La manifestazione di Roma: solito dejavu?

Giovedì scorso entrando a Roma, mi accorgevo che c’era qualcosa di assolutamente anomalo nel traffico: dall’inizio di via Nomentana a piazza Esedra c’era un unico immenso ingorgo di traffico; per fare 100 metri ci si potevano mettere anche venti minuti. Ragione: dato che un gruppo di giovani del movimento (non più di 2-300 persone) aveva occupato il tratto di via Nazionale antistante alla Banca d’Italia, polizia e vigili avevano chiuso al traffico quasi tutto il centro, da piazza Barberini a Torre argentina ed al Tevere. Una misura assolutamente spropositata, che otteneva come effetto quello di paralizzare il traffico dell’intera città.
Forse un eccesso di prudenza? L’impressione netta che si riceveva era piuttosto un’altra: provocare il massimo di esasperazione della gente indirizzandola contro i manifestanti.
Una prova generale in vista di sabato? A giudicare da quello che è successo direi che il sospetto non è infondato: la polizia non ha preso alcuna precauzione e si è fatta cogliere “impreparata” (così parrebbe), al punto che la solita “falange nera” è potuta arrivare alla manifestazione in divisa regolamentare da black blok, con tanto di zainetti pieni di chissà cosa.
Insomma, un modo come l’altro per disinnescare l’effetto politico della manifestazione, così oggi stiamo a parlare degli scontri piuttosto che della domanda politica della manifestazione. Berlusconi ringrazia.
Questo articolo si divide in due parti, iniziamo da quella più facile: il giudizio politico sugli incidenti e su chi li ha provocati.
La parte di corteo che ha dato vita agli scontri era del tutto minoritaria rispetto al  corteo (uno su 2-300 partecipanti al massimo) però non del tutto irrilevante come i mass media cercano di far credere. Si è trattato pur sempre di parecchie centinaia di persone: diversamente non si capirebbe come hanno fatto a tenere testa alla polizia ed ai carabinieri per 5 ore. Magari le forze di polizia avranno volutamente evitato il frontale, ritardato l’intervento, prolungato  gli scontri proprio perchè questo favoriva quella criminalizzazione di tutto il movimento di cui dicevamo, va bene, però, se non c’è un minimo di massa di urto, non riesce neppure la finzione. Anche perchè, per tenere piazza San Giovanni (anche solo nel tratto fra via Labicana e via Merulana) non ci si riesce con qualche decina di persone.

Dunque, come le immagini documentano, si è trattato di centinaia e centinaia di persone. Troppi per essere tutti “collaboratori volontari delle forze dell’ordine”.
Sicuramente una buona dose di provocatori  ci sarà stata, ma c’erano anche altre componenti, ciascuna delle quali merita un discorso a sè. La prima componente è, appunto, quella dei provocatori organici e dei teppisti professionali. A loro non ho niente da dire: non sono “compagni che sbagliano”, ma avversari  che fanno il loro mestiere e meritano solo il disprezzo dovuto ai servi prezzolati ed a quelli che non si fanno pagare, ma fanno la stessa cosa. Discorso chiuso.

Poi c’è una seconda componente che definirei dei “militanti arrabbiati”, quella parte di movimento che pensa (piuttosto ingenuamente) che il problema sia quello di sapere quale vetrina sfasciare perchè così “si individua il nemico di classe e si impone un nuovo livello di scontro”.  Più che di “compagni che sbagliano” si tratta di “compagni che non crescono”, affetti da una “sindrome da infanzia protratta”, con i quali si  impone l’obbligo di discutere, anche se con tutta la chiarezza necessaria, per cui, cari compagni:

a- questa pratica della violenza è, prima di tutto, violenta contro il movimento, cui si impone un livello di scontro che non ha scelto e non vuol praticare. Se uno crede di dover scendere su quel terreno lo faccia pure, ma nei suoi cortei e non  in quelli degli altri, prendendo in ostaggio gli altri  manifestanti usati come scudi umani: è una pratica un po’ vigliacca, vi pare?

b- le forme di lotta sono direttamente finalizzate al risultato che si vuole ottenere ed il nesso fra le due cose deve essere spiegato razionalmente.
Davvero credete che con venti o anche cento o mille vetrine spaccate si riesca ad ottenere di non pagare la crisi? Se è così, spiegatemi attraverso quali passaggi si arriva a questo risultato.

c- le forme di lotta si scelgono anche in base al momento politico in cui ci si trova: se si è nell’Italia del 1944, con i nazisti che occupano il paese si prendono le armi; se si è nel luglio 1960 si manifesta e si resiste alle cariche della polizia e dei carabinieri a cavallo, ma con una azione di massa.  Ma se si è nell’autunno del 2011, quando il problema è far capire alla grande maggioranza dei cittadini (appunto: “voi siete l’1% e noi il 99%”) quale rapina stia facendo il capitale finanziario e quale macelleria sociale stia preparando il governo, fare scontri come quelli di sabato è la cosa più controproducente che si possa immaginare, perchè allontana la gente dalla partecipazione politica e perchè solleva un polverone mediatico che distrae dai termini reali del dibattito.

Molti di voi mi dicono che questo è l’unico modo di farsi sentire, ma non vi dà nessun sospetto il fatto che il sistema dei media, così avaro di informazioni sull’antagonismo sociale, diventa poi così prodigo di spazio in queste occasioni? Oggi l’80% dello spazio è assorbito dagli scontri di centinaia di persone ed il 20% va alle centinaia di migliaia che hanno manifestato senza scatenare violenze gratuite: vi dice niente?
Ragazzi: la testa non serve a dividere le orecchie, ricordatevene.

Quanto alle vetrine fracassate ed ai bancomat sfasciati: le banche non ne avranno alcun danno perchè è tutto coperto dalle assicurazioni: tutto Pnl in più. Contenti?
C’è però un’altra componente ancora che merita attenzione: quei ragazzi che hanno partecipato agli scontri senza particolari motivazioni politiche ma per pura esasperazione sociale. Certamente  sono meno delle altre due componenti, ma la cosa non va sottovalutata perchè il fenomeno può crescere rapidamente: l’erba è secca e prende facilmente fuoco, stiamo attenti.

Si tratta di giovani che hanno tutte le ragioni di essere imbestialiti per il furto di vita e di futuro che si sta operando ai loro danni, ma ai quali bisogna far capire che le jacqueries perdono sempre e non risolvono alcun problema. Occorre praticare altre forme di lotta, anche molto dure, intendiamoci, ma capaci di estendere il consenso non di ridurlo. Occorre costruire un ampio fronte sociale contro il capitalismo finanziario ed una azione di massa, non episodiche ed improvvise fiammate devastanti, che non si lasciano dietro nulla.

Ed ora veniamo alla seconda parte del discorso, quella meno semplice. Stigmatizzare la violenza, come diceva don Vitaliano in Tv, è la cosa più facile e più scontata che si possa fare, ma, in una situazione del genere non è una grande trovata per uscire dai guai in cui ci troviamo.
Giornali e politici hanno fatto a gara per dire che le violenze sono inammissibili e bisogna rispettare la legalità.
Dunque: siamo in un paese nel quale il Presidente del Consiglio usa cellulari schermati come i mafiosi e va scampando la galera inseguito da torme di Procuratori della Repubblica; nel quale il Parlamento da due anni non fa altro che occuparsi di improbabili riforme della giustizia, con lo scopo  apertamente dichiarato di consentire al summenzionato statista di restare a piede libero; nel quale un referendum ha bocciato a valanga una di quelle leggi e la maggioranza prosegue imperterrita a farne altre ancora più incostituzionali e senza che il Capo dello Stato rivolga un messaggio alle Camere per dire che, forse, stante l’esito del referendum, sarebbe il caso di soprassedere.

E voi mi venite a parlare di rispetto della legalità? Riesce difficile mantenersi seri.
Ma voi credete davvero che si possa dare lo spettacolo di un capo del governo come Berlusconi e non pagare un prezzo? Che messaggio credete che arrivi ai giovani?
In secondo luogo, i politici hanno fatto a gara a dire che i giovani vanno ascoltati perchè hanno ragione, ma si sono guardati bene dal dire perchè e cosa si debba fare per rispondere alle loro domande. Il mio vecchio amico Nichi ha detto: “oggi la politica non parli ma ascolti”. Appunto: un bel tacer non fu mai detto. E’ molto facile dare ragione ai movimenti quando poi non si assume alcun impegno concreto.
Ma veniamo al merito: cari Bersani, Di Pietro e Vendola, fra una dichiarazione stampa ed una poesia, vi spiacerebbe narrarci cosa avete intenzione di fare? Insomma, se uno di voi tre fosse al posto di Berlusconi, i soldi alle banche li darebbe o no? ed a quali condizioni?

Cordialmente vostro sempre più affezionato

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (41)

  • l’ultima domanda retorica a bersani di pietro e vendola è retorica, dato che comunque li partito di “abbiamo una banca” fassino si sa benissimo da che parte pende, e si dovrebbe sapere altrettanto bene che in un alleanza col piddì certe cose non le decide certo vendola.

    ma noto che in questo articolo non sono state percorse delle strade. soprattutto quella dei neofascisti. hanno numeri, organizzazione e addestramento (fatto allo stadio, e testato in eventi come quello di piazza navona contro il movimento studentesco o l’assalto alla caserma dopo la morte di gabriele sandri) e probabilmente hanno pure gli infiltrati, più che nei movimenti di sinistra.

    non capisco come mai, con queste caratteristiche, non siano stati per nulla considerati nell’articolo. d’altra parte roma è l’unica città dove ci sono case occupate di destra, dato che prima veltroni e poi alemanno hanno fatto svariate regalie immobiliari ai fasci (con soldi pubblici ovviamente) che questi ultimi hanno trasofrmato in piccoli fort knox. insomma, considerandola da un punto di vista pratico mi sembra molto più facile pensare a gruppi organizzati, piuttosto che a a tante persone a cui è venuta per caso la stessa idea contemporaneamente. ovviamente non sto dicendo che siano tutti fascisti, ma può darsi tranquillamente che il cuore di questa falange fosse un gruppo organizzato (forse con qualche “infiltratos”) e il resto siano le categorie sociali citate sopra da aldo, che possono benissimo funzionare come elementi aggregati, ma che mancano della base logistica sufficiente per farne elementi aggregatori. come voleva fare capire guy debord col suo improbabile gioco da tavolo, uno degli elementi fondamental delle guerre e guerriglie di qualsiasi tipo è la comunicazione tra le truppe. se questa manca completamente, la battaglia non dura certo 5 ore…

    poi, a quanto si dice, ne hanno arrestati ben dodici (12)

  • il primo e l’unico articolo che ho visto finora in cui si fa un’analisi razionale e oggettiva riguardo alle ipotesi sulle motivazioni e sulle componenti sociali di quelle persone che hanno fatto guerriglia a Roma

  • Credo che là dentro ci fosse un pò di tutto. ho visto gruppi di 4/5 ragazzini molto giovani e pezzi più organizzati e consistenti muoversi negli scontri. Non mi appartiene una partenalistica condanna della violenza a priori. Sono convinta però che chi sceglie quel metodo debba assumersene le responsabilità e lasciare agli altri la possibilità di scelta se condividere o meno. Comunque ho trovato una piazza piuttosto matura e pronta, anche nell’espellere soggetti “strani” che potevano generare problemi. Grazie della riflessione: la trovo molto utile ai ragionamenti collettivi di cui trovo il bisogno.

  • e quelli che non hanno niente da perdere? che comunque sono una minoranza rispetto a chi sapeva benissimo che la violenza doveva screditare la manifestaione.

  • Però è innegabile che gli scontri sono riusciti per il momento e solo per l’Italia ad allontare il profondo senso di malessere sociale che sta attraversando trasversalmente tutti gli strati “subalterni” della popolazione. A questo punto sarebbe un ottimo servizio che intervenissero gli intellettuali, gli economisti e i tecnici per dare una voce razionale e indicare una soluzione alternativa che si faccia strada in modo autorevole per contrastare il pensiero economico unico che sta dominando questi tempi. La politica sarebbe invitata volentieri, ma al momento sembra un po’inappetente.

  • …sì beh, perdonate il massacro del periodo ipotetico, volevo solo aggiungere una brevissima riflessione. Grazie, potrei fare di meglio con l’italiano…

  • Difficile organizzare o pensare azioni di protesta basandosi sul comportamento dei media, essi fanno parte del marcio. Immagino che il caos non si possa evitare, la rivoluzione prenderà forme costruttive forse in un secondo momento.
    Suppongo.

  • è anche vero che senza rivolta e sommossa non parte nessuna rivoluzione.Fa parte delle tre fasi che lei conoscerà benissimo:1)la rivolta e la sommossa popolare.Slanci ideologici e massima unione delle forze lavoratrici,2)costruzione di un nuovo stato,rivoluzionario e comunista,quindi allontanamento delle teste calde e ricostruzione delle istituzioni,3)stabilità:ormai lo stato funziona e quindi morta lì,bella zio!^_^

    Concordo con il suo post,certo sul mio blog mi son dilungato a spiegare come la violenza si la base naturale della storia umana e del mantenimento delle istituzioni.Non è quindi un problema di violenti e pacifisti,ma di come e quando usare la violenza.Dico a mio avviso se il casino fosse opera di lavoratori ,(operai,manovali,piccoli esercenti,cioè la base della classe proletaria diciamo usando un termine per taluni vecchio),ci sarebbe maggiore simpatia.Riconoscerei le loro ragioni perchè vivono il problema della produzione e del posto instabile.Fossero insegnanti comprenderei che sono uno dei corpi lavorativi più tartassati e così via.Invece queste azioni,( nè buone,nè cattive),sono opera di giovinastri ,casinari e avventuristi come lo erano negli anni 70 tanti sinistrosi fittizziamente a sinistra del glorioso Pci.
    Eppure in quel contesto avevano qualcosa di urgente da dire,da far comprendere agli altri,cosa che secondo me oggi non riesce.Queste violenze al massimo possono servire per far il gallo in qualche cso e accoppiarsi con qualche fanciullina in cerca dell’eroe degli scontri,ma alla massa e al movimento danno solo fastidio e respingono,dividono,annullano,quel poco che i movimenti sanno dire
    Ultimo punto:la distruzione del partito organizzato in favore di quello della testimonianza e narrazione,ha in parte o del tutto indebolito anche alcune “istituzioni” tipiche dei partiti organizzati e disciplinati:il servizio d’ordine.Il quale avrebbe spezzato le braccine alle quinte colonne,(la cui provvenienza è sempre la solita anarcoide-spontaneista),avrebbe mostrato una forza capace di tenere la piazza e si sarebbe garantito,come partito,anche il sostegno popolare e i voti.
    Affidiamoci invece alle anime delicate e artistiche dei movimenti,all’indignazione,alla mancanza di organizzazione,gerarchia,disciplina,che altrimenti siamo stalinisti e imponiamo l’egemonia di un partito sulle donne e uomini libere e liberi.Ecco i risultati

  • ciao Aldo, letto l’editoriale di Valentino Parlato? Lui sembrerebbe giustificare la violenza creatrice o no? La mancanza di idee, o meglio, il non saperle accettare, perché le idee nuove ci sono, si combina bene con l’accettazione, da parte di un po’ tutta la sinistra antagonista, di forme di violenza esacerbata. Sia il movimento greco che quello inglese sono stati esaltati.
    A me, sinceramente, sembra che manchi totalmente un partito che possa interlocuire, guidare, sintetizzare quanto succede nelle piazze da almeno una quindicina di anni. Forse è questo il problema: la mancanza di referenti.

    • non ho letto il pezzo di Parlato, ma credo che si stiano mettendo insieme cose un po’ troppo diverse: il movimento anti Tav, il 14 dicembre a Roma, Londra, Atene, Tunisi, ed adesso il 15 ottobnre. Anche se il carattere rivoltoso di jacqueries è per certi verso comune a tutti questi episodi, tittavia credo si tratti di fenomeni abbastanza diversi fra loro e da studiare con attenzione.

  • pierluigi tarantini

    Che tenerezza, che nostalgia!
    Erano tanti anni che non sentivo tanta sicurezza nell’attesa della rivoluzione/Godot.
    E poi basta, non se ne può più di tutti questi ragionamenti economici che per capirne qualcosa bisogna studiare!

  • il problema è l’enfatizzare l’autonomia del movimento mettendoci anche lo spirito anti partitico(vedi grillo) e l’aver distrutto dal 1989 in avanti la funzione fondamentale del Partito come guida e organizzazione popolare.
    Vedere in tv due presunti organizzatori della giornata di sabato,che ingenuamente e candidamente dicono che non si aspettavano una cosa simile significa solo che certa gente giochi a fare l’indignato puro e non contaminato da quella brutta bestia che è la politica,ma lasci stare l’agire politico.Si allontani definitivamente dalle piazze e dal partecipare a qualsiasi attività pubblica.Non abbiamo bisogno di questi dilettanti allo sbaraglio.
    Nondimeno si dovrebbe ragionare sulla rivolta,è sempre negativa e sbagliata?Oppure se diretta e imposta in altra maniera,sotto la guida di un partito e di una classe sarebbe migliore?E dove li troviamo ora il partito e la classe?mah!

  • La dietrologia dei provocatori infiltrati non mi convince. Più semplice pensare a polizia impreparata a un compito difficile per uno stato democratico. Vedi Londra. Se la polizia non bastona o spara contro la guerriglia urbana come in Siria o in Egitto pochi violenti possono prendersi la piazza. Vero che non possiamo pretendere il rispetto della legalità dagli ultimi quando i primi la irridono ogni giorno. Stupisco piuttosto che sinora le reazioni di sdegno e rivolta dal basso siano state limitate. Si può e si deve fare molto di più sino alla caduta di Berlusconi. Ma azioni non violente. Conta molto di più lo sciopero fiscale od altre forme di disubbidienza civile di massa che qualche decina di auto bruciate e vetrine infrante.

  • Scontato dire che sottoscrivo in toto l’articolo, ma aggiungo qualche riflessione, premettendo che la mia fonte di informazione è stata la diretta di rainews24.(cioè la televisione, ma in una variante migliore di quella di Minzolini o Fede).
    Anche io sono rimasto colpito dal numero di quanti hanno preso parte agli scontri, e soprattutto dal loro livello organizzativo.
    Abbiamo sempre visto i black bloc agire in piccoli gruppi, con la tattica del mordi e fuggi, muniti di cappucci (e non di caschi), sempre lontani dalla concentrazione dei poliziotti.
    Qua invece si parla di una forza d’urto, preparata allo scontro fisico, in grado addirittura di caricare gli schieramenti di polizia. Questo presuppone anche un certo livello di militarizzazione, che mi ha fatto venire in mente le immagini degli scontri tra tifoserie. Idea che mi si è rafforzata dalla presenza di bombe carta e fumogeni, che fino a ieri non erano proprio una peculiarità delle manifestazioni politiche, neanche di quelle violente.
    Gli ultras si frequentano con regolarità (anche tra tifoserie diverse), sono organizzati e abituati allo scontro, per cui oggi sono quelli che meglio di tutti sanno fronteggiare la polizia.
    Per quanto ne so, il loro è un ambiente pesantemente infiltrato dai digosini e (almeno a Roma) è attiguo ai vari Casa Pound e Blocco studentesco. In altre parti d’Italia però non è così e capita spesso che tifoserie rivali solidarizzino contro la polizia, mettendo da parte i diversi connotati ideologici. Non è da escludere che la cosa possa essere successa anche a Roma.
    Secondo ragionamento: lo schema dell’infiltrazione-provocazione-scontri-repressione-condanna mediatica è ben noto e sembra calzare a pennello anche in questo caso. A livello di dibattito interno, si sa, parlare degli scontri e non del contenuto politico della manifestazione, giova al governo. Ma dare alla stampa internazionale
    (in un momento in cui il nostro governo è in grave difficoltà) l’immagine di un paese instabile e in preda ai disordini, non può essere controproducente? Le scene degli scontri di Atene e del Cairo non ci hanno certo dato l’impressione che il governo greco e Mubarack fossero molto popolari.
    Infine una valutazione politica: escluso Cicchitto e alcuni esponenti del Pdl, tutti hanno fatto a gara a denunciare la violenza, ma anche a tendere la mano all’ala pacifica del movimento.
    Il distinguo tra manifestanti violenti e pacifici (ai quali per la prima volta viene data ragione) non è mai stato così netto: Alemanno, Maroni, Tosi, per non parlare dei partiti dell’opposizione che cercano in tutti
    i modi di mettere il cappello al movimento. Dopo la solidarietà di Draghi, Obama e Trichet, manca solo il FMI.
    Nei giorni di Genova, tutti i manifestanti erano spacciati per delinquenti. Oggi il linguaggio politico è completamente diverso e questa cosa mi incuriosisce.
    Dall’altro lato trovo triste che questi personaggi elargiscano complimenti e pacche sulle spalle ai caroselli e agli slogan intelligenti. Questo movimento nasce in contrapposizione a loro, non come loro alleato.
    E qui mi chiedo: come fare per esprimere la propria rabbia, senza ricevere applausi dai governanti, ma allo stesso tempo senza ingaggiare una lotta tra poveri con poliziotti sottopagati (e molto più concordi con i manifestanti di quanto si possa immaginare)?
    Mi scuso per la lunghezza dell’intervento e saluto tutti quanti vorranno ragionare su questi aspetti.

  • Beh il tratto comune di tutte queste jaqueries è la totale sfiducia nelle forme di vita organizzate, una propensione al leaderismo, al branco, una lotta contro tutto e contro tutti perché il mondo è ostile. Si spacca e basta! Nessuno crede più ai “politici”, quindi alla politica: Grillo, Vendola, Di Pietro e Berlusconi sono il sintomo del fatto che in un mondo di disonesti bisogna andare dietro al carisma, al salvatore della patria…

  • Articolo per buona parte incondivisibile (non se ne abbia a male), ma che tutto sommato si salva all’ultimo.

    Da parte sua però, detto in tutta franchezza, non mi sarei mai aspettato l’accettazione della retorica pacifista e destrorsa della “presa in ostaggio” della maggioranza del corteo, da parte di pochi rivoltosi. Io a Roma c’ero e da come ho letto gli eventi, la consistenza dell’esasperazione sociale e della estrema necessità di un segno politico erano (e sono) molto più alti, rispetto a quella dei puri esaltati che vogliono solo fare scontri e ricercano la violenza per la violenza. Non semplifichiamo troppo: a Roma, in San Giovanni, ma anche nelle strade attigue, c’è stato un pezzo significativo di conflitto sociale. Producente, controproducente? Non è in questi termini che va posta la questione. Come sinistra, sinceramente, del giudizio di media e istituzione mi interessa fino ad un certo punto: avrebbero condannato persino le rivolte degli schiavi nell’antica Roma, capiamolo. Il discorso e il ragionamento collettivo riguardo il 15 ottobre (giornata complessa, simbolo di una situazione ancora più complessa e articolata)vanno avviati su più livelli e lavorando a “cerchi concentrici”: partire dalla metabolizzazione di quanto avvenuto e di quanto sta avvenendo anzitutto nel nostro ambiente immediatamente più vicino, per poi passare ai gruppi dei “cerchi” circostanti, fino a includere anche quella ormai quasi ex classe media moderatamente progressista, che comunque rappresenta parte del popolo che bisogna conquistare per avviare un vero percorso costituente (di potere costituente).
    Per far ciò va però evitato semplicismo e moralismo. La situazione richiede lucidità e razionalità. Il 15 è successo quello che doveva succedere. Punto. Tutto è migliorabile e le critiche sugli errori devono essere fatte e devono essere forti. Ma capiamoci su un punto: nonostante la reale ostilità di parte dell’ala pacifica del corteo e del (costituendo?) movimento, in San Giovanni oltre al blocco duro degli scontri, sono rimasti i Cobas, altre sigle e centinaia di manifestanti che non hanno partecipato agli scontri, ma che sono rimasti in piazza. Davvero sarebbe stato possibile impegnare le forze dell’ordine su un territorio tanto esteso e per così tanto tempo, se fossero stati presenti nelle vie e nelle piazze “messe a ferro e fuoco” solo i famigerati “black bloc”? La reazione del movimento è stata meno negativa di quanto sembri (anche se certo poteva andare meglio). A fare le azioni e gli scontri c’erano giovani di 15, 16, 20, 25, 30 anni (tre generazioni) incazzate, consapevoli di non avere rappresentanza e nulla da perdere, con contenuti politici nella testa (ancora superficiali per lo più, ancora disarticolati, ma genericamente presenti). Non è stata pura jacquerie. Poi posso accettare le critiche e le discussioni accese sulla necessità e sull’utilità o meno di fare determinate azioni; però tutto questo lo accetto se avviene coi dovuti distinguo rispetto alla posizione di polizia-media-istituzioni. Perchè la rivolta di sabato non è stata violenza fine a sè stessa, ma espressione di una rabbia che cerca un contenuto ed un progetto politico. E non sarà certo questo centrosinistra a dargliela. La rappresentanza democratica e popolare non è qualcosa di dato, non è un’offerta da supermercato: è un qualcosa che si forma storicamente e là dove certe forme si sono esaurite, allora il conflitto sociale (che non vuole dire per forza violenza) ne cerca di altre e nuove. In questa fase stiamo sperimentando: ancora non sappiamo se il 15 ottobre resterà una giornata di riots oppure darà vita ad un processo costituente e quindi alla nascita di un movimento o, meglio ancora, di un’organizzazione più solida e radicata. Sappiamo però che va avviato un processo politico, un lavoro politico che evidenzi anzitutto l’inutilità e l’incosistenza della retorica non-violenta e della dicotomia violenza si-violenza no. Non è quello il punto. Il punto è se questa è fine a sè stessa o se invece fa parte di un percorso più ampio. Soprattutto è superamento della visione conformista che legge le violenze di piazza solo come “problemi di ordine pubblico” o “teppismo giovanile” o, peggio ancora, “neo-brigatismo”.
    Bisogna lavorare, compagni; bisogna darsi da fare, siamo solo all’inizio e non possiamo inciampare adesso, aderendo al punto di vista mediatico. Ben vengano le critiche, ma da posizione di sinistra e intenzionata a superare questo status-quo inaccettabile.

    Con stima e rispetto,

    Heraclio

    • mai stato non violento ma questo non c’enra. Negli anni settanta, durante una stagione di lotte che non mi pare fosseparticolarmente non violenta, c’era una regola abbastanza rispettata: ognuno gestiva le proprie manifestazioni nel modo che credeva e chi andava nelle manifestazioni degli altri a provocare scontri non voluti da chi la manifestazione aveva indetto era trattato da provocatore. All’epoca c’erano i servizi d’ordine che provvedevano a fare in modo che le cose andassro per il verso di chi aveva promosso il corteo.
      Personalmente non vedo perchè dover rivedere una norma di comportamento così ovvia, anche se oggi (purtroppo) non esistono più oi servizi d’ordine. Se qualcuno ritene di dover scendere su quel terreno (come ad esempio l’11 marzo 2006 a Milano o del luglio sessanta a Genova), si indica una manifestazione per i fatti suoi e faccia pure, ma nessuno ha diritto di imporre ad altri le proprie posizioni.
      Certo può sempre esserci la reazione spontanea di persone (soprattutto giovani) essperate da uno stato di fatto insopportabile e questo lo ho riconosciuto nel pezzo che ha letto, (è il caso del 14 dicembre 2010), ma qui non si tratta affatto di questo ma di alcuni gruppi ben determinati, addestrati, organizzati che hanno deciso a freddo di fare quel che hanno fatto. E nei confronti di questi gruppi non c’è nè comprensione nè alcuna solidarietà in caso di repressione.
      La libvertà di manifestare è una cosa molto più importante da tutelare che i giochi di strada di qualche gruppetto che sa perfettamente che ad una sua manifestazione si ritroverebbe pressocchè solo.
      Cordialmente.

  • Come sempre trovo che l’analisi di Aldo sia da incorniciare e colgo l’occasione per ringraziare tanto lui quanto i suoi collaboratori per aver dato vita a questa “pagina di verità” dove tenersi al tanto anche vivendo all’estero!

    Tornando all’articolo: credo che non si debba permettere a soggetti esterni di condizionare un cotreo, però è da ingenui credere che una manifestazione di piazza pacifica possa cambiare qualche cosa.
    Fossimo in un altro paese lo capirei, potremmo far cadere un governo grazie alle proteste della gente o obbligare il primo ministro alle dimissioni con una manifestazione capeggiata da un gruppo di aspiranti crocerossine ma in Italia il livello di impunità della politica ha creato un fossato tra il palazzo e la gente talmente profondo che per riempirlo i cortei pacifici non bastano! Non sono a favore delle vetrine rotte perchè (oltre ad essere un gesto assurdo ed inutile) spianano la strada alla strumentalizzazione, però chi scende in piazza deve essere pronto ad usare la forza senza poi condannare il gesto! A Barcellona quando hanno manifestato contro il governo catalano, los indignados hanno obbligato il presidente della comunità autonoma della Catalunya a fuggire in elicottero!!…Secondo me è questa la strada da seguire, purtroppo non ne vedo altre.

    Non ci ascoltano, ci ignorano, ci tappano la bocca, ci emarginano…Beh, ci tocca menarli…Cordiali saluti da Jovencadete

  • Ciao,
    peccato che non si discuta dei contenuti della manifesrazione e, come sottolinea Aldo, c’è chi ringrazia. Comunque, su questo blog, generalmente, si discutono i temi di cui la manifestazione è stata portavoce, per cui val la pena parlare degli scontri. Che ci siano esasperati, arrabbiati e “infanti della politica” siamo d’accordo e sappiamo tutti quanto siano stati pilotati e strumentalizzati molti piccoli movimenti spontaneisti ed incapaci di vedere al di là del proprio naso nel corso della Storia(prorpio come la Finanza è incapace di guardare “oltre” lo stupido guadagno a corta gettata). Del resto, Aldo, le tue considerazioni sulle violenze in Inghilterra, con Londra a ferro e fuoco, se non sbaglio, andavano in questo senso. Saranno contenti che si parli di loro, alcuni penseranno pure di “aver vinto”. A differenza di altri Paesi (in cui gli eventi di questo tipo sono sporadici, almeno per il momento), in Italia, guarda caso, non si è mai smesso di avere questi problemi. A chi giova? Quattro scalmanati adolescenti (e qualche ritroso alla crescita) una società democratica li sa contenere benissimo … dai noi no! Li si fomenta … reitero la domanda retorica: a chi giova?
    Paola
    Paola

  • Intendo che non solo lo psiconano e la sua corte (assai ampia) ne trae beneficio, ma inizio a sospettare che tutto ciò faccia comodo anche alla … diciamo sinistra … tanto per intenderci.

  • Ciao Aldo, era un po’ che non passavo, diciamo che momento e argomento sono davvero clou.. Complimenti davvero a te e alla tua cerchia, si può girare per giorni sui blog e non trovare altrettanta lucidità, consapevolezza, e schiettezza. Ho scritto qualcosa anch’io, che forse potrà interessare a qualcuno: ma più che argomentare, aggiungendo poco al quadro già esaustivo di questa pagina, mi preme segnalare qual è il punto, dalla mia prospettiva. Avrò certamente meno esperienza di sedi di partito rispetto ad altri qui, ma ne ho a sufficienza di stadi e manifestazioni, per cui mi permetto appunto di segnalare, senza troppe teorie.
    Quello che ho visto io è esattamente quello che ci si doveva aspettare: una pseudo massa (ogni anno nella stessa piazza, per ascoltare musica e fumare canne ci si ritrova in tre volte tanti), illusa di poter fluire e magari cambiare la storia, senza una gerarchia, e peggio ancora senza una qualsivoglia organizzazione; e alla fine, si badi, senza rivendicazioni concrete e responsabili pronti all’eventuale dialogo che si dice di voler cercare. La solita gelatina impotente che fa tutt’uno con la camarilla degli oppressori, e ne è l’ideale sostegno. E due. Ci saranno anche gli infiltrati, ma potrebbero non esserci neanche, perchè nella fattispecie erano pure superflui. C’è invece un Paese in crisi terminale la cui cifra è la mediocrità e l’indolenza, che produce una crescente incapacità di ciascuno di fare il proprio lavoro con serietà e profitto. Non si capisce perchè le forze dell’ordine dovrebbero sfuggire a questo destino, e infatti si confermano un punto debole del Paese, tra gli altri. Col che, duecento scoppiati bastano e avanzano per prendersi Roma.
    A presto

  • Caro Heraclio, abbiamo gia’ dato.

    1) Non tenere conto della comunicazioni di massa, significa avere un atteggiamento autistico. Come quelli che attraversano l’autostrada autoconvincendosi che le automobili non sono state ancora inventate e finiscono inevitabilmente arrotati; significa spazzare con un colpo di spugna tutto il ventesimo secolo, l’invenzione della radio, della televisione, delle tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica anche attraverso i nuovissimi social network.

    Oppure, visto che in TV e sui giornali si e’ parlato quasi solo delle violenze, con questo intervento se ne tiene molto in conto.

    2) Lo so, la gente e’ molto incazzata (pure io).

    Bonini (Repubblica) diceva oggi alla radio (Tutta la citta’ ne parla, Radio3) che il corteo dei manifestanti ha lasciato entrare in piazza San Giovanni quelli con il casco, con un atteggiamento di non condivisione ma non di totale disapprovazione.

    Se si comincia a dire che con le manifestazioni (di violenza) come quelle di ieri si puo’ assistere all’inizio di qualcosa che assomiglia ad un soggetto politico, allora mi viene da pensare che dopo aver fatto intervenire i carabinieri, la polizia, la guardia di finanza, potrebbero intervenire i blindati, i lagunari di venezia, i carri armati; e la gente molto incazzata (disoccupati, giovani e meno giovani, ceto medio impoverito, artigiani senza lavoro) che nel frattempo si e’ lasciata ingabbiare nell’illusione della potenziale nascita di un nuovo soggetto politico a seguito di questi ragionamenti, la prendera’ in quel posto, come sempre e’ avvenuto in circostanze simili.

    Nel frattempo qualcuno parla gia’ di leggi speciali: cos’e’, far emergere le contraddizioni della societa’ capitalista?

    Sono convinto, mi scusera’ Heraclio, che chi fa l’apprendista stregone ha un cantuccio morbido e caldo in cui rifugiarsi. Magari un bel salottino nella Roma o nella Milano bene.

    3) Sono d’accordo con chi dice che questo centro sinistra (per come e’ di suo) molto difficilmente puo’ essere il soggetto politico che rappresenta questo disagio sociale.

    Gli scontri e le violenze gli rendono il compito ancora piu’ difficile, visto che deve tenere conto del voto moderato.

    Se si vuole fare politica e rappresentare questi nuovi e vecchi ceti incazzati con un nuovo soggetto, lo si faccia proponendo qualcosa. Altrimenti si va a situazioni di cui al precedente punto 2.

    Nella trasmissione In Mezzora di Lucia Annunziata di domenica 16 si e’ intervistato uno che e’ “dentro il movimento”. Dopo alcune contorsioni logiche e lessicali ha ammesso che situazioni di violenza come quelle di ieri rischiano di “dividere il movimento e che quindi bisogna riflettere”.

    Ecco, questo mi sembra un atteggiamento politicamente piu’ avveduto. Piuttosto che dire paternalisticamente che la violenza va condannata (tanto chi sfascia se ne frega) o che la violenza e’ prodroma di qualcosa (cosa?) si deve tentare un’operazione di egemonia: tanto di cappello.

  • si dovrebbe dividere il discorso ipocrita e fallimentare della non violenza e degli aspiranti maghi dei nuovi partiti democratici,ma sostenitori del sistema politico alla base delle nostre vicissitudini,e l’idiozia grassa e tamarra dei vecchiacci manigoldi e dei giovinastri pirla.Sono due problemi del fare politica a sinistra.
    Il problema fondamentale è il settarismo e la totale divisione anche a sinistra delle forze lavoratrici e popolari.Ognuno pensa a sè stesso,come ci rammentava Morandi in Scende la Pioggia,e questo formenta anche una rappresentazione in piazza divisa e spesso di fastidio contro parti che non si condividono.
    Lo ribadisco:la violenza è alla base della nostra vita,e sopratutto del potere politico in ogni forma,(andrei anche cauto sugli altri paesi meglio del nostro,almeno che non si parli delle nazioni evolutissime della biellorussia e della cina, mica delle nazioncine euroatlantiste),non è quindi in discussione la violenza e la sua applicazione in politica e nella società,(farlo significa porsi alla stregua degli struzzi ed essere fuori dalla discussione politica),il punto è:usare la pressione popolare per superare il sistema liberale e le sue democrazie colonialiste,fondamentale, o fare i coglionazzi sfasciando alla carlona metà città?Nel primo caso massimo sostegno,nel secondo un paio di bastonate possono servire,sopratutto ai ragazzini

  • caro Aldo,
    e se queste violenze d isabato fossero state montate ad arte per giustificare una stretta sulla sicurezza, con tanto di ipotesi di ripristino della legge Reale ventilata da Di Pietro con tanto di plauso della lega?
    P

  • Sono completamente d’accordo con Aldo. Chiedo a tutti coloro che seguono questa discussione: avete mai trovato una qualche analisi seria sui black bloc, su carta o in rete? Questi signori sono in circolazione da almeno il 2001, se non da prima. Grazie per le eventuali segnalazioni.

  • Prove di una Rivoluzione Generale? Bah… Mi sa di film già visto: un altro giro di valzer sulla pista della “Tensione”.

    Intanto si registrano le prime puntualissime reazioni della Casta: al Governo, il jazzista “nero” Maroni (ben istruito dagli insegnamenti di Cossiga) col ridicolo nonsense della “Flagranza in Differita”, mentre all’opposizione dei “duri e puri” l’agente “sceltissimo” Di Pietro, che chiede leggi speciali in deroga alla Costituzione…

    E’ soltanto un déjà-vù?

  • P.S. Si badi che il commento è al netto del giudizio etico rispetto all’uso della forza, sul quale mi astengo per non innescare polemiche bigotte…

  • Intendo dividere la mia risposta in due parti: una dedicata al dottor Giannuli e l’altra a Caruto, viste le obiezioni mosse.

    Per Giannuli: sono d’accordissimo sulla necessità di riorganizzare un servizio d’ordine per le manifestazioni che sia soprattutto in grado di tenere la piazza e saper gestire le sempre spinose situazioni che si creano quando si da al via alla pratica violenta (dai livelli più innocui a quelli più “hard”). D’accordissimo. E a Roma, sabato, questo è effettivamente mancato, ma non tanto in relazione a quanto avvenuto in San Giovanni, quanto riguardo ciò che è avvenuto prima, soprattutto in via Cavour: i servizi d’ordine c’erano, ma erano dei singoli spezzoni, che, al solito, hanno preferito non comunicare tra di loro. E quindi macchine bruciate, un palazzo a cui è stato appiccato il fuoco e stronzate simili, assolutamente da evitare e da punire con una spranga.
    Però, per favore, non mettiamoci a vaneggiare o a fare i verginelli: quel corteo era tanto dei “pacifici”, quanto dei “non-pacifici”; l’organizzazione, in questi mesi, prevedeva chiaramente il non fare una solita, sterile e ridicola sfilata da marcia della pace per le vie di Roma. Oltre alle azioni iniziali, di generalizzare rabbia e rivolta c’era l’intento. Non in San Giovanni, in realtà, ma a quel punto lo “spezzone nero” è stato portato verso la piazza conclusiva grazie a cariche di polizia e blindati lanciati a tutta foga verso i manifestanti. Nessuno ha preso in ostaggio nessuno, nè tanto meno, come dice Paola, si è verificato una variante di “strategia della tensione”. Per piacere non cadiamo nel ridicolo. Come ho già detto nel primo post di risposta, come sarebbe stato possibile tenere la piazza per così tanto tempo senza l’appoggio indiretto di quei manifestanti e di quelle sigle minori (principalmente i Cobas a cui, dopo tutto, si deve riconoscenza) che hanno scelto di non abbandonare il loro spazio e di non isolare i “teppisti”? Spiegatemelo senza utilizzare la scorciatoia del complotto poliziesco e ve ne sarò grato. Niente semplificazioni: quel corteo aveva due anime che volevano esprimersi in maniera differente e fino alle cariche della polizia non si sono calpestati i piedi; ma quando è iniziato lo scontro, il “blocco nero” ha addirittura difeso la parte di corteo pacifico che non partecipava agli scontri, ma è rimasta lì in San Giovanni. Abbiamo ben chiaro questo punto. Come sinistra trovo vergognoso avallare tesi “anti-estremismo” e che puntano alla divisione di questo magma ribollente che potrebbe diventare un movimento, potrebbe non diventarlo, ma che è presente e che non credo si sia così diviso come dicono i media. C’è critica, ci sono discussioni, ma non c’è ancora rottura. Gliel’ho già detto: a fare gli scontri c’erano dai 15enni ai 40enni, precari, disoccupati, studenti senza un futuro, pendolari; forse organizzati, forse no, ma cui va tutta la mia solidarietà e non solo. Quando lei dice “qui non si tratta affatto di questo ma di alcuni gruppi ben determinati, addestrati, organizzati che hanno deciso a freddo di fare quel che hanno fatto. E nei confronti di questi gruppi non c’è nè comprensione nè alcuna solidarietà in caso di repressione” si allinea perfettamente a quel clima di criminalizzazione che sta cercando di creare una delazione di massa dentro anzitutto il movimento, separando buoni e cattivi, e neutralizzando qualunque potenziale. Accetto le critiche, i dissensi e le dissociazioni, ma se vengono da posizioni consapevoli e critiche anche nei confronti di quanto sostenuto da polizia, media e istituzioni.

    Per Caruto: cosa c’entra la comunicazione di massa? Come già detto penso sia fondamentale fare un lavoro politico e di controinformazione, che riesca a raggiungere anche il ceto medio progressista e moderato, ma ragionando a cerchi concentrici: bisogna favorire un processo di elaborazione e metabolizzazione collettiva anzitutto negli ambienti a noi più vicini, per poi spostarsi verso gli altri livelli. Questo lavoro controinformativo deve servire a due cose: evitare una rottura nel costituendo movimento (che non si sa ancora se lo diventerà effettivamente o meno) ed evitare una strumentalizzazione da parte di media e istituzioni (dentro ci va anche il centrosinistra, spiace dirlo) della parte numericamente più consistente, ovvero quella pacifica e che non ha partecipato direttamente agli scontri (senza per questo essere del tutto in disaccordo con quanto fatto), e che rischia di essere neutralizzata. Perchè, analizzandolo, che discorso fanno giornali e tv? Dividono buoni e cattivi e, fingendosi comprensivi verso i pacifici, cercano di portarli dalla loro e, anzi, invitano alla delazione e all’isolamento dei cattivi. Questo, se si era tutto sommato d’accordo nel non realizzare la solita sfilata romana d’inizio autunno, sarebbe avvenuto in ogni caso: senza macchine bruciate, senza coinvolgimento di chi non voleva partecipare, assaltando magari i “palazzi del potere”. Anche con una gestione migliore della piazza, l’isolamento e la criminalizzazione ci sarebbero comunque stati. Forse il movimento avrebbe reagito un pò meglio (e non è poco), ma nulla di più In questo momento, in cui il berlusconismo come sistema di potere è in crisi, il centrosinistra deve legittimarsi davanti l’Europa per poter gestire e amministrare il carrozzone Italia. C’è poco da fare. Quindi, in questo senso non mi interessa la reazione di media e istituzioni, perchè il punto di lavoro vero è su un altro livello. Soprattutto, bisogna parlare dei contenuti (che spiegano perchè sono avvenuti gli scontri, non pura jacquerie come ho già detto)e cominciare ad approfondirli e ampliarli meglio. Una lotta si vince anche e soprattutto studiando (cosa che la sinistra non fa da troppo).
    In questo senso, io non dico che sta nascendo un soggetto politico o altro, ma semplicemente di non ridurre quanto avvenuto a Roma come semplice teppismo o violenza: è stata una giornata complessa, simbolo di una situazione ancora più complessa. Basta con la diatriba “violenza si-violenza no”: la violenta è uno strumento, a volte può essere utile, a volte no. Punto. Non meniamola troppo. La riflessione non deve esserci per condannare o altro, ma per tenere unito il movimento, evitare la demoralizzazione di massa che potrebbe verificarsi, cercare di capire quale forma possa assumere la nuova rappresentanza e di quale progetto politico è portatrice.

    Senza offesa, ma le condanne più potenti e cariche di contenuto paternalistico le sento da molti ex-sessantottini. Mi viene da rispondervi due cose: piantatela con la pretesa di dire “noi potevamo fare gli scontri” oppure “noi li facevamo meglio”, voi siete solo dei teppisti esaltati e infantili. Direi che l’infantilismo ha dominato buona parte delle vostre lotte e dei vostri anni giovanili di attivismo politico; se aveste avuto un pochino più di razionalità, come la predicate ai ventenni d’oggi, nell’agire politico e nella progettualità, forse non ci troveremmo in questa situazione. Prima di condannare le estrema, ma pur legittime forme della rabbia, riflettete sul mondo che ci avete lasciato e, per una volta, siate costruttivi e non paternalisti. Grazie.

    Con stima e rispetto, sempre vostro

    Heraclio

  • pierluigi tarantini

    Condivido quello che scrive Algil: <>.
    Certo, il commento che mi ha fatto sentire il sangue nelle vene è quello di Jovencadete: <>.
    La ragione, però, mi dice che in piazza non ci sono Berlusconi ed i suoi servi.
    E forse, nell’era dei media e del web, è proprio la piazza a non essere più l’agorà.
    Ed è concreto il rischio che quattro petardi da stadio e qualche sanpietrino distolgano l’attenzione dal disastro compiuto da questo governo.
    Credo perciò sia più importante impegnarsi per evitare che alle prossime elezioni si finisca come in Molise.
    E se proprio “movimento” dev’essere la ricetta giusta non è quella del 15 ottobre.

  • Evviva evviva evviva…
    il capolavoro di questo articolo è quello di dire tutto l’ovvio. riuscire a farlo è un miracolo, più che scritto sembra parlato… buttato fuori da dentro come uno sbuffo lunghissimo d’aria.

    Il 15 ottobre 2011 a Roma non c’è nulla che è naufragato e non c’è nulla che è nato. Il cambiamento è necessario e la sua necessità condivisa. Il futuro c’è e lo stiamo già vivendo, solo la paura può farci rimpiangere il passato.

    Questo movimento vincerà solo se sarà in grado di immaginarsi un futuro, abbandonando il passato.

    http://youtu.be/H7mO3JxMoek

  • Ciao, ritengo ciò che hai scritto assolutamente vero.
    La violenza eseguita dai bb a Roma è fine a se stessa e viene sfruttata dai politici e mass media come elemento per distrarre l’opinione pubblica dal vero significato della manifestazione; dall’obiettivo preposto.
    Purtroppo però ho l’idea che, anche solo manifestando in piazza pacificamente, urlando i propri disagi e problemi sociali, a queste grida di disperazione i vari “potenti” di turno non abbiano orecchie abbastanza buone da sentirle;in quanto sono ben tappate da tutto quel denaro,potere e privilegi che mai gli verranno tolti e che li distoglie completamente dalla realtà vera, quella in cui tutti noi viviamo. Questi vivono su un altro pianeta.
    Questa casta deve essere sciolta, ci vuole moralità, senso civile, SOLIDARIETà.

  • Grazie Tarantini, non per il fatto di condividere, ma per lo strano segno che ho dovuto decifrare: stando alle mie ricerche, dovrebbe essere qualcosa che ha a che fare con l’affetto.. Grazie, da cittadino a cittadino, perchè negli obiettivi comuni, è proprio di passione che abbiamo tutti bisogno, e come giustamente dice, di impegno, in ogni agorà possibile e immaginabile. C’è un nuovo scambio alla pagina successiva.
    A presto

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