La vittoria di Obama
Alla fine Obama ce l’ha fatta su Romney, ma parlare di “trionfo”, come fanno molte testate fra le più note, mi pare fuori luogo. Certo lo stacco dal rivale è considerevole e superiore al più favorevole dei pronostici (+126 voti “pesanti” rispetto al rivale), ma è ingigantito dal particolare sistema elettorale americano (che attribuisce tutti i grandi elettori a chi abbia 1 voto in più degli altri) ed ad un pizzico di fortuna di Obama che ha vinto, pur se di pochissimo, in tutti gli swing states (gli stati-bilico). Però non si può passare sotto silenzio che:
a- Obama ha perso 10 milioni di voti popolari, rispetto alla volta scorsa, raccogliendone oggi meno di quel che ne ebbe Mc Caine, il suo rivale, in quella occasione;
b- anche i repubblicani hanno perso elettori che hanno preferito astenersi, ma in misura decisamente più ridotta, per cui il distacco percentuale è sceso dal 7 al 2%;
c- ha perso tre stati e, di conseguenza 33 grandi elettori;
d- la Camera dei rappresentanti resta a maggioranza repubblicana ed in un momento delicato nel quale occorre fare i conti con il problema del debito pubblico;
Con ogni evidenza, si è trattato di una prestazione non eccezionale, che è ulteriormente ridimensionata dal fatto che Obama era il presidente uscente (e in otto casi su 10 l’uscente, negli Usa, è rieletto), ma, soprattutto, l’avversario era quanto di meno presentabile si potesse immaginare: un nanerottolo della politica che ha fatto tutto il possibile per rendersi odioso a neri, donne, gay, chicanos, poveri ecc. Non alla piccola minoranza cristiano ortodossa del paese ed agli armeni, ma solo perché si è dimenticato di citarli in qualcuna delle sue insuperabili gaffes.
Con un avversario così ed essendo il Presidente in carica, non mi pare si possa parlare di trionfo. Certo Obama ha pagato il prezzo della crisi (a proposito è il solo ad esse riuscito a farsi rieleggere con un margine di disoccupazione superiore all’8% e, se i dati fossero quelli reali, la percentuale crescerebbe), ma, se è per questo, ha pagato anche il suo modo di affrontarla solo a colpi di emissioni di liquidità e crescita del debito pubblico, e guardandosi bene dal mettere in discussione l’architettura del sistema che è l’evidente causa della crisi.
Da questo punto di vista, Obama (come Clinton prima di lui) è il simmetrico di Eisenower e Nixon che furono i presidenti repubblicani dell’epoca del welfare: per quanto potessero cercare di rappresentare interessi sociali contrapposti, non si azzardarono a muovere un dito contro la costruzione del Welfare creato dai democratici Roosevelt e Truman. Simmetricamente, Obama ha cercato di rilanciare il welfare con una pur zoppicante riforma sanitaria e di limitare di eccessi finanziari, con una modestissima ed abortita riforma della finanza, ma, nel complesso, si è mosso all’interno dell’architettura di potere neo liberista creata dai repubblicani Reagan e Bush (padre e figlio).
Gli americani amano le variazioni sul tema e non le svolte radicali e per di più, il sistema elettorale, come tutti i sistemi maggioritari, tende a rendere simili fra loro i partiti, premiando i candidati moderati e di centro rispetto a quelli più polarizzati. Una relativa eccezione costituirono Roosevelt per i democratici e Reagan per i repubblicani, candidati più radicali che moderati, ma il primo venne dopo la grande crisi del 1929 ed il secondo dopo il culmine della crisi fiscale dello stato degli anni settanta, entrambi momenti piuttosto eccezionali; comunque, le loro riforme, per quanto radicali, furono pur sempre tutte interne al sistema.
Obama avrebbe potuto essere questo: un presidente riformista di rottura, proprio per la gravità della crisi in atto, ma non ha avuto il coraggio necessario.
Una riflessione finale: si è trattato della campagna elettorale più costosa della storia americana (e quindi mondiale), il solo Obama ha speso l’iperbolica cifra di 1.000 miliardi, l’equivalente del Pil del Messico o della Corea del Sud. Una domanda semplice semplice: secondo voi, quanto è democratico uno stato nel quale quello che è eletto ha dovuto procurarsi 1.000 miliardi di dollari?
Aldo Giannuli
elezioni americane, obama, presidenziali america, usa 2012

oreste
In Italia mi sembra che tutti gli analisti e intellettuali di “sinistra” si ritrovino in estasi affidandosi alle belle parole di Obama (come si fa anche con Monti) senza tenere in considerazione i dati o facendolo, riprendendo poi i bei discorsi. Per trovare analisi critiche, prima di lei, ho dovuto girare su siti esteri dove anche la sinistra nera critica il presidente neo eletto, mi sembra che molti non si rendano conto dell’effettivo tasso di “democraticità” americana, come giusto evidenzia a fine articolo oltre che gli effettivi risultati sia in politica esterna che interna
Zeno
Temo ci sia un’errore prof, la cifra spesa è stata di mille millions (milioni) non billions.
Insomma hanno speso “solo” un miliardo per un totale complessivo di quasi 6 miliardi di dollari per tutte le elezioni, mille miliardi forse è spropositato persino per gli states.
giandavide
ma come, aldo, prima pubblichi l’articolo di martinelli che mostra che il presidente degli stati uniti non avrebbe potuto e poi dici che avrebbe potuto. come dici giustamente, obama non è roosvelt, e oggi non siamo negli anni trenta, non è un problema di coraggio, sembra che sia una caratteristica del periodo storico.
giovanni
“Obama ha perso 10 milioni di voti popolari, rispetto alla volta scorsa, raccogliendone oggi meno di quel che ne ebbe Mc Caine, il suo rivale, in quella occasione”
non è così. La sedicente grande democrazia americana è così efficiente che dopo 3 giorni ancora devono finire di contare quanta gente ha votato, e nel frattempo i voti per Obama sono diventati oltre 61 milioni, ma ci sono ancora stati molto indietro, come lo stato di Washington (55%) o la California, erma al 70% di voti scrutinati, e visto che sono a 9.3 milioni di voti totali fino ad ora, ce ne dovrebbero essere ancora 4 milioni da contare, da dividere al 60% per Obama e il 40% a Romney. Per cui Obama alla fine avrà almeno 64 milioni di voti, e Romney almeno 60, e quindi anche lui supererà McCain. In ogni caso una figura misera per entrambi, anche considerando il fatto che negli USA la popolazione aumenta di circa l’1% l’anno, e quindi in questi 4 anni sono presenti nuovi 12 milioni di americani, di cui i potenziali elettori dovrebbero essere almeno 9 milioni.
Si potrebbe dire che gli USA si stanno “sicilianizzando”:
1) vince il presidente candidato del PD
2) vince perdendo un sacco di voti, solo perchè gli avversari fanno peggio
3) non vince abbastanza da avere una maggioranza in parlamento
4) l’astensione è in decollo
fela
Mi pare che la campagna abbia avuto un costo dell’ordine dei 1000 milioni, cioè 1 miliardo di dollari, non mille volte tanto
Caruto
Sono rimasto molto colpito dall’attenzione italiana a questa elezione (in diretta televisiva Rai1, Rai3, Rainews 24, La7, Tgcom24) con commenti talvolta da commedia dell’arte. Mi sembra il segnale di un popolino in cerca di padroncino che lo indirizzi verso una qualche qualche direzione.
Nel merito: la strategia dei due staff e’ stata differente: quello repubblicano ha cercato il referendum nazionale contro Obama (e lo ha perso), quello democratico ha impostato tutto sulla conquista dello “zero virgola” in piu’ Stato per Stato per acquisire il 100% dei grandi elettori, soprattutto negli stati piu’ incerti. Quindi di strategia consapevole e vincente si e’ trattato.
L’articolo di Valentino sul Corriere puo’ dare un’idea.
http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=1MZZGE
Puo’ essere utile anche seguire nei prossimi mesi un blog sul sito del New York Times. L’autore ha applicato con successo un suo modello previsionale, indovinando sia nel 2008 che nel 2012. Se continua ad avere successo, il modello (quello che c’e’ dentro, quello che rimane fuori) puo’ essere utile per capire i fattori chiave e la direzione verso la quale si muove quel popolo.
http://fivethirtyeight.blogs.nytimes.com/
In generale, leggendo gli articoli del New York Times (anche nella sezione “Bits” dedicata all’informatica ed alle sue applicazioni) si puo’ vedere come in queste elezioni lo staff di Obama ha applicato il marketing commerciale. Una vera e propria macchina delle manipolazioni ad personam.
Nei prossimi anni il cambiamento demografico potrebbe-dovrebbe dare vita ad un ricambio del ceto politico. Preoccupazioni a parte per qualche terremoto sociale, politico, economico (alcuni parlano addirittura di “guerra civile” imminente) sara’ interessante vedere se e come il sistema politico USA riuscira’ a ricomporre i vari cleavage (di reddito, di razza, di religione). Soprattutto, mi pare che se i Repubblicani continuano nella direzione di Romney sono destinati ad essere fuori sintonia rispetto alla loro stessa nazione.
Una notazione su Obama. Qualche mese fa al Letterman show mi fece una pessima impressione: stanco e demotivato. Non posso sapere quello che passa nella mente dell’uomo. Si puo’ ipotizzare una qualche sorta di pessimismo realista visto il tipo di problemi da affrontare. In piu’, puo’ darsi che il mestiere originario (docente universitario) faccia il resto: abituato piu’ a pensare alle varie soluzioni possibili che a scegliere quella migliore, la quale, in assoluto, e’ vietata dal classico muro contro cui si va a sbattere regolarmente. La performance oratoria notturna a Chicago, a poche ore dalla conferma, forse mi da’ ragione. A parte l’usuale abilita’ oratoria, a pochi secondi dalla conclusione ha detto: “Non siamo cosi’ cinici come alcuni commentatori dicono.” Si riferiva agli statunitensi, ma io ho tradotto: “Avrei voluto fare di piu’, ma non e’ stato possibile.” Alla successiva riunione dello staff di Chicago si e’ commosso, forse il segno che gli ultimi sei anni gli sono stati un po’ pesantucci. (Mi aspetto che ora molti leader italiani piangeranno in diretta televisiva.)
Piccola considerazione finale: possiamo essere molto critici nei confronti di questa nazione, mettendoci dentro tutto quello che sappiamo (evitero’ di rifare l’elenco) pero’ abbiamo un popolo in continuo movimento che anche in mezzo a sussulti di ogni genere cerca di fare qualcosa “to move forward”. Il cambiamento demografico con il crescere di alcune etnie potrebbe essere foriero di maggiore democrazia interna. Per la politica estera: se fossero ragionevoli dovrebbero tagliare pesantemente le spese militari. C’e’ sempre il pericolo di una pesante manipolazione dei loro “poteri forti”, basti pensare alla micidiale tecnica del marketing politico alla quale ho accennato.
Se facciamo il paragone con le cose italiane, immobili per definizione, poi magari capiamo perche’ ci piace guardare il “film” delle elezioni, sperando in un padroncino migliore.
DcomenicoC
E per quanto riguarda i rapporti con le altre potenze che mi dice caro professore? Ne “2012 la grande crisi” lei, in cui scriveva di prevedere una lotta tra Putin e Medvedev per il cremlino (chissà perché poi perché si tratta di due omologhi che si passano il testimone tra presidenza della repubblica e premierato), che non c’è stata, poneva la questione dei rapporti con la Russia (sullo scudo spaziale e sull’approvvigionamento del gas all’europa con nuovo southstream), con il Medio Oriente (possibile attacco all’Iran, che al momento sembra affievolirsi, sommovimenti politici nell’area, guerra civile siriana e libica), in cui Obama si è posto in sostanziale continuità con Bush (anche se con un raffreddamento dei rapporti con Israele), l’Africa e l’emergenza terrorismo, con l’america latina (Brasile e Messico), ma sopratutto con la Cina (con cui è in atto una politica di containment sui fermenti nella regione asiatica). Dimenticavo l’europa, questione scottante ma affatto secondaria per obama.
ERNESTO TONANI
La cifra “ufficiale” delle spese per la campagna elettorale è di 6 miliardi di dollari. Neanche a disneyland si potrebbero permettersi di sborsare il pil equivalente della corea del sud e del messico.Se cio’ fosse vero ,Giannuli,avrebbe fatto una scoperta da “annichilire” i piu’ grandi autori di fantascienza.Al di la’ dell’ironia vorrei sapere un suo parere sulla impossibilità pratica di una governance Obaniana(io non parlerei democratica) per la minoranza alla camera e il NON RAGGIUNGIMENTO DEI 60 SENATORI al senato(lei sa’ perche’ Giannuli…).
Che tipo di COMPROMESSO si potra’ raggiungere in questa governance OBANIANA?.L’ america è in una fase di declino rapido e definitivo? LA CINA quando incomincera’… storicamente a competere e potra’ competere militarmente (insieme alla russia) con il declino americano?
Cordiali saluti,
ERNESTO TONANI