La Legge sul biotestamento e l’era della rimozione della morte

L’entrata in vigore del biotestamento è stata preceduta da uno scadimento del dibattito pubblico a riguardo, inquinato in particolar modo dalle dichiarazioni inopportune e deplorevoli di Matteo Salvini, ma apre a interessanti dibattiti e invita fortemente a riflettere.

A riflettere, in primis, sul significato di un decreto che sancisce, sotto determinati punti di vista un indubbio progresso, dato che, come ha scritto l’oncologo Carmine Pinto sul Corriere della Sera, “ribadisce la centralità e l’unicità del rapporto medico-paziente nella pianificazione di una strategia terapeutica condivisa, che va certamente contestualizzata e rapportata all’evoluzione delle conoscenze e delle potenzialità di cura” e rilancia l’importanza del consenso informato nella terapia medica. Un provvedimento che smussa alcune spigolosità nell’ordinamento italiano che portavano a problematiche nella relazione tra prassi medica e approccio legale in materia di “fine vita”.

Ma, al tempo stesso, a riflettere su un’implicazione più problematica, che la discussione sulla legge ha aperto: il rapporto tra noi, uomini del presente, e la morte. Sembra quasi che la possibilità di un biotestamento e lo stesso “diritto a decidere” siano rivendicati non tanto per le loro decisive implicazioni mediche, ma bensì per la possibilità di poter controllare, in anticipo, le redini del proprio destino e poter far sentire la propria voce in un capitolo inconoscibile come quello della nostra stessa fine.

Il Giornale ha pubblicato ampi stralci della lettera che monsignor Gianfranco Ravasi scrisse su Indro Montanelli poco dopo la sua morte, e i cui contenuti risultano oltremodo interessanti alla luce della discussione sul biotestamento. Ravasi scrisse: “Nei suoi scritti accennava spesso a quel corollario che è il gorgo oscuro della depressione da cui era stato in certi momenti attratto e catturato. In questa luce acquista particolare valore il discorso sulla dignità del morire. Perché non tagliare in modo deciso e reciso il nodo della morte indegna? La domanda merita una risposta. […] Si profonde più nella cura della malattia che non nella cura del malato. Il risultato non è la guarigione ma un prolungamento del processo patologico che si configura quasi in un’estensione agonica. Si delinea così la necessità della determinazione di una sorta di etica del morire, di una carta dei diritti del morente […]Tanti medici fanno notare che il cosiddetto «testamento biologico» è steso in tempi esistenzialmente diversi: si è seduti, ancora sani e «benestanti» e forse si esorcizza la paura della morte col ricorso al taglio netto e immaginato come ovvio e facile dell’eutanasia «attiva». Quando però si è in quella galleria oscura, il seme mai inaridito della speranza affiora”.

Non è facile parlare del rapporto tra l’uomo vivo e la morte in un’epoca che ha respinto la morte dal discorso collettivo in maniera radicalizzante. L’individuo della società globalizzata rimuove l’idea della morte e con questa quella di futuro, vivendo in un presente eterno. Anche l’invecchiamento, anticamera della morte, comincia a fare sempre più paura. L’uomo della globalizzazione punta a “fermare Luna e Sole su Gabaon”, pretendendo di cristallizzare il tempo: ciò porta a reputare insopportabile l’idea di un futuro senza il Sé.

Questo perché, fondamentalmente, il presentismo di cui è vittima la nostra società, e da cui sono patologicamente colpite le nostre élite cozza con una contraddizione apparentemente lacerante: la contraddizione secondo cui, come scriveva Joseph Ratzinger in Der Gott Jesu Christi nel 1976, è l’illogicità della morte a dare senso alla vita stessa e la contraddittorietà propria della morte stessa sprona noi, esseri umani, a immaginare la nostra esistenza come un continuo, non focalizzata su un presente fine a sé stesso.

Dunque, ben venga la legge sul biotestamento con i suoi profondi progressi umani e civili, ma ben venga, al tempo stesso, una presa di consapevolezza a riguardo dell’ineluttabilità di un destino che, al di là delle convinzioni morali, sociali o religiose, potremo condizionare, forse influenzare ma sicuramente non predeterminare mai arbitrariamente.

Andrea Muratore

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Aldo Giannuli

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Comments (14)

  • … ho preso buona nota. L’ho appuntato sull’agenda del prossimo anno e per sovrappiù pure sull’agenda del telefonino, così è scuro che non mi sfugge.

    • Venceslao di Spilimbergo

      Buonasera Esimio signor “Gaz”
      Come sempre la sua opera di satira è gustosissima; in particolare, in questa occasione, non posso non notare un richiamo ad un grande (e purtroppo scomparso) Maestro della nostra arte… che, come tutti i Grandi, è sempre di attualità. Complimneti veramente.
      La saluto augurandole un buon Fine Anno e una buona serata

      • @Venceslao di Spilimbergo
        Grazie e ricambio gli auguri.
        Spero di non iniziare a sentirmi male, per citare Woody Allen.
        Quando sono stato male-malissimo, al punto da non avere la forza per postare qui, la cosa mi seccava tremendamente, come altre per la verità.
        Vi tocca sopportarmi.

        • Non porto contabilità di questo genere … ma Karl Marx cita la parola “morte”, se non erro, un paio di volte.
          Non sono poi in così cattiva compagnia. C’è chi sta più inguaiato di me.

  • Non sono d’accordo, né eticamente né biologicamente. Eticamente, non capisco perché qualcun altro debba costringermi a vivere quando io non lo desidero più (per questo appoggio l’Associazione Luca Coscioni e la lotta di alcuni radicali coraggiosi come Cappato).
    Biologicamente la morte serve al rinnovarsi adattativo della vita, per selezione naturale delle mutazioni più favorevoli. Ma fra poco saremo in grado di gestire in modo molto più umano il nostro DNA. Non sarà più necessario morire. (Tutto questo, in realtà, crea una fortissima contraddizione fra servizi sanitari per ricchi dei Paesi ricchi, e tutto il resto della popolazione, che avrà sempre meno assistenza; ma questa è lotta di classe, mentre qui mi voglio fermare all’aspetto concettuale).

  • Un contingente italiano viene spedito in Niger. Un rapidissimo sguardo sull’economia di uno dei paesi più poveri del mondo. Tratto da Wikipedia.
    A voi le conclusioni !!
    “Fra le principali risorse minerarie del paese si trovano l’uranio, il carbone, il ferro, i fosfati, l’oro e il petrolio. L’industria è ancora agli inizi; attività prevalenti sono quella mineraria e quella manifatturiera. Il Niger è il quinto paese al mondo per l’estrazione dell’uranio (circa 3243 tonnellate l’anno), ad opera della multinazionale francese Areva.
    La moneta del Niger è il franco CFA, che nel 2005 aveva una parità con il dollaro statunitense di 525,85.
    Il suo PIL a parità di potere d’acquisto è di 807 dollari pro capite (2012)[4], uno dei più bassi del mondo, mentre l’inflazione è del 3% annuale (2002). Il Niger ha un debito pubblico estero di 1.600 milioni di dollari (2002).”

  • Venceslao di Spilimbergo

    Buonasera Esimio signor Muratore
    Permetta di congratularmi per il suo ultimo scritto, veramente molto interessante; condivido praticamente tutto quanto da Lei esposto. Peccato solamente che, durante la votazione della legge sul cosiddetto “Biotestamento”, siano stati pochi i commenti di questo genere, altamente costruttivi.
    La saluto augurandole un buon Fine Anno e una buona serata

  • Che piacevole sorpresa, finalmente sentir parlare in un dibattito pubblico, della necessità di un nuovo rapporto con la morte nella nostra cultura. A lei, Professor Giannuli, il merito di ospitare anche questo tipo di dibattiti. Tanti auguri!

  • Tenerone Dolcissimo

    Le parole di Salvini erano più che giustificate
    La legge in commento introduce DI FATTO un obbligo di eutanasia già come fece a suo tempo la legge sull’aborto.
    Mi spiace per le anime candide che hanno creduto in buona fede di avere compiuto un’opera di civiltà, ma anche le anime candide devono rendersi conto che quando nel proprio schieramento milita gente loffia come la Bonino qualche dubbio bisogna farselo venire.
    Cmq suggerisco di vigilare attentamente vostri congiunti o amici che vengano ricoverati negli ospedali, specialmente se sono anziani

  • La legge sul biotestamento è chiaramente un passo in avanti verso l’eutanasia, obiettivo da conseguire attraverso la tecnica d’ingegneria sociale definita “finestra di Overton”. Jacques Attali, noto esponente di punta dei “poteri forti” e mentore di Macron, ci spiega bene di che cosa si tratta nel libro “L’avenir de la vie”, Seghers, 1981, in cui è intervistato dal medico Michel Salomon, medico e definito da Wikipedia (versione francese) “un journaliste et lobbyiste français” (“un giornalista e lobbista francese”).
    Alle pagine 274 e 275, Attali dichiara che:

    “L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future in tutti i casi di scuola. In una logica socialista, per cominciare, il problema si pone come segue: la logica socialista è la libertà e la libertà fondamentale è il suicidio; di conseguenza, il diritto al suicidio diretto o indiretto è dunque un valore assoluto in questo tipo di società. In una società capitalista, delle macchine di uccisione, delle protesi che permetteranno di eliminare la vita quando sarà troppo insopportabile o economicamente troppo costosa, vedranno la luce e saranno pratica corrente. Penso quindi che l’eutanasia, sia che costituisca un valore di libertà o una merce, sarà una delle regole della società futura.”
    (la traduzione è mia).

    In Belgio l’eutanasia è legale da circa dieci anni. In Italia, paese cattolico e di tradizioni più solide, siamo ancora “indietro”. Inutile illudersi che il biotestamento sia un punto di arrivo: esso è solo una tappa intermedia verso gli obiettivi prima descritti in maniera così cinicamente chiara da Attali.
    Dopo aver conseguito la mercificazione del lavoro, ipocritamente spacciata per conquista di sinistra, si sta procedendo verso la mercificazione della persona umana. Per chi oggi comanda veramente, l’essere umano è un soggetto il cui valore è subordinato al profitto delle élite, quindi non vale più niente se non produce più profitto e può, anzi deve, essere eliminato.
    Naturalmente, come in altri casi, il progresso verso la distruzione di certi valori e la loro sostituzione con quelli delle élite sono spacciati come conquiste di diritti di sinistra. Oltre al gravissimo danno, la beffa: attori non protagonisti, una classe politica totalmente venduta e traditrice e un popolo completamente imbecille.

    • Tenerone Dolcissimo

      Il problema è se l’eutanasia sarà volontaria.
      Considerata l’esperienza della legge sull’aborto io qualche dubbio lo avrei.
      P.S. Reitero il suggerimento di vigilare attentamente i vostri congiunti o amici che vengano ricoverati negli ospedali, specialmente se sono anziani

  • Attali ha già risposto:

    “In una società capitalista, delle macchine di uccisione, delle protesi che permetteranno di eliminare la vita quando sarà troppo insopportabile o economicamente troppo costosa, vedranno la luce e saranno pratica corrente. Penso quindi che l’eutanasia, sia che costituisca un valore di libertà o una merce, sarà una delle regole della società futura.”

    Per lui, quindi per chi sta dietro a lui, l’eutanasia può essere “un valore di libertà o una merce”, ma in ogni caso una regola.
    Si ricorrerà ad essa quando la vita “sarà troppo insopportabile o economicamente troppo costosa”. Insomma, se costi troppo per quello che dai, sei libero di ucciderti, altrimenti qualcuno provvederà al posto tuo. Di libero o liberale, in questo, non c’è nulla. O meglio: c’è la libertà degli altri (i potenti) di fare della tua vita quello che vogliono senza che tu possa fare nulla. Si chiama liberà eteronoma.
    Il suggerimento di vigilare è sacrosanto, ma potrebbe diventare inutile.

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