Immigrati a punti ovvero vestire i panni della destra
Molto volentieri pubblichiamo questo contributo di Annamaria Rivera.
Liberazione, 13 ottobre 2010, pp. 1-2
L’uso strumentale del tema-immigrazione è una costante della politica, italiana e non solo, da almeno un ventennio. Gli immigrati sono utili a gettare fumo negli occhi, a placare le ansie popolari indicando falsi bersagli, a mostrare i muscoli, solo verso i deboli, per dissimulare l’inettitudine colpevole di una politica che ignora i diritti e i bisogni dei cittadini non benestanti. Ma servono anche, sul versante dell’”opposizione”, a risolvere meschine questioni interne di egemonia e potere, e a coltivare l’illusione che indossare i panni logori degli avversari valga a conquistare l’elettorato. E’ il caso dell’ultima sortita della corrente veltroniana, un lungo testo allegato al documento finale sull’immigrazione, all’assemblea nazionale del PD. Vi si propone, in sostanza, l’immigrazione a punteggio, cioè una selezione degli aspiranti-immigrati in base a punti corrispondenti a variabili quali età, sesso, stato civile, istruzione, specializzazione, conoscenza della lingua, della cultura e dell’ordinamento del paese. Oltre tutto, i “promossi” dovrebbero pagarsi il munifico welfare state all’italiana contribuendo a un Fondo Impatto Immigrazione (si noti il linguaggio). Qual è dunque, nella testa dei veltroniani, il candidato-migrante ideale? Un maschio giovane, celibe, meglio se di bell’aspetto, addottorato in ingegneria o in informatica al MIT di Cambridge, e con un master in lingua, letteratura e istituzioni italiane? E dove si troverebbero poi i braccianti, i manovali e gli operai nonché le colf e le “badanti” che reggono rispettivamente il sistema produttivo italiano e lo spaghetti-welfare?
Insomma, nient’altro che una variante del vecchio mito reazionario dell’immigration choisie/intégration réussie, rispolverato a suo tempo da quel campione di perspicacia e buongoverno che è Nicolas Sarkozy. Una tale illusione dirigista applicata non alla Francia, ma a un paese ove tutto quel che è pubblico è alla deriva (e il privato non brilla per moralità e nobiltà di atti e sentimenti), ove si impiegano fino a due anni per rilasciare un normale permesso di soggiorno, farebbe ancor più ridere se non facesse piangere calde lacrime sullo stato della ”opposizione”. E a tal proposito torniamo al documento piddino approvato all’unanimità, insieme con l’allegato veltroniano. Vi si precisa che quel che accomuna tutti, veltroniani e non, “è la necessità di prendere in carico le paure degli italiani, di selezionare l’immigrazione secondo criteri di qualità, introducendo anche in Italia il sistema della selezione a punti”. Che non vi venga in mente che a preoccuparci, dicono implicitamente i nostri, sia la difesa dei diritti di tutti, nativi e migranti, o la lotta contro lo sfruttamento schiavile dei lavoratori immigrati e contro il dilagare del razzismo! Questa è roba sovversiva, ohibò, che non si addice punto alla svolta perbenista e rassicurante (per chi, poi?) che abbiamo intrapreso.
Un ipotetico osservatore, estraneo alle vicende del trasformismo italiano, potrebbe trovare stupefacente che a ispirare una proposta tanto crudele quanto irrealistica sia stato il buon Veltroni, il filo-africano che esordì come sindaco di Roma compiendo il nobile gesto di accogliere e onorare con esequie pubbliche solenni le salme dei profughi somali rifiutate dal sindaco di Lampedusa. A quell’osservatore si dovrebbe rivelare che da allora molta acqua è passata sotto i ponti: quel che resta oggi è il rivolo putrescente che va dalle costanti vessazioni, sgomberi, persecuzioni dei rom della Capitale alla cinica strumentalizzazione dell’omicidio Reggiani, quando il Nostro pretese e ottenne dal governo centrosinistro la convocazione urgente di un consiglio dei ministri onde varare un decreto-legge per l’espulsione dei rumeni. A stupire noi, invece, e ancor più a dispiacerci, è il fatto che quell’infelice testo sia stato sottoscritto anche da Jean-Leonard Touadi e Paola Concia, le cui biografie e i cui interessi dovrebbero ispirare loro più generosità politica ed umana verso i dannati della terra e maggiore lungimiranza: e se un giorno qualche mente perversa proponesse che il sacro suolo patrio può essere calpestato solo da bianchi eterosessuali?
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Goffredo
Penso sia un atteggiamento ributtante. Peggio della destra xenofoba leghista. Perché? Beh almeno loro non sono ipocriti.
Non c’è nessun merito a nascere in un paese ricco, è solo questione di fortuna. Non dobbiamo dimenticarcelo mai!! Se abbiamo un buon livello di vita che altri non hanno è solo perché siamo nati nel posto giusto.
E allora il nostro benessere non lo dobbiamo condividere?
Lo so io cosa ci vuole:
no al lavoro nero (non in senso razziale) e quindi procedure non ciclopiche per le regolarizzazioni
più case popolari tanto cos costa fare un palazzo di dieci piani!!
Ma dopotutto chi sono i think thank del piddi: Ichino, Montezemolo, Calearo, Colaninno…
Che schifo… manco fossero delle bestie gli immigrati… un atteggiamento da nazisti… quando li abbiamo spremuti per benino li rimandiamo in africa!! Poi se han famiglia chissenefrega!!
Delinquono? Embé!! Che la mafia non l’abbiamo inventata noi!! Cosa dovrebbero dire ‘mericani e tedeschi…
Ma non doveva andare in Africa Veltroni?!
I diritti dell’uomo oramai li si nominano solo per quel che riguarda paesi “nemici” come nel caso di Sakineh… ma poi quando si tratta di applicarli da noi… troppi distinguo…