La foto del bambino siriano affogato era un falso? Forse, ma non ha nessuna importanza.

La foto del piccolo Aylan privo di vita, come è noto, ha provocato una ondata di indignazione che ha contribuito alla scelta della Merkel di aprire le porte ai profughi.

Ora, c’è chi dice che si tratti di un falso inventato dal padre, ma, per la verità, non sembra discutibile che quel bambino sia morto (ci sono anche le foto del funerale svoltosi alcuni giorni dopo), quanto che alcune dichiarazioni del padre sulle circostanze in cui sarebbe avvenuta la morte dei suoi congiunti (è morta anche la madre del bambino) non corrispondano al vero o siano molto imprecise.

Insomma, non di falso si tratta, ma dell’immagine di un fatto dai contorni molto sfuocati in cui la cosa più sicura è che quel bambino sia effettivamente perito durante la fuga dal suo paese.

Poi che il bambino fosse rimasto staccato dalla famiglia per poco o per molto, che sia davvero scivolato dalle mani del padre durante il naufragio, che ci siano stati altri bambini periti nel disastro o meno, sono tutti particolari abbastanza secondari. Ma arrivo a dire  che avrebbe potuto essere un falso integrale e magari riferirsi ad altro episodio accaduto in altra epoca in altra parte del mondo, o forse che si ratti solo di un montaggio fotografico: avrebbe senso stare ad indagare su questo? E se pure si appurasse il falso, cosa ci cambierebbe nella visione di quel che sta accadendo? Per caso non ci sono bambini che muoiono in circostanze del tutto analoghe in questo esodo? Quella foto non ha un valore documentario in sé, lo avrebbe, ad esempio, se dovessimo stabilire, in un processo penale, che il morto è quel preciso bambino per poter stabilire di chi è la responsabilità personale della sua morte. Ma non è questo il caso e quella foto non ha valore documentario quanto simbolico. E cito un precedente storico preciso: quella del miliziano spagnolo morente ritratto fra Frank Capa. All’inizio nessuno la mise in dubbio, poi invece si sostenne che Capa si era messo d’accordo con un miliziano repubblicano che faceva solo finta di cadere colpito. Poi ci fu una cotroinchiesta e si ritenne che il miliziano fosse realmente caduto, avendo ritrovato la sua tomba dove c’era una data di morte coincidente con quella dichiarata da Capa. Ma alcuni contestarono quel riconoscimento e dissero che era un altro miliziano o quel miliziano era lo stesso ma la foto era precedente di qualche tempo alla data di morte effettiva, alcuni testimoniarono invece di aver assistito alla scena e di poterne garantire la veridicità. E la cosa forse avrà ancora altre puntate, ma a che serve? Quella foto divenne il simbolo della guerra civile spagnola e tale resterebbe comunque, anche perché, che il miliziano sia quello o un altro, o che esso sia effettivamente morto quello o un altro giorno, non cambia assolutamente nulla sul piano della conoscenza storica, perché ritrae una cosa banalissima (purtroppo) in una guerra: che ci sono caduti in combattimento. La funzione è quella di rendere “visibile” un fenomeno che per i più è solo un dato astratto. E così la foto di quel bambino rende evidenti gli orrori di quella guerra di cui saremmo perfettamente consapevoli anche senza.

Hanno ragione quelli che dicono che quella foto non ha parlato al cervello ma al cuore (o se preferite, alla pancia) della gente “svegliandola”. Benissimo: era ora che qualcuno lo facesse, perché occorre fare qualcosa per contrastare questa tragedia. Un noto giovane filosofo un po’ controcorrente ha contestato la cosa dicendo che questa reazione è il prodotto della cattiva coscienza di chi si indigna per il fatto ma non si chiede quale sia la causa dell’esodo (le brutalità dell’Isis) ed ha recuperato una citazione di Nietzche che dice che nessuno mente come l’uomo indignato. Certo l’ipocrisia si veste spesso di indignazione, ma questo non significa che non ci si debba mai indignare per qualsiasi cosa. Ed io aggiungerei un rigo a quella affermazione del celebre filosofo tedesco: non c’è nessun uomo più miserabile di quello che non è capace di indignazione morale. E questo io lo penso anche sulla base di alcuni commenti che ho letto qui.

Per quanto riguarda le cause della tragedia in atto, mi pare di aver scritto chiaramente che occorre spegnere l’incendio, se occorre anche con la forza, magari facendo osservazioni politiche sulle modalità di un eventuale intervento di terra.

Tornando al caso di cui ci occupiamo, ammettiamo pure che la foto sia un falso dietro cui ci sia la mano di un servizio segreto che sta lavorando sul caso per ottenere suoi obiettivi politici (ad esempio i turchi che vogliono svuotare il serbatoio di disperati al loro confine o che vogliono spingere gli europei ad intervenire militarmente o altro ancora), forse per questo cesserebbe l’obbligo morale (e la convenienza politica, aggiungo io) di accogliere i profughi? E’ certo che in una situazione di caos del genere ci sono molti terzi interessati che ci bagnano il pane: c’è qualcuno così ingenuo da non averlo pensato dall’inizio? E’ ovvio che sia così. E allora? Quello che resta giusto fare resta giusto in ogni caso. Naturalmente non basta solo il buon cuore ed occorre studiare il modo di poter fare concretamente tendendo conto dei non pochi problemi economici, sociali, di integrazione ecc che questo pone. Il guaio è che in questa storia ci sono due partiti dominanti: quello dei buonisti cretini e quello dei cretini amorali. I secondi sono più spregevoli, d’accordo, ma i primi sono i loro naturali alleati.

Insomma senso della fraternità umana e cervello non sono affatto cose inconciliabili, anzi l’unico modo di affrontare razionalmente le cose e guardare lontano e prevenire ulteriori disastri peggiori di questo.

Aldo Giannuli

aldo giannuli, crisi migranti, foto aylan, guerra siria, migrazioni, profughi


Aldo Giannuli

Storico, è il promotore di questo, che da blog, tenta di diventare sito. Seguitemi su Twitter o su Facebook.

Comments (30)

  • Da sempre chi si occupa di storia, è perfettamente al corrente che la prima vittima della guerra, di tutte le guerre comprese quelle economiche, è la verità. Non fu un caso che l’OSS statunitense (la CIA dell’epoca) durante il secondo conflitto mondiale, aveva una branca dedicata alla guerra psicologica, di cui faceva parte il noto rifugiato politico tedesco anti nazista Herbert Marcuse, noto sociologo che poi fu l’ispiratore del sessantotto.Come è noto che i britannici incaricarono un maestro della cinematografia mondiale del genere horror, come Alfred Hitchcok, di girare un documentario nel campo di concentramento di Dachau nel 1945.Nulla viene lasciato al caso.Quindi non trovo per nulla scandaloso la montatura del bimbo morto annegato.Spesso chi cerca la verità la trova, ma è vero pure che essa non corrisponde sempre ai pii desideri dei “registi occulti” che fabbricano l’opinione pubblica.La verità ci rende liberi.

  • Si potrebbe ricordare anche la celebre foto che ritrae i marines americani mentre issano la bandiera sull’altura conquistata di Iwo Jima. Anche sulla autenticità di questa foto ci sono molti dubbi. Vera o ricostruita che sia, resta un simbolo del fatto che i marines hanno conquistato l’isola (ed il monte Suribaki), pagando un altissimo prezzo in vite umane.

  • Caro professore, tutto ciò che dice nella sua perorazione è che lei è un accolito della religione dei diritti umani, esige che anche gli altri lo siano e le fanno schifo coloro che si rifanno a religioni contrapposte. E’ evidente che quest’ultimi sono capaci quanto lei di “indignazione” ma si indigneranno rispetto a cose opposte: ad esempio al fatto che ci siano bambini che sopravvivono al viaggio. Del resto, se le piace Nietzsche, vada a leggersi cosa pensava il Filosofo dei suoi ideali umanisti.

    Per la verità Lei dice anche un’altra cosa, questa giusta ma espressa in maniera confusionaria (perché esprimerla lucidamente renderebbe evidente l’inconsistenza della sua base valoriale). Si tratta della necessità di produrre immagini mitiche allo scopo di coinvolgere emotivamente le masse, e della totale irrilevanza di questioni di veridicità e rigore analitico ai fini della riuscita del processo mitogenico. Così ogni credente si sforza di manipolare, e poi di ammannire al gregge, le falsità più adatte a propalare la propria fede e diffamare quella avversaria: la foto del bambino morto andrà al servizio del pregiudizio umanista come quella della vecchietta scannata dal negro potrebbe servire a educare all’odio verso i migranti; una foto di un bambino israeliano ucciso in un attentato servirà a perorare la causa sionista, e quella di un bambino palestinese ucciso da un carro armato quella di Hamas; durante l’invasione del Kuwait i media arabi facevano vedere solo bambini iracheni dilaniati dalle bombe USA e i media occidentali solo asettiche riprese da alta quota. Chi ha il miglior accesso ai media imporrà la propria manipolazione a spese di quelle avverse.

    Nell’ambito di questa partita fra disonesti, di questo vero e proprio gioco degl’imbrogli (che legittima la massima shakespeariana secondo cui “il pensiero è schiavo della vita”) ogni credente farà valere un principio di oggettività analitica rispetto alle manipolazioni avversarie (scandalizzandosi della loro inconsistenza e tendenziosità), ma – proprio come fa lei – rivendicherà orgogliosamente il diritto al raggiro e alla menzogna in rapporto alle manipolazioni che promuovono la sua fede. Ed ecco il prof.Giannulli tanto pronto a scandalizzarsi della parzialità con cui la stampa di regime manipola le vicende greche o promuove gl’interessi euristi, quanto ad elogiare quella stessa parzialità quando serve a promuovere l’invasione extracomunitaria. A rimanere azzerato è solo lo spirito critico.

    Il processo in esame è stato perfettamente descritto da Ayer, il fondatore del positivismo logico britannico:

    “il motivo per cui è impossibile trovare un criterio per determinare la validità dei giudizî morali non consiste nel fatto che essi dispongano d’una validità assoluta, misteriosamente indipendente dalla comune esperienza sensoria, ma dal fatto che sono sprovvisti di qualsiasi validità obbiettiva. Se una frase non asserisce nulla è evidente che non abbia senso chiedersi se sia vera o falsa. E noi abbiamo visto che le frasi che esprimono giudizî morali non dicono nulla. Sono pure e semplici manifestazioni di sentimenti prive di qualsiasi rapporto colle categorie di vero e falso […]. Se il nostro interlocutore ha ricevuto un imprinting diverso dal nostro, per cui anche concordando interamente sui fatti continua a dissentire sul valore morale delle azioni esaminate, abbandoneremo il tentativo di convincerlo cogli argomenti. Diremo che è impossibile discutere con lui perché ha un atteggiamento morale distorto o immaturo; e ciò significa soltanto che si rifà a un insieme di valori diverso dal nostro. Noi siamo certi della superiorità del nostro sistema di valori, e condanneremo il suo con parole sprezzanti. Ma ci sarà impossibile avanzare argomenti atti a motivare tale superiorità. E ciò perché anche il nostro è un giudizio di valore, e quindi inargomentabile. È per il fatto che, ogni qualvolta abbiamo a che fare con questioni di valore anziché di fatto, gli argomenti vengono a mancare, che ricorriamo alla prevaricazione e all’improperio” (AYER A.J., Language, Truth and Logic).

    • Ho riletto più volte questo commento, ma non sono riuscito a capire dove vuole andare a parare, qual’è la ratio sottintesa a questo, mi perdonerà spero sig. Lorenzo, sproloquio infarcito di acrimonia e citazioni.
      A parte una chiara volontà di portare un attacco personale a Giannuli, probabilmente in ritorsione per qualche sua risposta sgradita in una occasione precedente, oppure semplicemente per antipatia. Chi sa?
      Di certo c’è che sembra confermare il modo di dire “gli indichi la luna e lui guarda il dito”.
      Forse farebbe meglio a stare sul pezzo, come si dice, e spiegare con parole semplici qual’è la sua opinione sul problema dei migranti e come a suo parere andrebbe affrontata e, possibilmente, risolta.
      A meno che la sua proposta sia già contenuta nel suo augurio che NON “ci siano bambini che sopravvivano al viaggio”; e, sottinteso, neppure adulti.
      Se così fosse, lei si ascrive di diritto alla categoria dei cretini amorali, dato che non può certo appartenere ai buonisti cretini e rifiuta l’approccio razionale e la polemica contrapposta ma costruttiva.

        • Ho letto anche io questo commento e, oltre allo sfoggio di citazioni colte, non ho capito quale sia il commento all’articolo tanto meno una possibile soluzione al problema….. forse dovrò imparare a studiare come suggerito

  • “Ed ecco il prof.Giannulli tanto pronto a scandalizzarsi della parzialità con cui la stampa di regime manipola le vicende greche o promuove gl’interessi euristi, quanto ad elogiare quella stessa parzialità quando serve a promuovere l’invasione extracomunitaria. A rimanere azzerato è solo lo spirito critico.”

    concordo perfettamente con lei su questo punto,Lorenzo,sono stupefatto di come il professor Giannuli giustifichi la manipolazione mediatica delle masse

  • Visto che si cita Nietzsche, il noto filosofo che asseriva di non essere un uomo, ma dinamite, voglio ricordare che egli sosteneva che è la” buona guerra che rende buona la causa” e non viceversa, come le “anime belle” si illudono di credere. La guerra non la pace, è la madre di tutte le scoperte scientifiche fin dalle notte dei tempi, poi viene estesa nell’ambito civile, che beneficia delle scoperte dell’industria bellica.Una vergognosa campagna di menzogne fu attuata contro gli odiati tedeschi nel corso del primo conflitto mondiale, asserendo che i militari germanici mozzavano le mani dei bimbi belgi.Negli anni venti poi si riconobbe ufficialmente dai governi coinvolti nel conflitto che era solo becera propaganda.Ma la perfidia maggiore si ebbe nel corso del secondo conflitto mondiale, ove la distinzione tra civili e militari scomparve del tutto. Infatti il generale Dwight Eisenohwer, comandante in capo dell’esercito statunitense, nel suo libro autobiografico dal titolo eloquente:”Crociata in Europa” mai scrisse che si trattava di una guerra al nazismo, ma bensì alla Germania e al su popolo.

  • Tenerone DOlcissimo

    non è tanto il tarocco, ma l’operazione posta in essere dalla stampa sussidiata e prezzolata per commuovere l’opinione pubblica e depredare i contribuenti in lacrime.

  • la creazioni delle immagini raramente rappresentano il vero, il momento reale, ma sempre sono ricostruzioni più o meno riuscite. Pensiamo alle scene della colonna traiana a Roma, alla morte di Marat di david, la battaglia di Algeri di Pontecorvo. Solo con l’avvento della fotografia e nato il genere documentaristico con diversi aprocci narrativi, quello di pirma è celebrativo. Il caso del politico filippino Reynaldo Dagsa che viene ucciso mentre scatta una foto, come altre migliaia di foto dal invensione in poi cercano di documentare la realtà. Però bisogna discernere tra fermare un evento eccessionale, come l’omicidio, e la ricostruzione del possibile, lo spiaggiamento dei cadaveri -che solo per un caso fortuito le correnti non hanno ancora riempito le coste sicule, calabre, ioniche- . La natura che generalmente attribuiamo alla fotografia è quella di fermare il momento, mentre la fotografia è un mezzo graffico quindi legittimo utilizzarla come mezzo evocativo perciò ricostruire. Avremo i militari americani che inalzano la bandiera e la tragedia del bambino annegato. Una cosa diversa è il falso storico, cioè attribuire responsabilita ad una immagine, cioé bassare processi e condanne su una immagine il caso Dagsa può essere di esempio per come si devono evolvere i processi di validazione. Perciò il bambino sulla spiaggia, vero o falso che sia, non deforma una realta altamente plausibile.

    • Non avrei saputo spiegare meglio il concetto.
      Un’unico appunto: nella frase “il bambino sulla spiaggia, vero o falso che sia”, sarebbe più corretto dire “vero o finto che sia”.
      Il falso è un inganno; il finto è una possibile ricostruzione del vero.

  • Professor Giannuli, il suo richiamo al sentimento umanitario nei confronti dei meno fortunati di noi è senz’altro rispettabile, e per molti versi condivisibile. Ho ragione di credere che la maggior parte dei frequentatori del suo sito, tra i quali mi consenta di annoverare il sottoscritto, siano persone perbene e aliene dal freddo cinismo, o peggio ancora dal mostruoso sadismo di fronte alle immagini di morte e di disperazione. Ma, come avrà notato dai miei non pochi commenti sul tema dell’immigrazione di massa, io ritengo che ci troviamo di fronte ad un problema che, più che umanitario, è politico ai più alti livelli. Poiché, appunto, i miei interventi sul tema cominciano ad essere di una discreta quantità, mi astengo dal tediare Lei e gli altri lettori ripetendomi, per cui mi limito a fare una chiosa su quello che, forse, è il passaggio più importante, o comunque il succo del suo articolo:
    “Hanno ragione quelli che dicono che quella foto non ha parlato al cervello ma al cuore (o se preferite, alla pancia) della gente “svegliandola”. Benissimo: era ora che qualcuno lo facesse, perché occorre fare qualcosa per contrastare questa tragedia.”
    Ebbene, Professore, lo scopo di chi ha divulgato questa e altre immagini che stanno divenendo simboli della migrazione di massa (il bambino che striscia al confine tra Serbia e Ungheria di fronte alle guardie armate, la coppietta che pomicia nella tenda dei campi profughi facendo trionfare l’amore, eccetera), era proprio quello da Lei espresso, ma non nel senso in cui lo intende Lei. Chi sta divulgando queste immagini non è una persona sensibile ai drammi dei rifugiati e lacerata nei propri sentimenti dalle tragedie ad esse legate, e che vuole condividere questi sentimenti con gli strati più ampi dell’opinione pubblica nella speranza di riuscire a creare il più vasto fronte possibile di solidarietà fattiva verso i diseredati. Al contrario, e qui temo di stare ripetendomi, l’alta finanza apolide, responsabile principale tanto della guerra contro il legittimo governo del Ba’ath in Siria, quanto della crisi morale prima ancora che economica che attanaglia la civiltà Europea, finanzia tutte quelle operazioni mediatiche (fotografie strappalacrime, articoli grondanti sentimentalismo, filmati sconvolgenti), condotte attraverso i mezzi di informazione più importanti, preferibilmente progressisti (consiglio a Lei e a tutti quanti la lettura dei siti dell’ Huffington Post italiano e del giornale inglese The Independent: farebbero sbellicare dalle risate, se in effetti non ci fossero dei morti di mezzo), allo scopo di sottoporre la gente ad un ricatto emotivo-morale: se siete umani, dovete accettare che quattro milioni di rifugiati invadano le vostre terre, perché se avete qualcosa in contrario, allora vuol dire che siete cinici, egoisti, cattivi, disumani, razzisti, fascisti, e chi più ne ha più ne metta. Non so Lei, Professore, ma io trovo che in questo ricatto morale vi sia molta immoralità, e che nel richiamo all’obbligo alla bontà vi sia dell’insopportabile violenza. Il tutto condito dall’ipocrisia di chi, questa situazione, l’ha appositamente e deliberatamente creata, usufruendo, anche in questo caso, del sostegno mediatico dei media progressisti, che a suo tempo avevano battuto la grancassa delle guerre in Libia e in Sira, vedasi le puntate del programma L’Infedele di Gad Lerner (non mi pronuncio su questo personaggio perché ho troppa paura di essere accusato di antisemitismo) nel 2011.
    Buona giornata.

  • Calzante la dicotomia buonisti cretini – cretini amorali. Tuttavia non deve meravigliare se il rapporto tra l’umano e la virtus si esprima con una disequazione.
    Trovo invece piuttosto allucinante che l’indignazione di alcuni commentatori si consumi sulla malafede di chi dispone dei mezzi di comunicazione (e di chi non si limita a fare ciò), come se il potere simbolico avesse forse altro destino, oltre alla mistificazione, alla manipolazione o a qualsiasi altra idonea strategia di dominio.
    Ma davvero questi signori credevano che ad una invasione non potesse/dovesse corrisponderne un’altra? Che vuotino il sacco.
    Saluti.

  • Mi sembra di comprendere che il convitato di pietra sia l’isis, chi combatte chi e dove, chi finanzia chi, chi ha interessi diretti e indiretti in quell’area. Se quest’articolo fosse stato scritto in inglese o francese avrebbe una proiezione e una prospettiva diversa, ma è scritto in italiano e diretto ad un pubblico di italiani.
    Meglio soli, che male accompagnati .. e chi fa per se fa per tre.

  • Ovvio che bisogna restare umani ma va anche tenuto a mente chi c’e’ dietro l’isis e il programma di tripartizione del medioriente che i suoi mandanti gli hanno affidato, col corollario della destabilizzazione dell’europa.
    Che dietro ogni immagine che ci propinano con insistenza ci sia un inento manipolatorio mi pare assodato, non e’ un caso che ad esempio della guerra contro lo yemen portata avanti dai satrapi sauditi con l’appoggio occidentale non ci siano immagini e non se parli proprio.

  • Ci sono un paio di elementi, non indifferenti a mio giudizio, sulla vicenda. Fermo restando che – certo – il valore simbolico e dunque mediatico (cerchiamo di ricordarcelo) non è toccato dalla “verità” fattuale. Certo, il valore simbolico ci dice qualcosa (su chi elegge il fatto a simbolo, però), ma qualcos’altro ci dice la realtà “fattuale”. Ci rivela l’esistenza di fronti problematici non visibili se ci si ferma agli “effetti mediatici”.
    Uno è questo:
    http://www.corriere.it/esteri/15_settembre_11/donna-accusa-padre-aylan-era-lui-scafista-de2635aa-584f-11e5-8460-7c6ee4ec1a13.shtml
    Certo, è il Corriere, un tabloid, ma il fatto che il padre di Aylan fosse uno scafista, e che la responsabilità della morte sia sua, del padre, ci dice qualcosa sia sul mondo della “emigrazione” (=”tratta degli schiavi a spese degli stessi”), sia sulla dabbenaggine dei media, e sui meccanismi pavloviani che gli governano.
    L’altro è questo:
    http://www.nytimes.com/2015/09/20/world/un-funding-shortfalls-and-cuts-in-refugee-aid-fuel-exodus-to-europe.html
    Un’altra delle facce e un’altra delle responsabilità sulle cause della nuova tratta degli schiavi autopaganti.

  • prof. Giannuli
    sono d’accordo anch’io che dividere gli italiani tra buonisti e razzisti non sia produttivo.
    Nella nostra cultura europea c’è ancora l’imprinting della condivisione (cosa non disprezzabile) che si rifà al gesto di san Martino (che pure ne ha combinate di cotte e di crude) che divide il suo mantello per darlo a un povero (ma per quante volte avrebbe potuto dividerlo?).
    Non abbiamo ancora metabolizzato i principi della rivoluzione francese: libertà, uguaglianza e fraternità. La fraternità è ancora ben lungi dall’essere realizzata. La ghigliottina continuò a tagliare teste per un pezzo. Nessuna meraviglia quindi che i diritti umani possano subito essere realizzati, oltretutto sono pur sempre un fatto culturale. Ci sono nazioni che non li accettano neppure dal punto di vista giuridico.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.