La base della sinistra è fatta di deficienti o c’è altro che non funziona?

So che questo articolo farà imbestialire molti per il titolo, ma se avrete la pazienza di leggere anche il resto, forse vi arrabbierete anche di più. O forse no. Vediamo… Uno degli interventori di questo blog, commentando una mia affermazione per cui il Pd è un partito con un gruppo dirigente di destra ed una base (militante ed elettorale) prevalentemente di sinistra, ha scritto che, stante questa premessa, occorre concludere che “l’elettorato  del Pd è in larga parte composto di deficienti”. Deduzione impeccabile…apparentemente, in realtà sbagliata perché troppo superficiale.

Le cose sono molto più complicate di un rapporto lineare per il quale una base, che non si vede rappresentata nelle sue istanze più importanti, dopo un po’, sfiducia il gruppo dirigente. Sarebbe troppo bello se le cose fossero così semplici. In realtà, nel rapporto di rappresentanza, giocano molte mediazioni ed elementi di “disturbo”.

Ovviamente non è affatto escluso che ci sia una porzione di deficienti che giochino un ruolo di supporto alle burocrazie dominanti e senza alcun vantaggio per sé (altrimenti che deficienti sarebbero?). E questo vale per tutti, anche per la sinistra: non fu Sciascia, sin dal 1963, a decretare la “nascita del cretino di sinistra”? Ma non è questo l’elemento decisivo: si tratta di una porzione decisamente minoritaria e non determinante.

Ben più decisiva è la porzione di persone direttamente legata da rapporti di interesse con il gruppo dirigente: funzionari, consulenti, personale amministrativo, cui si aggiungono i membri di corporazioni garantite e comitati d’affari vari. A sinistra questa coda clientelare e burocratica è particolarmente fitta e ben collegata (si pensi agli apparati di partito, al personale politico degli enti locali, alle cooperative, alle corporazioni di accademici, sindacalisti, magistrati, notai, architetti ecc.).

Non è affatto detto che questo gruppo di persone condivida o meno gli indirizzi politici del gruppo dirigente che sostiene: nella maggior parte dei casi vi è indifferente, ma anche nel caso dissenta dagli indirizzi generali del gruppo dirigente –a prescindere se considerati troppo di destra o troppo di sinistra- continuerà a votarlo, per il prevalere degli interessi particolaristici o anche solo personali.

Naturalmente, questa politica di distribuzione selettiva delle risorse, per definizione, deve riguardare minoranze abbastanza ristrette, quindi questa parte della base non è numerosissima e, presumibilmente, non supererà mai una quota del 4-5% degli iscritti al partito e molto meno degli elettori, quindi, in sé, non si tratta di un gruppo decisivo. Ma occorre tener presente che queste persone hanno parenti, amici, clienti, dipendenti, che sono spesso interessati indirettamente al mantenimento di quegli stessi assetti di potere: se un architetto vive della committenza degli enti locali in cui ha amici politici, è interessato alla loro permanenza alla guida dell’ente locale e del partito, ma altrettanto interessati al permanere di quegli equilibri saranno i suoi familiari, la segretaria ed anche il giovane precario del suo studio che vivono di quello stipendio, pur magro.

Così come a votare per lo stesso assessore saranno i clientes che hanno ricevuto qualche favore, anche piccolo. Sicuramente non tutte queste persone voteranno conformemente ai loro interessi particolaristici, ma una parte -più o meno ampia- si. E questo determina un effetto moltiplicatore, per cui quel 3-4%, diventerà facilmente il 15-20% dei voti congressuali ed una percentuale più bassa, ma non trascurabile, dell’elettorato.

Ma veniamo alla parte maggiore della base. Qui il discorso si differenzia fra base di partito e base elettorale. Nella base di partito un effetto decisivo lo giocherà l’apparato dei funzionari strutturati in una precisa catena di comando che  va dal centro alla periferia e che è il modello organizzativo base della sinistra. Oggi l’apparato è decisamente più debole rispetto a quello che era nel Pci, ma mantiene un peso considerevole e si integra con la nuova figura del “consulenti”. Il funzionario è un lavoratore dipendente privilegiato da un certo punto di vista (elasticità di orari di lavoro, accesso ad ambienti decisionali, spesso migliore retribuzione ecc.), ma ha un forte handicap: è licenziabile ad nutum, per cui deve assicurarsi un solido ancoraggio nei livelli superiori dell’organizzazione, attraverso un rapporto di dipendenza politica dal gruppo dirigente nel suo complesso o di una sua particolare frazione. A sua volta, però, il funzionario, ha un discreto potere di distribuzione di riconoscimenti selettivi verso chi gli è sottoposto: può influenzare la scelta dei membri di direttivo regionale o provinciale, dei segretari di sezione, dei membri di commissione o di particolari incarichi di partito o degli enti locali, la formazione delle liste quanto meno per le elezioni amministrative ecc. E questo, ovviamente, sfocia nella costruzione di un seguito organizzato che seguirà le sue indicazioni di voto congressuale. E così si determina una catena di consenso che prescinde totalmente dall’adesione ad una determinata linea politica: il segretario della sezione “Gramsci” è un vecchio militante del Pci, totalmente estraneo alla cultura liberista del gruppo dirigente e che non ama affatto Renzi, ma è stabilmente collegato al gruppo che nella federazione provinciale fa riferimento al signor Bianchi, ex sindacalista Cgil, a sua volta collegato al gruppo regionale dell’on. Neri, che deve la sua candidatura al membro della direzione Rossi che, a sua volta, ha scelto di stare con Renzi. Quel segretario di sezione, dunque, voterà Renzi e, siccome ha un nutrito gruppo di amici ed estimatori, molti di essi, pur pensando cose totalmente diverse, voterà seguendo le indicazioni del segretario del circolo.

Come si vede ci sono una serie di passaggi che prescindono totalmente dalla condivisione o meno della linea politica. A questo meccanismo (particolarmente radicato nei partiti di sinistra nei quali da sempre l’apparato è la spina dorsale) si sommano meccanismi di natura diversa che hanno anche più peso nell’area degli elettori non iscritti al partito.

In primo luogo, al pari di quanto accade nei mercati finanziari, giocano un ruolo molto importante le “asimmetrie informative”, per cui l’ “offerta”, cioè il gruppo che chiede la delega, possiede una quantità ed un livello di informazioni decisamente superiore a quello della “domanda”, cioè la base alla quale non resta che stare sulla parola di chi gli chiede fiducia. Come si sa, chi vende sa ciò che vende, ma chi acquista non sa quel che compra.

Questa asimmetria informativa di base, poi va stratificandosi, creando una vera e propria “gerarchia informativa”:  all’interno del gruppo, corrente o partito, il capo cordata avrà il massimo di informazioni, i suoi immediati subordinati conosceranno gran parte di esse ma non tutte, a loro volta i subordinati di medio livello avranno a disposizione una massa inferiore di informazioni che trasmetteranno solo in parte ai loro sostenitori e così via, in un crescendo di opacità che raggiungerà il suo massimo al livelli di base. Se il capo corrente ha stabilito un’ intesa coperta con altro capo corrente, probabilmente lo dirà solo ai collaboratori più stretti ed ai supporter più fidati, gli altri forse ne sapranno qualcosa o la intuiranno e forse qualcosa trapelerà a livello medio alto, ma al di sotto di esso nessuno ne saprà o immaginerà nulla. Dunque, primo problema: la base compie le sue scelte in condizioni di ignoranza più o meno parziale, per cui la scelta basata sulla fiducia personale spesso sopperirà ad una scelta consapevole.

Ma, qualcuno osserverà, questo può essere giusto per il futuro, ma come giustificare il persistere di un rapporto fiduciario anche “dopo”, quando l’azione politica (di governo o di opposizione, poco importa) del gruppo dirigente si è dispiegata ed ha dato i suoi frutti magari divergenti dalle aspettative? Perché la base non giudica il gruppo dirigente sulla base dei risultati effettivamente conseguiti? Anche qui c’è una quota di asimmetria informativa, che contribuisce a spiegare il fenomeno: non tutti i militanti di un partito seguono la vita politica con l’attenzione necessaria o, semplicemente, hanno il tempo di documentarsi adeguatamente; e fra gli elettori non iscritti, presumibilmente, il tasso medio di interesse per la vita politica è ancora più basso.

Peraltro, giudicare le decisioni, ad esempio, di politica economica, presuppone un minimo di strumenti culturali che spesso non sono disponibili. L’uomo della strada percepisce che l’economia non va, che occupazione e consumi calano e che la pressione fiscale è poco sopportabile, ma di fronte a spiegazioni del tipo “E’ l’eredità dei governi precedenti”, “E’ l’effetto cella crisi mondiale che sarebbero ancora peggiori se il governo non avesse fatto questo o quello”, “E’ quello che si può fare entro i vincoli dei trattati internazionali”, “E’ colpa della Germania” oppure “Gli altri avrebbero fatto di peggio”, non ha gli strumenti per orientarsi. E, nella maggior parte dei casi, o si fiderà di quello che legge nel giornale che prende abitualmente o si rivolgerà al suo opinion leader di riferimento (un amico insegnante o professionista o giornalista ecc.) che spesso sarà un militante o simpatizzante di partito. Oppure farà leva sul “pre-giudizio ideologico” che lo dispone a favore di uno schieramento piuttosto che di un altro, a prescindere da qualsiasi analisi di merito.

Ed in questo influiranno anche una serie di riflessi psicologici da non sottovalutare: confondere i desideri con la realtà, scacciare le notizie sgradite, cercare di giustificare sempre la parte politica per cui si tiene, il desiderio di non smentirsi e di “tenere il punto” della propria appartenenza politica, la resistenza ad accettare i mutamenti storici in corso e la conseguente tendenza, in particolare nei più anziani, a leggere quel che accade con le lenti del passato.

Questi meccanismi sono più forti a sinistra, dove, pur essendoci un più alto tasso di politicizzazione, c’è una maggiore propensione ad affidarsi al “partito-apparato”, dove il radicamento ideologico è maggiore e con una più spiccata propensione acritica, dove il “patriottismo di partito” ha ragioni antiche e spesso sfocia in una deplorevole assenza di laicità. E non si dimentichi che la densità di anziani a sinistra è particolarmente alta (come giustamente ricordava qualcuno: una grossa fetta degli elettori del Pd sono i pensionati). I giovani si astengono o votano il M5s, pochi la destra, ma solo pochissimi Pd. E questo ha il suo peso.

Ma, soprattutto incide un fattore particolare: l’assenza di alternativa prodotta dallo stesso ceto politico al “potere”. Quando chiedi ad un militante di sinistra perché vota per una certa corrente o perché non reclama le dimissioni immediate di un segretario sconfitto alle elezioni ecc. novanta volte su cento la risposta è: “E chi ci metti al suo posto?”. Ed è vero, perché non c’è un’ offerta alternativa. Ma non c’è perché il ceto politico al potere ha accuratamente fatto in modo che non ci sia. Ed un gruppo dirigente alternativo non cade dalle nuvole come un dono del Cielo.

All’interno dei partiti è la totale assenza di democrazia interna ad impedire qualsiasi ricambio. Beninteso, non mancano le liturgie congressuali o le primarie, ma alla linea di partenza arrivano solo già quanti sono dentro la casta e la scelta è sempre fra diverse frazioni della stessa burocrazia. Per affermarsi un nuovo gruppo dirigente ci sarebbe bisogno di una dialettica aperta per tutto il periodo che va da una consultazione all’altra, tenendo conto tanto della difficoltà dell’affermarsi di una nuova cultura politica in presenza del naturale conservatorismo delle organizzazioni. C’è una viscosità interna che penalizza le novità e punisce le innovazioni, per cui, per affrontare le sfide interne, al gruppo dirigente in carica basterà monopolizzare l’immagine esterna del partito ed escludere dalla sua discussione interna ogni “terzo incomodo” che cerchi di inserirsi. Anche quando si conceda qualche avarissimo spazio marginale (le lettere al direttore del giornale di partito o qualche raro post nel blog vigilato dalla direzione), questo non avrà alcun effetto.

Quando si arriverà al congresso o alle primarie, i giochi saranno già fatti: il regolamento provvederà a rendere quasi impossibile ai nuovi arrivati anche solo di presentare una loro mozione e loro candidati; se anche qualcosa dovesse accadere, i dirigenti uscenti potranno usare le risorse economiche del partito per le loro manifestazioni, spostamenti, inserzioni pubblicitarie, manifesti ecc. mentre i nuovi dovranno fare tutto da soli. Poi ad indirizzare i consensi provvederanno i funzionari sul territorio e la stampa nazionale che, ovviamente, darà spazio solo a  quelli che già sono i principali esponenti di partito. Qualche nuovo candidato al massimo sarà preso in considerazione come una curiosa e divertente anomalia. E, sempre che il conteggio dei voti sia corretto (del che…) i consensi si suddivideranno più o meno nella misura dei rapporti di forza preesistenti fra le diverse frazioni burocratiche.

Questo poi si rifletterà anche nelle elezioni politiche, dove l’elettore si troverà sempre a scegliere  fra le solite offerte politiche. A scoraggiare la formazione di nuove liste influirà anche la legge elettorale maggioritaria che, con il richiamo al voto utile e le soglie di sbarramento, mette fuori gioco eventuali nuovi arrivati.

Per dimostrare come tutto questo sia ancor più vero nel caso delle organizzazioni di sinistra, nel prossimo articolo mi occuperò di un caso da manuale di “paralisi del gruppo dirigente” ed impossibilità del ricambio: Rifondazione Comunista.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (52)

  • Salve Gianulli, una prima constatazione: i ‘deficienti’ direi che sono sempre meno; una volta ho calcolato che, se alle politiche 2013 il PD vincitore di misura avesse preso lo stesso numero di voti del perdente Veltroni alle politiche 2008, avrebbe stravinto.
    Poi penso anche che una classe dirigente politica, per essere realmente giudicata, debba essere portatrice di una cultura politica, altrimenti si giudica il nulla. Rottamazione, merito, giovinezza non sono categorie politiche, e neanche essere pro o contro larghe intese, di per sé – al limite è questione di strategia politica.
    Ultimo ma non ultimo il quadro che ha delineato nell’articolo mi sembra quasi ottimistico, nel senso che oggi, come dimostrano molte situazioni (TAV, ILVA e simili) i partiti e il PD in particolare non ricevano una delega dai militanti, ma da ben altri potentati economici.
    Curioso di leggere articolo su Rifondazione perché ho alcune idee in merito.

  • Caro Giannuli, devo dirti che non ho mai creduto (anche quando lo si diceva della DC) ai meccanismi clientelari. Non si possono raccogliere milioni e milioni di voti solo facendo favori, anche se collettivi.
    Secondo me c’è un altro elemento, oltre ai cretini che però – sempre a mio avviso – sono equamente distribuiti tra tutti gli schieramenti politici, nazionalità, etnie, collocazione regionale, genere, erà, ecc. ecc. qualunque modo cioè di aggregare gli essere umani purché non fatto ad hoc.
    E’ quella che possiamo chiamare “ideologia”, la quale ha preso, negli ultimi trent’anni, la forma del “nemico esterno” (al sistema democratico). A Berlusconi è stato assegnato questo ruolo, di “diavolo” dal quale ci si deve proteggere turandosi il naso. Questa operazione è stata concepita, concertata, e portata avanti dall’Editoriale Repubblica l’Espresso, per motivi tutti da riferirsi agli affaracci loro. Il battage è stato così persistente che ha lasciato profonde tracce.
    Avete notato come, quando sembrava che B. stesse per cadere in rovina politica, hanno immediatamente cercato di mettere Grillo al suo posto? Prima “Grillo che fa gli stessi discorsi di Hitler”, poi il cognato della sorella della zia del cugino, miliardario costarichegno, il quale per hobby faceva il suo autista. E se B. dovesse veramente uscire di scena, state tranquilli vedrete che torneranno alla carica, con Grillo o qualcun altro, purché si presti anche un minimo.
    E così, molti si dicono, “Sì il PD non è più di sinistra, è una shcifezza, ma sempre meglio loro che Berlusconi”. Tertium non datur.
    Funziona ancora.
    E a ben vedere, il tertium non è che ci sia, poi.

    • Leprechaun: giustissimo dire che i cretini sono equamente ripartiti fra tutti gli schieramenti ecc, e non c’è uno che ne abbia di più. Però lo sono ciascuno a modo proprio: il cretino di sinistra è molto diverso da quello di destra, anche se uno non è migliore dell’altro

  • Interessante la questione dell’informazione: in effetti da un po’ di tempo mi sento più confuso e (in)felice del solito (più o meno da dopo le elezioni di febbraio). Non so più cosa sto leggendo, e avverto sempre più spesso la sensazione che in quello che leggo c’è un evidente manomissione della realtà (Corriere in primis, a parte qualche firma particolare che giudico in buona fede). Una monetina a chiunque sappia indicarmi qualche sito (o mezzo a stampa)di informazione socio-politica-economica attendibile, critico, realistico.

  • Strepitoso.

    Non posso che notare come con queste premesse, la sfida del M5S di un movimento senza segretari e gerarchie di mezzo sia interessante, anche se di non sicuro successo.

    Da attivista 5 stelle confermo che dopo quasi 5 anni di vita del movimento, fenomeni diffusi di clientelismo e gerarchie locali-regionali non ci sono e non sembrano essere dietro l’angolo.

    La graduale emancipazione dei parlamentari 5 stelle da Grillo (c’è, è difficilmente negabile) e il dialogo attivo tra parlamentari e base fanno ben sperare.

    Che pensa di questo? Mi piacerebbe una sua analisi sul M5S comparativa rispetto a questo pezzo.

  • Questa analisi non fa una grinza ed è comunque anche riferibile, con le dovuto diversità ed eccezioni, ad altri meccanismi di grandi partiti. Manca però un accenno a le cause che hanno portato a tutto questo.
    Domandiamoci, infatti, se per sinistra si intende una certa eredità di quelle che furono le ideologie e le istanze del comunismo, tutta l’area che ora veniamo a definire di “sinistra”, non è forse un qualcosa di profondamente diverso?
    Che ci azzecca, per dirla alla Di Pietro, con gli interessi del mondo del lavoro, questa sinistra che pensa ed opera avendo in primo piano l’Europa, il debito pubblico, le privatizzazioni, la globalizzazione, i problemi dei gay e degli immigrati, per carità rispettabili, ma non certo preminenti, e addirittura a partecipare alle guerre Atlantiche?
    Se facciamo un salto nel passato, sia pure con un analisi superficiale, vediamo come con gli anni ’60 il vecchio Pci, legato a Mosca, cominciò a subire tutta una serie di contraddizioni che questa dipendenza comportava. La stessa scelta strategica, irreversibile, di una “via democratica al comunismo”, non poteva che mettere in crisi tutta la impalcatura marxista leninista, compresa la lotta di classe, che pur si continuava ad insegnare nelle scuole di partito. Con l’arrivo di Berlinguer, la trasformazione nel senso di un partito riformista di stampo occidentale fu completata. Del resto già allora il Pci viveva di suoi spazi di potere e solo dei gonzi potevano credere che le “cooperative rosse” o, per esempio l’Unipol, veri interessi di stampo capitalista, potessero essere una specie di socializzazione proletaria. Solo l’imbecillità e la malafede delle destre potevano ritenere il vecchio Pci un partito rivoluzionario che voleva portare i cavalli dei “cosacchi” a S. Pietro.
    In quegli anni, al contempo, si introdussero nel mondo di sinistra le IDEOLOGIE NEORADICALI, i cui venti spiravano dall’America, compresa la New left. Queste ideologie, rafforzate dalla Contestazione del ’68, comprese le analisi alla Marcuse, ebbero un forte impatto nella sinistra. Diciamo che, comunque, tutto restò in parte congelato, fino al fallimento dell’esperienza terrorista della sinistra antagonista e alla caduta del “muro” al quale, in Italia, seguì la Seconda Repubblica e la fine dei vecchi partiti tradizionali. A mano a mano che si determinavano i vari passaggi e trasformazioni PDS, DS, PD, ecc., la sinistra ex Pci si ricomponeva inglobando anche, spezzoni della DC e non solo.
    Che poi questa “nuova sinistra” venne anche inglobata nelle strategie dell’Alta Finanza, non è un mistero, tanto è vero che sappiamo che Carlo De Benedetti di Repubblica, giornale che interpreta un settore dell’Alta finanza, oltretutto quello più speculativo e filo sionista, ebbe a finanziare le campagne elettorali del PDS e dei Ds, nelle quali venne eletto il fratello Franco.
    Queste operazioni non potevano restare fini a sè stesse, tanto è vero che la sinistra andò si ha al potere, in alternanza con Berlusconi, ma dovette portarsi alla direzione dei governi uomini come Amato, Ciampi, Prordi, ecc., ovvero i cosiddetti “tecnici”, ex consulenti o uomini di Banche che di sinistra non erano mai stati, che adeguarono tutto il sistema sociale italiano al sistema bancario e predisposero le cose affinchè l’Italia si adeguasse anche all’Europa mondialista e per la introduzione dell’Euro. Meravigliarsi se la sinistra si è trasformata in “liberal”, se un probabile massone, della massonissima Firenze, ne è ora divenuto segretario?

  • Pierluigi Tarantini

    Caro Aldo,
    la tua analisi mi lascia un dubbio…..
    Il titolo del post è “ La base della sinistra è fatta di deficienti o c’è altro che non funziona?
    Già nella premessa, però, operi un’identificazione della Sinistra con il PD che “è un partito con un gruppo dirigente di destra ed una base (militante ed elettorale) prevalentemente di sinistra..”
    Tale identificazione, strumentale a ricordare un commento per il quale “l’elettorato del Pd è in larga parte composto di deficienti”, riporta direttamente al pensiero di Berlusconi per il quale “Ho troppa stima dell’intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio disinteresse”.
    E certo il ritenere gli elettori di sinistra in gran parte dei deficienti è sulla stessa lunghezza d’onda di chi pensava che gli italiani, esasperati dalla crisi, fossero tanto deficienti da aderire allo “spontaneo” movimento dei Forconi.
    Vengo al dubbio che mi arrovella: se argomenti che si possa essere di sinistra solo in funzione del far parte di un apparato, per interesse, per disinformazione o per deficienza, perché non chiedi la tessera a FI?

  • si, sono fondamentalmente d’accordo, sebbene a destra non è che siano messi molto meglio: il “familismo amorale” non è certo appannaggio esclusivo della sinistra, e, riguardo alla mancanza di orizzontalità dei processi decisionali, hanno ben pensato di risolvere il problema alla radice attraverso una impostazione rigorosamente verticale. ma va anche attestato che neanche il m5s è riuscito a fare entrare il nepotismo all’interno del discorso politico, soprattutto perchè non ha voluto, e ricordo che anche là ci sono dei casi di nepotismo. sotto questo profilo sembra che il loto unico sforzo sia quello di diminuire il prezzo di acquisto per un parlamentare corrotto attraverso la diminuzione dello stipendio di quest’ultimo, in modo che ci siano più parlamentari corrotti e che grillo abbia più materia prima per i prossimi comizi.

  • Una parte degli elettori che vota,quando lo fa, lo fa per il cosiddetto voto di scambio con il candidato, che ha promesso un posto di lavoro o una pensione. Mentre la maggioranza lo fa di solito per il candidato più convincente, ma soprattutto per motivi effimeri,spiccioli,legati a fattori superficiali,quali la bellezza fisica,la simpatia,l’eloquenza, o perchè incarna il modello del buon padre di famiglia, quindi la campagna elettorale (specie in USA) deve essere fatta assieme alla moglie e ai figli.Negli USA un presidente scapolo sarebbe impresentabile, tranne che non sia un gay conclamato, ma allora sarebbe molto probabilmente accompagnato dal partner.In Italia invece, uomini politici celibi votati esclusivamente alla politica, ne abbiamo avuti parecchi.Ovviamente a tali atteggiamenti superficiali di scelta, sfugge sempre il cosiddetto zoccolo duro, dei partiti di sinistra e di estrema destra.Per quanto riguarda poi il partito egemone della sinistra, erede del vecchio PCI,vale il discorso fatto dal lei professore,circa l’apparato burocratico con il relativo indotto; infatti non bisogna dimenticare che in Italia vivono di politica, circa un milione di persone.Poi per restare in argomento della scelta del voto, non si può trascurare il riflesso condizionato studiato dal russo Ivan Pavlov, che scatta nella massa, ogni qualvolta si nomina ad esempio il nazifascismo “il male assoluto”, una reazione maniacale che rasenta la superstizione e che provoca dei veri e propri tabù, con i quali né prove scientifiche né argomentazioni di docenti universitari, valgono a nulla.Termino con una provocazione relativa alle votazioni;caro professore,ma perché il suo voto deve equivalere, a quello di un bifolco, che in vita sua ha letto solo la gazzetta dello sport? Io personalmente farei votare solo chi ha superato una serie di esami rigorossimi e selezionatissimi.

  • Io sono del Pd perche’ non c’e’ niente di meglio
    Un grande come Gaber,che non si occupava di politica per professione,con poche frasi c’azzeccava piu di tanti critici e politologi
    Le consiglio di lasciar perdere una simile analisi su Rifondazione Comunista o sulla ventina di altre pseudo formazioni che portano la identificazione “comunista”.Dopo un naturale periodo di inerzia, l’identita comunista non funziona piu neanche nel paese dove esisteva il piu’ grande partito dell’occidente.Il gruppo dirigente e’ scadente perche’ mancano i presupposti politici,non l’inverso.E mancano i presupposti politici perche’ tutto cio che si rifaceva a quella proposta e’ uscito dal novecento non male,ma malissimo.Forse tra un po’ di tempo….500 anni…,mah
    Intanto,come fanno tutti in Europa,accontentiamoci di quello che c’e’,considerando che la relativa pochezza e’ dovuta alla sconfitta di noi tutti.
    E lasci stare Napolitano,Renzi,ecc anche loro sono il prodotto di un disastro

  • Scusate, ma non può essere che molti (militanti o no) hanno capito che Renzi (D’Alema-Veltroni ecc.) devono adeguarsi ai diktat che arrivano
    “dall’estero”???
    max
    (apropos: “il noto servizio” è molto notevole…
    ma ho trovato già 2 errori di stampa 🙂 :-))

  • Condivido l’approccio “organizzativo”.

    Condivido anche i contenuti esposti. In particolare l’opacita’ crescente/decrescente a seconda della posizione all’interno della gerarchia organizzativa.

    Pero’, come altre volte, insisto nel dire che questa vischiosita’ ha origini extra-organizzativi (l’approccio quindi serve a mettere in rilievo un indicatore): e cioe’ le caratteristiche della stratificazione socio-economica in Italia.

    Esplicito il mio pensiero.

    Si fa un gran parlare di ricambio generazionale. Oggi Letta ha molto insistito sul punto nella conferenza di fine anno.

    Domando: “Generazione” e’ una categoria Politica? Economica?

    Rispondo e’ una categoria Familiare.

    Domando: quale sarebbe la politica degli interessi di un ceto dirigente (Politico, Economico) classificato “Nuovo” in base alla generazione di appartenenza?

    Nei giorni scorsi, nell’intervista sul Corriere di Martinaro alla Finocchiaro, la dirigente PD diceva che era sbagliato l’approccio dei Nuovi che volevano fare a meno dell’esperienza degli anziani.

    Sono d’accordo.

    Pero’, qualche anno fa la stessa signora Senatrice, per spiegare una sua qualche influenza politica parlava di una sua (e di altri) appartenenza ad una “Comunita’ Politica”; dal contesto si capiva che era il gruppo dirigente di allora.

    Dunque, la signora sta ricevendo lo stesso trattamento che il suo (della signora) gruppo dirigente ha riservato a chi dirigente non era.

    Che tipo di cultura politica sottintende il concetto di “Comunita’” se applicato ad un gruppo dirigente (e non ad un progetto politico, come quello Olivettiano)?

    L’uso di queste categorie, se efficiente a spiegare, e’ il segnale di un blocco del sistema “in quanto tale”, con un ricambio esclusivamente su base edipica (generazionale, appunto).

    Tra 30 anni qualcuno vorra’ rottamare Renzi (per fare cosa? bho?!) ed un’altra gia’ affascinante signora (con quale animale hanno chiamato quella nuova? Leoparda? Giaguara?) dira’ che la sua esperienza vale ancora qualcosa.

    Va tutto bene: ma questi signori ci sono o ci fanno? Capirebbero se qualcuno gli spiegasse la differenza tra ricambio generazionale e cambio di politica degli interessi a prescindere dall’eta’ (e quindi sono furbi, ambiziosi, arrivisti) o sono scemi veramente (e chi dirige veramente l’orchestra, allora?)

    Infine a Giannuli: non pensi che l’approccio organizzativo, che mi trova comunque d’accordo, vada integrato con qualcosa che spieghi la genesi socio-economica (soggettiva e oggettiva) dei ceti dirigenti attuali (con queste caratteristiche) e pare impedire un ricambio vero delle Politiche?

    Anche perche’ faticherei a considerare “Deficienza Mentale” una categoria politica.

    (Buone feste)

  • Il blocco di potere che si è consolidato in Italia è la piccola borghesia che è sempre amena a darsi in pasto al “potente” di turno per mantenere quei piccoli privilegi che ha acquisito negli ultimi 40-50 anni. Purtroppo, come già diceva Pasolini, anche la Borghesia italiana è piccola e mediocre. Questo spiaga perché possa esistere un Renzi, un Letta, un Saccomanni, una Boldrini, ecc… In questo l’Italia è più simile alla Germania che alla Francia o agli USA. Ci differenzia la stupidità delle nostre burocrazie che, nel tempo, sono state omologate e rese più ignoranti. Quel che potrà salvarci è il cambiamento etnico demografico che in 20-30 anni ci porterà ad avere una nuova italianità meticcia per la nuova Italia. Ci arriveremo, dalle “periferie”, stremati e da rifondare.

  • Sono perfettamente d’accordo sulla percentuale dei cretini di sinistra. Voglio solo rispondere a Germano per dirgli di provare a leggere Il Fatto Quotidiano e magari abbonarsi anche solo per motivi etici essendo l’unico quotidiano che non riceve soldi pubblici. Io sono molto soddisfatto, anche se sempre più amareggiato. Un consiglio: non leggerlo la mattina presto, altrimenti si fa il fegato amaro.

  • @Simone Garilli

    Non esulterei troppo per l’analisi coraggiosa che fa il prof. Giannuli sulla “sinistra”: perché delle piaghe del PD ne è affetta, magari in forme diverse, gran parte della sinistra neo/post/pseudo/ecc. ideologica.

    Ma la cancrena sta risalendo visibilmente anche per la schiena del M5S. E visto che studi “scienze storiche” si spera che fai parte di quel gruppo che è consapevole che finché il MoVimento culturale non si libera delle pseudolinee politiche di chi “nessuno ha ancora capito chi” le cala dal vertice, si regala il meglio del giovane attivismo italico all’inanità.

    E mi riferisco ai messaggi di economia politica disvaloriali, reazionari, da Tea Party che passano dai canali “ufficiali”.
    E’ ormai chiaro chi ha permesso l’ascesa del MoV conosceva bene le statistiche in cui si vedeva l’Italia al vertice mondiale per volontariato ma anche in buona posizione per livore kastista ed esterofilia da sindrome di Stoccolma.

    A far meglio di PD e PDL ci riescono anche in Albania: far peggio della Lega Nord è da primati.

    Tutto ciò che ha fatto faville a livello locale, senza validi riferimenti CULTURALI a livello nazionale, risulterà una finissima manovra sviluppata per sedare il dissenso ed estromettere la “meglio gioventù”.
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    Ottimi @Barozzi e @leprechaun. Buono anche @Giandavide.

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    @Gerardo

    Il migliore divulgatore economico in assoluto (ripeto: in assoluto) è il prof. Alberto Bagnai.

    Per Natale regalati (tra gli altri) il “Tramonto dell’Euro”: oltre a rendere commestibile l’analisi della comunità scientifica non direttamente legata ad industria/finanza, propone un’incredibile “ermeneutica della propaganda mediatica” divertente ma estremamente efficacie.

  • Prof non se la prenda a male sapeva che a qualcuno non sarebbe piaciuta questa genesi della politica, sopprattutto quando si parla dei mecanismi di basa gestione
    ;D poiché mi piacciono le cause perse mi iscrivero a FI è incredibile essere guidati da un multimiliardario senza passaporto 😛

    XilBuonPeppe sei mitico
    c’è una legge della società che dice ‘chi ha un potere cerca di esercitarlo, altrimenti non gli è riconosciuto’ che poi questo esercizio abbia un fine utile o no nella comunita non questione di riconoscimento dell’autorità )-:

    mi sorge un dubbio nei sistemi elettorali la coalizione non dovrebbe aiutare i partiti minori a superare la quota di sbarramento?

  • SantiNumi, vedo che condividiamo un bel pò di punti fermi. Sono un convinto lettore di Bagnai anche io (anche se lo affiancherei come capacità divulgativa a Emiliano Brancaccio, che non è da meno) e vedo tutte le criticità sulla linea economica 5 stelle e sulle energie parzialmente sprecate degli attivisti.

    Però, da critico di Grillo e Casaleggio e da lucido ottimista (almeno io mi vedo così), mi piace anche considerare che la grande maggioranza dei parlamentari non ha dimenticato gli attivisti. Vengo da un incontro in Senato con parlamentari e attivisti da tutta Italia (un primo nucleo segnalato dai meetup) nel quale si è deciso di far partire un tavolo nazionale per definire una linea macroeconomica a 5 stelle. Se ne sentirà parlare molto presto e la platea di attivisti si allargherà gradualmente.

    Ci tengo a far notare che l’input è arrivato dai parlamentari, che quindi cercano (e trovano) gli attivisti. Senza dimenticare il continuo via vai Parlamento-Meetup degli stessi eletti ogni fine settimana, per tutta l’Italia. Il gruppo 5 stelle sta maturando bene, NONOSTANTE l’ambiguità di Grillo e Casaleggio.

  • Tutto vero. Posso solo tentare di aggiungere qualche osservazione.
    Un aspetto che andrebbe maggiormente sottolineato è la coincidenza tra incarichi elettivi nelle istituzioni (da deputato a consigliere di quartiere) e incarichi dirigenziali nel partito (l’on. Neri e il membro della direzione Rossi sono spessissimo la stessa persona).
    I meccanismi descritti, osserverei infine, conseguono gli effetti paradossali rilevati (il segretario di sezione vecchio militante del PCI che vota per Renzi) grazie alla mancanza di identità politica del PD, che permette l’esistenza in uno stesso partito di posizioni non solo differenziate (il che sarebbe concepibile) ma addirittura opposte. In altre parole: la legge elettorale, le dinamiche della formazione del consenso, i regolamenti interni, avrebbero effetti meno perversi se la scelta, alla fine, si svolgesse tra rappresentanti di una cultura politica omogenea.

  • Secondo me, ed accodandomi in questo ad interventi precedenti, vederla dal punto di vista organizzativo, invece di chiarire rischia di confondere, perchè interpreta in termini di un meccanismo in qualche modo universale quella che invece a tanti di noi appare come una specificità del PD.
    Il mio punto di vista è invece che la causa di tutto ciò sia essenzialmente culturale, che quindi nasca dall’ideologia dominante, ciò che alcuni definiscono come “buon senso”.
    Da questa prospettiva, il gruppo dirigente non è artefice di tutto ciò, ma ne è in qualche misura vittima.
    Nel corso degli ultimi decenni, si è creata una mentalità dominante bene interpretata dal quotidiano “La Repubblica”, che ha modificato quasi antropologicamente l’italiano di sinistra. I dirigenti hanno subito essi stessi un analogo processo di condizionamento culturale, che non hanno alcuna capacità di fronteggiare, data la loro conclamata modestia culturale. L’unica cosa che hanno autonomamente curato è la difesa di sè stessi come oligarchia di partito, basandosi abbondantemente su carriere, contatti, esperienze, il tutto maturato all’interno di partiti completamente differenti dall’attuale, e la cui continuità è appunto assicurata soltanto da un gruppo dirigente che si autoperpetua.
    E’ bastato un Renzi qualsiasi che rifiutasse di sottoporsi al rito di iniziazione che l’oligarchia richiedeva tenacemente a tutti coloro che volevano unirsi a loro, per verificarne la inerente fragilità.
    Tuttavia, proprio perchè la politica è sempre stata eterodiretta, il cambio al vertice non implica certo una svolta politica, proprio perchè la politica sta all’interno di un ambito filosofico più ampio, e quindi può essere davvero cambiata soltanto a partire da un cambio complessivo di paradigma.

  • Interessante analisi e sarebbe molto interessante estenderla al PCI nelle sue varie fasi (dal 21 alla Bolognina) ed al PRC (l’altro partito uscito dalla Bolognina).

    Il pezzo sul PRC lo faccio io eheheheheh

  • Complimenti Aldo.
    Questo articolo mette PERFETTAMENTE in controluce la realtà del PD, e i motivi per i quali io ho non l’ho quasi mai votato nonostante sia di sinistra.

    Perchè ritengo il PD un partito clientelare irriformabile dall’interno, sempre più simile alla DC.
    E lo penso per tutta una serie di evidenze (a mio avviso) oggettive.
    Qui ne elenco solo alcune tra le tante.

    Riflessione 1

    – La pagliacciata delle primarie dei circoli.. con la moltiplicazione last-minute di migliaia e migliaia di tessere finte e/o comprate dai soliti capo-bastone per mantenere il loro posto al sole a livello locale e poter quindi salire sul carro del vincitore Renzi. Classico italiano. Le idee e la coerenza poco contano, ma molto più la gestione di poltrone e affari, innanzitutto a livello locale. E infatti il povero ingenuo Civati è arrivato ultimo

    – Quando si parla di clientele , si parla di affari , e spesso pure di malaffare. Guardate, (caso esemplare da prendere ad esempio per capire cosa è il PD) lo scandalo Lorenzetti (dalemiana di ferro) Tav – Firenze , uno scandalo 100% made in PD in tutte le fasi e livelli dei vari personaggi che vi compaiono
    http://www.youtube.com/watch?v=sMvV6VbrBA0

  • Sono d’accordo in buona parte con l’analisi di Giannuli. Sono però anche convinto che questo meccanismo alla lunga logori questi partiti (PD, dato e non concesso che sia parte della sinistra, SeL, Rif e formazioni estinte) e che vada ad alimentare la grande area dell’astensionismo. Da molto tempo sostengo che, usando bene le nuove tecnologie informatiche, si possa in parte ridurre la dissimmetria informativa e utilizzare queste nuove possibilità per recuperare qualcosa dall’area dell’astensionismo e della delusione. (In un ambito differente, è quello che abbiano tentato di fare come RSU IBM con il sito http://www.rsuibm.org, in cui abbiamo messo a disposizione di tutti il massimo possibile dell’informazione di prima mano, e qualche risultato l’abbiamo effettivamente ottenuto, almeno in termini di credibilità). In questo senso, il M5S ha compiuto realmente un disastro, perchè ha calato nei nuovi strumenti il peggio dell’assemblearismo sessantottino con il peggio del coevo leaderismo (io c’ero, e mi ricordo bene, purtroppo), ben condito di populismo contemporaneo. Non par vero ai funzionari della sinistra (interessati a mantenere e rafforzare la dissimmetria informativa) di poterlo prendere come scusa per rifiutare in blocco le potenzialità dei nuovi strumenti (che richiedono comunque scelte di fondo non tecnologiche ma politiche).

  • Bravo! Condivido peró direi che a livello di elezioni politiche la differenza la faccia la fascia dell’elettorato che non appartiene a nessuno schieramento e valuta a seconda della contingenza. La DC ha tenuto grossomodo per 40 anni perchè al netto delle nefandezze mafia- voto di scambio-clientelismi comunque assicurava una stabilità di tipo economico a lungo termine, con crescita economica costante ed un futuro per le generazioni. Per cui gli italiani si sono turati il naso ma hanno visto un miglioramento delle proprie condizione forse mai sperimentato nella storia recente in nessun paese del mondo. E questo con inflazione a due cifre liretta ed un governo all’anno. Ed è proprio qui che il pd mi cade. In fondo qual’è il messaggio? Abbassiamo il vostro standard di vita e i vostri salari per il vostro bene. Ok Renzi è simpatico e giovane ma non ha una idea forte per il Paese e per questo fallirà. Ci siamo detti per due decenni che Berlusca vinceva perchè ha le televisioni, gli italiani sono idioti, gli credono e si fanno abbindolare. Analisi alquanto superficiale. Di fatto la sinistra quando è stata al governo non ha fatto altro che ridurre gli standard di vita del proprio elettorato in nome di vincoli europei che alla fine si sono rivelati un disastro per tutti, classe operaia tedesca inclusa. Adesso che siamo in mezzo alle macerie che fanno questi? Ci vengono a dire che fuori dell’Europa c’è il medioevo (sic). Io il medioevo lo vedo adesso con disoccupazione di massa, emigrazione, distruzione della base industriale ed impoverimento generalizzato. La campagna portata avanti dai media non sta funzionando piú e la gente sta iniziando a mangiare la foglia. Trovo patetico il tristo Letta che dice a Berlusconi di non cavalcare il populismo, segno di grande dobolezza politica.
    Io la vedo così: Il caimano non è affatto finito, tutt’altro. Si è inventato la finta scissione utilizzando le personalità piú grigie del suo partito, gli utili idioti, giusto per far cucinare il PD a fuoco lento, tanto fanno tutto loro, non ci vuole gran fatica. Tra un po’ ci sarà il patatrac, anche perchè già dal prossimo anno bisognerà trovare 50 miliardini (tipo 25 imu) per onorare gli accordi europei. Si parla già di prelievi forzosi dai conti correnti ed ulteriori aumenti delle tasse. A quel punto con un Paese argentinizzato ed una classe media allo stremo il Berlusca farà una campagna anti europa ed anti euro e probabilmente otterrà un buon risultato elettorale. C’è da capire che intenzione ha il M5s. Se rimanga nel bozzolo della retorica anticasta oppure inizi ad avere una prospettiva piú ampia, soprattutto a proposito del ruolo del Paese in campo internazionale.
    Comunque il PD è destinato all’autodistruzione comunque vada.
    Ultima considerazione: L’amato Presidente. Sembra oramai chiaro che il peggior nemico del PD sia Napolitano, ha fatto in modo che perdessero le elezioni evitando di andare al voto nel 2011 o inizio 2012. Il PD è arrivato alle elezioni del 2013 stremato. Il bello che se lo sono rivotato! Non c’è che dire un capolavoro politico! Non si capisce questa sudditanza nei confronti del presidente se non forse sconfinando nel campo della psichiatria poiche di politico c’è ben poco.
    Auguri a tutti

  • @Simone Garilli

    Ho discusso recentemente anch’io con alcuni Parlamentari pentastellati su temi di politica economica e del loro impatto sulle Democrazie costituzionali: ragazzi in gamba e con una marcia in più: degni di essere Onorevoli quando avremo rifondato un nuovo patto sociale.

    Conosco bene il mobbing che viene riservato loro nelle Camere e della consapevolezza di dover affrontare il “fuoco amico” da parte delle dichiarazioni di Beppe o del Blog (che nessuno ha ancora capito chi ci scrive).

    Sono stati poi la delegazione parlamentare maggiore (o meglio l’unica…) al grande convegno di Pescara: a spese loro, un weekend. Chapeau.

    Se non si vuol far la fine dei movimenti colorati sorosiani è necessario inventarsi qualcosa prima delle europee: ci dobbiamo mettere in mano a Salvini?

    Buone Feste e Buona Resistenza.

  • Riflessione 2

    Perchè alle elezioni amministrative il PD è quasi sempre vincente?

    Questo perchè se il PDL/Forza Italia è a mio avviso il braccio politico della criminalità oraganizzata e non organizzata , il PD è il partito delle clientele spesso lecite anche se altrettanto devastanti per l’economia e la società italiana, soffocandone le forze migliori, e premiando spesso incompetenti e cialtroni

    Faccio l’esempio di una piccola regione che per motivi professionali ho conosciuto bene, la Basilicata, dove recentemente si sono svolte le elezioni regionali.
    E’ una regione desolata (prima di tutto culturalmente che economicamente) anche se sale poco (anche in negativo) agli onori della cronaca, perchè lì la mafia ha pochi interessi. E siccome solo quando e dove ha interessi la mafia incide in modo massiccio, laddove essa non incide, nelle terre sottosviluppate sono i tanti e piccoli e grandi interessi clientelari a prevalere, da sempre.
    E in questo il PD è formidabile.
    La Basilicata è governata da 20 anni da un notabilato massonico che dispensa piccole e grandi elemosine a gente che in cambio gli dà il voto.
    La maggior parte dei giovani è emigrata al Nord.
    Sono rimasti in gran parte solo pensionati (in buona parte semi-analfabeti che al massimo guardano solo pochi minuti d Tg RAI e Mediaset (pure la7 si riceve poco), dipendenti pubblici e/o raccomandati

    E in pratica questa volta l’80 % di chi è andato a votare sono le clientele.

    Il vero problema è che il restante 50 % è rimasto a casa.

    E questa è la ri-prova dell’ignoranza che colpisce quelle zone ancor più della già grave media italiana.
    Contro questa melma oceanica che funziona un pò come le sabbie mobili, ci vuole ua rivoluzione. Vedere poi su internet i simpatizzanti del PD che festeggiavano e “sfottevano” i grillini per il flop di Grillo (nonstante che chi conosce quella terra sà che già il 12% è stato un miracolo), felicitandosi del fatto che la maggioranza degli elettori ha riconfernato il voto a una casta locale di impresentabili (presentatisi alle elezioni con mezza maggioranza indagata per peculato e schifezze di ogni tipo, compreso il governatore uscente e quello candidato) in una regione immutevole, sottosviluppata e depredata, è stato qualcosa di veramente sconfortante, prima ancora che vomitevole.
    E per questo, da ex elettore di Rifondazione e IDV sono arrivato a “tifare” o cmq a nutrire simpatie per il M5S, nonostante non ne condivida alcuni punti del programma.
    Per l’Italia (e per gli italiani) ci vuole uno shock.
    Il problema (non solo in Basilicata) è fare capire prima di tutto a chi non va a votare che astenendosi, non solo le cose non cambieranno mai, ma potranno solo peggiorare anche per lui e costringeranno sempre più gente a emigrare.

    Questo è il vero lavoro da fare giorno per giorno.

    Civilizzare, informandoli, quei milioni di italiani ignoranti, passivi e menefreghisti che non hanno più nulla da perdere, e fargli capire che le cose andranno sempre male con questo atteggiamento

    Il fatto di non aver più nulla da perdere deve essere un motivo in più per votare per il cambiamento contro coloro che vivono di privilegi ingiusti (raccomandazioni, privilegi, ecc.ecc) e di corruzione

  • Buongiorno Prof.

    Riconosco la superficialità del mio “sillogismo”. Infatti era inteso come una battuta di spirito prendendo a prestito da Lei le premesse.

    Tuttavia, parlando seriamente, la Sua analisi, seppur condivisibile, non mi pare che centri il punto. È illuminante per quanto riguarda la vita interna del partito (o comunque dell’universo che gravita in prossimità del partito: attivisti, aderenti, comitati proattivi di sostenitori non aderenti) dove sicuramente i soggetti agenti motivati da logiche opportunistiche e/o di disciplina di corrente/partito sono la maggioranza.

    Ma ricordiamoci che stiamo parlando di un partito che, seppure in tendenza elettorale costantemente calante dal 2008, ad oggi continua a prendere circa 9 milioni di voti. Tra questi 9 milioni è ragionevole considerare che ci sia una minoranza importante che risponda a quelle logiche da Lei spiegate sopra. Gli altri sono voti di opinione, ritengo fuorviati da una informazione alleata del potere.

    Trovo dirimente una affermazione – agghiacciante nella sua cruda verità – che ho letto nell’ultimo libro di Luciano Gallino (il colpo di stato di banche e governi) e che mi ha colpito molto.
    Parafraso a mente perchè non ho con me il testo per la consultazione. L’apparato dell’informazione (sia veicolata dalla stampa che dai media audiovisivi) è il presidio più importante per il controllo che i poteri forti hanno acquisito negli ultimi 30 anni sulla politica deformando l’opinione pubblica in modo da rendere impossibile un reale cambiamento di rotta. Conclude Gallino: probabilmente è proprio dallo smantellamento questo apparato di disinformazione che bisognerà cominciare per salvare la democrazia.

    Io stesso devo riconoscere di essere stato per molti anni fuorviato dalla lettura di quotidiani come La Repubblica, che ingenuamente credevo essere un giornale di opposizione. Da qualche anno ormai ho capito che Repubblica è più realista del re. Ed è il principale elemento di distorsione del pensiero di quella fascia di (sedicenti) “intellettuali” di sinistra e di costruzione di quasi tutti i luoghi comuni su cui si fonda il pensiero della sinistra “perbene” incarnata dal PD.

    • Roberto: no nel complesso la base della sinistra non è fatta da deficienti; per nulla. Ti concedo al massimo che troppe volte ascolta più le ragioni del cuore che quelle della testa e questo è un male

  • Analisi straordinaria, puntuale e circostanziata. Il sistema partitico della cosiddetta “seconda repubblica”, su un modello portato al successo da Berlusconi ma non ignorato dai partiti di governo precedenti, si fonda su personaggi portatori di veri e propri pacchi di voti.
    Sistema mutuato con grande entusiasmo dal PDS – DS – PD in primis, ma anche con declinazioni diverse da Rifondazione e l’IDV.
    Un sistema per cui il consigliere di circoscrizione porta i suoi 700 voti al consigliere comunale che porta i suoi 2000 voti al consigliere regionale e via salendo con ovviamente, in senso inverso, uno scambio di favori, posti di lavoro e in alcuni casi persino denaro sonante.
    La mia impressione è che con lo stesso sistema funzionino le carriere all’interno dei sindacati. Il rappresentante sindacale sembra più interessato a raccogliere deleghe difendendo il lavoratore nel suo interesse specifico e personale anche se questo va a danno dell’intera classe lavoratrice. Professor Aldo, che ne pensa?

  • Eccezionale!!! Sarebbe troppo bello il poter chiedere al Grande Aldo l’utilizzo di questa prolungata e molto veritiera immagine… letteraria come pre o post fazione del mio pamphlet di ricordi come militante di una sezione comunista dal titolo “Il mio amico replicante” (1962-2002 ed oltre)… un sogno ad occhi aperti?

  • ho il pamphlet in file, è possibile inviartelo tramite fb per avere un tuo giudizio disinteressato? so che sempre super impegnato, se puoi mi fa immensamente piacere, se non puoi, ti ringrazio ugualmente per questa tua favolosa sintesi poetica sul partito di… sinistra. Mi scuso per aver inviato due volte il mio testo precedente, ma sono molto ignorante di digitale. Grazie dell’ospitalità

  • In altri tempi si credeva bastasse mobilitare e far “bombardare”il cosiddetto “quartier generale”dalla base,surrettiziamente ingannata,si diceva, dalla perfidia manipolatrice del gruppo dirigente,intento, come sempre,a siglare accordi in palese contrasto con gli interessi delle classi sociali che allora si diceva di rappresentare,ben interpretato da responsabili della nomenklatura che non hanno mai rinnegato il loro ruolo di “guida”di un elettorato piuttosto fedele e ubbidiente.Gli eredi di quel partito,assieme alla sua base,dopo aver metabolizzato(male) quel periodo in cui le lotte operaie li avevano spinti ad assumere un certo spirito critico,sono ritornati ad essere quello che in fondo sono sempre stati:una formazione dai tratti quasi religiosi,in cui la fedeltà era la “virtù” più apprezzata unita alla iattanza e repulsione verso tutto ciò che si muoveva alla sua sinistra.Ed è rimasto tutto sostanzialmente identico nella forma mentis dei suoi sostenitori,soprattutto ora che l’oligarchia eurista ha bisogno di sudditi acritici ben disposti a farsi massacrare.Una forma mentis che nel corso degli anni ha assunto le sembianze della destra peggiore,disposizione”mentale e culturale” fondamentale per il successo avuto fin qui dalla Troika.NON ESISTE PIU’UNA BASE BUONA e UNA DIRIGENZA CATTIVA,come non esiste più una presunta inconsapevolezza di quell’ elettorato sulle strategie per le quali si adopera cosi fedelmente votando alle primarie.Esiste invece una grossa percentuale di persone di estrazione diversa,pensionati e dipendenti pubblici in modo particolare, divenuti nel frattempo un’autentica vandea reazionaria!E’vero che il ceto politico con le sue clientele ha ancora un certo peso nell’agone elettorale,ma è ancora insufficente a spiegare come tanta ottusità sia così diffusa in quel “popolo” e così radicata;se esistesse davvero solo un problema di “cortocircuito interessato” fra amministrati e amministratori nella formazione del consenso,sarebbe molto più semplice riconoscerlo da un punto di vista democratico,ma putroppo non basta a descriverlo,c’è di più,di più profondo e peggiore. Gramsci la chiamava “egemonia morale e intellettuale”delle classi dominanti su quelle subalterne,diventata vera e propria guerra di classe dall’alto a cui quella base di massa ha fornito il necessario e COSCIENTE appoggio convinto da anni di bombardamento mediatico, in merito alla infallibilità e eternità dell’attuale struttura sociale, e della propria “chiesa”a cui per indole “genetica” non ha saputo e VOLUTO contrapporsi e resistere, sostenendola invece con CONSAPEVOLE complicità.

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