La patrimoniale? Proviamoci, ma senza crederci troppo

Come sempre nei periodi di crisi, si è riaffacciato il tema della tassa sul patrimonio; Rifondazione Comunista, ad esempio, ha lanciato un appello (un vero catalogo di luoghi comuni da bar dello Sport) nel quale si legge:

<<Noi proponiamo una politica economica rovesciata, a partire da:
Tassa sui grandi patrimoni al di sopra del milione di euro.
Lotta all’evasione fiscale, facendo pagare per intero le tasse a chi ha usato lo scudo fiscale
…. Dimezzare gli stipendi delle caste e mettere un tetto agli stipendi dei manager>>
A parte la questione degli stipendi ai manager su cui torneremo, occupiamoci della patrimoniale proposta come simbolo di giustizia sociale che chiede di più a chi ha di più.
Ma è proprio vero che le cose stiano così?
Intendiamoci, il principio, in generale, è sacrosanto e tanto più in un’epoca come la nostra nella qualche c’è chi ha accumulato ricchezze spaventose che vanno colpite senza esitazione; il problema riguarda la fattibilità della cosa.
Prima di tutto, di che stiamo parlando? Per patrimoniale si possono intendere due cose: una tassa permanente sul patrimonio (per forza di cose percentualmente contenuta) o un prelievo straordinario “una tantum”, percentualmente più significativo, per far fronte a situazioni eccezionali (come la presente). Dal punto di vista del primo tipo noi siamo un paese che esercita una tassazione molto mite sul patrimonio, infatti la quota si aggira sul 2% (e quanto c’era la tassa sulla prima casa) contro il 4 e qualcosa del Regno Unito ed il 3% circa della Francia. Dunque, possiamo parlare tanto di un innalzamento (ad esempio di un punto) sulla tassazione ordinaria, quanto di un prelievo straordinario nell’ordine del 5-6%.

Le due cose non sono in sè incompatibili, ma seguono logiche fiscali diverse ed occorre riflettere bene su una sommatoria di entrambe.
E questo si collega al secondo punto: quale è la soglia oltre la quale si può parlare di grandi patrimoni? Rifondazione parla di 1 milione di euro che, certamente, è una bella cifra, ma, insomma, definirla grande patrimonio è un po’ forte, se le parole hanno un senso. Se l’obiettivo è quello di colpire i grandi patrimoni, parlare di 1 milione di euro è una vera sciocchezza, perchè mette sullo stesso piano l’avvocato o il negoziante di livello medio con Tronchetti Provera e Berlusconi: un regalo a questi ultimi due che, così, trovano un sacco di amici. Se vogliamo colpire la “superclass” dobbiamo isolarla, non regalargli alleati colpendo troppo in basso. Nel considerare il “patrimonio” da tassare, cosa ci mettiamo nel conto?

Le proprietà immobiliari compresa la prima casa? Ma allora qualsiasi professionista o commerciante che possieda la casa ed il negozio o lo studio è nella fascia dei “grandi patrimoni”.
Il conto in banca? e, in questo caso, calcolato come? Sulla media annuale o in un certo giorno? La cosa fu fatta nel 1993 e finirono nella rete una serie di persone che avevano appena ricevuto il prestito dalla banca per l’acquisto di casa e dovettero pagare come se effettivamente fossero proprietari di quella cifra.

Consideriamo anche il possesso di preziosi, collezioni di monete o di quadri di valore ecc? Ma come lo accertiamo? E come stimiamo i beni? Se un cittadino possiede tre auto da corsa da 200.000 euro l’una, dobbiamo mettere nel conto anche quelle? E l’auto familiare singola? Dove passa il confine fra l’auto da considerare come patrimonio e quella che invece va esclusa: cilindrata, valore commerciale, numero di vetture possedute?

Come si vede, il problema è tutt’altro che semplice e il rischio è andarsi a mettere in una casistica intricatissima e senza uscita.

Ma il rischio opposto è ancora peggiore: fissare la patrimoniale su due tre cose facilmente accertabili (beni immobiliari, deposito bancario, titoli di stato posseduti) e far leva su quello, dopo di che metteremmo sotto  torchio il solo ceto medio, mentre i grandi patrimoni (quelli veri) sarebbero semplicemente scalfiti dalla patrimoniale.

Voglio fare un esempio:  il signor X possiede 5 appartamenti a Milano per un valore complessivo di 1.800.000 euro, ma non ha altro.
Mentre il signor Y possiede 4 appartamenti a Milano per un valore di 1.300.000 euro, ma ha acquistato bond Usa e giapponesi, dollari austrialiani e franchi svizzeri, possiede azioni di 5 diverse società di diritto lussemburghese, ha una quota di un hedge fund americano, il tutto per un valore di 19 milioni di euro, che però sono gestiti dai suoi conti in banche svizzere (o se preferite, neozelandesi) per cui è quasi impossibile accertarne l’esistenza. Risultato, X paga più di Y perchè il suo patrimonio accertato è più rilevante. Potrà andar bene per “fare cassa”, ma non venite a dirmi che così abbiamo colpito i “grandi patrimoni”.

Della “fondazione Dicembre”, appartenente dal defunto avv Gianni Agnelli, (una sciocchezza da 1 miliardo di euro, ripeto: 1 miliardo) abbiamo saputo solo grazie alla lite ereditaria fra la figlia Margherita e gli altri congiunti (a proposito: che provvedimenti ha preso il fisco dopo la sua scoperta?).
E qui si pone un altro problema: sin qui abbiamo parlato di patrimoni individuali, ma come ci comportiamo con i patrimoni delle società? Tassiamo solo le quote dei singoli possessori o quello sociale? E, nel secondo caso, cosa consideriamo patrimonio? Ad esempio, nel caso di una industria, dobbiamo considerare patrimonio anche gli impianti fissi e, di conseguenza, tassare anche quelli? Così colpiremmo l’industria al posto della finanza: non mi sembra una idea furba.

Dunque, il principio ispiratore del “paghi di più chi ha di più” è giustissimo, ma, tecnicamente, come facciamo a farlo funzionare nel mondo della globalizzazione, con i capitali liquidi che si spostano con il clik di un mouse da un continente all’altro?

La patrimoniale era una idea giusta sino agli anni sessanta del secolo scorso, dopo è stata superata dai fatti. A qualcosa può essere utile ed è giusto utilizzarla: per quanto possano aver occultato all’estero e nel gioco di scatole cinesi della finanza, i vari signori Elkann, Berlusconi, Tronchetti Provera, Armani ecc. ecc. pur sempre dichiarano (sono costretti a dichiarare) un patrimonio considerevole ed è giusto tassarlo più adeguatamente di quanto non accada ora. Ma convinciamoci che la patrimoniale è uno strumento residuale ed usiamolo senza crederci troppo. Ci sono soluzioni più efficaci.

Ultima considerazione: ma perchè a via del Policlinico, prima di parlare, non studiano un pò?

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (10)

  • Ciao,
    sono d’accordo, i grandi capitali sono difficilmente individuabili (a meno che non ci sia la vera volontà di individuarli, es: tenore e stile di vita, sono pochi quelli che mangiano pane e cipolle e hanno investimenti finanziari milionari). Il liberismo ci sta conducendo allo sfacelo (parte della sinistra, senza senso, inclusa), e, chi si erige a “paladino dei poveri”, come dici tu Aldo, è ignorante e ripropone una stantìa, fritta e rifritta ideologia (no ideale, ma ideologia) obsoleta, superata, stupida e dannosa.
    Paola

  • Quindi la sua ricetta qual è?
    Se la patrimoniale è obsoleta e ideologica e quei trinariciuti ignoranti di rifondazione non hanno studiato abbastanza, (e così pure la cgil, che tra le sue proposte ha anche la patrimoniale, addirittura sopra gli 800000 euro) quale sarebbe la strada giusta per effettuare un po’ di redistribuzione e non colpire sempre i soliti noti (al fisco)?
    Sarà che io non ho patrimoni….. ma sono una dipendente pubblica che si è beccata 6 anni di blocco totale dello stipendio (e vale per tutti) però non trovo affatto obsoleto, stupido, dannoso, superato puntare su chi i patrimoni li ha. Sui dettagli tecnici discutiamo e troviamo le soluzioni più adeguate, per carità, ma a me sembra l’unica strada percorribile.

    • Vedo che non ci siamo capiti: certo che il problema è quello di redistrinuire il perso della crisi e tagliare le diseguaglianxe sociali, ma il polo da coolpire non è il ceto medio che ha un paio di immobili ed un po’ di soldi in banca, ma i GRANDi (sottolineo: GRANDI) patrimoni finanziari, quelli da centinaia di milioni o addirittura miliardi di euro e quelli non li becchiamo (se non in minima parte) con la patrimoniale così come è intesa.
      Nella sinistra (ed è una critica che faccio dall’interno essensdo ancora iscritto a Rifondazione, anche se comncio a chiedermi se ne valga ancora la pena) c’è una antica malattia che ha prodotto i maggiori disastri della nostra storia, compreso il fascismo: l’odio per i ceti medi (che oggi è diventato l’odio dei lavoratori dipendenti per quelli autonomi) . Mettiamoci in testa che il nemico è un altro, cioè il GRANDE capitale finanziario, per sconfiggere il quale è indispensabile una vasta alleanza del lavoro dipendente (che ormai è minoranza) del laboro autonomo e del lavoro precario. Il che non si ottiene con manovre come questa poposta di finanziaria che è politicamente sbagliata.
      Se la Cgil -come avevo già notato- propone una patromoniale ad 800.000 euro dice una bestalità e fa della demagogia populista che è destinata a ritornarci addosso come un boomerang.
      Quello di cui conviene discutere è come colpire le GRANDI rendite finanziarie ed è su questo che scriverò nei prossimi giorni. Provate a concentrarvi su un punto: i mercati finanziari oggi assommano un valore di 611.000 miliardi di dollari, se solo riuscissimo ad introitare un 3% di queta massa, risulterebbe raddoppato il gettito fiscale mondiale.
      Inbsisto: la sinistra ha bisogno di studiare, cosa che ha smesso di fare da troppo tempo e che ha prodotto gruppi dirigenti semplicemente impresentabili che ci hanno portato al disastro. O forse è sfuggito alla mia gentile lettrice che Rifondazione tre ani fa è uscita dal Parlamento perdendo 2 voti su 3? Ed il gruppo dirigente è sempre lo stesso di prima e non ha neppure accennato alla più lontana autocritica.

  • Sinceramente vorrei conoscere le sue proposte per redistribuire il peso della crisi in modo da colpire i grandi patrimoni. Sono d’accordo che vadano maggiormente colpiti i detentori di grandi rendite finanziarie, ma, per quanto riguarda il ceto medio,chi possiede un patrimonio sopra il 1000000 di euro, certamente calcolato con tutte le accortezze del caso (alcune da lei illustrate) mi sembra appartenere a un ceto un po’ più che medio. E’ chiaro che bisogna concentrarsi maggiormente sui grandi movimenti finanziari, ad esempio, come suggerisce Gallino, su leggi che impediscano le vendite allo scoperto o le transazioni fuori bilancio, riportando le banche alla divisione tra banche di deposito e banche di investimento, ma ora stiamo parlando della attuale manovra in corso in Italia, e secondo me individuare un cambio di direzione che non veda pagare sempre gli stessi ceti, bassi o mediobassi, non è un’idea così peregrina, accanto ad altre, proposte oltre che da Rifondazione anche da “Sbilanciamoci” come ad esempio la riduzione delle spese militari e la Tobin tax.
    Sui problemi e le sorti di Rifondazione, a cui anch’io sono iscritta, si potrebbe poi discutere a lungo, io individuo cause interne ed esterne. Quelle interne dovute
    – a un alto tasso di litigiosità di tutti contro tutti
    – al dilemma inestricabile tra “governo” e/o “opposizione”, soprattutto in un sistema maggioritario e bipolare come il nostro.
    Quelle esterne dovute principalmente alle sconfitte della sinistra sia “moderata” sia “radicale” in tutta Europa, perchè dagli anni 80 il modello liberista ha prevalso sia nella struttura sia negli aspetti culturali e i suoi danni si stanno evidenziando solo ora,
    chissà che ci sia uno spostamento a sinistra nel sentire comune!

    • sulle proposte scriverò nei prossimi pezzi e non sarà una cosa brebe.
      1 milione di euro non è una bazzecola, sono d’accordo, ma siamo nei limiti del ceto medio (grosso modo si tratta di un commerciante che possiede il suo negozio e una villa al mare con qualcosa sul conto corrente ). D’accordo: molti commercianti e professionisti evadono, ma se anche recuperassimo tutta l’evasione di questi contribuenti (cosa in sè giusta, salvo considerare poi quante imprese resterebbero in piedi) non ci saremmo ancora. Certo, facciamo qualcosa ma non facciamoci distrarre dall’obbienttivo principale.
      Su Rifondazione, credo che la diagnosi sia troppo tenera: anche la litigiosità mi pare che si sviluppi più suglio organigrammi che sulle linee politiche e questo non è un bel segno.
      Ultima cosa: una volta fra iscritti ad un partito comunista non ci si dava del Lei. O no?!

  • Personalmente non ce l’ho nè con i commercianti, nè con i lavoratori autonomi, soprattutto se non sono evasori che si sono arricchiti mentre la maggior parte delle persone si impoveriva (mio marito è un lavoratore autonomo, non evade e guadagna meno di un operaio). Ma la patrimoniale non è mica la ghigliottina! E’ solo una tassa che doverosamente, secondo me, dovrebbe pagare chi ha di più, altrimenti, come con questa manovra, si colpisce chi ha meno. Poi è chiaro che bisogna discutere di come colpire le GRANDI rendite, sono perfettamente d’accordo (e lo sostiene anche Rifondazione, tra l’altro). Forse la mia analisi sul partito è un po’ ingenua, magari non conosco tutti i retroscena, ma credo che per chi è rimasto, al di là di tutti gli errori passati e presenti, non è che ci sia molto da guadagnarci o da spartirsi a livello personale, date le ristrettezze in termini economici, di potere e di prestigio, quindi spero che le discussioni e le differenze abbiano motivazioni più politiche.
    Sul “tu” tra compagni hai ragione.

    Quanto al “tu”

  • La patrimoniale oggi, dopo averne parlato in tutte le salse sarebbe una manovra davvero deludente, se si volesse colpire l’evasione: i capitali veri sono già da tempo al sicuro. Basterebbe ridurre, con una politica fiscale equa, l’elusione fiscale, ovvero la possibilità di evadere senza reato. Riguardo ai paradisi fiscali, oltre a fare lunghi elench di black e white lists, sarebbe giunta finalmente l’ora di vietare tutte le transazioni di denaro verso quei luoghi esotici, anzi no, le tassazioni dovrebbero essere tassate con percentuali pari al valore che si intende depositare. E non mi si venga a dire che il monitoraggio è impossibile: se no, i servizi di intelligence, a che cosa servono, a fare le scorte ai VIP?

  • Mi permetta di andare leggermente fuori tema.
    Una persona,da me intervistata in primavera e che negli anni 70 ha fatto parte di una “batteria” dedita a rapine e sequestri,mi disse:
    “Nello stato debbono esistere sia gli affari “leciti” che quelli “illeciti”. Entrambi sono fondamentali per l’economia del Paese”.
    Non capivo cosa intendesse dire,poi scorrendo le voci utilizzate per il calcolo del PIL,sono sbiancato.
    Tra queste figurano sia il commercio di droga sia gli introiti derivanti dalla prostituzione.
    Il denaro che proviene da questi traffici rendono la nostra nazione più ricca.
    Le chiedo,è veramente così?
    Se la mafia fosse sgominata,noi saremmo veramente più poveri di 7 punti di PIL (130 miliardi)?
    Se così fosse,sarebbe ovvio che lo stato,non potendo prescindere da questa ricchezza,e al tempo stesso non potendo commerciare ufficialmente in droga, si appoggi ad organizzazioni criminali.
    Sotto questa luce risulterebbe persino banale chiedersi perchè una persona come Ganzer diriga ancora oggi l’Arma.

    Distinti saluti
    vince dean

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