La querela di Carofiglio ad Ostuni: Gianrico cosa combini?

Mi trovo, per pura combinazione, a conoscere i due personaggi coinvolti in una recente disputa esplosa sui giornali. Gianrico Carofiglio (buon magistrato, affermato scrittore e parlamentare del Pd) ha querelato Vincenzo Ostuni (direttore editoriale del Ponte alle Grazie) perché questi ha scritto sul suo blog che il suo è “un libro letterariamente inesistente (quello di Carofiglio, ndr), scritto con i piedi da uno scribacchino mestierante, senza un’idea, senza un’ombra di “responsabilità dello stile”, per dirla con Barthes”. Per questo Carofiglio ha citato Ostuni per danni chiedendo 50.000 euro di risarcimento.Carofiglio – più giovane di me di 7-8 anni- lo ricordo dai primi anni ottanta, quando io iniziavo a collaborare con la cattedra di Storia Contemporanea di Scienze Politiche e lui era iscritto al primo anno di Giurisprudenza (i due corsi di laurea facevano parte della stessa facoltà). Non posso dire di esserne stato amico, ma sicuramente conoscente: un ragazzo intelligente, attivo ed ombroso (un certo caratterino l’ha avuto sempre). Poi divenne magistrato, ufficio che ha coperto più che dignitosamente. Poi l’ho perso di vista, anche perché iniziavo a venir via dalla mia città, però l’ho sempre seguito nella sua attività di scrittore. E devo dire che i suoi noire ambientati a Bari li ho sempre apprezzati, forse per ragioni campanilistiche, forse perché leggendo riconoscevo posti e persone (notevole l’eco del caso Petrone e della stagione degli scontri con i fascisti di cui serbo forte ricordo), forse perché avevo un buon ricordo personale dell’autore o forse perché effettivamente ben scritti, non saprei dire. Anche perché sono un normalissimo  lettore e non un critico.

Vincenzo Ostuni lo conosco da meno tempo (dal 2008) ma ho rapporti frequenti, anche perché è l’editore che ha pubblicato tre miei libri e si sta accingendo a pubblicare il quarto. Anche lui, devo dire, ha un carattere fumantino che si accompagna ad una notevole competenza editoriale ed una marcata sensibilità letteraria. Avrete capito che ci sono tutti gli ingredienti per una solenne litigata fra persone non esattamente pacifiche.

Non ho letto questo libro di Carofiglio (lo farò visto quel che sta accadendo) e può darsi che non sia la sua opera più riuscita, ma, sinceramente, mi sembra ingeneroso definirlo uno “scribacchino mestierante”: dalla lettura delle precedenti mi sembra un giudizio ingiustificatamente aspro. Per di più, al posto di Vincenzo forse non avrei fatto la sparata che ha fatto e che si riferiva ai risultati del premio letterario Strega, vinto da Alessandro Piperno. Essendo l’editore di uno dei libri in gara, non mi sarebbe parso elegante sparare a zero sui libri di altri autori. Sappiamo che la gestione dei premi letterari in Italia è a dir poco discutibile e forse qualche volta dovremo aprire questo scabroso discorso, però farlo quando è stato sconfitto un proprio autore, non è il modo migliore per iniziare a parlarne.

Detto questo, tuttavia, mi pare che Ostuni abbia tutto il diritto di dire “questo libro è una porcheria ed il suo autore è un somaro calzato e vestito” anche se si trattasse di Dante Alighieri redivivo. Anche se la forma è molto “vivace”fa parte del confronto culturale: chi scrive un libro si espone al giudizio degli altri sia per la sua opera sia per la sua figura di scrittore. Ostuni non ha fatto apprezzamenti personali su Carofiglio, ma ha espresso un giudizio sulla sua attività di scrittore. Ed il fatto che il giudizio sia forse ingiusto non cambia nulla.

Posso ricordare un episodio che mi riguarda. Un anno fa pubblicai il mio libro sul Noto Servizio ed un accademico non famosissimo si prese la briga di spammare per l’universo web una sua “recensione” fortemente offensiva nei confronti sia miei personali che del libro che, abbastanza evidentemente, non aveva letto. Infatti, la tesi centrale del suo commento era che “non si scrivono libri senza documenti” ma nel mio libro di documenti ce ne sono 376 (e di essi oltre la metà di archivio ed assolutamente inediti). Non so perché l’abbia fatto, forse per antipatia o forse perché (essendo transitato nella sua vita da Quaderni Rossi ad Alleanza Nazionale) mal sopportava il fatto di essere di fronte ad una persona che era ed è, a distanza di 40 anni, sempre sulle stesse posizioni di estrema sinistra. Poi ci si aggiunse un povero residuo della “lotta armata” che, sentendosi offeso dalle mie domande ai leader delle Br, mi dava del cialtrone, insinuando chissà quali retroscena dietro le mie nomine a consulente parlamentare e giudiziario.

Non ho dato querela e non mi sono neppure degnato di rispondere. Tanto, i lettori hanno il libro fra le mani e possono giudicare sia il libro che i suoi detrattori.

Il dibattito culturale deve restare fuori delle aule di giustizia –tanto penali quanto civili- sia perché questo è un diritto costituzionalmente garantito, sia per ragioni inerenti alla stessa libertà della ricerca culturale e scientifica.

Per di più, nel caso di Carofiglio ci sono anche ragioni di buon gusto che lo sconsigliano: si tratta di un parlamentare e questo sconsiglia di mostrarsi troppo suscettibili, data l’immagine che questa classe politica sta dando si sé. E’un esponente della sinistra che si è sempre battuta in difesa della libertà di stampa e di espressione del pensiero e questo non dà una bella immagine di coerenza. Ma soprattutto è magistrato e non è simpatico che un magistrato si rivolga ad un collega per ragioni così opinabili: sa troppo di invocata solidarietà di corporazione. Come nel caso di Sallusti, direttore del “Giornale” condannato a 14 mesi di carcere (nonostante la stessa accusa avesse chiesto una riduzione della pena) per non aver controllato un pezzo che un magistrato ha ritenuto lesivo del suo onore (si badi, non lo ha scritto, ha solo la responsabilità di non aver controllato e vorrei vedere quale direttore vede tutti i pezzi che escono sul suo giornale). La corte avrebbe mostrato lo stesso inflessibile rigore se il suo querelante fosse stato un comune cittadino? Non lo so, ma so con certezza che, al di là di tutte le evidentissime differenze politiche che ci collocano ai due poli opposti, sono dalla sua parte chiedendone la libertà.

Gianrico Carofiglio probabilmente ha reagito per stizza, ma credo che pensandoci meglio si convincerà di quanto sia controproducente questa reazione. La prenda con ironia e lasci perdere la causa. Io per parte mia prometto di regalargli un libro del 1916 di Giovanni Papini  “Stroncature” (altro che la frase di Ostuni…).

Poi, mi pare che i tribunali siano già oberati di una caterva di cause (molte delle quali perfettamente inutili e volute dagli avvocati per ragioni venali) senza che ci mettiamo anche noi…

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (14)

  • I magistrati scrittori

    Da adolescente come tanti mi interessavo un poco di letteratura. Vedendo quanto fossero arbitrari e acidi certi attacchi, conclusi che le critiche letterarie dovrebbero essere solo positive: di un libro si dovrebbe dire solo bene. Se è bello, lodarlo; se è così così, segnalare quanto di buono si può estrarne. E per il resto tacere, ignorando del tutto i libri pessimi; a meno che non ci siano motivi specifici per additare lo scarso pregio. Anche questo caso di “bovarismi” contrapposti (in senso zootecnico da un lato e flaubertiano dall’altro) in sé non meriterebbe grande attenzione, ma permette di considerare il tema dei magistrati scrittori; e del rapporto tra narrativa e ricostruzione, giudiziaria o storica, dei fatti.

    “I magistrati, che vedono e sanno tante cose, e a quanto pare hanno tempo per una seconda attività, possono scrivere utili saggi; ho apprezzato “La manomissione della parole” di Carofiglio. Ma fino a quando non vanno a riposo dovrebbero astenersi dal fare i romanzieri, per almeno 2 motivi. Il narcisismo, frequente in chi cerca la gloria scavando nella propria fantasia, non andrebbe stimolato in chi di mestiere dovrebbe essere terzo, dovrebbe sapersi mettere tra parentesi rispetto ai fatti e ai giudizi. Inoltre la forma mentis del magistrato dovrebbe essere quella di chi distingue e separa il reale dal narrativo, che si somigliano, e si attraggono e si fondono, spontaneamente, e ancor più ad opera di bugiardi e scrittori, le cui menti, al contrario, catalizzano l’unione. Es. il traffico di organi espiantati forzosamente, sul quale Camilleri ha scritto e Carofiglio ha indagato, è una narrazione verosimile e una metafora suggestiva (e una propaganda ai trapianti); ma allo stato è una leggenda. Non che manchino persone che ne sarebbero capaci, ma non è conveniente per il cliente: un trapianto non è la mera sostituzione di un organo con un pezzo di ricambio; per il suo successo sono critiche la compatibilità immunologica e la struttura medica. Magistrati, scrittori e parlamentari non parlano invece dei rischi di predazione negli espianti legali a cuore battente, e delle proposte (Am J Kid Dis 2009; 54. 1145) di legalizzare nei Paesi poveri la vendita “volontaria” di organi.” (Postato su Il Fatto a commento del post “Si può dire a Carofiglio “sei uno scribacchino”? il 25 settembre 2012).

    Una narrazione, una storia, che incorpori il falso, è molto più persuasiva di una bugia nuda. Mi capita spesso di osservare persone pratiche, astute e attente che, a loro danno, ripetono convinte, indignate o entusiaste, le narrazioni della propaganda in campo biomedico. Conoscono la vita, nella quale sono immersi, e non hanno perso tempo sui romanzi. Per questo non riconoscono gli schemi e i trucchi del romanzo e del racconto. Così sono disarmate rispetto alle narrative della disinformazione; alle sue fiabe, che potrebbero essere analizzate come Propp fece con la morfologia delle fiabe per bambini. Es. le fiabe dell’industria medica, che investe molto sul marketing: 53 miliardi di dollari all’anno nei soli USA. I magistrati e gli storici in servizio quindi dovrebbero leggere, o avere letto, molta narrativa, per immunizzarsi, e produrne poca, per non prendere cattive abitudini mentali, e caratteriali. E’ vero che in alcuni casi la forma romanzo è utile in quanto permette di esporre tesi non consentite in sedi formali; es. Mistero di Stato di M. Almerighi. In questi casi è positivo, anche se non ottimale, che i magistrati e altri ricercatori del vero dispieghino le loro capacità letterarie, che a volte (non sempre; ci sono romanzi di magistrati preoccupanti) sono di tutto rispetto.

  • Il comportamento di Carofiglio e’ incomprensibile.

    Oppure, e’ comprensibile pensarsi come “casta”, quale che sia, considerandosi intoccabile.

    Mi dispiace dirlo perche’ Carofilgio mi sta molto simpatico e mi pare anche intelligente, ma come spiegare questa caduta di stile se non con una socializzazione a livelli alti dei ceti sociali italiani?

    Come se gli facesse difetto una personale auto-stima, che viene sostituita con le qualifiche professionali socialmente riconosciute ed acclamate.

    In questo senso, fragile come il vetro.

    Mi verrebbe da dire: ma che ceto dirigente abbiamo?

  • Perfettamente d’accordo. Tra l’altro ho sempre letto con piacere i gialli di Carofiglio.
    Quello di risolvere in tribunale tutti i conflitti anche culturali è un segno di arretrazza del nostro paese,
    Il fatto che Carofiglio sia un ex magistrato rende tutto ancora più sgradevole.

  • Francesco Acanfora sugli Equi-Libri

    Tragico equivoco in cui e’ caduto lo sfortunato editore, il quale pensava che vigesse ancora la Carta Costituzionale, senza comprendere i pregi semplificatori della costituzione materiale introdotti dalla legge elettorale vigente. L’opera di un parlamentare nominato dall’alto e non eletto dagli esseri inferiori ha una sua aura sacrale che promana dall’appartenenza di casta dell’autore, cioe’ dal suo ruolo braminico.
    L’emissione di giudizi incauti e sgangherati sulle preziose pagine mostrano la sua non comprensione della situazione e del rapporto di potenza al quale si chiedeva implicita e timorosa adesione. Vero e’ che l’opera era proposta al pubblico anche con un prezzo in euro e una fastidiosa contiguita’ con libri normali, invece che essere posta in una teca speciale come si deve per gli oggetti di culto. Certamente la liturgia e’ ancora immatura, ancora imperfetta. Dopo il pagamento della somma dovuta per l’infrazione certamente le librerie si doteranno di tecnologie rituali adeguate, le opere dei magistrati in una teca, quelle dei parlamentari in un reparto sopraelevato, quelle dei segretari di partito in una stanza a parte con accesso limitato e sorveglianza da parte degli agento dei servizi.
    Insomma lo sventurato non ha compreo che trattasi non di libri, ma di equi-libri, da considerare con la stessa disposizione d’animo che si assume di fronte a una cartella esattoriale.

  • ma perchè nel nostro paese ognuno tenta di fare il lavoro altrui…. i giudici non fanno i giudici, fanno gli scrittori, i parlamentari, i sindaci e così a rotazione. W il diritto alla critica e alla libertà di espressione.

  • Secondo me tutti hanno il diritto di scrivere romanzi e di sottoporli ad un editore per la pubblicazione: fossero commissari di polizia, netturbini, magistrati, consulenti delle commissioni stragi, esperti di ortodonzia.

    Tra l’altro e’ anche divertente perche’ si puo’ mischiare realta’, fantasia, desideri ecc.

    Pero’, poi non ci si puo’ lamentare se a qualcuno non piace o si entra nel gioco, piu’ o meno pulito, delle battaglie tra editori (non so se e’ questo il caso).

    La stroncatura di Carofiglio e’ stata severa, forse piu’ del dovuto, del necessario e del meritato.

    Ma cosa c’entrano le querele, quando si parla di romanzi?

    Avrei capito se gli avessero detto: “Hai copiato!”, e non fosse stato vero.

    Ma in questa occasione?

    Secondo me ha ragione Acanfora: trattasi di pericolosa malattia contratta attraverso cattive frequentazioni.

    Sebbene, bisogna ammetterlo, deve esserci stata una predisposizione genetica.

  • comunque carofiglio ha detto che in cambio di scuse avrebbe ritirato la denuncia. ecco io penso che in questo caso se gliene avesse dette quattro sul momento si sarebbe tolto molte più soddisfazioni, non avrebbe perso tempo a covare vendette e rivolgersi ad avvocati, e avrebbe fatto miglior figura.

  • Angelo Iannaccone

    Ritengo totalmente ingiustificate le critiche mosse a Carofiglio.
    La distinzione tra l’espressione di un giudizio anche fortemente ed aspramente critico sull’opera altrui (legittima)e l’isulto, che può integrare la diffamazione (illegittimo e può integrare un reato) è chiara è dovrebbe essere tenuta ben presente nell’affrontare la questione: Ad ogni modo tale distinzione se anche non è chiara a chi esprime giudizi sull’operato di Carofiglio, è comunque chiara per la legge.
    Non è certo espressione del diritto di critica definire pubblicamente uno scrittore uno “scribacchino mestierante”, quest’espressione integra esclusivamente un insulto, sanzionabile in base alla legge.
    Il fatto che il linguaggio si sia talmente depauperato che spesso non vi è la capacità di esprimere una critica senza ricorrere all’insulto, non rende certo quest’ultimo legittimo.
    Nel caso di specie andrebbe colto ed apprezzato l’intento tutt’altro che persecutorio di Carofiglio, che invece che ricorrere ad una querela penale (come sarebbe stato suo diritto) ha scelto l’azione civile, sicuramente meno gravosa per chi la subisce.
    Carofiglio ha solo ribadito, con mezzi e modalità adeguate e proporzionate all’offesa subita, il proprio diritto a non essere insultato.
    Quello che lascia veramente perplessi è l’iniziativa dell’appello sottoscritto da alcuni scrittori, pare almeno in buona parte della casa editrice di Ostuni, in risposta ad una azione civile e cioè all’esercizio di un proprio diritto dapartedi un cittadino.
    L’abnormità di una tale iniziativa è evidente anche a prescindere dal contenuto vaneggiante dell’appello ed anche in un paese, in cui anche gli intellettuali si muovono secondo le logiche delle “cordate”.
    Chi, invece di esprimere una critica ricorre all’insulto, non ha motivo di lamentarsi se viene chiamato a rispondere del proprio illegittimo comportamento.
    Sinceramente non ho dubbi: se devo scegliere do tutta la mia incondizionata solidarietà a Carofiglio, vittima di insulti pubblici ed ora additato come persecutore della libertà di critica.
    I diritti e le libertà vanno difesi senza mistificazioni sul loro significato e contenuto, in quanto le mistificazioni non fanno affatto un buon servizio alla tutela dei diritti e delle liberta’.

  • Angelo Iannaccone

    P.S.
    Quello che è sorprendente è che dai commenti critici su Carofiglio traspare una totale confusione tra due differenti concetti: esercizio del diritto di critica ed insulto, che come ho gia’ ricordato il Legislatore ben distingue. La nostra Costituzione fortunatamente non riconosce alcun diritto all’insulto, ma solo il diritto di critica. Appare anche singolare che si ignori che nella sua azione Carofiglio non si lamenti affatto per le parole (anche dure) di critica al suo libro, ma si lamenti solo degli insulti personali e pubblici; in sostanza le critiche attribuiscono a Carofiglio cio’ che lo scrittore non ha fatto: agire in giudizio per le critiche al suo libro. La confusione tra i due differenti concetti, unita ad una qualche prevenzione verso un magistrato/politico scrittore di successo, porta a delle affermazioni alquanto …………… singolari: si invita la vittima ad una reazione con una maggior “eleganza”, ma non si invita l’autore dell’insulto a scusarsi; neppure ci si rende conto che si invoca di fatto la Costituzione per garantire il “diritto all’insulto” e si danno lezioni alla vittima per non aver subito pazientemente. In conclusione la confusione tra i due differenti concetti porta ad un totale capovolgimento di quali siano i valori ed i diritti che sono tutelati dall’Ordinamento e che meritano effettiva tutela per una convivenza civile.

  • pierluigi tarantini

    Caro Aldo,
    non ritengo valido l’approccio montessoriano rispetto alla volgarità, madre dell’insulto personale.
    Altra cosa è la critica, anche la più feroce, comunque legittima.
    E non condivido neanche la deresponsabilizzazione del direttore responsabile in virtù della quale assolvi Sallusti.

  • ho letto solo un paio di libri di Carofiglio, di cui uno, se non ricordo male era un saggio, non posso quindi esprimere un giudizio su questo autore. Penso, che uno scrittore, in quanto artista, debba comunque accettare tutte le critiche (e troppe me ne sono presa io come musicista) perche’ anche questo fa parte del gioco… concordo con lei professore nell’inopportunita’ di ricorrere allo strumento legale, in fondo Ostuni ha semplicemente detto che il libro fa schifo non si riferiva, presumo, all’autore…

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