In memoria di Francesco Vaia

Con dolore ho appreso della comparsa di Francesco Vaia, un compagno ed un amico di cui serberò sempre la memoria. Era il figlio di Alessando Vaia, il “galeotto” delle prigioni fasciste che poi ha combattuto come generale nelle brigate internazionali in Spagna, il rappresentante più autorevole di quella comunità nota negli ambienti del comunismo milanese come “gli spagnoli” che voleva dire qualcosa di ancor più impostante di “partigiani”.

I reduci di quella esperienza si riunirono in Associazione Volontari Combattenti Antifascisti di Spagna, di cui fu primo presidente proprio Alessandro Vaia, poi Giovanni Pesce, quindi la moglie Nori, infine lo stesso Francesco Vaia. Con lui ho partecipato a diverse iniziative in memoria delle Brigate Internazionali, gli avevo chiesto di fare una lezione sulla guerra civile spagnola nel mio corso di storia contemporanea, poi, non ricordo perché, non fu possibile e rinviammo, ma non ci fu più occasione.

Questa è una delle occasioni in cui si può dire che con la scomparsa di una persona è un pezzo di storia che se ne va.

Francesco era una persona di grandissima simpatia umana, fine ed ironica con cui feci subito amicizia.

Nel circolo Concetto Marchesi ho conosciuto anche sua madre Stellina (che era stata staffetta partigiana) come avevo avuto modo di conoscere tanto Giovanni quanto Norina Pesce.

Tutti compagni ed amici di cui avverto acuta nostalgia. Spero solo che l’associazione dei reduci di Spagna (ignoro se ve ne sia in vita ancora qualcuno ma, in caso contrario si può sempre trasformarla in associazione per la memoria delle Brigate Internazionali) continui, perché quella delle Brigate Internazionali è la pagina più viva dell’antifascismo Prossimamente dedicherò un articolo di questo blog per spiegare perché quella pagina ha molto da dare alla sinistra nel tempo della globalizzazione. E sarà un modo per ricordare ancora Francesco.

Aldo Giannuli

aldo giannuli, francesco vaia


Aldo Giannuli

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Comments (17)

    • Non credo di essere sospettabile, per storia personale, familiare e per quanto ho scritto, di simpatie fasciste. Tuttavia ci sono degli episodi importanti del passato ai quali bisogna guardare con interesse.
      Non i fascisti, non i mussoliniani, ma i repubblichini di Salò si allearono momentaneamente con le formazioni partigiane per combattere e ricacciare De Gaulle dal Piemonte, dalla Valle d’Aosta e dalla Liguria, nel corso della guerra. Non si lasciarono dividere per farsi comandare. Gli uni riconoscevano gli altri come italiani, al di la delle divisioni di campo. Il vero nemico non parlava la stessa propria lingua, ma una diversa e incomprensibile.
      De Gaulle, di fronte alle minacce americane di essere cannoneggiato, mise la coda tra le gambe e si ritirò a cuccia.
      Oggi abbiamo dei politici che non sono neppure un sedicesimo di quelli di quel tempo. Si fanno bellamente comandare non solo dal presidente francese di turno, ma pure dal cancelliere tedesco. Tacciono senza fiatare.
      Questa classe politica ridurrebbe alle pezze qualsiasi Stato che governasse, perchè si farebbe eterodirigere. Se a questi un politico tedesco gli dice che lui certe cose europee sono buone a prescindere, perchè europee lui firma, tanto sa di non saper governare: spera che altri lo facciano meglio di lui e al suo posto. Basta vedere quanti dei “nuovi” siano stati capaci di scriversi un libro da soli.
      Non avrei mai immaginato di rimpiangere los democristos, che non ho mai votato.

      • Ho dimenticato, a quale suo ministro riferendosi, Stalin affermò che se gli avesse ordinato di abbassarsi i pantaloni e di mettere il culo sul ghiaccio, lui lo avrebbe fatto.
        Quella almeno era una vicenda all’interno dello stesso governo!

  • In attesa che sia pubblicato l’articolo sugli ideali delle Brigate Internazionali, vorrei dire alcune piccole cose.
    Il primato della Politica è essenziale per la Democrazia. Di esempi di distorsioni causate dal predominio dell’economia, fine a se stesse ne abbiamo a non finire, per non dire delle eterodirezioni, quasi che il multilateralismo debba esercitarsi proprio in Italia. Li vogliamo chiamare vincoli esterni, la sostanza non cambia: gli altri fanno i propri interessi, non quelli dell’Italia.
    Qualsiasi politica si voglia condurre non può prescindere dai tassi di disoccupazione, dal tasso di cambio, dal tasso di interesse, dal tasso di inflazione, dal debito pubblico e dalla competitività. Non si può pensare di ridurre la Repubblica a una Compagnia Coloniale quotata, perchè sarà così in balia delle oscillazioni del mercato. Questo significa l’eclissi della Politica, perchè non può decidere più nulla, se non amministrare l’esistente, perdendo di vista gli obiettivi a medio e lungo termine.
    Il fallimento, per non dire disastro, dell’area monetaria ottimale in cui siamo inseriti, è sotto gli occhi di tutti. Persino l’emigrazione è ripresa. Il libero mercato che si autoregola é una contraddizione eteronormativa in termini, basata sulla trasposizione degli equilibri micro negli aggregati macro, quasi che lo Stato-collettività fosse un soggetto qualsiasi tra i soggetti economici.
    Possiamo parlare di piena occupazione, di aumenti salariali, di politiche del lavoro, di valore delle imprese, ma se c’è un cambio fisso inevitabilmente il discorso si sposta sulle tematiche legate alla libertà, piuttosto che all’eguaglianza. Avere il cambio fisso è come porre il settaggio di velocità ad un veicolo, il quale per superare le salite brucia più carburante. Un’economia a cambio fisso è facilmente influenzabile dagli shock e dalle asimmetrie esterne, perchè non ha difese per reagire alle turbolenze che si ripercuotono al proprio interno. Il concetto più che economico, è normativo. Pur di mantenere fisso il valore di una moneta al cambio, ci devono essere degli altri aggregati variabili nel valore, che possono andare dal lavoro, al valore delle aziende, a quello del debito pubblico … Attenzione ! La stabilità generale dei prezzi interni, in un sistema di cambi fissi, è legato al valore dei flussi import/export col resto del mondo e al livello del punto di incontro tra domanda e offerta dei beni e servizi, che ben può spostarsi verso prezzi più alti in presenza di domanda aggregate inferiori.
    Fin ora ho descritto la scena del crimine economico verso l’Italia, ma non ho indicato i nomi dei colpevoli.
    Ciò che i nonni di Spagna non avevano era il vincolo esterno. Loro sì che potevano disegnare le più ardite politiche economiche, perchè avevano in mano le leve economiche.
    Oggi invece abbiamo partiti sovranisti, e insieme liberisti. Il PD è un partito di destra, che fa politiche ossequiose verso Aquisgrana. I 5* si sono adagiati sul PD.
    Ci si meraviglia che quando si fanno i sondaggi slegati dalla contingenza politica gli intervistati sappiano ben individuare dove sono gli antagonisti dell’Italia?
    Le scelte politiche di sinistra devono fare i conti coi moltiplicatori. Finchè ci sarà il vincolo esterno questo non sarà possibile.
    Le politiche economiche non si fanno coi fichi secchi.
    Quando la Politica soccombe all’economia, il mercato viene eletto a totem indiscutibile, dotato intrinsecamente di virtù salvifiche e autopoietiche. Ma così non è, perchè nel mercato vige la legge della jungla e nella jungla del mercato il metro di tutto è il denaro, il quale da mezzo diventa fine svincolato da qualsiasi norma non totemaica. I problemi vecchi e nuovi creati dalla finanza speculativa non al servizio dell’impresa li conosciamo tutti per intrattenerci oltre.
    Brigate spagnole si. Vincoli esterni no.

  • La partecipazione Italiana sugli opposti fronti della Guerra Civile Spagnola sta a dimostrare quanto il Mediterraneo sia importante per l’Italia.
    E noi ci preoccupiamo di quel che dice Rutte, la Finlandia e la zia Titina di Svezia? Non mi pare che i rapporti commerciali con l’Olanda siano particolarmente significativi … da non potergli dire bye-bye.

  • La finanziarizzazione dell’economia è una malattia degenerativa delle fluenti società terziarizzate. Le società agricole e proto industriale hanno ancora problemi di accomulazione primaria del capitale.
    L’orgia finanziaria viene ottenuta facendo partecipare alle scommesse borsisitiche una massa enorme di capitali, distratti dagli impieghi tradizionali del risparmio che va ad alimentare le imprese e la spesa pubblica. Per far questo bisogna sostituire all’economia della produzione l’economia dell’estrazione del valore dalle aziende, dai lavoratori, altrimenti nel breve periodo non si possono avere alti dividendi che fanno alzare il valore dei titoli. Il valore nell’immediato viene estratto sopratutto dal lavoro, dequalificandolo e delocalizzandolo per avere costi più bassi. L’innovazione del prodotto diventa allora un costo e non un investimento. Si spezza la solidarietà tra generazioni e tra i lavoratori. Nello stesso tempo il debito pubblico aumenta, perchè si restringe la base produttiva. Allora si taglia nella spesa pubblica, ma la cura, si sa, non fa altro che aumentare il debito e con esso la necessità di ulteriore bisogno di finanza. Nasce l’idea pinocchiesca che il piantare il soldino nel granito della banca faccia nascere l’albero dei soldoni facili, ottenuti senza lavorare. Anzi chi lavora diventa un poverello. La finanziarizzazione per quanto predichi la libertà ha bisogno di regole che eliminino le regole e le protezioni del risparmio. Famiglie, imprese, fondi di gestione, anche dei lavoratori, e speculatori internazionali si trovano a partecipare alla stessa orgia finanziaria, in cui i profitti vengono ottenuti pompando sempre più la domanda dei titoli, che a valanga alimenta se stessa. La quotazione del titolo diventa indipendente dal suo reale valore produttivo. Il denaro che circola nelle borse non serve più per raccogliere capitali per le imprese, ma diventa un mezzo per alimentare la catena finanziaria. Poco conta che l’impresa X produca delle auto pericolose per la circolazione stradale, o che dalla fabbrica Z escano prodotti scadenti che il consumatore non vuole: ciò che conta è la quotazione del titolo da un giorno all’altro. Su di esso si fanno i profitti più immediati. Si può immaginare quali situazioni incestuose possano determinarsi tra chi detiene in anticipo le informazioni e le quotazioni borsistiche, in danno delle comparse all’orgia, i quali restano spettatori che pagano il biglietto di entrata, senza vedere un buon risultato. Al più vedono mille bolle scoppiare.
    Non c’è un’equazione che ci dica finchè questo meccanismo può essere autofertilizzante, per il semplice fatto che non dipende da fattori economici in senso stretto o, ancor meno, naturali. Quando qualcuno grida che il re è nudo, tutti aprono gli occhi e tolgono dalla propria vista il velo di cecità. Ci si accorge di avere in mano dei pezzi di carta, ma ormai è tardi, perchè l’informazione non è più riservata a pochi, ma è divenuta di dominio pubblico. Il giocattolo dei profitti dall’oggi al domani si è rotto.
    Se si corrompe il lavoratore/risparmiatore (e le sue strutture private e pubbliche di riferimento) in speculatore/scommettitore abbiamo una mistificazione antropologica, perchè chi fino all’altro ieri si era occupato di produzione, viene abbagliato da facili guadagni da un mondo in cui non ci sono regole, dove altro non aspettano che i suoi denari reali, in cambio della vendita di sogni a breve, ma che alla lunga diventano incubi.
    Non è proprio la stessa cosa passare dal gioco del Totocalcio con somme minime da perdere, al gioco in Borsa con i risparmi di una vita da rimetterci, senza neppure fare il tifo per la squadra del cuore. Le matematiche dei due mondi sono completamente diverse.
    Intanto il Gatto e la Volpe sono approdati nelle più grandi Borse internazionali e hanno iniziato a vendere a lotti il Campo dei miracoli.
    L’albero degli zecchini non esiste, se non negli imbrogli del Gatto e della Volpe.
    Tutto questo il legislatore lo ha dimenticato.

  • Ho dimenticato, a quale suo ministro riferendosi, Stalin affermò che se gli avesse ordinato di abbassarsi i pantaloni e di mettere il culo sul ghiaccio, lui lo avrebbe fatto.
    Quella almeno era una vicenda all’interno dello stesso governo!

  • Due parole apparentemente lontane sul lavoro, ma in realtà molto vicine.
    Per implementare le politiche del lavoro occorrono risorse. Ma se si è legati mani e piedi nell’uso delle leve macro economiche, la Politica ha abdicato.
    Una panoramica sull’estero vicino non fa male.
    Con quasi tutti los nordicos non ho un particolare feeling, perchè sono rimasti gli stessi di duemila anni fa. Quella mezza specie di mezzo romano di Erminio è il loro degno campione. In più sono stati forgiati dalla Riforma e dal Colonialismo. Personalmente trovo molto più interessante parlare con un ghanese, che non con un tedesco intriso di luoghi comuni anti italiani. Lungo tutte le coste del Mediterraneo, dal Marocco alla Grecia le case storiche sono tinteggiate di bianco. I contatti nel Mediterraneo non sono mai del tutto cessati, neppure nei momenti di massima tensione. Le facce degli abitanti delle opposte rive sono identiche, così come molte abitudini, cosa che invece non c’è tra il nord e il sud Europa. Ovvio che un finlandese, o uno svedese, mi percepisca diverso da se in tutto. Per parafrasare Metternich, l’Europa è un’espressione geografica e non politica. Era molto più unita e omogenea la medievale Res Pubblica Christiana, fatta a pezzi dai nordicos, che l’UE di oggi.
    Quando poi sulle stigmate dell’italiano post unitario, impovierito e costretto all’emigrazione, si innesta la competizione tra stati e il trasferimento di ricchezza dalle aree meno competitive a quelle più competitive in un sistema monetario a cambi fissi, la miscela diventa esplosiva. Allora il nemico non è più esterno, minaccioso e più o meno lontano, ma viene identificato nel vicino più debole, da sopraffare insistentemente con ogni mezzo, sia esso interno, sia esterno, per fregarlo e fotterlo in ogni occasione, anche con le sue stesse mani: è una moderna guerra di annientamento economico di un sistema rivale.
    Aquisgrana si fonda sull’anti italianità. Il giorno che verranno meno i ricatti reciproci e il collante anti italiano, Francia e Germnaia torneranno a scornarsi, come negli ultimi due secoli.
    Nelle guerre, e di annientamento in special modo, il diritto è un’arma di coesione e disciplina, ma perde la sua neutralità e oggettività.
    Ci sarà pur un giudice a Berlino .. si, ma non per ottenere giustizia, ma per essere giustiziati. Il diritto europeo serve a proteggere gli abusi dei nordicos e a punire le “cicale” non appena accennano a ribellarsi, perchè moralmente deplorevoli. E infatti Macron, sulle vicende con l’Italia, altro non fa che deplorarci.
    L’art. 222 TFUE parla di solidarietà da catastrofe. Ne sottopone la sua operatività agli organi politici dell’Unione, dove Aquisgrana e los nordicos in genere la fanno da padroni. Qualsiasi economista sa bene quali sono le misure anticicliche da prendere immediatamente per superare la crisi economica, come hanno reagito negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Tutti lo sanno, meno los nordicos, che non ne vogliono sapere di risollevare l’Italia. Questi non devono mettere mano alle loro tasche, devono solo liberare i soldi, che l’Italia stoltamente ha messo nelle loro disponibilità condizionanti per essere usati.
    Le Istituzioni politiche europee sono luoghi di chiacchiere per ritardare il più possibile il riavvio totale dell’Italia, che va ridimensionata e ulteriormente indebolita. Il covid per los nordicos è una fortuna inaspettata per strozzare il sud Europa, che si tengono stretta.
    Ai nordicos lo status quo va benissimo. In Italia c’è una classe politica che va col pilota automatico di Bruxelles e per di più é filo cinese in un Peaese del Patto Atlantico. Lo stivale continua ad essere spolpato e svenduto in nome delle politiche ultraliberiste, salvo scoprire che gli ultraliberisti sono sovranisti in casa.
    Che altro costoro vogliono di meglio ?
    Tutto questo ha una logica, sebbene perversa, per Aquisgrana, ma i satelliti tedeschi sono incomprensibili, se non in una gretta visione da conti del droghiere. Mancano di una visione strategica. Dovrebbero essere interessati ad avere un Unione priva dell’ingombrante presenza tedesca. Invece agiscono come se il pericolo di lungo periodo provenisse dall’Italia. Sembra che il debito pubblico sia l’unico parametro economico esistente ai loro occhi. E che dire dei debiti privati dei nordicos?
    La Finlandia e la Svezia, che come vicino hanno l’Orso russo, cercano l’ombrellino protettivo di Parigi, ma quanto a sensazionalismo anti italiano non scherzano.
    Austria, Lussemburgo e Paesi Bassi dovrebbero semplicemente ringraziare ogni giorno di avere l’Italia nell’UE per i vantaggi finanziari che ne traggono. L’Irlanda, che non è da meno, almeno non manifesta posizioni moralistiche. In Danimarca, per uno strano sortilegio, pensano che gli italiani alleati minori di baffetto, siano stati i complici dell’invasione, e che tutt’ora siano minori da amministrare in loro tutela …
    I Baltici e Visegrad sono un discorso a parte, perchè sono sulla nuova Cortina di Ferro.
    L’Olanda poi è un vaso di coccio tra vasi di ferro, come la Francia, la Germania e l’Inghilterra, pur tuttavia, ha preso di mira l’Italia, come detto, in una logica puramente economicista. Tra los nordicos, Rutte è quello che comprendo meno.
    I satelliti della Germania hanno da temere l’attrazione, anche fatale, del colosso tedesco, non dell’Italia.
    Rendiamcio conto che l’Italia è sola. Non ha amici e alleati. Atene, Madrid e Lisbona guardano più a Berlino che al Mediterraneo.
    Los nordicos sono omertosamente consapevoli di andare fuori mercato su molti prodotti industriali e agricoli, senza le regole europee truffaldine, cambiate a loro uso e consumo, ma imposte all’Italia per meglio spolparla.
    Una classe politica italiana inetta ha bisogno dell’Europa per essere comandata. Los nordicos hanno molto più bisogno dell’Italia per i loro affari, di quanto l’Italia abbia bisogno di loro.
    E’ solo nei sogni degli euromani che senza dell’Europa non si può fare nulla.
    Prima ci si sveglia da quell’incubo, meglio è.
    Sia sia consapevoli del fat toche il risveglio sarà brusco, perchè le guerre commerciali, politiche ed economiche di cui siamo oggetto non potranno cessare dall’oggi al domani con l’Italexit. Anzi, aumenteranno di tono, perchè i presupposti non verranno meno.
    Occorre che l’Italia allarghi i suoi orizzonti e gli spazi di manovra.
    Il mondo non finisce alle Alpi, a Suez o Gibilterra. Uno dei drammi italiani è che la politica di quelli che abbiamo al governo si disinteressa di quel avviene da Suez a Gibilterra.
    Occorre una nuova classe politica. Questi sono stati capaci solo di disastri.

  • Ciò che avviene in Europa (rectius: imposto da Bruxelles e deciso da Aquisgrana) non è indifferente per le politiche del lavoro in Italia.
    La Merkel non ci pensa neppure per errore a mettere le mani in tasca per essere solidale con l’Italia colpita dal Coviv-19. Tuttavia la Germania vuole tenersi l’Italia nell’euro per i suoi interessi.
    La furbata della Cancelliera tedesca consiste nel presentare il conto della spesa agli Stati Uniti, tassando daziando le compagnie USA. Gli italiani possono aspettare secondo la Merkel.
    Dopo le elezioni americane si conoscerà la reazione della Casa Bianca … che non resterà con le mani in mano, ma tasserà a sua volta le società europee, italiane comprese.
    Ci troveremo coinvolti in una guerra fiscale decisa da altri e che si abbatterà sulle società e sull’export italiano verso gli States … per la gioia dei nordicos.
    Questo significherà licenziamenti e fallimenti.
    Non è una nostra guerra. Non ci interessa. Avremmo tutto da perdere e nulla da guadagnare.

  • Puntualmente viene ventilata la tesi giustificazionista dell’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania, a conflitto iniziato, sull’assunto indimostrato secondo cui, se l’Italia fosse rimasta neutrale sarebbe stata invasa da Hitler.
    Non si può incolpare il destino cinico e baro per una tragedia bellica e politica, frutto unicamente delle decisioni di Mussolini, di Badoglio e di Sconfittorio, quasi a dire che tutto quel che di negativo è venuto dopo sarebbe stato fatalmente ineludibile. Anzi si arriva voler vedere in Mussolini una grande mente politica, in grado di contenere l’espansionismo
    Fuhrer/furiere. E in effetti l’avventura balcanica di Mussolini, non preventivamente concordata con Hitler, ritardò l’avanzata verso Mosca. La guerra di Libia aprì per la Germania un nuovo fronte, di cui non sentiva il bisogno per conquistare dalle retrovie Suez. Allora non era pubblica la reale consistenza dei giacimenti petroliferi libici, le cui mappe,pare, furono vendute da un bassotto al nemico. Il petrolio che interessava Hitler era quello russo.
    L’analisi dei fatti dice del solito Duce, comandante effettivo delle Forze Armate, pasticcione e competente quanto un caporale riformato, qual era.
    Com’è noto gli accordi militari pre bellici tra la Germania e l’Italia vertevano sulla impreparazione militare delle forze armate italiane, che avevano bisogno di anni prima di essere pronte. Alla Germania interessava piuttosto l’alleanza politica con l’Italia e non certo le sue forze armate, Esse ad eccezione della Regia Marina, erano tecnologicamente ferme alla Prima Guerra Mondiale. E infatti Hitler non si sentì obbligato ad avvisare il caporal Mussolini delle sue strategie belliche e politiche verso la Russia e la Polonia . La Germania aveva interesse ad avere con l’Italia lo stesso rapporto intenso che aveva con la Svezia, nazione mai invasa dal Terzo Reicht.
    Non risulta che nessuno abbia puntato alla tempia di Mussolini una pistola affinchè dichiarasse guerra alla Francia e all’Inghilterra, dopo nove mesi di neutralità italiana.
    Hitler rispettò anche la neutralità della Spagna di Franco, il quale doveva molta gratitudine ai due caporali, rimasti a bocca asciutta di fronte alla richiesta tedesca di attaccare Gibilterra e di concedere dei porti militari agli italiani.
    Il Duce aveva l’abilità strategica di un anti eroe. Infatti, pochi anni prima aveva rifiutato l’offerta di Churchill di rivedere la posizione italiana nel Mediterraneo, salvo restare scornato dal nazionalista Franco.
    Il neutro Portogallo col Terzo Reicht fece affari d’oro, che per i lusitani non si ripetettero più. Altro che invasione!
    Sia pure con delle differenze, anche la germanofona neutrale Svizzera non fu invasa.
    Anche la neutralità della piccola Repubblica di San Marino fu rispettata, perchè non costituiva un pericolo.
    In senso contrario si può osservare che Olanda, Belgio, Lussemburgo, Danimarca e Norvegia, furono invase, ma tutte per ragioni strategiche: il Benelux per aggirare la linea Maginot; i nordici per proteggersi da nord. Queste necessità strategiche non ci sarebbero state a sud, se l’Italia non avesse appiccato il fuoco della guerra nel sud Europa, nel Mediterraneo e in Nord Africa.
    Lo stratega italiano che non ne indovinava una, neppure per errore, dapprima lascio che Hitler, con una invasione militarmente scalcinata, si annettesse l’Austria, una sorta di protettorato Italiano, perdendo così uno stato cuscinetto, poi per allentare le tensioni etniche nell’Alto Adige, firmò nel 1939 gli accordi per le opzioni dei germanofoni verso il Reicht.
    Le Forze Armate italiane, per quanto impreparate, furono in grado di non essere sconfitte da quelle francesi, tecnologicamente superiori, come il bilancio dei caduti conferma, nella Battaglia delle Alpi Orientali. Furono mandate mal equipaggiate in teatri di guerra lontani, sempre dallo stesso caporale stratega.
    Ma, le stesse Forze Armate, con molta probabilità, sarebbero state in grado di presidiare i passi e i sentieri alpini con l’Austria, per impedire l’invasione tedesca dell’Italia, come pure possono confermare i pochi episodi eroici in Alto Adigie, che provarono aostacolare la Wehrmacht nel 1943.
    Forse è pretendere troppo da un pomposo caporale riformato, che non si impicci in fatti più grandi di lui.
    Almeno fosse andato Lui sul fronte del fuoco, la guerra si sarebbe risolta prima.
    La sconfitta militare e politica dell’Italia va attribuita unicamente al fascismo.
    Sconfittorio non merita neppure il nome.

  • Tra pochi giorni scatterà il semestre di presidenza tedesco dell’Unione Europea.
    La preoccupazione principale della Cancelliera Merkel sarà preservare lo status quo, grazie al quale le asimmetrie tra i sistemi economici del nord e del Europa, consentono ai primi di arricchirsi ai danni dei secondi.
    C’ anche da gestire l’imbarazzante questione della sentenza della corte costituzionale tedesca sulla prevalenza del diritto nazionale tedesco su quello europeo, ma sarà ridotta a una faccenda interna.
    Non ci sarà spazio per politiche incentrate sul lavoro e sulle produzioni, perchè andrebbe a sconvolgere la competitività degli assetti industriali tedeschi, in primo luogo.
    Insomma, al di là delle possibili variabili internazionali degli scontri commerciali Usa-Cina e Usa-Germania, la conservazione dell’esistente sarà il marchio che la Germania imporra al prossimo semestre.
    Dov’è finito il brulichio umano che alle prime luci dell’alba sovrastava il canto degli uccelli e che svegliava le grandi città, come i piccoli centri?
    I deserti industriali ci parlano di delocalizzazioni, quando va bene di robotizzazioni; quando va male di cancelli arrugginiti.
    Trump, che non deve dar conto del suo operato ad una cancelliera qualsiasi, ha ragione di voler uscire dal WTO, le cui regole sono aggirate dai soliti furbi maleducati, pur di far rientrare negli stati Uniti le imprese locali che hanno preferito lidi esotici.
    Siamo all’assurdo che un presidente americano repubblicano, nella sostanza, sia pure sotto le vesti nazionalistiche, è molto più a sinistra di quanto non lo sia la pseudo sinistra italiana, omologatasi al mercato. Le organizzazioni dei lavoratori da qualche parte hanno smarrito il passo. Magari lo avessero perso nei mercati generali. Si renderebbero contro delle povertà diffuse che ci sono in giro. Purtroppo il loro mercato di riferimento non è quello annonario, bensì quello finanziario, i cui numeri li hanno narcotizzati.
    Negli Stati Uniti l’Amministrazione Trump ha a disposizione tutti i possibili strumenti di politica economica. In Italia siamo strozzati dal sistema dei cambi fissi denominato euro. In America c’è libertà di scelte economiche. In Italia c’è l’imposizione del totem euro per grazia di Aquisgrana.
    Bisognerebbe portare di primo mattino un caffè nero bollente ai sindacati.

  • Il sindacato non faccia il paio con la politica che le fette di prosciutto sugli occhi: los nordicos fanno solo un gioco delle parti tra nordici oltranzisti e tedeschi mediatori. E’ un gioco truccato, il cui esisto invariabile è in danno dell’Italia. Tra i nordicos non c’è differenza. Sono tutti la stessa cosa. Quelle che vengono vendute come sottigliezze, distinzioni, mediazioni sono tutte sceneggiate false e ipocrite, perchè le decisioni vere sono state già concordate tra i nordicos prima e al di fuori dei canali ufficiali, da cui l’Italia è esclusa.
    Il caffè da servire ai sindacati li svegli dal sonno delle politiche di destra.

  • La ex sinistra piange, essendo al minimo storico. Gli elettori l’hanno punita, perchè si muove entro i paradigmi iperliberisti dettati da Bruxelles. Le destre, malgrado gli errori altrui, non riesce a essere maggioranza, perchè non è destra. E’ perfettamente fungibile all’altra parte. Ha i suoi stessi limiti. Quando va bene, le punte più avanzate, discutono di moneta e debito pubblico.
    Forza Italia è un partito europeista, fedele esecutore dei diktat europei. Benchè disarcionato dallo spread, Silvio non ha fatto nulla per eliminarlo. Non vede l’ora di andare al Governo.
    Salvini e la Meloni sono, per loro stesse ammissioni, sono due europeisti tra il tiepido e il riottoso, quasi che non possano fare a meno di Francoforte, di Bruxelles e di Aquisgrana.
    Quasi quasi voto Roberto Mancini, allenatore della nazionale calcio.

  • Ho scoperto chi mandare a votare nel gabbiotto in mia vece.
    Sulla salite di un contrafforte, per la durata di un concerto di Rachmaninoff, sono stato folgorato, non dall’elettricità, ma dall’illuminazione politica, che ha sciolto i miei dubbi.
    Mi è toccato guidare un’auto non mia, che si spaccia per sapiente. L’acustica musicale era da concert hall. L’auto faceva di tutto, parlava persino, ma sopratutto non si faceva i fatti suoi. Era pronta a riprendermi per ogni mia deviazione dal digesto stradale: neppure l’istruttore della scuola guida era così severo. Il veicolo si prendeva libertà da me non autorizzate … ed era pronto pure a processarmi, ad assolvermi e a condannarmi.
    E’ stato uno spostamento noioso. Ho odiato l’elettronica di quel mezzo.
    Quando ho rimesso piede sul suolo terrestre, ho pensato di poter mandare la saccente auto a votare al mio posto. Alle prossime politiche le affido la scheda per il Senato. Il computer potrà votare per la Camera. Alle regionali manderò il tablet.
    Se negli strumenti che abbiamo c’è tanta intelligenza artificiale concentrata, non vorrei che la stupidità umana sia accresciuta in noi.
    Quando vedo la Lancia Flavia presidenziale, mi prende la nostalgia.

  • Stamattina, primo giorno di presidenza tedesca del semestre europeo, la Merkel non ha perso tempo. Per bocca dello spagnolo Luis de Guindos, vice della Lagard, ha fatto dichiarare che: “Finita la pandemia Roma rimetta i conti in ordine. Il principale antidoto non è la politica monetaria, ma l’azione di riforma e di bilancio dei governi”
    Berlino chiede a Roma austerità, ovvero tasse e tagli per ripagare un debito neppure suo.
    La Merkel vorrebbe imporre una macelleria sociale, produttiva e in generale economica, fatta di fallimenti e disoccupazione, pur di tenere bassi i prezzi delle merci, incluso il lavoro. Anzi è sul costo del lavoro svalutato che la Merkel punta per aumentare i profitti delle aziende tedesche in Italia. In più, sotto il falso miraggio della vantaggiosità dei tassi, vorrebbe imporci il MES, per portarci la troika in casa, ovvero altra austerità.
    Illustre Signora Cancelliera, il suo discorso avrebbe un senso se l’Unione Europea avesse un solo bilancio e un solo sistema fiscale, tali da redistribuire le risorse all’interno del perimetro statuale di riferimento, ma la prima a non volere un’unione politica è la Germania, alla quale le attuali asimmetrie tra aree non omogenee dell’Eurolandia vanno benissimo, perchè la favoriscono.
    Nel pensiero della Merkel l’Italia ha lo stesso rango di una colonia, o al più di una regione, perchè non ha sovranità monetaria, che invece è saldamente a Francoforte.
    In Italia c’è una crisi da domanda stagnante. Se la Banca d’Italia immettesse nel sistema produttivo la quantità di moneta difettante, senza neppure per questo raggiungere lontanamente il pieno impiego delle risorse, farebbe ripartire il sistema.
    Ma la Merkel vuole proprio evitare che l’Italia lasci l’euro, per non avere una temibile concorrente.
    I Germs ci vogliono spolpare fino alle ossa.
    Grecia docet.

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