
La Crisi e la socialdemocrazia.
Quel che resta della sinistra europea (salvo nicchie occasionali di aree radicali, peraltro, non sempre molto aggiornate) ormai si divide fra un’ala neo liberista appena mascherata che va sotto il nome di “Internazionale Socialista” o socialdemocrazia ed una sinistra che si dice radicale (Sel, Rifondazione, Syriza, Linke e, per certi verso Podemos) ma che, in realtà, è una pallida sinistra socialdemocratica. Per capirlo è utile fare un passo indietro di quasi un secolo e mezzo.
Al suo sorgere, il movimento socialista fu tutto rivoluzionario ed antisistema (salvo gli inglesi che sono sempre stati riformisti), tanto in Francia quanto in Italia, in Spagna ed in Germania (per la verità più nella componente eisenachiana che in quella fedele a Lassalle che tesseva un ambiguo rapporto con Bismarck).
La svolta venne dopo il 1871, con la repressione della Comune di Parigi: un massacro di ferocia senza precedenti, con migliaia di comunardi fucilati o deportati. Lo shock fu molto forte e se, in seguito, questo spingerà le frange più di sinistra sulla strada dell’insurrezione armata ma preparata scientificamente (il leninismo, in primo luogo), mentre, nell’immediato, la lezione venne vissuta piuttosto come un perentorio invito alla moderazione. La vittoria degli orientamenti riformisti, prima di tutto in Francia e Germania, poi in Italia e Spagna, venne fra gli anni settanta ed i primi novanta, proprio sulla base della riflessione sul tragico esito della Comune. Parve che la via elettorale e riformista fosse una manifestazione di saggezza: scambiare la velocità del processo con la solidità dell’avanzata e la sicurezza di non dover affrontare una repressione di quella gravità. Lo stesso Engels, nell’ultimo decennio della sua vita (Marx era morto nel 1883) fu molto cauto nel criticare questi orientamenti. Peraltro, il clima culturale, dominato dall’evoluzionismo positivista –anche nelle scienze sociali e si pensi a Durkheim- assecondava e sosteneva questo corso di cose: la storia aveva una sua direzione di marcia, era dominata dalla legge fatale dell’evoluzione, che avrebbe spinto naturalmente il socialismo verso la vittoria. Ne derivò una idea della lotta politica senza “salti”, come la natura, pertanto ogni rottura era rifiutata come un’avventura foriera di gravi pericoli. Sfortunatamente, non è vero che “natura non facit saltus” e, tantomeno la storia e la politica.
Esistono quei salti che dopo abbiamo imparato a chiamare “biforcazioni catastrofiche” e la riprova venne subito con la crisi finanziaria del 1907, con la I guerra mondiale, con il fascismo, con la crisi del 1929… Tutti fenomeni che la socialdemocrazia non capì e non seppe affrontare: di fronte alla guerra si piegò anche a votare i crediti di guerra, poi di fronte alla crisi del dopoguerra non seppe lontanamente che fare. Turati (con buona pace del “noto” storico del movimento operaio Roberto Saviano) non capì nulla del fascismo e così i capi della socialdemocrazia tedesca di fronte al nazismo.
La sconfitta del movimento operaio fu equamente responsabilità delle impazienze del movimento comunista (per tutte ricordiamo l’insurrezione spartachista) e delle “prudenze” della socialdemocrazia. Da allora, tutte le volte che un partito del movimento operaio si è trovato ad affrontare una lunga guerra di posizione è impercettibilmente scivolato in una sonnolenta routine riformista che lo ha reso incapace di riconoscere i momenti di crisi.
Il riformismo più o meno socialdemocratico, è pensiero politico adatto ai momenti ordinari della vita politica, ma quando arrivano i momenti di crisi del sistema, la socialdemocrazia, essendo interna al sistema stesso, non riesce a rendersene conto e regolarmente finisce travolta più degli altri, non avendo, come i liberali, il sostegno dei poteri forti. Un socialdemocratico si riconosce da una cosa: che vuol fare la frittata, ma ha paura di rompere le uova.
Il guaio è che quando arriva una crisi di sistema si solleva un’ondata di protesta popolare e se a dirigerla non sei tu, lo farà un altro. Che è precisamente quello che sta accadendo. La crisi finanziaria, che è diventata crisi dell’economia reale e sta diventando crisi dell’ordine politico militare, ormai è iniziata da sette anni (forse direi otto) e le sinistre sedicenti anti sistema (dal Front de Gauche alla Linke, dalla sinistra arcobaleno a Izquiera unida) che, in teoria avrebbero dovuto avvantaggiarsene, in realtà sono andate in crisi, hanno perso voti ed in qualche caso (come l’Italia) sono proprio scomparse, mentre montano fenomeni populisti che ne coprono lo spazio.
E, quello che colpisce è che militanti e dirigenti di questi partiti, non si chiedano minimamente il perché dei loro insuccessi e dei successi altrui. Hanno fatto eccezione sinora Syriza e Podemos, perché non sono stati percepiti partiti di sistema, ma aspettate che venga fuori la loro natura sostanzialmente socialdemocratica e vedrete. Il M5s è un movimento in bilico che fa un po’ eccezione, ma, prima o poi dovrà misurarsi anche lui con le dinamiche della crisi.
A volte è l’essere troppo prudenti ad essere la posizione meno realistica.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, democrazia, liberismo, socialdemocrazia, uscire dalla crisi

Mario Vitale
Il problema, caro Professore, non è, a mio avviso, di destra, o di sinistra; di essere liberaldemocratici, o socialdemocratici. Il problema è quello di accettare, o meno, il dogma del neo liberismo. Come ho già espresso altre volte, il neo liberismo è una truffa, ordita dai più forti, multinazionali, per stroncare la concorrenza dei più piccoli, piccole e medie imprese. La truffa ha retto nei primi anni, soprattutto fine secolo scorso, inizio dell’attuale, perché ammantata dal nobile ideale della globalizzazione, fin quando, anche complice la crisi, questa non si è rivelata per quel che in realtà era: un’ignobile revival del più bieco colonialismo.
Se riusciremo a sgombrare questa fetida falsa ideologia, ma dovrei dire quando, perché le bugie, come diceva mia nonna, hanno le gambe corte, allora potremo tornare a parlare di destra e di sinistra.
Sono certo che il neo liberismo abbia le ore contate, perché avendo portato, come effetto collaterale, la distruzione della classe media, cioè della classe che alimenta il sistema, questo serpente mercuriale finirà per esaurirsi.
andrea z.
Il passaggio dal capitalismo industriale a quello finanziario e alla globalizzazione ha portato alla fine del socialismo riformista.
Il sistema economico e politico neoliberista non sembra più interessato al compromesso se non per alcuni aspetti marginali.
I grandi centri finanziari e i loro politici e intellettuali organici hanno una visione molto precisa della società elitaria che vogliono costruire: un mondo senza confini politici, basato sulla competizione economica, in cui si scaricano gli impulsi aggressivi, una massa sterminata di consumatori che rispondono in modo acritico alle proposte del mercato e sopra un’elite dirigente finanziario-tecnocratica, a cui si accede per cooptazione .
Questo progetto va accettato o rigettato in blocco; il modo fanatico in cui viene perseguito non lascia spazio a nessun tipo di compromesso.
Saverio
Non c’è bisogno, egregio professore, di attender molto: il plateale e, mi lasci passare il termine, rivoltante tradimento di Syriza è avvenuto a meno di una settimana da un referendum (sono complottista, lo so) probabilmente è stato bandito al solo scopo di dare a Tsipras la forza per imporre un memorandum addirittura peggiore di quello “proposto” dalla trojka e sdegnosamente “rifiutato” per finta da Tsipras (ecco perchè le dimissioni di Varoufakis: tutto torna).
Solo il KKE aveva visto giusto invitando a non andare a votare.
Riporto una bella definizione di Bagnai: il macellaio indossa il grembiulino rosa affinchè non si vedano gli schizzi di sangue…
Roberto B.
Spero che quello che dici sia solo dovuto ad esasperazione: non esistono soluzioni semplici a problemi complicati, e una mossa che potrebbe essere tattica non può essere presa come una strategia preconfezionata.
Ma supponiamo pure che tutta la storia pre, durante e dopo il referendum sia solo una truffa, il solito Gombloddo, escogitato e messo in atto da molti mesi prevedendo addirittura l’esito delle elezioni e la vittoria di Syriza.
A questo punto, bisognerebbe anche immaginare che anche il referendum fosse nel piano criminoso, magari addirittura prevedendo la vittoria del “SI”.
E quali sarebbero i vantaggi ottenuti?
Il definitivo sputtanamento della Merkel (che tutto sommato ne esce forse meglio) , di Tsipras, dell’euro come moneta dei forti contro i deboli, dell’UE nella quale ormai la maggioranza dei comuni cittadini greci e non solo, non crede più.
In compenso, forse i greci dovranno accettare altre tasse, altra recessione, altro debito che non sarà mai pagato, cose che ormai solo gli imbecilli si ostinano a non vedere e non capire.
Forse dovremmo essere meno tranchant nei giudizi, e capire che in situazioni così complicate si può solo navigare a vista; probabilmenteTsipras non è un demiurgo, ma non penso che sia un nano in mezzo a giganti.
Fa quello che può, come può.
Io penso che abbia appunto navigato a vista; che non avesse alternativa e che, come il navigante che aggira uno scoglio, non avesse idea di quello che avrebbe trovato dopo.
E mi piacerebbe tanto sapere altri cosa avrebbero fatto al suo posto.
Riccardo
Mi domando con che coraggio si possa parlare del KKE, un partito di decerebrati arroccati in un identitarismo patetico, il cui terrore di assumersi delle responsabilità ha finito per renderli complici di ciò che a parole combattono. Non dimenticherò mai che nel 2011, schierati ad Atene in difesa del Parlamento preso d’assalto, c’erano proprio loro.
Aldo Giannuli
sei ingeneroso con il Kke, che ha i suoi eviudentissimi limiti, ma meno male che c’è…
Riccardo
No Aldo, non ho pietà di certa gente. Sono i cani da guardia del sistema, se non ci fossero sarebbe meglio.
fabio
secondo me il porblema è ch ementre una volta si poteva ancora pensare di cambiare l’ordine costituito con la forza , oggi questo è impossibile per vari motivi, la presa soft del potere in questa situazione di egemonia liberista e finanziaria è impossibile, in fondo gli eserciti e le forze dell’ordine sono sotto il controllo delle leites, forse solo un’evento fortemente destabuilizzante come una guerra mondiale o un conflitto non convenzinale potrebbe ridisegnare gli equilibri di forza.
ce li vede lei i militari profesisonisti di oggi o i poliziotti a fare la rivoluzionie insieme al popolo come nella rivoluzione d’ottobre? una volta il soldato era proletario oggi chi detiene l’uso esclusivo della forza è assolutamente estraneo a ogni dinamica di cambiamento sopratutto a sx.
è anche per questo forse che gli unici a emergere in politica sono solo pallidi riflessi dei partiti rivoluzionari di fine ottocento.
cosa ne pensa?
io
La socialdemocrazia é in crisi perché é un modello maturato in un contesto di egemonia del mercato degli stati nazionali occidentali e contestuale al comunismo. Venuti meno entrambi, diviene difficile la conservazione di qualcosa che é in crisi o non esiste. Alla base di essa c’è la redistribuzione delle risorse da parte dello Stato per obiettivi di giustizia sociale. Questo determina che lo Stato possa redistribuire la ricchezza che si forma e si accumula all’interno di esso. Ma ciò presuppone un contesto di economia regolata, regolata da ogni Stato. Se crei aree di libero scambio economico e finanziario, togli pure la moneta, resta solo la leva fiscale (quando la puoi usare). Alla base della socialdemocrazia occidentale c’è l’idea di un sistema di crescita più o meno costante e di ruolo dello Stato centrale nella gestione delle risorse create dai privati all’interno del proprio territorio. Fattori oggi sempre più difficili da coniugare nella competizione globale
io
ragionando in questi termini, magari un po’ anticonvenzionali, l’unica nazione in cui mi pare possa riprodursi tale modello, nei termini da noi conosciuti, é la Cina
giandavide
insomma, chi ha idee socialdemocratiche secondo il professore si deve fare carico di tutte le colpe di tutte le dirigenze socialdemocratiche passate e dei relativi sensi di colpa: siamo a un passo dai comunisti che manigano i bambini. poi che la socialdemocrazia abbia portato alle ferie, all’assicurazione sanitaria alle 8 ore, e a una quantità enorme di cose è un piccolo particolare.
certo, se si dovesse fare lo stesso ragionamento con le importanti conquiste sociali derivate dal populismo, casomai mettendoci pure qualche guerretta, il bilancio non è male. anzi mi sentirei di rispedire i sensi di colpa al mittente, e fare notare che anche ferrero pensava che prendere il potere fosse più importante che cambiare le cose in meglio, e si è visto dove si va a finire facendo sti ragionamenti da dottor stranmore.
Gaz
Il comunista Gennarino Carunchio (Giancarlo Giannini) nel film “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” del 1974 di Lina Wertmüller aveva intuito il tutto, al punto da usare “socialdemocratica” come appellativo.
Gherardo Maffei
Commenterò come il mio solito: al vetriolo. E’ proprio il concetto di democrazia che è innaturale, contro ogni buonsenso, contro ogni logica. Semplicemente perché è ingiusto, il più non può derivare dal meno; i popoli non hanno mai detenuto il potere, lo hanno sempre delegato,quasi sempre lo hanno subito. La democrazia (in tutte le salse) ecco il nemico! Solo uno stato totalitario a partito unico, che metta fuori legge tutti gli altri, può reggere alla lunga la guerra politica e monetaria in atto. Un esempio pratico attuale? la Cina comunista, con una casta al potere inamovibile e un turbo capitalismo alla base, con PIL annuo al 10%!
Riccardo
Ecco bravo, vai pure a vivere in Cina e rimanici…
Lorenzo
Caro professore, la radice dell’errore è sempre la stessa: come tanto popolo della sinistra (che fu), Lei non vuole prendere atto della radicale scomparsa della sinistra parlamentare avvenuta nel corso dell’ultimo venticinquennio. Vuole continuare a sentirsi parte della comunità, ehm, progressista. Cosa che La spinge a usare la qualifica di ‘socialdemocratici’ per indicare i ceti burocratici che dall’89 fanno da sponda sinistra al PD coadiuvandolo nel processo di distruzione di tutto ciò che la sinistra – vuoi socialdemocratica, vuoi rivoluzionaria – aveva realizzato nel precedente settantennio.
Il turbocapitalismo imposto dal conquistatore statunitense vuole il sangue dei lavoratori e non lascia spazio ad alcuna mediazione di stampo socialdemocratico (Tsipras docet). L’unica scelta è combattere l’impero, non a piatimenti ma con le armi, come avviene nel Donbass e in Iraq, o sottomervisi. Siccome un’umanità degenerata, come è quella europea attuale, di combattere non ha la più lontana intenzione, alla fine delle giaculatorie arriva puntuale la piena e incondizinata calata delle brache. Da Rifondazione a Sel, dai Gruenen a Die Linke fino a Syriza, la strada è quella.
Aldo Giannuli
Lorenzo mi sa che non devo essermi spiegato bene se mi attribuisce certi pensieri…
Riccardo
La sinistra cosiddetta “radicale” è in crisi perchè è diventata la ruota di scorta del potere dominante. Si sono venduti per qualche poltrona e per mantenere quella piccola rendita di posizione che gli è stata concessa. E’ così in tutta Europa, fatti i necessari distinguo.
Aldo Giannuli
E’ esattamente così. Sottoscrivo
david cardillo
Gentile Professor Giannuli,
la sua analisti è del tutto condivisibile, ma con il suo permesso, io farei una chiosa. Il nocciolo della questione sta in quanto lei ha scritto nelle prime righe: “al suo sorgere, il movimento socialista fu tutto rivoluzionario ed antisistema, salvo gli inglesi che sono sempre stati riformisti”. Infatti, i partiti di sinistra di tutta Europa hanno sempre avuto il marxismo come sol dell’avvenire, anche quando manifestavano propositi e atteggiamenti pacati, e dimostravano di non essere un pericolo da temere. La conseguenza di questa persecuzione delle mete comuniste (obiettivo anche dei partiti che si dichiaravano soltanto socialisti) è che il 9 novembre 1989, insieme al muro di Berlino, è crollata tutta quanta la sinistra culturale, la quale, non avendo altri appigli ideologici cui aggrapparsi, ha praticamente perso la propria ragion d’essere. Gli unici paesi nei quali non di solo Marx è vissuta la sinistra, ovvero la Gran Bretagna da lei citata, in cui i laburisti si sono sempre rifatti principalmente al fabianesimo, e la Germania, in cui la SPD ha rotto con l’ideologia marxista al congresso di Bad Godesberg nel 1959, guarda caso sono anche i primi nei quali la sinistra, dopo il 1989, è tornata al potere (per favore, lasciamo perdere l’Ulivo e Romano Prodi). Ma quale sinistra era, quella che in Gran Bretagna, con Tony Blair nel 1997, e in Germania con Gerhard Schroeder nel 1998, è tornata al potere? Se posso darla io una risposta, direi che si sia trattata di una sinistra che, avendo perso la guerra culturale, con il conservatorismo e il liberalismo, ha finito con l’assimilarne gli assunti rendendogli il più possibile appetibili al proprio elettorato, puntando, allo stesso tempo, ad assorbire gli elettori dei partiti opposti contendendoveli sugli stessi terreni. I partiti socialisti, morti culturalmente e ideologicamente, per sopravvivere almeno elettoralmente non hanno saputo trovare altra alternativa che abbracciare il neoliberismo, in alcuni casi con il sincero entusiasmo dei neofiti, diventando il braccio armato di un mostro che, per dirla con Diego Fusaro, cammina sulla gamba destra del denaro e la gamba sinistra dei costumi (omosessualismo, teoria del gender, eccetera). I paesi nei quali questa tendenza è parsa arrestarsi, ovvero la Grecia con Syriza e la Spagna con Podemos, presentano quelle particolari condizioni sociali ed economiche che ne hanno reso possibili la nascita, e che non è il caso di elencare. Apprezzerei, Professor Giannuli, un suo punto di vista, anche critico, su quanto ho scritto. La saluto cordialmente.
Gaz
Semper ignoto fu lo nome de lo presidente ‘mericano che pe “beneficenza” fecit transire lo Catai intro lo WTO
Giovanni Talpone
OK, anche se non confonderei le socialdemocrazie nordiche di ambiente protestante, che almeno qualche decennio di decente protezione sociale l’hanno assicurato, ai vari Blair e Hollande (per non parlare del Nostro). Comunque aggiungerei che fra il 1870 e il 1930 si consuma il doppio abbandono di Marx: da parte dei socialdemocratici, in quanto troppo radicale; e da parte di quelli che sarebbero diventati gli “m-l”. Questi ultimi trasformarono un immenso e geniale programma di ricerca (i cui limiti ed errori avrebbero dovuti essere laicamente consegnati alla “rodente critica dei topi”) in una Bibbia con i suoi dogmi, i suoi riti, i suoi misteri (in senso religioso), i suoi santi, teologi, Papi, inquisitori e ovviamente, i suoi eretici e streghe da bruciare. Questa preferenza a un Marx “morto” rispetto a un Marx “vivo” (preferenza sulla quale la psicanalisi critica avrebbe potuto dire qualcosa di più), ha lasciato ulteriore spazio alle pseudo soluzioni socialdemocratici (che potevano apparire più ragionevoli, concrete, e così via sognando).
Alessandro icardi
Concordo in toto con la Sua analisi. Generalmente non commento, ma aver visto il blocco uniforme ed indissolubile con cui i sindacati non hanno fatto passare la cancellazione del contratto per i dirigenti bancari proposto da Profumo (Sottolineo che non sono un suo grande fan) mi h
a fatto cadere le braccia. Magari c’entra poco o nulla, ma è comunque penoso.