla giunta che annaspa fra i marosi per restare in sella, ma tutto fa pensare che sia una lotta disperata. A Milano la giunta, che già presentava una pagella tutt’altro che brillante, è in piena liquefazione: dopo il ritiro dalla competizione di Pisapia è partito il “rompete le righe ed ognuno per sé”. Poi Pisapia, tanto per rendere più leggera la situazione, ci ha messo il carico da undici con il suo libro, nel quale sputa veleno su mezza giunta, colpevole, a suo dire, di quel che non ha funzionato. Un sindaco che parla male pubblicamente dei suoi assessori con i quali dovrebbe continuare a lavorare ancora per un anno? Mai vista una cosa del genere.
Ma è niente in confronto ai disastri della giunta siciliana che rischia su una incredibile telefonata fra Crocetta ed il suo medico che dice che la figlia di Borsellino, dovrebbe essere tolta di mezzo come suo padre, mentre lui non risponde. Ma a parte questa infelicissima storia ancora da chiarire, Crocetta pencolava sul ciglio del burrone già da molti mesi. Dopo un avvio più che promettente con l’ingresso in giunta di Battiato, Zicchichi e tutte le altre glorie isolane, tranne Santa Rosalia e la cassata siciliana, ha rapidamente imboccato la strada della dissoluzione: poche decisioni significative, asse con il M5s subito incrinato, cambio di ben 36 assessori, dissenso via via crescente con il Pd che aspettava l’occasione per dargli il benservito. Un disastro senza precedenti. Per ora si è messa una toppa, ma durerà?
Dei sindaci del 2011 nessuno (salvo Zedda a Cagliari) presenta risultati decenti, neppure De Magistris e di Doria non diciamo per decenza, così come della giunta Zingaretti in Lazio. Nel frattempo la sinistra è riuscita anche a perdere Venezia e la Liguria. Come ci spieghiamo un disastro di queste dimensioni?
Limitiamoci al fenomeno delle giunte “arancioni” del 2011, che vinsero di slancio sulla base dei “candidati sindaci “che vengono dalla società civile”. Famosi avvocati, medici, magistrati ecc., persone onestissime, non compromesse con la politica e la cui professionalità avrebbero garantito i migliori risultati. Non è andata così e non è andata così perché così non poteva andare. L’equivoco nasce dall’idea che la mancanza di un precedente impegno istituzionale sia un titolo di merito.
Anche se, in verità, Pisapia e Marino erano stati parlamentari e dirigenti di partito, non avevano avuto nessun incarico amministrativo ed il sindaco, oltre che un politico deve essere un amministratore e ad un livello piuttosto elevato. Che una persona diventi direttamente sindaco, senza nemmeno una precedente esperienza da consigliere comunale è un po’ come dire: “il signore ha insegnato musica al conservatorio ed è un grande musicista, non ha mai avuto incarichi gestionali ed è una persona onestissima: facciamolo presidente dell’Unicredit”. Nessuna persona sana di mente farebbe mai una proposta del genere, e lo stesso per enti come l’Eni o grandi complessi industriali come la Pirelli; sapete dirmi in nome di quale contorto ragionamento, la mancanza di esperienza precedente, in politica diventa un titolo di merito e non un punto debole?
Capisco che la classe politica ha dato il peggio di sé in questi anni, fra corruzione ed incompetenza, per cui c’è una certa ripulsa verso il professionismo politico; ma se finora hai avuto un medico cane che le ha sbagliate tutte, la soluzione non è quella di affidarsi ad un veterinario.
In secondo luogo, il metodo ultra personalistico che ha finito per imporsi dagli anni ottanta, ha distratto l’attenzione dall’aspetto programmatico e progettuale, per cui io voto tal dei tali perché mi piace come personaggio ma non perché vuole rifare le banchine del porto o rivedere il piano regolatore.
Il risultato è che i partiti tendono ad impostare la loro campagna più sulle caratteristiche personali del candidato (è telegenico? Piace alle donne? Ha un bel sorriso? Veste bene? Piace ai portuali?) che sulla proposta politica che spesso proprio non c’è e si naviga a vista. Vi sembra serio?
In terzo luogo, il sistema maggioritario, con le sue strettoie per cui quello che conta è prendere un voto più dell’avversario, spinge spesso l’elettore più a votare contro un candidato che a favore di un altro: io detesto A e voterei B che, però ha poche possibilità di farcela, per cui voto C, che mi convince molto meno, ma può farcela. Con il risultato di una selezione sempre più mediocre del ceto politico. E la scelta della squadra di governo segue queste dinamiche, per cui ad un sindaco mediocre corrisponde una giunta di mezze calzette ancora più mal messe.
Dunque, sarebbe il caso di farla finita con il mito del “sindaco che viene dalla società civile” che, in sostanza, significa il primo che passa in mezzo alla strada. Bisogna aggiungere che il governo delle città è diventato infernalmente più complicato. Se mi offrissero di fare il sindaco di Roma o Milano (tranquilli: nessuno lo fa) manderei scappando chi mi fa una simile proposta indecente. Oggi le città sono praticamente ingovernabili, per cui o il sindaco è Santa Rita da Cascia (santa degli “impossibili”) oppure deve avere un solidissimo supporto organizzativo, fatto di organizzazioni politiche presenti sul territorio, pronte a percepire la domanda dei cittadini ed organizzarla, a fiancheggiare l’azione di governo, con centri di ricerca che analizzino la realtà man mano che si modifica, con un centro politico a latere capace di interloquire con i centri finanziari ed i sindacati, con le associazioni imprenditoriali e le associazioni degli immigrati, con le organizzazioni di categoria dei commercianti e le associazioni culturali e i gruppi studenteschi, ottenendo la convergenza di ciascuno su singoli progetti. Insomma, ha bisogno di un partito serio costruito sulla base della militanza e non del carrierismo, qui abbiamo solo mediocrissimi comitati elettorali il cui principale obiettivo è quello di ottenere un qualche trattamento di favore per questo o quello o (desiderio supremo) magari un contratto di consulenza comunale per l’organizzatore del comitato. Questo poi determina la foresta di falsi consulenti –spesso lautamente pagati- che in realtà sono solo modestissimi galoppini elettorali. Chi pensa che la “società politica dei partiti” è albergata da carrieristi e tangentisti, mentre la “società civile” ospita solo disinteressatissimi angeli si disilluda: le associazioni non sono meglio dei partiti in niente e le professioni sono piene di trafficoni disonesti.
Ma qui i partiti si sono liquefatti e sono solo conglomerate di comitati d’affari, per cui il difetto è nel manico e non basta la faccia pulita di un buon candidato a sopperire al bisogno.
Nella tornata del 2011 erano già presenti in massimo grado le premesse del disastro: personalismo, campagna “contro” senza proposte positive, assenza di programmi, partiti melassa di affaristi, inesperienza della squadra di governo ecc. poi ciascuno (Doria, Pisapia, Marino, De Magistris) ci ha messo del suo per peggiorare le cose, in modo da essere sicuri che nemmeno per caso le cose potessero andar bene.
Qui non si tratta di cambiare uomini, ma cambiare metodo, prendere sul serio la politica che non è un gioco per principianti.
Aldo Giannuli
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Gaz
Si sa, gli intubati catodici hanno un raggio d’azione e reazione limitato.
fortebraccio
crocetta era stato messo,li,per pagare i titoli tossici,alle banche straniere,e ora che lo ha fatto,va isolato,e buttato fuori! viva l italia,l italia svenduta agli interessi stranieri!
Herr Lampe
Mi pare manchi un elemento e proverò a essere sintetico.
La stagione arancione era legata ad un tentativo, spontaneo e genuino, di rinnovamento all’interno della cornice del “centrosinistra” (…ci siamo capiti).
Ragion per cui si sono votati alle primarie e alle elezioni poi, candidati in opposizione a quelli proposti dal pd. Una stagione che doveva fungere da trampolino per Vendola alla fin fine.
Il problema, oltre a quello da Lei posto, è stato quindi il fallimento di quel progetto quando, caduto Berlusconi, il pd ha scelto di sostenere Monti, bruciando così Vendola.
Ergo: il problema era – e rimane – il pd, che rimaneva comunque l’azionista di maggioranza di ognuna di quelle esperienze, con tutte le conseguenze del caso (ad esempio quella schifezza di Expo).
Le torna questo ragionamento?
Gerardo D'Ambrosio
Sulla questione crocetta ho letto un post di Filippo astone, che ha lavorato con lui per un po’, e che dice che in effetti non ci sente bene e al telefono è spesso distratto e fa contemporaneamente altre cose. Può essere che davvero non abbia sentito la frase del dottore? Sulla gestione di un comune. Ho lavorato per un po’ di tempo in un comune, piccolo, sotto i 15000 abitanti. Ho notato che la amministrazione politica spesso è succube di quella tecnica. I bilanci sono blindatissimi, poi col patto di stabilità c’è pochissimo argine di manovra, e con i continui tagli..insomma, credo che fare il sindaco di Roma o milano sia un’impresa destinata al fallimento per chiunque. Certo, forse un amministratore consumato riuscirebbe meglio di un non professionista a non farsi coglionare dall’apparato burocratico.
Aldo Giannuli
può darsi sulla frase al telefono, però la prova complessiva di governo è un pianto
marcot
Buongiorno Prof. Giannuli,
qui la questione non è nemmeno di metodo e il problema non è solo che la politica richieda serietà. Se un Paese si trova a dover scegliere tra un ignorante onesto e un competente ladro, è perché tra le persone competenti non trovi più un onesto neanche a pagarlo. L’onestà non è una questione di metodo: è una qualità morale e pertanto è una caratteristica prepolitica. Se in un Paese di 60 milioni di abitanti gli onesti si contano sulle dita di una mano, è ovvio che chi ricopre responsabilità amministrativa sia – per un semplice motivo stocastico – un dannato ladro. E specialmente se alla successiva tornata elettorale il suo partito, anziché scomparire, viene rivotato da milioni di cittadini.
Affinché gli Italiani tornino ad essere passabilmente (non dico tanto: passabilmente) onesti, occorre una rivoluzione culturale di dimensioni epocali. Siccome essere integri comporta auto-disciplina, auto-severità, auto-rigore, bisogna che si riscopra il valore di LIMITARE le libertà personali, non di aumentarle. Parafrasando M. Crichton: per tanto tempo ci siamo chiesti quali libertà potremmo ottenere, ora è giunto il tempo di chiedersi quali libertà NON dobbiamo avere.
Rubare è una di queste.
Saluti,
Marco
Aldo Giannuli
be non esageriamo, non è vero che l’onestà sia così rara, neppure fra le persone preparate
Riccardo
Giannuli, a mio parere le sue analisi, come al solito, sono un tanto al chilo.
In primo luogo, è scorretto mettere tutti sulla stessa barca. Si può dire di tutto, ma bisogna relativizzare, e facendolo si deve concludere che De Magistris ha fatto bene a Napoli, come Zingaretti al Lazio. Detto questo, lei si scorda che tutti i sindaci e governatori in difficoltà (per usare un eufemismo) non sono renziani o comunque non di stretta osservanza piddina. E nonostante alcuni ci abbiano messo del proprio per cadere in disgrazia, non si può fare a meno di notare che a pari o peggiore incapacità e mal governo, ci sono ancora sindaci bene in sella, vedi quelli di Bologna e Firenze, solo perchè “allineati”.
benito
il problema non e’ soltanto incapacita’ e/o la corruzione dei pubblici amministratori trasversalmente diffuse, ma l’intera classe dirigente che comprende a pieno titolo anche imprenditori scalzacani e collusi.
E questo e’ il segno dei tempi per una societa’ in declino inesorabile.
luigi
Professore sono d’accordo con Lei ! A parte una trascurabile dimenticanza: il sindaco Merola di Bologna. Il peggiore che si ricordi dalla Liberazione avrebbe meritato una menzione.
P.S. A quando un bell’articolo sulla Hacking Team?
Riccardo
Merola non rischia perchè obbedisce al partito e si è schierato coi vincenti. Stesso discorso per Nardella a Firenze. La loro amministrazione è un pianto, ben peggio di Pisapia e Marino, ma Giannuli li dimentica per poter sostenere la sua linea, che è quella di denigrare personaggi che hanno provato, per quanto poteva permettergli la loro cultura politica, a rappresentare qualcos’altro ed hanno fallito un po’ per demeriti propri, ma molto di più perchè il PD non li ha mai sopportati. Il caso Crocetta è la dimostrazione di quanto dico, l’attacco sferratogli viene dal PD nazionale ed è un chiaro tentativo di disarcionarlo, per mettere al suo posto un renziano. E tutto questo al di là dei demeriti dello stesso Crocetta.
Il problema di Giannuli è il suo orientamento pro M5S che non fa neppure finta di nascondere. Quando vedrò un articolo serio che si scaglia contro Pizzarotti o Nogarin con la stessa veemenza con cui attacca Pisapia, quando lo vedrò smascherare l’atteggiamento anti democratico che il M5S mostra in Parlamento (o quello del 90% dei suoi militonti) con la stessa cattiveria con cui maltratta (giustamente, per carità) il PD o la finta sinistra italiota, allora significa che avrà mostrato equilibrio, cosa che ora non ha.
luigi
Riccardo,
Merola è molto peggio di Pisapia. Questi ha almeno provato a fare qualcosa mentre Merola oltre a non fare nulla si è prodigato in cose affatto inutili: una per tutte le piste ciclabili! Sono di lunghezza trascurabile, vengono utilizzate da nessuno però hanno ristretto punti critici del traffico veicolare. Tale personaggio è però in fase di avanzata cottura politica ed è poco probabile che venga ripresentato alle prossime elezioni.
Sebastiano Nicolosi
Perché si ritiene il veterinario un medico in senso dispregiativo? Un veterinario è abituato a diagnosi senza la, a volte fuorviante, decrizione data dal paziente: non è un punto di qualità? E i pazienti non sono diversi, almeno così sostengono i fautori della sperimentazione animali (tra i quali io di certo non mi annovero, ma per motivi etici)…
Aldo Giannuli
non disprezzo affatto dico solo che cura…. ammalati diversi