La rinascita della disuguaglianza come valore.
I giornali del 23 febbraio hanno dato una notizia apparentemente un po’ frivola: le Fs abbandonano il sistema di prima e seconda classe, per offrire un servizio differenziato su quattro fasce con diversi livelli di servizio e di prezzo.
Il livello top prevede poltrone in pelle, maggiore disponibilità di spazio e maggiori servizi di rete. Prevista anche una carrozza-silenzio dove è proibito l’uso del telefonino e le conversazioni non devono superare un certo tono di voce. Bello no?
Sicuramente non nuovo. Inizialmente il trasporto ferroviario era diviso in quattro classi: la prima con sedili più accoglienti, la seconda più modesta ma decente, la terza con sedili in legno e la quarta con posti ricavati nei ritagli dei vagoni merci. La quarta scomparve già negli anni trenta. La terza venne abolita nel 1956 e fu una conquista. Perchè era passata (guarda un po’!) l’idea che il trasporto è un servizio pubblico che deve offrire a tutti la possibilità di viaggiare (poco importa se per lavoro, bisogno personale o per piacere) in condizioni accettabili.
Ed i differenziali fra il prezzo del biglietto ed il livello del servizio offerto, dovevano essere coperti dallo Stato, perchè, all’epoca, era sottinteso che lo Stato avesse il compito di redistribuire la ricchezza attraverso la leva fiscale.
E questo riguardava tutto, dai trasporti, alla scuola, alla sanità.
Nel 1979 (se ben ricordo) Gianni Agnelli venne colpito da ischemia cardiaca e immediatamente ricoverato, ma non in una clinica privata, bensì all’ospedale pubblico delle Molinette e nell’altro letto della stanza era ricoverato un operaio Fiat. Questo non certo perchè l’Avvocato non potesse permettersi la più costosa clinica privata, ma perchè le Molinette offrivano il top dal punto di vista della competenza professionale e delle attrezzature a disposizione. E fu un bel segno di civiltà.
Poi è venuta l’era del mercato come unico criterio sano di regolazione della vita sociale. E, con esso, il delirio di retribuzioni stellarmente distanti: i super guadagni di una classe ristrettissima di finanzieri e manager e i salari sempre più bassi e precari. E con questo la diversa disponibilità di spesa e lo sviluppo impetuoso di un vasto settore che lavora sul lusso: gioielli, abiti supergriffati, auto da nababbi, alberghi in stile Dubai ecc. Un settore che non teme la crisi e la caduta dei consumi, a quanto pare, o, per lo meno, teme queste cose meno degli altri.
Certo, qualcuno potrà dire che non si vede perchè gli smeraldi debbano costare poco ed essere alla portata di tutte le tasche: se uno vuole gli smeraldi che li paghi per quel che valgono.
Ma il punto non è questo: quando si cominciano a vendere troppi smeraldi ed a prezzi troppo alti anche per i preziosi (perchè magari il gioiello è griffato dal super gioielliere di Parigi) significa solo che le differenze di classe si sono accentuare, divaricate, esasperate. E per ogni smeraldo venduto a quel prezzo ci sono trenta giovani pagati 400 euro al mese per stare in un call center dieci ore al giorno o cento senegalesi che raccolgono pomodori in condizioni di schiavitù.
Il lusso è sopportabile solo entro certi limiti, dopo diventa uno schiaffo in faccia che non può restare impunito.
Si, perchè il punto è il significato simbolico di tutto questo: la ricchezza individuale non è più il prodotto di una qualche logica economica, ma è un giudizio di valore su ogni uomo in base al suo reddito e sancisce la naturalità delle gerarchie sociali.
Mi sapete spiegare in base a quale criterio economico il signor Cimoli –all’epoca amministratore dell’Alitalia in fallimento- riceveva un compenso sei volte superiore a quello del signor Spinetta, amministratore delegato della Air France, che era in tale salute economica che stava per comprarsi l’Alitalia?
Ci dicono che certi stipendi sono il prezzo che dobbiamo pagare per evitare che la concorrenza straniera ci porti via i manager più bravi. Ma voi siete sicuri che la società “Carrette Nicaraguensi” sia disposta a prendersi uno come Cimoli?
Ed anche quando il manager è effettivamente bravo, come Marchionne, che senso ha una retribuzione di decine di milioni di euro all’anno? Si badi, non come percentuale sugli utili, ma come retribuzione fissa.
O vogliamo parlare dei guadagni dei finanzieri come quelli di Wall Street? O dei rentier che ingoiano guadagni spaventosi solo per il fatto di possedere mazzi di azioni di alcune imprese multinazionali?
Il punto è che la diseguaglianza, inizialmente proposta surrettiziamente come conseguenza forse spiacevole, ma inevitabile della selezione meritocratica del mercato, si rovescia poi in un valore auspicabile in sè, per il quale gli uomini naturalmente si dividono in classi, devono essere divisi fra ricchi e potenti e poveri ed ininfluenti, perchè sarebbe contro natura il contrario. Ed il lusso diventa l’evidenza simbolica di questa gerarchia sociale.
Tornando al caso delle Ferrovie, c’è un aspetto che tradisce questa impostazione tutta ideologica: le carrozze del silenzio. In effetti sta diventando una impresa leggere un giornale in pace su un treno come su un tram, in particolare dopo la generalizzazione dei cellulari; dunque garantire una soglia di rumore di fondo accettabile in qualsiasi mezzo pubblico è sicuramente auspicabile. A bordo di treni tecnologicamente avanzati come i Frecciarossa non ci vorrebbe nulla a dotare ogni posto di un sensore che segnali al passeggero quando supera il livello di voce permesso o la sua suoneria disturbi. Al di sopra di una certa soglia, o in caso di disturbo insistito, il sensore invierebbe un messaggio al personale di bordo che potrebbe multare il disturbatore. E questo in qualsiasi carrozza, a garanzia del diritto di ciascuno di non essere disturbato. Invece no: il diritto diventa un privilegio che si paga, così i signori possono restare fra loro e i “cafoni” viaggiano separati.
Ma questo, dice l’amministratore delegato della Fs, Moretti, non deve far pensare al ritorno al sistema a tre o quattro classi come un tempo. Per carità! Sarebbe una cosa troppo classista… appunto. Si tratta solo di diversi livelli di servizio cui corrispondono diversi livelli di prezzo, tutto qui. Tutto diverso!
Che poi un simile capolavoro sia opera di uno come Moretti che, in passato, è stato dirigente della Cgil, induce ad amare riflessioni sulla qualità umana di chi abbiamo allevato negli apparati funzionariali del sindacato e della sinistra.
E con questa gente voi volete battere la destra di Berlusconi?
Aldo Giannuli, 14 luglio ’10
andrea
personalmente ho sempre puntato il dito al concetto di ‘ricchezza’ in quanto comparativo… si è tanto più ricchi quanto altri sono poveri
Mario Vitale
Prendo spunto da un passo dell’articolo per una riflessione. Il limite da imporre al mercato non deve riguardare la libertà d’impresa, ma l’etica. Non mi scandalizzano i compensi dei top manager, per quanto elevati, o le stock option, o quant’altro s’inventino per distribuirsi ricchezza fra loro. Se riescono ad ottenere ciò nel rispetto dei diritti di chi lavora mi sta bene. Il problema della cosiddetta globalizzazione è che ci siamo trovati davanti ad una classe dirigente ingorda e miope, priva del contrasto di leader politici di sufficiente spessore, che ha ‘delocalizzato’ la produzione in paesi dove i lavoratori sono privi di tutele e quindi la manodopera costa pochissimo. Con che risultato? I paesi ricchi si sono privati di lavoro e si sono impoveriti, i paesi poveri non hanno potuto crescere in proporzione all’attività svolta ed ora un po’ in tutto il mondo non girano più soldi. Così adesso le automobili, i vestiti, ecc. non li compra più nessuno.
ugo agnoletto
oggi c’è un rapporto strano col denaro. Bisogna spenderli, non tenerli in banca, quando ci sono. Per esempio un giovane precario spende tutto, perché tanto ci sono i genitori che pensano alla casa, alle bollette, ecc. Lui è spesato! E’ come se il futuro non esistesse. Anzi è meglio spendere facendo debiti. La pensione? Tanto i soldi per la pensione non ci saranno più.
Angelo
E’ l’esito finale dell’edonismo anni 80. Ci si vergogna a denunciare che la disuguaglianza è ingiusta e deve essere eliminata o ridotta.La sinistra ha dimenticato la parola uguaglianza. Per questo perde. Dobbiamo issare sui ns pennoni di nuovo la bandiera dell’uguaglianza.
davide
mi sa che il giovane precario i soldi li spende perchè sa che le banche non sempre son così sicure
E poi sti ragazzi ma non sono mica-per caso è-figli vostri:di uomini e donne così coraggiosi/e di grande forza ideologica eccetera eccetera.
Le generazioni per formarsi bene devono avere anche qualcuno con cui confrontarsi.Se i vecchi sono rottami degli anni 70,che possono fare sti ggiovani?
Oltretutto il spendere e spandere alla cazzo,bè ne vedo di vecchi che gettano i denari con facilità
Semmai quando parlate di precari o carissimi anzianotti,chiedetevi dove avete sbagliato e cosa non avete capito delle nuove generazioni di lavoratori.Perchè parte tutto da lì:si è vero la mia e quella successiva sono non generazioni.D’altronde qualcuno li parcheggiava davanti alla tv ,qualcuno li ha cresciuti con l’idea che la politica faccia schifo e del vivere l’attimo magari con molti soldi se possibile.Chi erano questi genitori?
Voi ragionate ancora come se ci fosse la classe operaia dei 70.Voi vivete di quel tipo di slogan,magari pure di trockjismo-perchè bucharin è trooooppo impegnativo- e pontificate,giudicate.Vi vedo arrivare con l’enfasi degli eroi e il passo da elefante sudato e sfigato ai presidi di operai che nemmeno vi vogliono.i precari per voi son bamboccioni del menga,ah alla vostra età:facevo di qui dicevo di là e che eredità avete lasciato?La trasgressione sessuale da pezzenti,il fumo e buoni ricordi .
Ma sapete cosa sia la precarietà?E chi sono i precari?Certamente se il vostro sindacato,il vostro far politica da circolo pensionati non fa nulla-e non tirate fuori il nidl per dio-o se fa si ferma alla retorica parolaia incomprensibile o di circostanza..bè,i ggiovani fanno bene a vivere alla minchia sprecando i pochi soldi che hanno e anche quelli dei genitori.Così vi danno anche un ruolo preciso:i brontoloni da panchina al parco.
Si devono unire questi precari-certamente tanti sono dei veri coglioni l’ho visto in dieci anni di flessibilità obbligatoria,ma quanti che dopo infiniti discorsi hanno preso coscienza.Lo fanno anche perchè parlono con uno della loro età che + o – capisce i tempi di merda che viviamo- si devono avere organizzazione e formazione con una linea sicura per sconfiggere il problema.Si devono fare incontri su incontri capitanati dai partiti comunisti.
Perchè al governo nel 98 si è accettato l’infame pacchetto treu e con quello prodi non si è fatto nulla contro la legge 30-tranne straparlarne con toni addolorati da rifiuti dei peggiori centri sociali.
Prima di giudicare la nuova generazione-che peraltro ammetto tra le peggiori- si dovrebbe dire da parte degli anziani e pensionati della politica:cosa abbiamo fatto?Cosa abbiamo creato?Con quale linguaggio e quale azione di lotta possiamo dare a loro?
Perchè è chiaro che i giovinastri poi finiscono a fare i san precari del menga.Le buffonate e carnevalate,manco fossimo al gay pride
Questo vuoto e nulla deve essere riempito certamente dai ggiovani,ma serve anche che la parte dei partiti atti alla formazione sia evidente e decisa.
Lo spirito battagliero dei 70 e di quella generazione non è da rigettare,lo sono semmai i protagonisti oggi:che si parlano addosso,che son fantasmi brontoloni.
altro che i precari che sprecano i soldi dei genitori-non l’ho mai fatto in dieci anni e non lo faccio oggi che ho un posto fisso:giornalaio
Monica Giambitto
Io non vedo niente di insultante, nel pagare una persona per quello che vale. Se Marchionne prende i soldi che prende perché li merita, in quanto eccelso amministratore delegato, buon per lui. Il suo compenso è frutto del benessere che indirettamente procura alle famiglie dei nuovi assunti e dei dipendenti attuali, è frutto del buon andamento dell’azienda da lui condotta, è frutto del suo prestigio perché un altro non avrebbe ottenuto gli stessi risultati. (Dico Marchionne, ma potrebbe essere chiunque altro)
Arrivare a determinati livelli implica sacrificio, impegno, rischi e competenze fuori dalla norma.
L’esempio di Cimoli è fuorviante, lei stesso fa il paragone con Spinetta, mettendo in evidenza la disparità di compensi. Intanto vorrei evidenziare che Spinetta non guadagna sicuramente 1800 euro al mese. Inoltre, vorrei porre l’accento sul fatto che un manager che prende quelle cifre in un mercato perfetto (senza distorsioni, specialmente di natura politica) con quei risultati, non esisterebbe.
Bisogna comunque ricordarsi che sia il mercato che il mondo in cui viviamo sono perfettibili, sicuramente non perfetti.
Il paternalismo statale, il livellamento per legge non è l’unica strada percorribile.
davide
Arrivare a determinati livelli implica sacrificio, impegno, rischi e competenze fuori dalla norma
in quale film,o cara monica?