La gallina e la crescita

Alcuni frequentatori di questo blog (come Steffa88 e Gae, che ringrazio per la pazienza con cui mi leggono e rispondono) hanno mosso qualche appunto al mio articolo su crescita e debito ai quali mi sembra utile rispondere.
Gae (Immagino stia per Gaetano, o no?!) mi fa presente che la crescita non è la soluzione del problema, perchè da sola non ripaga il credito: “meravigliarsi che la crescita non ripaghi il debito è come meravigliarsi che la gallina, dopo aver fatto l’uovo non faccia anche la frittata”. Perchè è necessario un intervento umano che usi le risorse della crescita per ripagare il debito e, quindi, la crescita è solo la precondizione dell’eventuale risanamento del debito.
Steffa88 (suppongo possa stare per Stefano) osserva che la strategia della crescita è l’unica adatta a diminuire il debito, perchè: “In realtà non ci interessa lo stock di debito in sé, ma il flusso che il debito genera, e che è dato dalla quantità di debito ma anche dalla sostenibilità dello stesso. Una crescita sostenuta non solo diminuisce il rapporto debito/pil ma anche gli interessi”
Probabilmente non siamo affatto in disaccordo, ma semplicemente non devo essermi espresso con chiarezza, per cui si è generato qualche malinteso.
Per quanto mi riguarda sono perfettamente d’accordo tanto con la prima (la crescita è solo la precondizione…) quanto con la seconda osservazione ( “una crescita sostenuta non solo diminuisce il rapporto debito/pil….ecc.). Niente da ridire.

Il punto è un altro: non possiamo ignorare l’entità dello stock del debito che, superata una certa soglia, non è è più rimborsabile, neppure con tassi di crescita (ragionevolmente) sostenuti. Ovviamente parliamo in termini di tempo economicamente significativi e non spalmati in cicli epocali. E’ verissimo  che, man mano che diminuisce il rapporto debito /pil (e di conseguenza aumenta la solvibilità) diminuiscono gli interessi da pagare, ma è anche vero il contrario: che sino a quando hai una palla al piede di pesanti interessi da pagare, la crescita non può essere tanto sostenuta. Perchè la crescita serve alla crescita e se una bella fetta di essa se ne va in interessi da pagare, rimane poco da destinare ai nuovi investimenti.

Allora: per ripagare un debito al 160% del Pil o si cresce a ritmi cinesi del 10-11% all’anno, ed allora il debito si riduce ad ¼ del Pil in 11-12 anni (che è un tempo non breve, ma ragionevolmente prevedibile), oppure si cresce più lentamente (azzardavo un 4% fisso ogni anni) ed allora lo stesso risultato richiede 35 anni.

La prima condizione non appare molto credibile quando già si rappresenta il Pil più alto del mondo, con consumi energetici pro capite quintupli rispetto a quelli dei paesi emergenti. La seconda condizione è una ipotesi puramente di scuola, perchè non ha alcun senso una proiezione a 35 anni (o anche a 20) che ipotizzi una crescita costante non inferiore al 4% annuo.

Dunque, questo è il punto, se lo stock di debito supera una certa soglia, la crescita non basta più da sola (da sola: lo sottolineo) ad assicurare una possibile via di uscita, per cui quello che viene meno è proprio la “precondizione” di cui parla Gae: insomma, io non metto in dubbio che la crescita sia la gallina che fa le uova, ma per fare la frittata occorre un intervento umano; qui il problema è che ci vuole la gallina che fa 5 uova al giorno.

E, infatti, a leggere bene le serie storiche che Rogoff riporta nel suo libro, si ricava che quando il debito di uno stato supera la soglia del 90% sul Pil, normalmente va incontro al default.
Per di più, nel nostro caso, questa è una condizione molto diffusa e quasi senza eccezioni fra i paesi occidentali, inoltre, nel caso americano, si accompagna ad un elevatissimo debito aggregato, per cui l’ipotesi di un rientro dal debito grazie alla crescita  appare del tutto improbabile, mentre assai più credibile appare l’ipotesi di un crollo generalizzato. A meno che non si metta mano per tempo ad una ristrutturazione concordata del debito a livello mondiale, evitando shock a catena. Ed il tempo per evitare guai peggiori (come ci fa notare Nicola Mosti) non è lunghissimo, anzi, ogni giorno che passa rende tutto più complicato.

Altro che uscita in 35 anni!

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (16)

  • Pierluigi Tarantini

    Puntualizzazione ineccepibile limitatamente all’ambito finanziario.
    Tuttavia, trattandosi di finanza pubblica, come tale implicante questioni che trascendono il suddetto ambito, rischia di essere fuorviante un’analisi scevra da qualsiasi genere di valutazione (politica) rapportata a casi concreti.
    In altre parole: che senso ha ragionare della possibilità di ridurre il debito pubblico (ad es. italiano) attraverso la crescita quando quest’ultima deve essere stimolata da provvedimenti decisi dagli stessi personaggi che hanno creato debito pubblico e crisi?
    P.s.
    Quiz: il debito pubblico italiano è crescituo in maniera esponenziale alla fine della cd. Prima repubblica.Indovinate chi erano i consiglieri economici di Craxi.

  • Io farei però notare due cose:
    1)le politiche a sostegno della crescita saranno anche pensate per risanare il debito, ma intervengono profondamente nel crearlo. Politiche keynesiane e (neo)liberiste in teoria opposte per concezione hanno creato questa situazione.
    2) il PIL (perché stringi-stringi è questo l’indicatore di quella cosa abbastanza astratta che chiamiamo ‘crescita’) quando supera determinati valori è indice di fenomeni per nulla positivi. Oltre il 7/8%, siamo in presenza di un PIL ‘drogato’ ad esempio dal ricorso a tecnologie obsolete e poco efficienti che consumano gran quantità di energia, sono inquinanti e richiedono spesso massicci interventi di risanamento ambientale. Come ha ben testimoniato Naomi Klein in Shock Economy, le catastrofi naturali e le guerre possono essere un toccasana per il PIL. Viceversa, interventi improntati allo sviluppo sostenibile e all’efficienza modernizzerebbero realmente la situazione ma comporterebbero una perdita di PIL, almeno alla lunga.

  • Ciao, io , in questo periodo,scusandomi fin d’ora per la possibile ingenuità da profano in economia, mi porrei anche un altro problema; e cioè chi detiene il debito e, conseguentemente, chi incassa gli interessi?
    In altri termini, una strategia di risposta alla crisi che assume come assioma che il debito va comunque pagato sia negli interessi che nel capitale, ammesso che funzioni, cosa produrrebbe?
    Recentemente mi sono fatto una ricerchina sulla composizione del debito italiano e il risultato è che i “privati” (italiani o stranieri), intesi come persone fisiche ricche o povere, detengono circa il 23% del debito italiano; Tutto il resto è in mano a Banche, istituzioni finanziarie e compagnie assicurative varie (italiane e straniere).
    Nella mia ingenuità mi chiedo: ma questo non significa che una strategia di uscita dal debito che si basi sul concetto di prima, anche nel caso funzionasse, si limiterebbe a trasferire enormi quantità di denaro dalle tasche dei lavoratori (da cui proviene il gettito fiscale) alle casse di Banche, istituzioni finanziarie e compagnie assicurative?

  • Io penso che si dovrebbe uscire dal totem del Pil che non può essere preso a metro di giudizio efficace di uno sviluppo sostenibile di una società.
    Penso che non sia adeguato questo strumento e che ne andrebbe inaugurato un altro che tenga conto della qualità ambientale, del tempo libero, di tutte quelle condizioni che rendono migliore e più vivibile la vita umana delle persone.
    Come ha detto già qualcuno il pil aumenta anche con le guerre, gli incidenti stradali, le catastrofi naturali ma non mi pare che questi siano eventi auspicabili per il benessere di una società.
    Quanto al problema della riduzione del debito tramite la crescita, mi pare logico che non sarebbe sostenibile una crescita a livelli cinesi come ricordato dal prof. Giannuli, ma neanche una che si avvicini a quei livelli.
    Signori, noi come paese sono praticamente 20 anni che cresciamo a cifre decimali, come potremmo solo immaginare di crescere al 3 o 4 %??? Questa è utopia per cui la soluzione secondo me è un default pilotato come sostiene la professoressa Loretta Napoleoni che seguo da tempo e le cui idee condivido praticamente in toto.
    Andrebbe rinegoziata la parte di debito detenuta dagli operatori esteri e dagli investitori istituzionali nazionali garantendo il pagamento della quota di debito pubblico posseduto dalle famiglie e dai piccoli risparmiatori.
    Io non vedo altre soluzioni plausibili.
    Continuare a credere nel totem della crescita in un mondo di risorse finite non è solo insensato ma è anche profondamente stupido.
    Non escluderei anche l’uscita dall’Euro, evento sicuramente traumatico ma preferibile alla deriva greca che rischiamo di imboccare nei prossimi anni.
    Si potrebbe fare tabula rasa di questa situazione e pensare magari in prospettiva ad una diversa unione europea che parta da un processo di unificazione politica anziché da quella economica come invece 20 anni fa si è deciso di fare.

  • PIL, sostenibilità del progresso, ma anche qualità della vita. Anzi, alla gente comune interessa solo questa. PIL, debito pubblico, default, sfruttamento ambientale, ecc. sono cose che sembrano molto lontane, che non toccheranno mai la nostra vita. Chi ne parla è tacciato di catastrofista.

  • Pierluigi Tarantini

    Rispondo a Diego Weisz ed a Ugo Agnoletto evidenziando come già oggi viene operato un imponente trasferimento di risorse mediante il pagamento degli interessi sul debito pubblico.
    Basta fare due conti: a fronte di un debito di 1900 mld, con un interesse medio al 4%, paghiamo (tutti noi) ogni anno 76 mld di interessi.
    Ovviamente questi “soldi” non possono essere utilizzati per istruzione, sanità, investimenti.
    Il debito pubblico non è, perciò, qualcosa di “molto lontano che non toccherà mai la nostra vita”.
    E’, viceversa, un problema della nostra società di cui è necessario parlarne per cercare di comprenderne cause, effetti e, speriamo, soluzioni.

  • Pierluigi Tarantini

    Reputo opportuna un’integrazione al precedente intervento.
    Con riferimento alle serie storiche di Rogoff per le quali <> v’è da evidenziare un dato di una certa rilevanza riguardante gli States.
    Questi ultimi, infatti, a differenza degli altri debitori di Rogoff,sono indebitati nella propria valuta.
    Finchè sarà così essi saranno sempre in grado di pagare i propri debiti.
    Peraltro, grazie alla tempesta finanziaria attuale, gli States hanno riaffermato il ruolo centrale del dollaro come valuta di riserva con conseguente discesa dei rendimenti dei treasures a livelli ridicoli.
    Per quanto riguarda l’Italia,invece,
    l’obiettivo immediato non può che essere l’abbassamento dei tassi d’interesse che il mercato ha richiesto all’Italia negli ultimi mesi pari al 6% circa.

  • non vedo affatto perché dovremmo fallire

    due calcoli in breve prendendo in esame i dati del 2010 (fonte wikipedia)

    debito 1843 miliardi di euro
    pil 1548 miliardi di euro

    con una crescita media del 4%, che mi sembra del tutto plausibile se consideriamo che parliamo di dati nominali (in genere ci interessa la crescita del pil depurata dall’inflazione, in questo caso no) e con un bilancio pubblico in pareggio, quindi lasciando il debito così com’è, in dieci anni ci troveremmo con un debito fermo a 1843 miliardi di euro e un pil a quota 2290 (circa), con un rapporto debito/pil intorno all’80% direi non male. Senza contare che la crescita (nominale, non reale) potrebbe essere superiore al 4% anche solo con un governo decente e un’inflazione un po’ più alta.

  • La soluzione dei problemi del debito pubblico, sia italiano che di tutti i paesi del mondo, sta nel rivendicare a favore di ogni popolo la proprietà della sua moneta.
    Questa è l’unica vera Grande Rivoluzione possibile “La rivoluzione monetaria della Banca d’Inghilterra ha trasformato la moneta-proprietà del portatore (oro) in moneta nominale (debito del portatore e proprietà della banca).
    La controrivoluzione deve trasformare la moneta-debito in moneta proprietà del portatore (non della banca), senza riserva (come l’oro), con simbolo di costo nullo (come la carta).
    Solo così sarà possibile restituire ad ogni Uomo la dignità giuridica che gli compete, liberarlo dall’angoscia dell’insolvenza ineluttabile per debiti non dovuti e consentirgli, finalmente, di vivere tempi nuovi a dimensione umana.”

    Per chiarire (e finalmente comprendere che il re è nudo) invito tutti a leggere del prof. Auriti il suo e-book “IL PAESE DELL’UTOPIA” http://www.scribd.com/doc/7980735/il-paese-dellutopia-GAuriti

    Un saluto a tutti

  • se ipotizziamo invece una crescita più alta, intorno al 6% (3 reale e 3 di inflazione) arriviamo a un rapporto debito/pil in 10 anni del 66%. Condizione quest’ultima certo ottimistica, ma ripeto, con un governo decente e un bilancio pubblico in pareggio, arrivare a un debito/pil del 70-75% in 10 anni, numeri alla mano non è utopia

    PS: si, Steffa sta per Stefano, 88 è l’anno di nascita, qualcuno in altra sede ha pensato si riferisse a tutt’altro

    • allora Stefano: in primo luogo una crescita del 4%, in un paese occidentale è cosa che non si vede da un bel po’ di tempo, e di un 6% non ne parliamo nemmeno. In secondo luogo tu (mi conesti di darti del tu vero?) pretendi che sia anche costante per 10 anni. In terzo luogo arriveresti ad un rapporto debito/Pil dell’80% che non è uno scherzo (anche se la Germania con un rapporto simile passa per un paese “virtuoso”, non si tratta affatto di una situazione così desiderabile). Infine, nella tua previsione dovresti tenere presente il peso di quella parte degli interessi che finisce fuori del paese e dunque non può essere reinvestita per sostenere la crescita ulteriore (con il che l’ipotesi del 4% costante diventa davvero problematica). Dopo di che possiamo anche sognare una crescita come vorremmo, ma ti pare realistico uno scenario cosi?

  • non sono d’accordo. il 4% è tanto se parliamo di pil reale, ma in questo caso a noi interessa il pil nominale (pil reale + inflazione) quindi parliamo di uno scenario più che plausibile, considerato che siamo cresciuti a tassi analoghi negli anni 2006-2007, quando certo non brillavamo. allego la fonte (le percentuali le ho ricavate io, wikipedia cita solo i numeri assoluti http://it.wikipedia.org/wiki/Debito_pubblico)

    PS possiamo certamente darci del tu!

  • credo l’equivoco riguardi l’inflazione

    se noi non tocchiamo il debito, quello stock resta di 1900 miliardi, ma quei 1900 miliardi tra dieci anni varranno meno di oggi, dunque dobbiamo prendere in considerazione non la crescita reale (depurata dell’inflazione) ma la crescita nominale, che ovviamente è più alta. ad esempio quest’anno la crescita reale è stata zero, ma il pil nominale è aumentato, solo che è aumentato di un valore pari all’inflazione (2-3%), di conseguenza se avessimo raggiunto il pareggio di bilancio il debito sarebbe diminuito di quel valore

  • Ciò che ha fatto crescere l’economia italiana sono stati tra le altre cose: il basso costo della manodopera, la possibilità di reperire materie prime a buon prezzo, le esportazioni. Questo ora non è più possibile e il costo della vita è aumentato. La possibilità di risparmiare si stà riducendo drasticamente, quindi caleranno i consumi, e gli effetti della crisi si stanno spalmando anche sul futuro. Allora, dove troviamo le risorse per far crescere il PIL? Per inciso: gli extracomunitari cominciano a tornare nei loro paesi, quindi meno manodopera a basso costo e meno contributi per lo stato sociale, meno soldi per le pensioni; quelli invece che rimangono quì e hanno perso il lavoro, per quanto poco, sono un costo sociale.

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