Terre rare e rapporti russo-cinesi.
Da ieri è in distribuzione nelle edicole ed in libreria il nuovo numero di Limes, il cui titolo questo numero è “Cina, Russia, Germania unite da Obama”. All’interno, per chi fosse interessato, potrete trovare anche un mio saggio intitolato “Terre rare e rapporti russo-cinesi”, di cui vi propongo di seguito una breve anticipazione. Il sommario del numero, l’editoriale video del Direttore Lucio Caracciolo, qualche carta e le prime pagine di alcuni articoli sono consultabili sul sito della rivista, che ringrazio per l’ospitalità. Buona lettura!
Terre rare e rapporti russo-cinesi.
Nel 1986, Deng Xiaoping, varando il “programma 863”, mirato a conquistare il controllo del mercato del settore dichiarò: “I paesi arabi hanno il petrolio, la Cina ha le terre rare”. Esse sono i «diciassette elementi rari»: ittrio, scandio e i quindici appartenenti alla famiglia dei lantanoidi che perciò chiameremo i “15+2”; hanno la caratteristica di esercitare un magnetismo resistente anche alle alte temperature. Sono indispensabili per la produzione di hard disk, satelliti, laser, macchine fotografiche digitali, pale eoliche, lampade fluorescenti, motori elettrici ibridi, telefoni cellulari, proiettili teleguidati, radar di nuova generazione e moltissime altre merci, anche di interesse militare.
Per la verità, questi elementi non sono così “rari” quanto il nome farebbe supporre: si stima che le riserve mondiali siano di 99.000.000 di tonn: pur raddoppiando il consumo previsto per i prossimi anni, ce ne sarebbe per circa 4 secoli. Ma, la loro estrazione e trattamento richiede tecnologie costose, perché questi elementi non si trovano in natura allo stato puro ed occorre raffinarli e ossidarli, per cui, dato che una buona parte di essi si trova in giacimenti a bassa concentrazione, non è economicamente conveniente estrarli.
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La Cina è il paese con la maggiore riserva di metalli rari (fra il 35 ed il 45%) e, dal 1986, ha profuso il massimo sforzo per sostenere la ricerca tecnologica nel settore. Sfruttando le importanti economie di scala, essa è riuscita ad ottimizzare la filiera in modo da offrire prezzi che hanno eliminato tutti i concorrenti.
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Certamente, la Russia detiene le maggiori riserve dopo la Cina. Sembra che si tratti del 20% delle riserve mondiali conosciute, ma ci sono state nuove scoperte nella regione di Murmansk e nella penisola di Kola. Inoltre, mentre i giacimenti sudafricani, australiani, indiani e brasiliani non assicurano il rifornimento dell’intera gamma dei “15+2”, è praticamente certo che i giacimenti russi sarebbero in grado di fornire tutta l’intera serie.
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Che la Russia abbia tutto l’interesse a valorizzare queste sue risorse è fuori discussione: in primo luogo per differenziare la sua offerta sul mercato mondiale, ma anche per tutelare i suoi interessi militari. E, in effetti, la caduta dell’offerta cinese (di cui si parla ampiamente nella ampia parte di saggio non pubblicata sul sito ma presente nel volume in distribuzione) ha aperto un varco alla Russia per entrare nel mercato delle terre rare. E l’iniziativa è venuta dal gruppo Ist, di Aleksandr Nesis, che ha costituito una joint-venture con la società statale Rostekh, e ad un grande fondo d’investimento: un miliardo di dollari, da stanziare entro il 2018, per avviare lo sfruttamento di un territorio di circa 250 Km quadrati in Yacuzia da quale si spera di ricavare 154 milioni di tonnellate di elementi come l’ ittrio, il niobio, lo scandio ed il terbio21. L’impianto dovrebbe essere terminato entro il 2017, per entrare a pieno regime soltanto nell’anno successivo.
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Ma, quel che più conta, è che la prospettiva di porsi come concorrente dei cinesi è messa fortemente in discussione dall’evolvere della situazione politica dopo la crisi ucraina. E’ noto che gli americani hanno sempre visto con sfavore la dipendenza della Ue dalla Russia per le forniture di gas ed hanno costantemente operato per il fallimento del progetto Southstream. Ovviamente, una dipendenza della Ue dalla Russia anche per le terre rare farebbe pendere la bilancia verso est, una prospettiva che gli americani considerano con orrore. Pertanto, se gli Usa avessero successo nell’imporre la politica delle sanzioni verso Mosca, questo non riguarderebbe solo il gas, ma, ovviamente, anche le terre rare. In ogni caso, Mosca non può guardare alla Ue come un mercato affidabile. Ma, senza lo sbocco Ue resterebbe il solo Giappone: troppo poco per sostenere una ipotesi concorrenziale con la Cina. Vice versa, inizia a profilarsi la convenienza di una collaborazione di cartello con Pechino, seguendo la strada inaugurata dall’accordo sull’energia del 20 maggio scorso. Russia e Cina (che sono già collegate dal “patto di Shanghai”), insieme, rappresentano circa il 60% delle riserve disponibili e possono praticare prezzi impossibili ad altri; sarebbero un cartello imbattibile, che detterebbe i prezzi mondiali. In secondo luogo, la Russia potrebbe ricavare le tecnologie necessarie per avviare uno sfruttamento economicamente conveniente delle sue risorse.
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Anche la Cina, peraltro, avrebbe la sua convenienza: il cartello con la Russia eliminerebbe l’unica vera alternativa al suo monopolio, inoltre favorirebbe tanto la realizzazione di quella “via della seta” vagheggiata da quasi un ventennio, quanto l’aggancio diretto alla Germania, nella speranza di un suo distacco dal carro euro-americano o, quantomeno, di un affievolimento di quel legame.
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Ma, più importante ancora, ci sarebbe una convenienza militare, di cui si è parlato pochissimo in questi anni: la produzione di laser e droni di nuova generazione ma, soprattutto, la questione delle armi ad energia diretta, di cui approfondisco i contenuti nel saggio pubblicato sul numero in edicola.
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E, dunque, accanto alla partita energetica ed al progetto di una nuova via della seta, le terre rare possono costituire, per ragioni tanto economiche quanto politiche e militari, il terzo legame stategico fra Cina e Russia.
Aldo Giannuli.
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leopoldo
Sarebbe simpatico sapere i nomi dei teorici della guerra di sanzioni scatenata contro la Russia da USA-EU, se hanno un qualche idea dei danni che possono provocare, finché le sanzioni sono unidirezionali da USA-UE verso Russia sono ammesse, nell’altro senso sembra siano una cosa scorretta, ingiusta, un abuso autoritario. Chi aggredisce ha diritto di picchiare, mentre la vittima non può difendersi e deve subire finché non cede. Se USA-EU non cambiano atteggiamento il mondo eurocentrico avrà un brutto risveglio nei prossimi 2 anni.
leopoldo
La Germania cmq deve cambiare politica economica, perché Russi e cinesi non sono certo disposti a fare ricettacolo delle merci tedesche.
qui un articolo di come girano il pomodoro in africo incluso quello cinese