La dittatura del rating e i dilettanti allo sbaraglio
Ogni qual volta le agenzie di rating (e per esse intendiamo le tre sorelle newyorkesi, dato che tutto il resto del rating non conta nulla) declassano qualcuno, quel qualcuno inizia a strillare che non sono credibili, che non bisogna starle a sentire, perchè non contano più nulla ecc. Poi, però, tutti si adeguano agli editti imperiali di Moody’s o di S&P e gli interessi sui titoli salgono immediatamente.
E’ successo anche questa volta per i titoli dei bond europei. Anzi questa volta è successo in anticipo: le borse si sono adeguate già in base ai primi annunci, cosicchè, quando c’è stato il declassamento ufficiale non è successo nulla: era già successo tutto prima.
Per la verità, gli argomenti per dire che le valutazioni delle agenzie sono molto arbitrarie, non mancano: esse non rivelano mai le loro formule di calcolo, non dicono quali dati hanno considerato, sono molto evasive sulle fonti cui hanno attinto, per di più appartengono a società finanziarie su cui poi emettono giudizi non del tutto disinteressati. Insomma, l’arbitro è organicamente dipendente di alcune società iscritte al campionato.
Le agenzie si difendono dicendo che i loro giudizi sono esposti al confronto con la concorrenza. Questo, però, presupporrebbe la presenza su un piede di parità di una molteplicità di soggetti. Quel che, invece, non è. Certo ci sono molte agenzie di rating nazionali ed alcune di esse aspirano a diventare internazionali, ma questo è tutt’altro che semplice.
In primo luogo le tre società statunitensi sono le più antiche e godono di una notorietà incomparabile; in secondo luogo sono dei giganti con bilanci stratosferici (Standard & Poors nel 2011 ha avuto ricavi per 1,33 miliardi di dollari con un utile operativo di 572 milioni; Moody’s rispettivamente di 1,7 miliardi e di 716 milioni e Fitch di 525 milioni e 162 milioni). Il che significa una potenza di fuoco incomparabile: forza operativa, capacità di condizionamento dei soggetti, influenza sui mass media, ecc. Inoltre, le tre agenzie possono contare sull’appoggio costante di una delle più grandi agenzie di intelligence del mondo, la Kroll che è detta “la Cia di Wall Street”, per la sua specializzazione nel mondo finanziario. E non è un vantaggio da poco.
Infine, se le tre americane declassano o promuovono uno Stato, i giornali specializzati di tutto il Mondo, dal “Wall Street Journal” al “Time”, da “Le Monde” al “Sole 24 Ore”, dall’”Economist” al “Financial Times” mettono la notizia in prima pagina o in copertina, se a farlo è la cinese Dagong la notizia finisce fra le curiosità a pagina 27 ed è molto che non sia nella pagina degli spettacoli.
E se non basta, a tagliare la testa al toro pensa Nationally Recognized Statistical Rating Organization (Nrsro) degli Stati Uniti, il cui riconoscimento è necessario per operare a Wall Street, che è la maggiore piazza finanziaria del Mondo; sino al 2003, la Nrsro ammetteva solo le tre “sorelle”. Dopo sono state ammesse altre come l’australiana Baycorp Advantage, la canadese Dominion Bond Rating Service o la giapponese Japan Credit Rating Agency, Ltd., l’altra americana Best, ma se le tre newyorkesi sono sorelle, queste sono cugine. Di primo grado.
Al contrario, quando ha fatto domanda per operare la Dagong, la risposta è stata “picche”.
In un mondo in cui si vuole liberalizzare tutto, dai taxi alle farmacie, è difficilissimo liberalizzare il rating: liberisti si, ma senza esagerazioni. Si potrebbe pensare ad una serrata concorrenza almeno fra le tre, ma, anche qui, le cose non stanno così, sia perchè Standard & Poor e Mody’s sono partecipate l’una dell’altra, sia perchè vige un accordo sostanziale fra le tre che ricorda molto da vicino il western all’italiana degli anni sessanta: di solito declassa per prima Moody’s (il Cattivo), mentre più prudente è Standard & Poor (il Buono) ma se non c’è perfetto accordo media Fitch (il Saggio), naturalmente, quando serve, le parti sono interscambiabili, ma, come si sa, invertendo l’ordine degli addendi, il risultato…
Quindi non di oligopolio si tratta ma di monopolio leggermente imperfetto. Sergio Romano ha definito le agenzie di rating una sorta di “magistratura finanziaria”, che deve assicurare che nessuno bari. Bella immagine, ma voi sareste tranquilli se il giudice che deve decidere la vostra causa non dicesse nè che codice sta applicando, nè quali elementi probatori ha raccolto, fosse socio della vostra controparte che vede ogni sera al circolo del Bridge?
E veniamo a quella che sarebbe la garanzia suprema del loro giusto operare: ci mettono la faccia. Se dovessimo giudicare in base a questo principio la questione sarebbe risolta molto semplicemente: la faccia non c’è. Le tre agenzie hanno “sbagliato” in tutti tre i maggiori scandali finanziari degli ultimi 10 anni (Enron, Parmalat e Lehman Brothers). Dopo tre “scivolate” di questa potenza, potrebbero al massimo vendere l’oroscopo ai passanti suonando una pianola all’angolo delle Fifth Avenue. Invece i loro pareri dettano legge.
Come mai? Il punto è che le sentenze delle agenzie di rating hanno effetti automatici prodotti da leggi, regolamenti e direttive: ad esempio una serie di enti (come i fondi pensione) possono avere in portafoglio solo titoli a tripla A, mentre altri (banche, hedge fund ecc.) per disposizione delle autorità bancarie come l’Eba (European Banking Authority) o l’Esma (European Securities and Markets Authority) devono tenere conto delle variazioni di rating nella formazione del loro portafoglio. Si badi che stiamo parlando di regolamenti, direttive e disposizioni anche di enti europei, non solo americani. Inoltre, molti soggetti finanziari (banche o hedge fund per esempio) sono a loro volta soggetti a valutazione di rating, e sanno che il possesso dei titoli declassati potrebbe a sua volta comportare un “effetto domino”, per cui potrebbero loro stessi essere declassati. E il rating al quale si fa riferimento è sempre quello delle tre maggiori agenzie.
Ne consegue che, non appena si formalizza il declassamento da parte delle tre, una serie di enti devono (“devono”, non “possono”) vendere, in tutto o in parte, quei titoli. Pertanto, questo crea un’ulteriore offerta di quei titoli sul mercato, con il risultato di deprimerne ulteriormente il valore. E c’è di più: non è affatto necessario aspettare il declassamento formale per avviarne il deprezzamento; è sufficiente che la notizia inizi a circolare negli ambienti finanziari e che, magari, venga preannunciata dalla stampa specializzata, perchè inizi la corsa a “svendere” per non arrivare al momento formale in cui potrebbero valer meno: è il meccanismo della “profezia che si autoinvera”, per il quale basta enunciare una previsione perchè tutti si comportino di conseguenza, finendo per confermarla.
I mercati non credono alle capacità oracolari delle tre agenzie newyorkesi, ma si inchinano alla loro potenza di fuoco, perchè sanno che esse sono spesso in grado di determinare i declassamenti che annunciano. Lungi dall’essere il rimedio alle asimmetrie informative, il rating diventa così esso stesso una fonte di ulteriore opacità e, più ancora, un’arma da guerra finanziaria.
Ma questo non è neppure preso in considerazione da quella compagnia di guitti che costituisce il ceto di governo in Europa (Merkel, Rajol, Monti, Sarkozy…) che trema al solo pensiero di dover affrontare una guerra finanziaria (o di qualsiasi altro genere) con gli Usa. Peccato che gli Usa non nutrano lo stesso timor riverenziale e, quando i loro interessi li portano a passare sul corpo degli alleati europei, lo fanno come un carrarmato, senza farsi scrupolo di sorta.
L’Europa paga il prezzo di essersi scelta come governanti dei dilettanti allo sbaraglio che, al massimo, sono in grado di fare qualche dichiarazione (priva di qualsiasi conseguenza) il giorno del declassamento.
Aldo Giannuli
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Davide
La realta’ e’ che i politici sono i maggiordomi dei banchieri e quindi mai si ribelleranno contro chi li tiene in piedi, in mille maniere.
massimo
ma in questa ottica (società di rating emissione più o meno diretta dei poteri finanziari e politici dgli USA in primis), ed in quella della Cina come desiderosa di tranquillità sui suoi mercati di sbocco, non mi spigo il declassamento del nostro debito anche da parte della Dagong…
lamberto
1) Siccome non possono risalire nel tempo, come l’elettrone o i sogni, ultimamente le 3 Grazie non hanno fatto che ratificare il comportamento del mercato finanziario, per malafede o pigrizia. Risultato? Tutti i titoli sanzionati da Fitch hanno visto il trend dello spread in netto miglioramento. Se il complotto è questo…
2) Chi lo sapeva che la formula del rischio è quella della Coca Cola: non si dice, altrimenti te la copiano? O il silenzio non ratifica piuttosto la loro incapacità a dare un seguito ai tanti studi in materia, statistici e non, in effetti piuttosto difficili? E a consentire la difesa della propria posizione economica.
3) Il fatto è che la soluzione per dare un senso al mercato finanziario è la benedetta matematica. D’altronde i modelli di rischio
– paese, economia. settore, azienda – si sono sempre fatti e si fanno tuttora. E Wall Street, nel mathematical modeling and simulation, è indubbiamente un big spender, secondo solo dopo il Pentagono. Se non li si divulga, se si fa finta di dar retta alle siglette delle 3 Grazie, non sarà perché un piccolo gruppo di executives superpagati, ha tutto l’interesse ha difendere la propria leggenda di aruspici infallibili – ah, ah, ah – sprezzanti dei sistemi di equazioni, che potrebbero trovare molti interpreti, solo dotati di un po’ di intelligenza?
Pippo Fecondo
Perfetto
Andrea T
E’ interessante la faccenda della Kroll! Chiunque studia e conosce le maglie del sistema-finanza non può non rendersi conto del torbido che si annida, paradossalmente, spesso proprio dietro a quelli che dovrebbero essere i presidi dei principi di trasparenza e di correttezza delle transazioni. Il rating è un esempio di questo tipo di distorsione.
Ma, secondo me, nell’ambito del management degli investitori istituzionali, delle grandi imprese di investimento e nella governance delle grandi società quotate esistono, verosimilmente, <nche altre relazioni “informali” – di cui non rimane traccia – che turbano e condizionano il mercato. Magari a scapito di quelli che mettono i risparmi nei fondi comuni o nei fondi pensione (parco buoi).
La “vendita allo scoperto” ad esempio, secondo me è un istituto di dubbia correttezza, nella prassi formalmente giustificato da esigenze di liquidità del mercato dei titoli.
Basterebbe allargare lo sguardo su tutto il meccanismo circostante, alla luce di questa ipotesi, per comprendere come ci si potrebbe trovare di fronte ad una forma avanzata di “gioco delle tre carte”, in cui il banco vince sempre per definizione.
Daniele Visentin
Aldo, purtroppo continuo a non trovare nei tuoi articoli il movente che spingerebbe gli Usa a intraprendere questa guerra finanziaria nei confronti dell’Europa – in particolare di un’Europa cosi’ indebolita! Gli Stati Uniti avrebbero invece ogni interesse per una ripresa europea, essendo l’UE la regione dove si produce la maggior parte del PIL mondiale e quindi che potenzialmente potrebbe generare la maggiore domanda.
Inoltre un paio di precisazioni:
1. Almeno una, Fitch, e’ di proprieta’ di un signore francese ed e’ quotata alla borsa di Parigi.
2. Declassamento e deprezzamento non sono l’uno la causa dell’altro, ma sono entrambi effetti. La causa e’ nel lungo periodo il valore fondamentale delle aziende (e i rating sono valutazioni di lungo periodo) e nel breve il consensus del mercato nei confronti dell’andamento di un titolo, in parte certamente dovuto alla speculazione.
3. Sui “blunder” delle agenzie di rating, hai ragione su Lehman (e aggiungerei anche un accenno ai titoli subrime); ma i crack di Enron e Parmalat furono causati da falsificazioni dei bilanci. Le agenzie di rating non fanno due diligence (quello e’ compito dell societa’ di revisione), ne’, per la carita’, sono una magistratura finanziaria.
Infine sull’ultimo punto di Lamberto: una regola fondamentale in finanza e’ che “there is no such a thing as a cash machine”, anche sapendo bene la matematica (che pero’, aiuta certamente): ad esempio i prezzi di vendita durante le acquisizioni partono da formule ma vengono determinati praticamente dalla sola abilita’ a negoziare delle parti.
aldogiannuli
credevo di essere stato chiaro: dovendo rastrellare denaro per rifinanziare i debiti, in un momento di scarsità, gli Usa hanno deciso di sacrificare l’Europa. E’ così difficile da crederci?
aldogiannuli
si i falsi di Enron e Parmalat ci furono, ma quando già essi non reggevano più e la situazione si faceva evidente, le agenzie continuavano a dare un rating molto elevato
andrea
riprendendo una metafora di giannulli “l’america” più che una moglie che non raccont a le scappatelle,sembra la ragazza che volendoti mollare per motivi non poprio chiari, ti rinfaccia tutti i tuoi difetti;difetti che prima sembravano non pesare affatto.
Paola
Ciao!
L’analisi dell’articolo è fuori dal coro, meno male. Di profezie che si auto avverano non ne possiamo più. Stamane ho avuto il piacere di ascoltare Tremonti a Radio24 che piagnucolava e rimpiangeva gli anni ’90 (banche legate all’industria e quelle preposte alla mera speculazione finanziaria)… Chissà se, la gente comune, inizia a comprendere l’andazzo di politica e finanza (mandiamo a casa i leader europei asserviti al colosso al collasso!). Sarkozy e Merkel hanno una storia che forse spiega, in parte, la loro dipendenza dagli States (il primo è polacco, la seconda della D.D.R.)… Cambiando discorso, ma rimanendo in tema: qualcuno potrebbe spiegarmi bene la crisi finanziaria statunitense del 1909? Non ’29, 1909. Grazie
Paola
makno
gentile prof. giannuli, concordo quasi completamente con la sua analisi, mi discosto solamente in merito alla “consapevolezza attive” delle agenzie di raiting e dei gruppi di potere ad esse sottesi. Mi sembra che più di un consapevole disegno riguardo all’attuazione di progetti geopolitici ed economici, in questo franngente le classi dirigenti occidentali nel migliore dei casi navighino a vista, ma temo che purtroppo o per fortuna annaspino nel chaos più completo. vorrei segnalarle alcuni indizi riguardanti questo fenomeno, non più di 10 giorni fà il presidente della bce mario draghi ha dichiarato pubblicamente che la situazione economica europea non è grave ma gravissima, mentre solo qualche giorno fà a davos ha sempre ufficialmente dichiarato che il peggio è passato e che la situazione è seppur lentamente in via di miglioramento. dichiarazioni similari sonon state pronunciate nella stessa scansione di tempo dal premier monti, dal presidente sarkozy, e analisi altrettato contraddittorie sono state effettuate dalle già citate agenzie di raiting. in compenso nessuno di questi signori/e nèle pregiate istituzioni richiamate sembra prendere in considerazione alcuni indici fondamentali che potrebbero fornire un quadro della situazione forse più chiaro intellegibile e maggiormente aderente alla realta. Ad esmpio il baltic index che misura lo stivaggio dei cargo merci sui mercantili che attualmente è al minimo negli ultimi 5 anni, per rendere l’idea una situazione comparabile è riscontrabile nel periodo post crack lehman, quando i traffici commerciali oltre che il flusso finanziario si fermarono. un tasso di disoccupazione europeo- esclusa la germanie e satelliti s’intende- comparabile oramai a nazioni in via di sviluppo.la circostanza che l’intero sistema bancario europeo, si è completamente trasfiguraro in un organismo che prende soldi a prestito dalla Banca Centrale a tassi irrisori e lucra un delta variabile dal 2 al 6% sull’acquisto di titoli ed obbligazioni sovrane, percui i bilanci degli stati sono e saranna finalizzati per anni a ripagare gli interessi al settore bancario in una immensa partita di giro del tutto priva di senso. in questo modo gli stati non fanno più il mestiere di stati e le banche non fanno più il mestiere di banche. Potrei continuare ulteriormente, ma il significato è chiaro, le attuali classi dirigenti occidentali ricordano, almeno così ritengo, le casi dinnastiche europee che si avviarono al primo conflitto mondiale, nella consopevolezza miope che si sarebbe trattato dell’ennesima “partita di giro” e che alla fine tutto sarebbe tornato come prima o meglio di prima, almeno secondo il loro punto di vista, in attesa porgo cordiali saluti .
aldogiannuli
Lçe dichiarazioni pubbliche non contano perchè sono parole in libertà nelle quali non credono neppure quelli che le dicono. E’0 vero che le nostre classi dominanti sono un branco di ciechi, ubriachi e dementi, però questo non toglie che alcuni possano concepoire disegni di natura strategica. Che poi funzionino o meno è un altro paio di maniche.
L’incice Baltic Dry lo avevo osservato anche io e lo cito nel libro che sto scrivendo ed è un segnale terrificante.
lamberto
Per Daniele
Non è che la stai facendo fuori dal vaso? Se la valutazione del rischio è una negoziazione, finisci per dare ragione ad Aldo. Con chi negoziano le 3 Grazie? O volevi dire che si tratta di un’ispirazione divina? In ogni caso, se tutto è così affidato all’estro, perché si rifiutano di darci conto dei loro procedimenti? Non sarà mica una superstizione da sciamani.
Per Aldo, sperando che non prenda cappello.
Che gli americani, credo che tu intenda il governo, vale a dire il povero Obama, per ripianare il proprio debito, puntino distruggere i paesi mediterranei dell’Europa è proprio forte. C’è il copyright sulla battuta?
Francesco Acanfora
A proposito di un commento di lamberto. Secondo la sillogistica classica:
1. (A implica B) e (A e’ vero) implicano (B e’ vero);
2. (A implica B) e (B e’ falso) implicano (A e’ falso).
Naturalmente la regola
3. (A implica B) e (B e’ vero) implica (A e’ vero)
e’ falsa, perche’ B potrebbe esser vero per altre cause che con A hanno poco a che fare.
Anche la regola
4. (A implica B) e (A e’ falso) implica (B e’ falso)
e’ falsa, perche’ B potrebbe verificarsi indipendentemente da A.
Pero’ in pratica queste regole vengono usate nelle scienze empiriche in forma attenuata:
3bis. (A implica B) e (B e’ vero) implica (A e’ piu’ probabile)
ovvero, se si realizza una conseguenza di A, la validita’ di A e’ rafforzata, non indebolita;
4bis. (A implica B) e (B e’ falso), allora (A e’ meno probabile)
ovvero, se una conseguenza di A risulta irreale, A viene indebolita e non rafforzata.
Facciamo ora un gioco:
A = gli USA hanno bisogno di soldi;
B = gli USA screditano i diretti concorrenti;
e supponiamo che (A implica B). Se B fosse falsa evidentemente gli USA non avrebbero affatto bisogno di finanziare il loro enorme debito pubblico, il che mi sembra piu’ che una battuta. Se B fosse vera, dovremmo credere che la verita’ di A e’ drammatica. Se ne puo’ uscire solo negando che (A implica B), ma allora dovremmo mettere in discussione apertamente l’intero repertorio del pensiero liberale in senso storico, a partire da Occam (Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem), ossia spiegare come mai (A implica B) e’ falsa, e non limitarsi a dichiarare che tale implicazione e’ “ridicola”, termine che sfugge a una classificazione secondo la logica bivalente (vero/falso) che purtroppo ancora utilizziamo in mancanza di meglio.
lamberto
Riempiamo a e b.
Hanno bisogno di soldi, gli USA che finanziano il loro debito tuttora con una pipata di tabacco?
Non hanno invece bisogno di posti di lavoro, su cui Obama si gioca la rielezione?
I posti di lavoro come si fanno? Con una spinta alla produzione interna. Ma per produrre bisogna sottrarre quote di mercato all’import o all’export. A implica B (Aldo dacci i simboli della logica formale, perché così sia chiaro che dal rasoio di Occam qualche passo avanti lo abbiamo fatto, altrimenti non gioco più).
Cosa che gli può riuscire col dollaro a oltre 1.30 rispetto all’euro. Se lo fanno salire, quante VolksWagen, Citroen, persino Fiat, si venderanno in più? E che dirà Obama che su Detroit si è speso fino alla morte, anche quando non ne aveva bisogno?
Senza contare che una bella rivalutazione del dollaro farà felici anche cinesi, indiani, giapponesi, ecc. Non solo per la spinta alle loro esportazioni, ma anche per i bonds, che tengono in berta.
Tutto per la soddisfazione di vedere rovinati Greci, Portoghesi, Italiani, Spagnoli e magari Francesi. Perché, a proposito di quella A, di danée non ne tirano fuori di certo da noi. Ma che bella soddisfazione.
Pensiamo che Obama sia pazzo o scemo? Allora riconosco che ridere sarebbe fuori luogo, ma lo è anche assecondarlo o arrabbiarsi. Aiutiamolo a ragionare
Comunque complimenti a Francesco Acanfora. E’ dai tempi di Anselmo d’Aosta che non vedevo la logica servire la religione, pardon l’ideologia.
Caruto
Questa la leggo sul sito di Radio3: “a Bruxelles la Commissione UE si pronuncerà su uno dei dossier più caldi che interessano l’intera comunità finanziaria, l’eventuale fusione della Deutsche Bourse e la Nyse Euronext, la creazione cioè di un polo dominante che avrebbe in mano il 90% dei futures.”
http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-7241e43d-5c2d-46be-9e27-8fea1807cd88.html?refresh_ce
Non so valutarne la portata. Qualcuno ha idee piu’ chiare delle mie?
E’ solo un fatto tecnico (“economie di scala” dice l’intervistato di Radio3Mondo, Carlo Scarpa, professore di Economia politica all’Universita’ di Brescia), un fatto legato alla globalizzazione ed internazionalizzazione degli affari, o una strategia piu’ complessa?
Analogamente, non so capire l’importanza del fatto che “Piazza Affari” sia di proprieta’ della Borsa di Londra.
Circa la discussione in corso sul blog, la mia impressione e’ del tutto analoga a quella di makno, ho anch’io l’idea di un mondo prima della Prima Guerra Mondiale; non tanto per il timore effettivo di una guerra, ma per le trasformazioni in corso che potrebbero presupporre un cambiamento cataclismatico nei prossimi anni: il meccanismo messo in moto con il prestito del BCE alle banche potrebbe avere effetti micidiali: fornisce carburante e cartucce al sistema bancario che e’ privato e (almeno fino ad ora) liberissimo di decidere cosa fare di tutti quei soldi pubblici.
Circa il ruolo delle agenzie di rating: francamente sento puzza di bruciato. Non so dire dove e perche’, ma il loro conflitto di interessi ed il ruolo che gli viene garantito per legge congiura per una accordo sotto banco di vari soggetti per finalita’ da chiarire.
La dico meglio: c’e’ troppa opacita’, le agenzie non chiariscono e per ora non si mettono in campo alternative valide (anche se si parla in questi giorni di un’agenzia europea).
Caruto
Aggiornamento:
“L’Ue: no alla fusione Nyse-Francoforte
“Alto rischio di monopolio”. L’antitrust boccia l’accordo tra NYSE Euronext e la Deutsche Boerse perché costituirebbe un eccesso di concentrazione soprattutto nel mercato dei derivati, in danno della libera concorrenza. La protesta tedesca: “Un giorno nero per l’Europa”. New York: “Forte dissenso”.
http://www.repubblica.it/economia/finanza/2012/02/01/news/la_ue_blocca_la_fusione_nyse_francoforte-29130023/
franchino11
L’analisi dell’articolo in merito al monopolio del merito di credito (credit rating) direi che non fa una piega. Il sistema economico-finanziario nato dalle ceneri del capitalismo sociale è di fatto un “intreccio-oligopolistico”: è un gioco di “partecipazioni-incrociate” che si risolvono in un Super-Oligopolio del mercato dell’energia-finanza-settore farmaceutico-mass/media mainstream-agro/alimentare eccetera. Il contrario di ciò che si sbandiera come libero mercato. Del resto la globalizzazione non è niente altro che l’accelerazione accentratrice e verticistica ed elitaristica dei settori di cui sopra. Sotto a questo settore dominante, Stati, cittadini e consumatori.
Per tornare all’articolo, dobbiamo tenere presente l’attuale fase finanziari definibile come “guerra delle valute” o “currency wars”: i principali paesi industrializzati dell’Occidente stanno espandendo le riserve di valuta tramite le Banche Centrali. E’ un vecchio fallimentare sistema utilizzato anche nell’antichità (la storia della Grecia e Roma insegnano!): si tenta di risollevare le sorti di un sistema economico stampando carta-moneta nella speranza di inflazionare il debito pubblico e privato nell’aspettativa che l’inflazione comunque la si possa in un modo o nell’altro “tenere sotto controllo” quando comincerà a manifestarsi come forte svalutazione. Ma è un sistema rovinoso, perché la storia insegna che l’espansione incontrollata di valuta se non è correlata alla dinamica produttiva sfocia in iper-svalutazione della moneta. Si dovrebbe rilanciare i fondamentali del mercato: domanda e offerta. Ma l’Elite Globale si oppone a questa scelta. Si preferisce svalutare la propria moneta per rilanciare l’export. Ed è in questo scenario che si inseriscono le ripercussioni mass-mediatiche delle dichiarazioni pubbliche sul merito di credito delle Agenzie: con i loro giudizi sui debiti sovrani europei “casualmente” procrastinano di fatto la fine del ruolo del dollaro americano come “valuta di riserva mondiale”. La partita si gioca tutta qui. Gli USA ne beneficiano indirettamente: l’Euro ha perso credibilità come successore del dollaro americano nella veste di “valuta di riserva mondiale”. E’ lo Status di valuta di riserva che ha permesso agli USA di vivere al di sopra delle proprie possibilità per almeno trenta anni. L’Europa sta indirettamente prestando il fianco a questo scenario: a conti fatti la crisi finanziari ha disintegrato tutti i dogmi mercatisti del Trattato di Mastricht (parametri di convergenza) ha ridicolizzato il ruolo della BCE (il cui unico obiettivo era………la “stabilità dei prezzi”!!!) ha sbriciolato il ruolo delle Commissioni Europee (de facto la crisi è stata gestita da due stati su ventisetti ovvero l’asse franco-tedesco e quest’ultimo duetto è stato disastroso) e messo in evidenza l’attuale progetto di Unione Europea è miseramente fallito.
makno
gentile prof. giannuli vorrei sottoporle i dati odierni del baltic dry index:oggi il minimo decennale del Baltic Dry Index, non ho serie storiche per andre più indietro (e non so neppure se oltre 10 anni fa questo indice esisteva, probabilmente si). Ho comunque il fondato sospetto che in termini reali il BDI sia ai minimi di tutti i tempi. Ricordiamoci che il Baltic Dry Index è una media ponderata fra 3 diversi tipi di trasporti navali espressi in dollari. Dunque l’inflazione conta, eccome se conta.
Baltic Dry Index del 01/02/2012
662 -18 pti (-1,76%)
ora siamo a -66.2% in 50 giorni (dai 1980pti del 12 Dicembre 2011, ultimo massimo relativo)
Il minimo assoluto (nel pieno della crisi post Lehman) è a 672pti
L’indice Bunkerworld che misura il costo medio del carburante per le navi a 1595pts . Ovvero quasi i massimi di sempre. Immaginate l’inferno che devono passare le società armatrici, carburanti ai massimi storici e noli ai minimi di tutti i tempi.
ps, l’analisi non è mia, puntualizzo solo per onestà intelletuale, comunque tali dati si commentano da soli, se uno ha la pazienza di guardare ai parametri fondamentali dell’economia e del commercio. ..percui in tutta schiettezza, ho l’impressione, non voglio dire la certezza che sarebbe esagerato, che qualcosa di molto grosso stia accadendo nel far east, e forse la bolla immobiliare cinese non è l’unico fenomeno speculativo pronto a deflagrare in quelle zone, con stima e cordialità.
massimo laccisaglia
Massimo Laccisaglia Caro Giannulli – che non rispondi mai ai miei commenti – le agenzie di rating non fanno chiarezza sulle loro analisi e sulle motivazioni del cambiamento di rating. Gli azionisti principali delle agenzie di rating sono fondi che investono in titoli e che, se godessero di informazioni privilegiate, potrebbero realizzare gudagni illeciti (naturalmente loro negano che ciò avvenga, ma chi può controllare?). Influenzare l’andamento di un titolo a fine di trarne un utile costituisce aggiottaggio. I danneggiati potrebbero intentare causa civile (meglio negli USA) e obbligare le agenzie di rating a una disclosure delle loro analisi (se le hanno fatte). Invece gli stati, danneggiati dalle agenzie di rating, continuano a mantenere l’obbligatorietà del rating stesso sui loro titoli…Come darsi martellate nelle parti basse. …E vengo alla domanda: —————————————— LA SOLUZIONE QUAL’E’? COME IN IPOTESI POTREMMO DIFENDERCI? Questa, caro Aldo, è la domanda a cui vale davvero la pena di dare risposta.
aldogiannuli
chiedo scusa se non ho risposto precedentemente, ma non ce la faccio a stare dietro agli interventi. Per di più in questo periodo sto chiudendo un libro ed ho i minuti contati. La risposta in quyesto caso è semplice: una difesa sul piano giuridico sostanzialmente non c’è. Ci sta provando la Procura di Trani ma dubito che riuscirà operativamente a superare certe soglie di accesso. La questione è tutta politica: occorre che l’Europa si dia una sua agenzia di rating non porivata ma pubblica e che funzioni in modo molto più trasparente. Lo avevo già scritto nel 2010 se la memoria non mi inganna. Ed occorerebbe abrogare tutte le disposizioni e regolamenti che rendono automatica l’applicazione dei declassamenti delle tre agenzie americane, quantomeno per quel che riguarda l’europa. Ma, questo è il punto, ci vorebbe un coraggio politico che questa classe dirigente non immagina neppure
Francesco Acanfora d'Aosta
E riempiamo le A e le B. Dunque, c’e’ un’agenzia di rating australiana che si chiama S&P, una giapponese che si chiama M, e una filippina che si chiama F. Esse si odiano ferocemente e fanno a gara per strapparsi clienti e sponsor. Su una sola cosa sono d’accordo: in USA devono vincere i democratici, e quindi invitano il loro pubblico (sceltissimo, quanto a quattrini) a foraggiare Obama e assecondarne la politica economica e fiscale.
Onestamente, non si puo’ mica chiamare “ideologia”, forse “science fiction”, che di questi tempi come forma di previsione del futuro non appare poi cosi’ tanto avventata, specie se si ritiene abrogata per limiti di eta’ la cara vecchia ottima logica formale.
lamberto
Mi pare abrogato il ragionamento. Non so se per ragioni anagrafiche. Non me lo permetterei mai.
Che c’entrano le agenzie dell’Estremo Oriente?
La questione è: Obama può permettersi una ripresa del dollaro, conseguenza inevitabile di una catastrofe per l’euro?
Qui il vero o falso funziona. No.
Tutto il resto è ricostruibile con semplici relazioni causa/effetto, accessibili a qualsiasi età.
E magari si riesce a criticare anche l’approccio liberistico, sul piano della sua efficacia, non per motivi religiosi. Se poi si vuol fare un po’ di fantascienza, benissimo. Chiediamo però che ci diverta, e qui torno alla mia osservazione iniziale, senza pretendere che sia una forma di previsione. O comunque non utile. Il sonno della ragione produce mostri. E sul forecast mi manca lo spazio, che Aldo non mi concede. Ci sentiamo altrove.
aldogiannuli
scusa, cosa è che non ti concedo io?
per quanto riguarda le agenzie dell’estremo oriente, non c’entrano nulla: è solo un modo per dire che francesii o americane, quello che conta è l’operazione politica
Francesco Acanfora
Possiamo concordare sul fatto che agli USA non convenga una catastrofe dell’euro, per i motivi spiegati da lamberto. Dobbiamo concordare sul fatto che agli USA conviene un indebolimento dell’euro, per i motivivi addotti da Aldo.
La questione che pongo io e’ diversa: siamo sicuri che la bilancia trovi oscillando un equilibrio? La scienza economica non e’ poi mica tanto fondata, come scienza, e nella maggior parte dei casi ha ragione semplicemente il piu’ forte, quello che impone la sua ragione. Attenzione, lamberto, il fatto essenziale e’: gli USA sono in grado ancora di imporre il loro ordine, o rischiano invece di indebolire a tal punto i loro alleati storici da trovarsi poi costretti a difendersi alla disperata con le spalle al muro?
Daniele Visentin
Una precisazione per Lamberto (come al solito tardiva): l’esempio sulle negoziazioni non riguarda le agenzie di rating, ma e’ esattamente quello che avviene in caso delle acquisizioni aziendali. Un esempio concreto e’ l’acquisizione di Jaguar da parte di Ford del 2009, dove il prezzo per azione offerto era molto piu’ alto di quello di altri potenziali acquirenti (leggi GM) perche’ banchieri e consulenti di Ford avevano promesso (=venduto = negoziato) maggiori sinergie rispetto a quelli di GM. L’analisi fondamentale spesso e’ solo un punto di partenza. (l’ego dei CEO e’ poi un altro aspetto che mal si pressta alla modellizzazione matematica.)
Salvo questo sono d’accordo col tuo commento.
Arun
Ieri 16 novembre qonditiauo Il Tempo alle 19, 52 suo suo sito riportava Le parole d’ordine del neo ministro ( Corrado Passera ndr ) sono sviluppo sostenibile e posti di lavoro . Ritenendomi una persona che non solo ha seguito le lezioni ma ha seguito anche il consiglio dei suoi professori di approfondire le materiale in stato di apprendimento non ho vissuto questo problema psicoanalitico professore vs alunno anche perche9 i docenti e gli allievi seguono strade parallele che poi biforcano. Ma puf2 essere che un alunno si affezioni alla figura del professore con l’esplosione o l’implosione di tutti gli stati emotivi che insorgono da una attrazione non corrisposta e nel tempo dia dimostrazione di non averla mai superata. La signora Coppini con questo suo articolo mi ha dato l’opportunite0 di rilevare cosa esprime l’esagerato entusiasmo espresso dai politici de PD e del FLI verso Monti e poi per i suoi Ministri. Non avendo frequentato le aule universitari e in particolare quelle dove e in cui i docenti incarnano un sapere trasmissibile , questi PDessini e Fliessini hanno dimostrato che non hanno ragion d’Essere ne9 prima ne9 tanto meno adesso e facendo acquistare un Credito ipotecario alle figure di Amministratori pubblici scelti per titoli e esperienza. Pertanto se Monti e i suoi professori riusciranno nel loro intento riuscendo anche a promuovere uno svilupppo economico sostenibile che tuteli l’Ambiente ( interpreto in tal senso il collegamento dei due ministeri delegati a Passera); che tagli la testa alla internazionalizza Finanza collegata anche alla Criminalite0 presente in Italia; procedendo al controllo serrato e capillare sulla Gestione del Denaro affidato agli Enti Pubblici territoriali perche9, sapendo esattamente quanto viene loro elargito, e8 possibile risalire e verificare, -carte in mano e documentazione fotografica e anagrafica pubblicata su internet e alla portata di tutti gli Utenti in quanto Sostenitori Economici e Fruitori delle attivite0 e dei servizi offerti-, come e8 stato speso il Nostro Denaro. In tal modo si assottiglierebbe alla mete0 il carrozzone della P.A. con il ruolo di funzionario mentre dovrebbe aumentare la presenza di artigiani con laurea in Fisica, Chimica, Architettura e Ingegneria addetti alla manutenzione, alla conservazione e soprattutto alla Guardia del nostro Patrimonio Paesaggistico, Culturale, Artistico il tutto diretto da una Amministrazione Tecnica in grado sapere come e in che modo e quando spendere in Nostri Soldi che viene indicato, vista la sorte del Bilancio come Nostro DEBITO PUBBLICO, quando in realte0 NOI SIAMO CREDITORI verso le Pubbliche Amministrazioni.Non e8 vero che come scrive la Coppini Lasciamo lavorare i nostri sapienti (un po’ anziani, a dire il vero), ma con il problema della politica dovremo presto fare i conti, perche9 la questione saltere0 fuori, ed e8 giusto che sia cosec. , I CONTI NOI LI DOBBIAMO PRESENTARE AI POLITICI E A TUTTI GLI AMMINISTRATORI CHE FRODANO I NOSTRI INTERESSI AD AVERE UNA OTTIMA GESTIONE DEL NOSTRO PATRIMONIO NAZIONALE PATROCINATO CON IL NOSTRO DENARO. Da qualche tempo due Enti pubblici stanno seguendo il caso di un Ente pubblico Territoriale che non avendo dato l’informazione all’Ente preposto, non ha permesso l’emissione di un provvedimento sanzionario di svariate centinaia di Euro a carico di un noto Operatore/Gestore telefonico. Questo vuol dire che non e8 ancora entrato nelle Nostre Casse STATALI del DENARO a titolo di sanzione a carico di chi ha commesso degli inadempimenti gravi a carico di un Utente che rappresenta tutti gli Utenti posti nella condizione di svantaggio prevista dalla Legge e dai regolamenti, ma vuol anche dire che i funzionari della Pubblica Amministrazione presumono di non dover rispondere in merito alla gestione e al buon andamento dei NOSTRI INTERESSI affidati loro per LEGGE e sottovalutando il fatto che nel caso in cui non vengano rispettati e salvaguardati si concreta l’ipotesi di reato ex art. Abuso d’ufficio art. 323 c.p. Da Alberto Scherma L’oggetto giuridico del delitto p. e p. dall’art. 323 c.p., e8 identificato nel buon andamento e nell’imparzialite0 della P.A., tali requisiti sono altresec richiamati dall’art. 97, Costituzione. La Pubblica Amministrazione e8 governata dai POLITICI, non e8 quindi giunta l’ora che vadano studiare per sapere esattamente quali sono le loro responsabilite0 perche9 ogni tanto qualche Procura si impegna a sollevare il tappeto dove si nascondono le loro nefandezze ai danni del buon andamento e della imparzialite0 della Pubblica Amministrazione e a favore di qualcuno se non di loro stessi come nel caso dei funzionari dell’Ente Pubblico locale a favore dell’Operatore/Gestore Telefonico.