Lo “spostato” non fa più notizia
Hyvinakaa, Finlandia, cecchino 18enne spara all’impazzata sulla folla ed uccide due persone (anche esse 18enni) e ne ferisce altre sette, poi si arrende.
Ovviamente, il gesto di un folle:
“La Repubblica” del 27 maggio 2012, pag 18 pezzo di taglio baso su 6 colonne su 78 righe
“Corriere della sera” p. 21, pezzo taglio basso, titolo 7 colonne, 108 righe
“Sole 24ore” pag. 9, breve titolo su 1 colonna 21 righe.
Sui rispettivi siti la notizia è comparsa il 26 maggio ed ha resistito 24 ore.
Insomma, non pare che lo “spostato”, che sale sul tetto e fa una strage, faccia più notizia.
I morti erano solo due? Se è per questo a Brindisi è morta una sola persona eppure ne stiamo parlando ancora dopo una settimana (giustamente).
Ma Brindisi è in Italia e Hyvinakaa nessuno sa dove si trovi. Vero, però anche Utoya è un posto sperduto in Scandinavia e l’impatto mediatico fu enorme.
Ma ad Utoya i morti furono decine. Va bene: allora i direttori dei giornali ci dicano quale è il coefficiente minimo, ricavato dividendo il numero di morti per il numero dei Kilometri di distanza, per ottenere la prima pagina.
Scusate l’apparente cinismo di queste righe, ma il fatto che una notizia di questo tipo riceva così scarsa attenzione mi manda in bestia. Sarebbe il caso di protestare sui siti dei rispettivi giornali, vi pare?
Vero è che in Finlandia ci sono stati tre precedenti simili dal 2007, però non possiamo far finta di ignorare che questo è il sesto caso in dieci mesi di “folle solitario” che fa una strage. Può darsi che questo dipenda dal malessere sociale che esaspera i comportamenti estremi (e si pensi ai suicidi), può darsi che qualche “mano invisibile” stia eccitando questi comportamenti, può darsi anche che alcuni casi siano dovuti alla prima cosa ed altri alla seconda. Come vi pare, in ogni caso siamo di fronte ad una grave patologia sociale che non possiamo ignorare.
Sembra quasi che questa scarsa attenzione al caso finlandese contenga un sottomessaggio: questa è la nuova normalità, facciamoci il callo, perché altre ne vedremo.
Può anche darsi che ci sia una sorta di decisione di non enfatizzare casi del genere, per scoraggiare sindromi imitative di persone disturbate che, per avere un quarto d’ora di “celebrità”, fanno un massacro. E potrebbe anche starci, anche se la simultaneità con la quale tutti si sono adeguati a questo indirizzo (e considerando che non di pezzi di agenzia sembra trattarsi, ma di pezzi di propri corrispondenti), lascia pensare a direttive in questo senso. Il che sarebbe un fatto abbastanza allarmante.
Comunque la si rigiri, c’è qualcosa che non va.
Aldo Giannuli
brindisi, finlandia, la repubblica, stragi, utoya
giandavide
è chiaro che c’è qualcosa di strano, ma devo dire che l’interpretazione che disprezzo più propfondamente è quella della malattia sociale: siamo tutti malati, quindi è normale che ci sia gente che ammazza altra gente. non sono loro che riesumano sentimenti nazisti di purificazione attraverso la morte, quelli strani sono tutti gli altri ed è logico che qualcuno “si svegli”. questa mi pare la quintessenza dei ragionamenti pericolosi e antisociali, non a caso divulgati da gente come giulietto chiesa, persona che non stimo affatto data l’unilateralità pro urrs e pro autoritarismo che ha espresso in questi ultimi anni. io credo che ci sia come al solito molta tolleranza verso l’estrema destra, molto più rappresentata nei parlamenti dell’estrema sinistra, e quindi una chiara volontà di non coinvolgere deteminati soggetti. e un discorso simile può essere fatto per la mafia. sarò complottista, ma, nonostante le immagini di trucebaldazzi che mette la bomba nella scuola media rastignano che parlano chiaro sul concetto di “vendetta vera”, continuo a non essere convinto da certe interpretazioni che non fanno altro che diluire il senso di colpa tra tutti, in modo squallidamente cattolico, con l’unico scopo di giustificare e sollevare i veri responsabili dalle loro responsabilità, che non penso proprio sono dei trucebaldazzi qualsiasi (nonostante la frase premonitrice “non finirò in galera” che forse indica la scarsa fiducia nelle capacità degli inquirenti nel prendere i colepvoli) ma dei soggetti molto più organizzati .
in fondo spostare l’attenzione sui pazzi, che come diceva foucault rappresentano anche il nostro limite di comrpenderli, sta sempre per un rifiuto di capire, una volontà di fermarsi all’apparenza e alla descrizione, guardandosi bene dal fatto di provare a interpretare la sostanza, ma di fermarsi alla forma, oppure, detto in altro modo, di guardare alla superficie delle cose ma trasfigurandola con una proiezione distorta della loro profondità che non permette nemmeno agli elementi superficiali di mostrarsi per come sono. e quindi ci propinano la finta spiegazione profonda del folle, e quindi del gesto che non potremo mai comprendere, con lo scopo che essa cancelli le tracce lasciate in superficie.
oppure mi sto sbagliando io e in realtà ci dovremo dedicare tutti all’esegesi di trucebaldazzi…
Sante
Dov’è la novità? In quanti libri dell’Apocalissi è scritto da millenni l’epilogo di una civiltà? I tecnocrati dell’UE o i banchieri dell’alta finanza cos’hanno di meno apocalittico di terroristi e ‘pazzi isolati’ ?
Caruto
Argomento complicato.
1) Sul ruolo dei media: Corradino Mineo in uno dei suoi interventi serali a RaiNews24 diceva una cosa che non sapevo: nel passato i casi di suicidio venivano censurati per evitare le emulazioni. In questi mesi si sta scegliendo di dare la notizia perche’ si valuta che completi l’informazione sulla crisi.
2) I suicidi italiani sono inferiori, di molto, a quelli del Nord Europa (Germania e Svezia compresa; notizia ricava da Radio3Scienza di qualche settimana fa). La valutazione e’ che le reti familiari e sociali dell’europa meridionale sono una protezione culturale e psicologica per gli individui, che sono meno “individui” e piu’ “snodi di rapporti”.
3) Cancrini, in una delle sue risposte sull’Unita’, tendeva ad escludere motivazioni psichiatriche per questa nuova ondata di suicidi. Ne deduco che una parte delle persone che si suicidano possa essere classificato psichiatricamente in salute. Nei mesi scorsi lo stesso Cancrini era intervenuto per il suicidio assistito in Svizzera di Lucio Magri, facendo considerazioni analoghe: dolore fortissimo per perdite affettive, eta’ avanzata, sensazioni di sconfitta personale, pongono il problema del diritto a porre fine alle proprie sofferenze.
4) Non so dire se i media dedicano molta o poca attenzione alle stragi di singoli assassini (si potrebbe fare presso qualche istituto specializzato che magari gia’ effettua questo tipo di osservazioni). Rimane il fatto che, mi pare, negli USA accade piu’ spesso (dovrebbe essere relativamente semplice fare delle verifiche, eventualmente con le serie storiche degli ultimi tre decenni per capire se i numeri salgono o scendono) anche per la maggiore quantita’ di armi a disposizione. Posso ipotizzare che il prevalere di un modello sociale fondato sulla “quantita’ del posseduto” sia antagonista di quelle reti di protezione (dall’angoscia, dal dolore, dall’indigenza) che sembrano funzionare (ancora) per le popolazioni dell’Europa mediterranea. Pero’ dovremmo ricordare che quelle reti di protezione sono anche all’origine di fenomeni che definiamo criminali o illegali (familismo amorale, clientelismo, mafie, evasione fiscale). Queste reti sociali vengono erose dall’economia di mercato e dell’accumulazione capitalista. Volando alto: suggerirei di leggere le meravigliose pagine di letteratura britannica del 1800 con le descrizioni della fine del vecchio mondo di relazioni e la nascita di un nuovo tipo di miseria familiare, morale, sociale ed affettiva. Tutto cambia, anche la fenomenologia della sofferenza e del dolore, e quella della risposta a questa sofferenza ed a questo dolore.
5) Karl Marx direbbe che dipende dal tipo di formazione storica economico-sociale.
6) Conclusione (provvisoria): non necessariamente ci deve essere un suggeritore attivo e consapevole, anche se non lo escludo perche’ potrebbe fare parte della fenomenologia espressa dalla formazione storica economico-sociale. Potrebbe darsi il caso, invece, che il prevalere del modello socio-economico fondato sulla quantita’ che (lo dico in estrema sintesi) vede nel PIL l’unico indicatore di successo, possa rendere piu’ probabile i comportamenti violenti individuali (per es. mettersi a sparare per ammazzare ed ammazzarsi). Altrimenti non riuscirei a spiegarmi la maggiore quantita’ di suicidi in regioni dove vi e’ un successo economico maggiore. Si puo’ anche ipotizzare un pregresso storico-culturale che si aggiunge, a parziale spiegazione dei comportamenti individuali di dare-avere morte.
Kurtz
Sul caso finlandese,non possiamo ipotizzare nulla in un senso o nell’altro, non avendo avuto modo di approfondire il contesto specifico e gli elementi a disposizione.
L’unica certezza è che quanto avvenuto non ha nulla a che vedere con quanto avvenuto a Brindisi,dove i colpevoli (veri) difficilmente verranno scoperti, a meno che dopo molti anni lo Spatuzza di turno decida di uscire dall’Organizzazione, iscriversi al programma di protezione , e confessare.
Per quanto riguarda invece la strage di Oslo-Utoya, alcuni elementi non molto chiari vi furono eccome. Questo con tutta la prudenza che si può avere quando si parla di un paese come la Norvegia, nazione generalmente piuttosto tranquilla, ultra progredita culturalmente e politicamente, e con modesta importanza strategica internazionale.
Che Breivik’s fosse l’utile idiota/psicopatico di turno non è una ipotesi peregrina.
Il modus operandi è stato osservato in molti attacchi precedenti dello stesso tipo per cui l’immaginazione non dovrà essere sottoposta a sforzi eccessivi.
Il primo sistema, piuttosto ben rodato, è quello di organizzare, contemporaneamente o a ridosso degli attentati, delle “esercitazioni militari” che seguiranno – guarda un po’ la coincidenza – la stessa falsariga di ciò che avverrà durante gli attentati “veri”. Il sistema ha lo scopo di far circolare liberamente – col pretesto dell’”esercitazione” – gli uomini, i mezzi e i materiali che dovranno servire al “folle solitario” per portare a termine l’attacco. Questo sistema è stato utilizzato per gli attacchi dell’11 settembre negli Stati Uniti, quando il NORAD e il Consiglio di Stato Maggiore americano avevano in corso “esercitazioni” riguardanti il dirottamento di un aereo governativo e lo schianto di un velivolo contro un palazzo. Stesso discorso per gli attentati a Londra del 7 luglio 2005, avvenuti “incidentalmente” proprio nel momento in cui governo e polizia stavano conducendo una “simulazione” di attentato nella metropolitana londinese
Qualcosa di simile è avvenuto per l’attacco “con autobomba” nel centro di Oslo, che non ha colpito solo la sede del giornale Verdens Gang, come alcune fonti di stampa hanno riportato, bensì vari edifici governativi, presumibilmente affinché il messaggio arrivasse forte e chiaro.
Se si necessita di uno o più psicopatici pronti a compiere una strage in qualunque paese del mondo, le organizzazioni d’intelligence (*), grazie ad un’esperienza ormai cinquantennale nel campo, possono fornirne a volontà.
Dopo i malumori sussurrati in alcuni ambienti NATO nei mesi precedenti, chissà se dopo questa “folle” strage il primo ministro Jens Stoltenberg avrà capito l’antifona, e lasci perdere la politica estera filo palestinese e contro le missioni militari, e diventi più “sensibile” al problema del terrorismo..
PS: (*) in questo caso non inteso come i “Servizi Segreti” nel senso ufficiale, ma la claque più militarista e reazionaria che forma un organizzazione clandestina e non ufficiale all’interno dei Servizi stessi, coordinata con i loro corrispondenti “amici” dell’Alleanza Atlantica. Chi scrive poi, non considera nemmeno gli americani i “cattivi” del mondo. In quanto a spregiudicatezza e spregio di ogni diritto civile e democratico, russi e cinesi sono pure peggio.
Ma questa è solo una considerazione personale
Saluti
menici60d15
Nuovi terrorismi e sensibilità letterarie dei Carabinieri
Se avessi velleità accademiche, se fosse questo il mio campo e se non avessi altro a cui badare rivendicherei di essere stato in Italia il primo, o tra i primi, a indicare questa nuova forma di terrorismo, e a darne un’interpretazione, prima che avvenissero i fatti ai quali viene comunemente legata:
Leopardi, Unabomber e altri eversori http://menici60d15.wordpress.com/leopardi-unabomber-e-altri-eversori/ (2010)
Oggi, con gli inquirenti che parlano come prima ipotesi di attentatore isolato che “odia il mondo” per la bomba a Brindisi (e poi nascondono il braccio), si può dire che il concetto sia stato ormai efficacemente inoculato nell’opinione pubblica; tanto da “non fare più notizia”. Diversi commentatori anche progressisti, come G. Chiesa, hanno dato il loro profondo contributo all’affermazione culturale del tema del terrorismo alla “se perdo la pazienza mi scatta la iulenza”:
Terrorismo multipronged ? http://menici60d15.wordpress.com/2012/05/19/terrorismo-multipronged/
Sempre su “il Fatto” la scrittrice Lidia Ravera ha sostenuto (“Il massacro senza ragione di una persona “normale”) la tesi nella sua forma forte, per la quale anche una persona nomale può lanciare una bomba a casaccio, es. contro delle ragazzine, senz’altra motivazione che un generico ma smisurato odio. Il più votato dei commenti al suo articolo online: “Avvisate gli investigatori! la Ravera ha risolto il caso: l’assassino è un uomo normale. Si dia inizio alla caccia. Avvisate anche la comunità scientifica, il tratteggio della patologia criminale è servito: è un portatore sano di odio. Sicuramente misogino.”
Non si può dire che questo e altri crudeli sbeffeggiamenti la Ravera non se li sia meritati. Ha perso un’occasione; gli scrittori, esperti di sentimenti e passioni, potrebbero dare un loro contributo sull’argomento distinguendo i concetti che si sta tentando di unificare in un grottesco e immondo pastone. Potrebbero trattare di una distinzione preliminare fondamentale: quella tra l’odio endogeno, che nasce da oscure alchimie interiori, e l’odio indotto, che porta qualunque persona, se sufficientemente esasperata, a rispondere a sua volta con una zampata agli animali che non smettono di tormentarla. Possono sviluppare il tema di come evitare di accettare lo scambio che coloro che vogliono indurre l’odio, persone animate da un’aggressività ferina, miserabili da compiangere, cercano di ottenere tra loro e chi riceve le loro persecuzioni; nel tentativo di appropriarsi di qualità e virtù delle quali sono sprovvisti.
Gli scrittori possono specificare quali sono le abissali differenze tra le dinamiche della ribellione sociale, di chi si dipinge la faccia e grida “Si se ‘ntosta a nervatura mett’a tutt’e ‘nfaccia o muro”, e quelle, precise come un congegno a orologeria, del terrore senza volto seminato dal potere. Possono raccontare come a volte si assecondino e incoraggino le reazioni all’ingiustizia per poterle meglio reprimere. Possono raccomandare la cultura come antidoto, indicando come avere letto qualche libro non alla moda, pensare contro l’opinione corrente, discutere contro sé stessi, aiuti a non cadere nella trappola. Potrebbero spiegare che chi si consuma sui libri e critica la follia umana come Leopardi – quel loro collega – è l’antitesi del terrorista; ed è tra i bersagli di chi confeziona il terrorismo e dei fiancheggiatori.
Questa concezione per la quale chiunque è sospettabile di essere un terrorista, soprattutto se è scontento, protesta o critica, nuova nella declinazione, che è adatta ai tempi, ma in fondo non una novità storica nella sostanza, ha un’evidente dimensione narrativa; credo sia interessante a questo proposito considerare il variegato rapporto che quelli che dovrebbero fermare la nuova minaccia, cioè i Carabinieri, hanno con la narrativa e le lettere. Nelle fiction sui CC si dà un’immagine dei custodi dell’ordine edulcorata e gigionesca fino allo stomachevole, che fa pensare a gusti letterari fanciulleschi; del resto, la figura di terrorista che è stata abbozzata dai commenti ai fatti di sangue recenti e pregressi è degna dei copioni su don Matteo e il maresciallo Frassica.
E’ opinione comune, rafforzata dalle barzellette, che i Carabinieri parlino male e scrivano male. Allo stesso tempo, sembra diano un’importanza perfino eccessiva alla forma. Sfogliando un libro di quiz per l’esame di ammissione a sottufficiale dei CC ho visto che ricorrevano le domande sui plurali dei nomi composti (“pescespada”, “cassaforte”), una delle parti più arzigogolate e noiose della grammatica italiana; pedanteria lievemente sadica, da caserma. I peggiori sono quelli che, intervistati da qualche emittente locale, si esprimono con termini inutilmente ricercati, e non appropriati, per fare vedere che non sono solo abili investigatori e uomini d’azione.
D’altra parte, i CC a volte fingono un’ignoranza che non hanno; per fare calare le difese all’interlocutore, o per fare passare per colpa ciò che è dolo. Il prof. Giannuli pochi giorni fa ha tacciato di inettitudine il ministro Cancellieri per le indagini sull’attentato di Brindisi; ma a volte fa comodo ai poliziotti “play dumb”, come il commissario di “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” (1970), che storpia volutamente “via del Tempio” in “via del Tempo” dopo avere dato del cretino a un suo sottoposto per lo stesso errore. Così facendo si può meglio sostenere, ad esempio, che per “Gradoli” si intendeva in buona fede il paesino vicino al lago di Bolsena, non la via di Roma dov’era il covo dei brigatisti che ebbero parte nell’esecuzione di Moro; nonostante che proprio in via Gradoli il Sisde e anche il capo della polizia Parisi avessero intestati alcuni appartamenti.
Gli ufficiali dei Carabinieri che si occupano di analisi del crimine o di redigere comunicati si esprimono in buon italiano, presentando a volte, come i professionisti di altri campi, concetti istruttivi. Ma non sono solo gli alti gradi quelli dai quali si può apprendere. Piero Chiara, un maestro del narrare e dell’uso dell’italiano, dopo avere elencato i grandi scrittori dai quali ha imparato l’arte aggiunge: “Ma c’è stata una schiera di scrittori involontari che ho preso in considerazione durante gli anni nei quali ho lavorato nell’Amministrazione della giustizia: quella dei marescialli dei carabinieri. Ho letto migliaia di verbali nei quali uomini semplici e pieni del senso della realtà si studiavano di riferire i fatti nel modo più chiaro possibile. I marescialli dei carabinieri non facevano riflessioni né si abbandonavano a introspezioni psicologiche: riferivano puramente e semplicemente. Mi sono capitati sotto gli occhi dei piccoli capolavori di narrativa, dai quali ho imparato a raccontare vedendo nella mente i fatti come in un film e studiandomi di tradurli in parole semplici e precise”.
Tornando agli emuli di Breivik e di Kaczynzki, credo non sia irrilevante che i Carabinieri, nella loro rivista “il Carabiniere”, direttore il Comandante generale dell’arma, abbiano 15 anni fa ospitato un saggio (“Vi racconto Lord Jim”, Il Carabiniere, dic 1997) dell’italianista statunitense TJ Harrison, l’autore secondo il quale oggi un Leopardi, date le sue critiche, andrebbe considerato come un potenziale Unabomber (v. Leopardi, Unabomber…, cit.). Queste del pazzo furioso o del savio impazzito che ricorrono alle bombe per esprimersi, del normale che fa una strage gratuita, o dell’emarginato che avendo perso la fiammella della speranza perde anche quella della ragione, sono narrazioni che per andare in scena necessitano di violenze sanguinose e di forme meno evidenti ma anch’esse gravi di violenza illecita. Corrono su binari fissi allestiti già da diversi anni, imposti dai massimi poteri e sorretti com’è tradizione da complicità dei poteri dello Stato; credo, sulla base di quanto ho visto coi miei occhi, che siano narrazioni eversive che, per quanto contrastino col “senso della realtà” di un qualsiasi bravo maresciallo, e per quanto servano a costruire una diversa e ingiusta realtà sociale, le forze di polizia nazionali non possono che ripetere, astenendosi dall’applicare il loro sapere, se non per arricchirle e renderle più credibili; obbedendo agli ordini, nello spirito dell’allievo che deve conoscere che le parole “il capostipite”, “il caposquadra”, “la capoclasse”, “la capocuoca” seguono ciascuna una diversa regola per la formazione del plurale.
aldogiannuli
questa del pezzo su Leopardi sulla rivista “Il Carabiniere” me l’ero persa: grande! Grazie per la segnalazione.
menici60d15
No, “Il Carabiniere “ non ha pubblicato il saggio ““Leopardi, Unabomber” di TJ Harrison, Dip. di italianistica, Columbia university, e Istituto italiano di cultura, New York, 1999. (Un’istituzione piuttosto diversa da com’era ai tempi di Prezzolini; una delle tappe delle visite ad limina dei personaggi italiani in cerca della benedizione USA, come Vendola). E’ consultabile in: Giacomo Leopardi: Poeta e filosofo , ed. Alessandro Carrera (Firenze: Cadmo, 1999), pp. 51-60. L’arma dei Carabinieri ha però mostrato interesse per questo singolare autore, Harrison, che su Il Carabiniere ha trattato il tema di Lord Jim, di Conrad. Harrison ha anche nel suo curriculum l’intervista televisiva “Mussolini’s Secret War”, one-hour documentary for The History Channel, 2001, che pure potrebbe interessarle.
Lo “spostato” non fa più notizia | FiascoJob Blog
[…] aldogiannuli.it […]
Massimo
Da qualche tempo ho letto degli interessanti articoli riguardanti il metodo Mk Ultra utilizzato dagli americani dopo la seconda guerra mondiale, poi abbandonato negli anni 70 e successivamente ripreso sotto il nominativo Monarch; si tratta di metodi per il condizionamento psicologico delle persone e il loro, in alcuni casi, asservimento alla volontà di un controllore, l’handler.
Seguo da un po’ di tempo la battaglia del magistrato Paolo Ferraro che sostiene di essere venuto a conoscenza dell’esistenza di sette esoteriche massoniche anche dentro l’esercito italiano ad alti livelli; non so perchè ma ho l’impressione che questa moltiplicazione di folli potrebbe essere legata alla ripresa in grande stile di questi progetti aberranti, magari col fine di diffondere ulteriormente paura ed insicurezza in tempi come i nostri che già a livello economico sono molto preoccupanti.
Vorrei conoscere la sua opinione dott. Giannuli.
Francesco
DALLE ULTIME INDISCREZIONI PARE CHE LO “SPOSTATO” SIA UN BENZINAIO DI UN PICCOLO PAESINO COPERTINO. QUALCUNO DICE CHE L’ATTENTATO ERA RIVOLTO NEI CONFRONTI DEL PRESIDE DI QUELL’ISTITUTO. IL BENZINAIO SOTTO INTERROGATORIO DA MOLTE ORE ANCORA NON HA CONFESSATO.