Il Rojava tra la retorica e il Pentagono
La decisione del Presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump di interrompere, con un apposito ordine esecutivo, le covert operations con cui la CIA, nel corso degli ultimi anni, ha rifornito di armi e munizioni i cosiddetti “ribelli” siriani, rivelatisi a più riprese contigui con gruppi jihadisti e islamisti radicali, non ha solo chiarificato come, per Washington, fondamentalmente la permanenza al potere di Bashar al-Assad non rappresenti un ostacolo insormontabile per la risoluzione nella crisi del Paese: la mossa di Trump, infatti, ha stabilito una volta per tutte come, nella visione strategica del Pentagono, siano oramai le forze curde facenti capo al governo autonomista del Rojava a rappresentare il “cavallo di battaglia” su cui la superpotenza americana dovrà puntare per perseguire i propri interessi nello scenario siriano.
In una fase importante del conflitto siriano che vede le Forze di Autodifesa del Rojava impegnate nell’assedio di Raqqa, capitale del sedicente Stato Islamico accerchiata completamente il 24 giugno scorso, gli Stati Uniti stanno incentivando giorno dopo giorno il loro attivo supporto nei loro confronti, non solo attraverso interventi aerei ravvicinati ma anche per mezzo dell’intervento “boots on the ground” di elementi delle forze speciali, come riportato nel recente reportage di Fausto Biloslavo per Gli Occhi della Guerra. Il supporto americano ai curdi siriani non è solo militare, ma anche politico; il Rojava rappresenta, in questo momento, la miglior garanzia per il mantenimento degli interessi americani su una Siria ferita e prostrata da sei, lunghi anni di guerra civile e escalation terroristica, come testimoniato dall’impianto di ben sette basi sul suolo dei territori curdi. L’appoggio ai curdi risulta ulteriormente rilevante per Washington in una fase storica di acuta depressione dei rapporti con la Turchia, che vede come fumo negli occhi l’avvicinamento tra gli Stati Uniti e la causa del Rojava, il quale a sua volta sta cercando nelle ultime settimane, dopo che la rottura tra Arabia Saudita e il Qatar ha scoperchiato l’ennesimo vaso di Pandora in Medio Oriente, di garantirsi l’appoggio della petromonarchia wahabita. Intenta a celare con rischiosi valzer il suo coinvolgimento della genesi dell’ISIS, l’Arabia Saudita punta ora infatti a riciclarsi come supporter della causa curda, in modo tale da poter mettere i bastoni tra le ruote a Erdogan, che ha preso posizione a favore del Qatar, e migliorare il proprio bilancio nel teatro siriano, estremamente deficitario a fronte dei continui successi del rivale iraniano.
Ironia del destino: il “baluardo antimperialista” del Rojava, descritto con termini eroici come il caposaldo del rispetto dei diritti umani nella tempesta siriana da numerosi commentatori occidentali, quale ad esempio il filosofo francese Bernar-Henri Levy, beneficia del rilancio dell’interventismo statunitense in Siria e punta a procacciarsi per ragioni tattiche la benevolenza dell’oscurantista Casa Saud. La geopolitica è più forte di qualsivoglia romanticismo. Episodi come la resistenza dei curdi a Kobane rappresentano sicuramente pagine di autentica tenacia, ma al tempo stesso dietro l’epopea e la narrazione di un fenomeno divenuto estremamente “pop” in campo occidentale, ammantato di sfumature romantiche, soggiace un dato fondamentale: formalmente, il Rojava è parte della Siria, il cui governo legittimo dalla liberazione di Aleppo in avanti sta intensificando gli sforzi per completare la riconquista dei territori strappatigli dall’ISIS e dalle forze ribelli nel corso degli anni passati. Dato che il territorio curdo del Rojava si identifica praticamente con un’area identificabile precisamente sotto il profilo etnico, politico e culturale, è chiaro che l’occupazione di una città come Raqqa, storicamente esterna al Kurdistan siriano, porrebbe in essere delle problematiche geopolitiche e securitarie di prima grandezza. Il Rojava, praticamente, sta rischiando in maniera non del tutto inconsapevole di trasformarsi nella punta di lancia dell’influenza statunitense e saudita in Siria, come confermato dai recenti incontri e dalle recenti dichiarazioni del suo leader Ilham Ahmed.
Nel futuro a breve termine, in pratica, la questione dei curdi rischia di trasformarsi nel più spinoso nodo per la stabilità della Siria: per il Rojava sarà necessario trovare un modus vivendi col governo di Bashar al-Assad, riconosciuto internazionalmente e accreditato del consenso di una parte consistente della popolazione siriana, come testimoniato dalle immagini provenienti da Aleppo nei primi mesi successivi alla liberazione. Per una Kobane curda, vi sono state diverse Kobane siriane: basti pensare alle importanti battaglie combattute dalle forze di Damasco nella regione di Palmira o all’eroica resistenza dell’avamposto di Deir-ez-Zor, ove gli uomini di Assad tengono duro dal 2014, guidati dal comandante druso Issam Zahreddine, contro l’assedio condotto dalle banidere nere dell’ISIS, senza aver avuto la fortuna di uno Zerocalcare che immortalasse le loro gesta.
Se il Rojava dovesse arrivare a una situazione di aperta rottura con Damasco, specie sull’onda del referendum per l’indipendenza del Kurdistan iracheno che si terrà in ottobre, la situazione diventerebbe problematica per entrambe le parti: affinché i fiumi di retorica sparsi dopo l’epopea di Kobane possano trasformarsi in risultati concreti a lungo termine i curdi siriani dovranno saper fare prevalere i vantaggi derivanti dal loro avanguardistico modello sociale sui rischi connessi alla strumentalizzazione del loro ruolo nella guerra da parte di potenze esterne alla Siria. Per un Paese che necessita, ora più che mai, di pace e sviluppo, la sovrapposizione tra questioni interne e interessi strumentali stranieri dopo la fine del conflitto rappresenterebbe una problematica enorme.
di Andrea Muratore
aldo giannuli, andrea muratore, rojava
Tenerone Dolcissimo
Se mi si consente una critica costruttiva, osserverò che in tutto l’articolo non si fa un benché minimo cenno alla Russia.
Horace
Eh si il ritorno della Russia nel mediterraneo è una brutta botta per tutti coloro che sognavano un mondo neo-coloniale europeo e statunitense.
Tenerone Dolcissimo
Paradossalmente ora la Russia non è più il bastione del comunismo e gli USA del liberalismo. Anzi di comunismo sembra essercene molto di più in USA
Paolo
Paradossalmente ora la Russia non è più il bastione del comunismo (Tenerone )
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“oso” dire che non solo non è più il bastione del comunismo (ovvio )…ma oggi è il faro del mondo (al netto delle contraddizioni interne )…l’unica potenza che si sta veramente ed eroicamente opponendo alla globalizzazione e ai progetti dell’èlite globaliste …è da qui che nasce l’ostilità tremenda da parte dell’occidente (Putin ? UN EROE ..altroché dittatore ..non per nulla è amato dall’80% dei Russi…al netto delle coglionate che scrivono i giornali occidentali ) . Ecco perché la vogliono disintegrare e cercano in tutti i modi pretesti per scatenarsi contro : sovente pretesti quasi assurdamente puerili..ed palesemente fasulli : il casino che stanno impiantando a Trump per disarcionarlo sul Russia Gate ..è una fregnaccia micidiale —>>> non ci crede nessuno , neanche chi lo porta avanti tenacemente, tutti sanno che è una balla micidiale…eppure lo portano sfaciatamente avanti—->>> questo però è segno di disperazione di una certa èlite statunitense riconducibile al cosiddetto Deep State ..che è in notevole difficoltà ed è deciso a buttar giù Trump costi quel che costi ..Deep State difeso ed rappresentato egregiamente e vergognosamente dalla sinistra americane e supportato tutto sommato dalle sinistre mondiali (la sinistra ha la vocazione a stare con i poeggior oppressori , tanto per non smentire la sua natura cornuta e traditrice ) . Ecco perché bisogna stare sia con Trump (a prescindere da certi aspetti che possono non piacere ) che con Putin …E’ IMPORTANTE.
Inutile dire che il Trump alcune cose non vorrebbe farle ma è costretto a farle…ce la farà ? non lo so……ma il futuro si prospetta tragico ..molto di più di quello che apparentemente sembra.
Gli anti Trump che si nutrono di cio che dice certa stampa main stream…non son da prendere in considerazione. Poi ci sono i contro Trump per motivi di natura ideologica, seri e questo è un altro discorso….
Chi ama la democrazia ed è informato bene di cio che sta succedendo a Washington in questo periodo non può essere che per Trump (e la democrazia )…e contro i facinorosi , delinquenti espressi visibilmente da Clinton /Obama , da tutto il Partito Democratico e da una buona parte del Partito Repubblicano ..da una buona parte dei servizi segreti (non tutti una parte sta con Trump )..etc etc…Gli Stati Uniti ? oggi sono il buio totale.., il sopruso per eccellenza, le tenebre…e soprattutto sono un gran pericolo per tutta l’umanità.
Paolo
se Trump ce la farà…c’è una speranza …se prevarrà il Deep State (di cui la sinistra americana e mondiale è al totale servizio: anzi ne è strumento prezioso ) …ci aspettano tempi terribili (proprio la questione la metto in termini tragici quasi apocalittici..tempi TERRIBILI…) .
Horace
Il Rojava ha da pochi giorni fatto una corsa con il SAA per chi arrivava a controllare uno snodo stradale verso Deir Ezzour. Lo ha perso e il SAA ha proseguito verso la città assediata. Ora posto che il Rojava occupa territori molto più a sud di quelli a maggioranza curda, mi spiegano questi come giustificano il loro essere a disposizione degli USA con il loro ideali di estrema sx. PKK-YPG e Rojava mi ricordano tanto Barzani padre quando negli anni ’70 riceveva ogni anno armi denaro da USA e Israele, ospitando nel curdistan iracheno emissari di Tel Aviv. Barzani padre morì di cancro in un ospedale militare in America. La strana attrazione fatale curda verso l’occidente non darà che frutti avvelenati.
Gaz
Ancora quel taglialberi di Hanri Bernard Levy sulla scena?
Ma non faceva il filosofo?
Che ne sa di politica internazionale?
Chi lo imbecca? Da chi viene mandato in giro come una madonna pellegrina?
Non gli basta il disastro libico?
Pensasse a quella macchietta che è Macron!!
Roba da grattarsi. Dove passa lui avvengono sciagure.
Che non venga in Italia. Abbiamo già tanti problemi.
Torni in Libia per vedere cosa gli fanno i libici.
Penzi piuttosto a quella vergogna che sono le carceri francesi, dove non sanno cosa siano i diritti umani.
Il solito politicante ipocrita, che non vede la trave nel proprio occhio.
Regaliamo ai siriani corni, gobbetti, peperoncino.
Gaz
In base a quale diritto i francesi vanno a bombardare in Siria?
Tenerone Dolcissimo
COn quello con cui sono andati a bombardare in Libia e che può essere riassunto nella celEbre frase
SCUSATE MA IO SO’ IO E VOI NUN SIETE UN CAZZO
Gaz
Mah, i francesi che si vanno a cacciare nei guai, perchè fanno il passo più lungo della gamba, non li capisco.
Horace
Con il diritto dei prepotenti. Prepotenti e perdenti: Guardate qua; 1916 Verdun se i russi non lanciavano l’offensiva Brusilov altro che vitoria francese. 1940 Batosta da parte delle armatèe corazzate di Gutderian,1954 Diem bien phu umilante sconfitta ad opera del sempre amato Generale Giap, 1962 Fuga dall’Algeria con i mal digeriti Pieds Noirs, ai quali la popolazione francese riservò un indegno trattamento. Insomma la Francia è questo. Per tornare ai curdi, questi non è che siano granchè sul campo. A Raqqa sono ancora li impantanati. A Mosul la divisione Oro che ci credeva alla sua mission e pur perdendo il 40% degli effettivi ha ripreso Mosul e lo ha fatto sapendo che se avesse fallito le milizie scite si sarebbero sostituite ad essa. I curdi anche se sono molto a sud delle loro zone e forse per questo motivo combattono mediocremente, Ma dovranno decidersi o sacrificare oltre il 30% dei loro o lasciare la mano ai siriani o peggio alle milizie sciti, queste comandate da un idolo a Teheran il Generale Qasem Soleimani, insomma i curdi sono troppo a sud delle zone curde e questa sola cosa giustifica i peggiori sospetti di un loro asservimento agli USA.
Gaz
Acme news
Una motonave in un portosiriamo e’ stata assaltata da migliaia e migliaia di profughi scappati dai bombardamenti francesi. Salpata alla volta degli stati Uniti e’ stata costretta ad attraccare per le pessime condizioni del mare in un porto libico, dove ha imbarcato altri passeggeri armati, che si sono impadroniti della nave, costringendo il capitano a prendere il mare, sebbene in burrasca. Al largo delle Baleari il timone e’ andato in avaria, costringendo il capitano a far rotta au Tolone.Macron ha dichiarato che la faccenda è di competenza dell’Italia, perché la Francia non accoglie nessuno. Il capitano e ‘ stato intimato di far rotta su Imperia.
Paolo Selmi
Caro Andrea,
concordo sostanzialmente con l’impianto della tua analisi. Ho scritto più o meno le stesse cose qualche settimana fa, cercando di inquadrare l’attuale vicenda di Rojava in due filoni di ricerca che si intersecano fra loro: la questione curda da un lato e il ruolo dell’YPG dall’altro.
https://byebyeunclesam.wordpress.com/2017/07/06/la-questione-curda/
Cosa è cambiato da allora: molto, direi. Anzitutto, le basi a stelle e strisce sono almeno dieci, purtroppo (https://southfront.org/pentagon-furious-turkey-leaks-u-s-base-locations-syria-hard-not-see-f/). L’agenzia Anadolu, ovvero il buon Tayyip in piena ritorsione tipo “crisi di mezza età” nei confronti del pluridecennale alleato, ha fatto un buon lavoro. Dieci basi più sul modello di At-Tanf, tuttavia, non certo come Incirlik: depositi di artiglieria (più leggera che pesante), centri addestramento, avamposti per incursioni aeree, mi fermerei qui, nulla di irreversibile, per il momento, anche se dalla pluricitata carta di Ralph Peters del 2006 (http://www.globalresearch.ca/plans-for-redrawing-the-middle-east-the-project-for-a-new-middle-east/3882) a oggi son passati oltre due lustri, quindi, mi si passi la battuta, la dirigenza YPG, citata in ipotetico giudizio, si beccherebbe quantomeno una recidiva.
E, tuttavia, qualcosa è successo, l’ingranaggio si è inceppato:
1. I siriani hanno bloccato i curdi appena poco a sud di Raqqa. Le cartine qui riportate mostrano ampiamente che i “gialli”, appena varcato l’Eufrate, sono stati letteralmente circondati, né più né meno di quanto accaduto qualche mese addietro ai turchi e al loro più che limitato “scudo dell’Eufrate” (https://southfront.org/tiger-forces-deployed-in-only-about-60-km-from-deir-ezzor-maps/). A 60 km da Deir Ez-zor e incalzando i “neri” dell’Isis anche da Sukhna, da qualche giorno sotto il diretto fuoco dell’artiglieria pesante appostata sulle colline circostanti, direi che la partita per la liberazione di questa enclave “rossa” in territorio “nero” si sta chiudendo.
2. Ai curdi, non resta che liberare Raqqa e sviluppare un’azione verso sud nei territori immediatamente a ridosso del confine iracheno, raggiungendo almeno la riva nord dell’Eufrate su quel punto ancora nero. Una bella fetta di territorio. Ma c’è un ma, e si chiama Afrin, quella parte di Rojava sopra Aleppo staccata dal territorio a Est dallo “scudo” turco. I turchi, a ogni spinta in terreni non loro da parte dei curdi, non mancano di far tuonare i loro cannoni e minacciare occupazioni militari (https://southfront.org/turkish-operation-afrin-near-fsa-source/ p.s. cito southfront ma i suoi articoli collimano con le fonti russe che consulto quotidianamente). Sei già troppo grande, un kmq in più da una parte soltanto e te lo riduco io dall’altra, sembra dire il Sultano. E loro hanno capito.
3. I russi e i siriani, lasciano fare: i conti, come nei pranzi di matrimonio, si fanno alla fine, dopo la consegna dei regali. E questo vale ancor più che per noi per i turchi, per gli arabi e per i curdi (chiunque sia stato invitato a un loro matrimonio sa a cosa mi riferisco). Intanto, vinta la non scontata solo qualche mese fa corsa per Deir Ezzor, che aveva ricordato ad alcuni commentatori la corsa che portò Usa e Urss sulle rive dell’Elba, i siriani resteranno la migliore, perché più forte e meglio armata, forza sul campo. Potranno sfruttare a loro piacimento le contraddizioni di un YPG che ha fatto il passo più lungo della gamba, andando ad occupare territori arabi con le popolazioni locali che sono già ora inferocite, per porre ultimatum a una dirigenza che si troverà contro, nell’ordine, siriani, turchi, iraniani, iracheni e, non da ultimo, russi. Per questo,
4. l’attuale dirigenza curda è già scesa a miti consigli. Ce lo conferma, questa volta con estremo “rammarico”, sempre l’agenzia Anadolu. In sostanza, i giacimenti di Rojava sono già oggi sfruttati INSIEME da siriani e curdi (https://southfront.org/turkish-state-run-anadolu-agency-blames-syrian-government-kurdish-militias-sharing-oil-revenue-fields-hasakah-province/). Ai primi il 65% dei proventi derivati dallo sfruttamento dei pozzi, il resto ai “terroristi” curdi. Un altro boccone amaro per il Sultano, un altro spunto positivo per una risoluzione di un conflitto durato ormai troppi anni.
Non so Andrea, può darsi che alla fine nella dirigenza curda prevalgano pulsioni nichilistiche tali da muoverli contro una guerra totale contro tutti i vicini, confidando nell’aiuto dell’amico a stelle e strisce, in cerca di casus belli per sganciare qualche bomba, magari atomica. Ma non mi sembra uno scenario realistico, almeno per il momento.
Un caro saluto.
Paolo
Paolo Selmi
PS veloce.
Notizia di oggi la creazione di un’unica cabina di regia fra siriani e curdi per le operazioni a Raqqa e Deir Ez-zor. (https://southfront.org/syrian-arab-army-syrian-democratic-forces-establish-joint-operations-room-reports/) Questo va ad aggiungersi al RIFIUTO agli usa, da parte dei curdi, di dislocare loro forze in quella base a sud detta At Tanf che oggi è accerchiata da tutti i lati da forze ostili, se si eccettua un inutile corridoio giordano, e che ha perso ogni raison d’être nel momento in cui, da auspicato propulsore di jihadisti contro Assad con la scusa ufficiale di far guerra all’ISIS, si è trovato ridotto a quello che è: un’escrescenza di troppo in pieno deserto. L’articolo poi sottolinea come, tutte queste mosse, siano frutto della minaccia del Sultano. Curdi quindi che ospitano gli americani, libereranno Raqqa fra qualche settimana (come si conviene a combattimenti casa per casa contro kamikaze) e, presumibilmente, finiranno qui la loro avventura in territori arabi, attendendo la fine del conflitto e cercando la formula migliore per CHIEDERE, al vincitore, maggior autonomia e, ça va sans dire all’anglofono alleato, l’immediato ritorno al suo texano deserto.
Ripeto, la situazione in quel territorio non è mai stata così fluida. A fine pezzo sui curdi mettevo due cartine che mostravano la situazione a inizio gennaio e a inizio luglio. I mutamenti sono evidenti e ce ne sono stati anche in questo mese. Fare previsioni a medio termine è un esercizio difficile, ma molto meno di quanto lo fosse prima della liberazione di Aleppo, che si mostra essere la chiave di volta di questo conflitto, come e più di Stalingrado nel secondo conflitto mondiale. L’iniziativa è oggi solo siriana, gli altri giocano di rimessa; i siriani, da primus inter pares rispetto a gruppi terroristici che in occidente chiamano “opposizioni moderate”, hanno inoltre visto aumentare enormemente la loro influenza e sono loro a dare la linea.
Qualche link, infine, a reportage che da noi difficilmente passano:
Deir Ezzor a febbraio di quest’anno, nel periodo peggiore dopo essere stata spaccata in due e salvata per il cosiddetto rotto della cuffia: https://www.youtube.com/watch?v=LGrjoPVWld4
Situazione ad aprile, decisamente migliorata: http://www.vesti.ru/doc.html?id=2881865
Situazione a maggio, la guarnigione assediata cerca di ripristinare l’area che taglia in due la città: http://www.vesti.ru/doc.html?id=2881865
A oggi, i piani di occupazione ISIS del territorio per farne una “terza capitale” sono decisamente naufragati: le colonne in avvicinamento da Raqqa e Homs sono state regolarmente individuate e neutralizzate dall’aviazione siriana e russa (a differenza di quanto accadde a dicembre scorso a Palmira) e la condizione di superiorità numerica non è stata raggiunta. A sessanta km dal ricongiungimento, poi, penso che le forze allo stremo degli assediati si moltiplicheranno in attesa di un momento che definire storico è poco.
Ciao
Paolo
Okstort
La “sinistra” che si mette a far da codazzo alla NATO ha scelto di vivere in ginocchio.
Un altro inutile TEATRO di guerra… che commedia.
OFF TOPIC
Sarà il caldo ma a volte mi domando:
Che gusto c’è ad impiccare gli oppositori in ginocchio (alla Vladimir Herzog)?
Paolo Selmi
Purtroppo, e mi riallaccio a qualche tema precedente, la sinistra di oggi è subalterna, incapace di pensare, ancor prima di modellare, creare, un modo di produzione alternativo, sostitutivo dell’attuale. Per quanto riguarda quindi la politica estera, si muove su schemi consolidati da altri e non comprende che oggi, la partita, per essere giocata, foss’ anche solo da pedone, non dico da alfiere, ma neppure da pedina, richiede conoscenze e rapporti approfonditi con tutti i Paesi. Per esempio, è da un mese che India e Pachistan hanno aderito insieme alla OCS (https://southfront.org/historic-shift-geopolitical-alignments-india-pakistan-join-shanghai-cooperation-organization-sco/). Una notizia le cui prime implicazioni sono già apprezzabili nel saggio che ti propongo, ma che in Italia hanno bellamente trascurato, insieme alla notizia stessa. Un mondo che non ti chiede di rientrare in nessun parametro, di modificare la tua architettura statale in senso neoliberistico, o di non fare alcuna transizione verso altri modi di produzione. Fai affari con loro, ovvero trovi sbocchi per i tuoi prodotti, e nel frattempo decidi che sia meglio per il tuo Paese passare alla proprietà sociale dei mezzi di produzione di tali prodotti? A loro, non importa niente fino a ingerenze non tollerabili. La rivoluzione in un solo Paese non sarebbe più un miraggio… ma qui a pensarla soltanto si fa peccato! 🙂 che dire… insistiamo!
Ciao
Paolo
Okstort
Tutto molto interessante.
Tuttavia finché la ‘Ndragheta (per non citare camorra-cosa nostra-sacra corona unita) rimarrà tra i primi 10 gruppi “industriali” (sic) l’Idea dello scollegamento rimarrà un’ipotesi suggestiva.
Prima di riorganizzare l’assetto produttivo sarebbe il caso di ripulire il “tessuto sociale”. Alcuni giornali parlano di 60.000 persone affiliate alle ‘ndrine (sic). Alla repubblica per diventare un giardino basterebbe sequestrare i proventi della criminalità. Questo tuttavia significa affrontare il capitalismo come tema di Ordine pubblico… Non credo che le èlite siano in sintonia con questa prospettiva.
andrea z.
Continua la politica estera autolesionista degli USA, che in sedici anni di guerre hanno raggiunto l’obiettivo di indebitarsi oltre ogni limite, avvicinare Cina e Russia, eliminare Saddam Hussein permettendo agli iraniani di estendere la propria influenza fino al Libano, permettere a Hezbollah di portarsi a ridosso delle alture del Golan, trasformare la Libia in uno Stato fallito, inimicarsi l’Egitto per l’appoggio dato alla Fratellanza Musulmana e non riuscire a concludere la guerra in Afghanistan.
Se a questo aggiungiamo la mano libera concessa a Israele nel trasportare 500.000 coloni fanatici nei territori destinati allo Stato palestinese, si può dire che le ultime amministrazioni USA, influenzate dalla filosofia neocon-imperialista, hanno compiuto un disastro epocale.
Appoggiare i curdi serve solo a far imbufalire la Turchia e a spingerla nelle braccia della Russia, visto che ormai la guerra in Siria è persa con i jihadisti moderati filo-americani in rotta su tutti i fronti.
Manca solo un tassello per sancire il completo declino degli USA: l’abbandono del dollaro come moneta di pagamento di gas e petrolio.
E poi, bye bye uncle Sam.
Paolo
E poi, bye bye uncle Sam. (Lorenzo )
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tutto vero….solo che è e resta la prima potenza militare al mondo con un potenziale atomico da poter distruggere la terra diverse volte. Non accetteranno MAI il declino …c’è una parte dei neocon che non scarta affatto la possibilità anche di uno scontro nucleare ……..è di gran lunga la prima potenza militare /nucleare del mondo e non si faranno mai da parte. Oggi più che mai son pericolosissimi…..non ce li vedo con quel potenziale militare farsi da parte e rassegnarsi al declino (se perdono parte dell’egemonia mondiale monetaria …l’economia americana si affloscia di brutto…non lo permetteranno MAI ..chiunque sia al potere di destra o sinistra )
Roberto B.
Auspicare “bye bye uncle Sam” senza nemmeno provare ad immaginare chi prenderebbe il loro posto, è miope e infantile, tenuto conto che in politica, come in natura, vige la legge dell’horror vacui.
Piuttosto, mi augurerei che l’elezione di Trump, con tutte le riserve del caso, sia un primo passo verso una revisione degli americani del modo di interpretare il loro ruolo: dalla fine del blocco sovietico, hanno preso la supremazia forze e correnti di pensiero che, avendo mano libera, hanno portato gli USA alla negazione dei loro stessi principi costituzionali.
Paolo
hanno portato gli USA alla negazione dei loro stessi principi costituzionali (Roberto)
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VERISSIMO….(la situazione è molto ma molto più preoccupante di quanto apparentemente non sembri a prima vista ). Ecco perché è meglio stare con Trump anche se non piace l’impostazione. Per difendere la democrazia che sta andando a farsi benedire (era già compromessa da prima…ma mo stanno veramente superando ogni limite…la stragrande maggioranza degli anti-Trump…secondo me fuorviate dalla stampa …non sta capendo cosa “quelli là” stanno facendo a danno non di Trump ma della democrazia e del mondo…perché puo andar a finir male molto male tragicamente male per tutti americani e non ). Buone vacanze.
Gaz
Per forza poi preferisco l’abnorme Trump alla sciroccata combina guai Clinton.
Roberto B.
Non definirei la Clinton una “sciroccata combina guai”; la fai sembrare una simpatica sciocchina, tutto sommato innocua.
Gaz
Roberto B.
Sai, la netiquette vale anche per me.
Politicamente ha fatto un filotto di disastri — e tragedie.
andrea z.
“…dalla fine del blocco sovietico, hanno preso la supremazia forze e correnti di pensiero che, avendo mano libera, hanno portato gli USA alla negazione dei loro stessi principi costituzionali.”
Paolo, ti sembra poco?
Gli Stati Uniti hano avuto la grande occasione di gestire da soli la politica mondiale e hanno fallito, perchè la loro classe dirigente, influenzata dai neoconservatori e dal blocco militar-industriale, si è abbandonata ad un’orgia di guerre e destabilizzazioni dirette allo sfruttamento delle risorse mondiali.
Ora mi sembra, anche da parte tua, infantile affermare che è meglio stare sul sicuro e tenersi l’egemonia americana nella speranza che questi signori cambino il loro atteggiamento.
Lo Stato Profondo USA capisce solo la forza e disprezza i deboli; non cambierà e continuerà a dominare con la violenza, come ha sempre fatto.
L’unica nostra speranza è che altre grandi potenze come Cina e Russia emergano e riescano a riequilibrare il sanguinario dominio dell’elite americana.
andrea z.
Mi correggo, la risposta era diretta a Roberto B. Mi scuso con Paolo.
Roberto B.
La Cina, come da sue tradizioni, pensa solo a fare affari, con chiunque e dovunque sia possibile.
La Russia, cioè Putin, per sua e nostra fortuna, non ci pensa proprio a fare il faro del mondo; ci ha provato per 70 anni, ha capito che non era il caso, ora è tutta rinchiusa nei suoi immensi territori, attenta solo a non farsi mettere i piedi in testa; anch’essa, quindi, nel solco della sua tradizione.
Anche il mondo di oggi è bipolare ed è quello che oppone l’Oriente mussulmano all’Occidente cristiano e laico: e direi che anche questo si è già visto nella storia.
Il guaio è che qualche intelligentone negli USA ha pensato di poter cavalcare la tigre mussulmana, tenendo il classico piede in due scarpe: l’elezione di Trump, sembrerebbe una prima battuta d’arresto a questa politica scellerata.
Speriamo che continuino su quella strada.
Immaginare un mondo senza trazione USA, significa tornare alla politica degli Stati Nazionali, un mondo che ha prodotto due guerre mondiali e che ci porterebbe prima o poi ad una terza. E, come disse Einstein, la quarta guerra sarà combattuta con le pietre.
Ma se qualcuno pensa di essere in grado di prendere il posto degli americani, prego, si faccia pure avanti.
Un vecchio detto recita: “se non lo puoi battere, alleati”.
Paolo
La Russia, cioè Putin, per sua e nostra fortuna, non ci pensa proprio a fare il faro del mondo; ci ha provato per 70 anni, ha capito che non era il caso, ora è tutta rinchiusa nei suoi immensi territori, attenta solo a non farsi mettere i piedi in testa; anch’essa, quindi, nel solco della sua tradizione.(Roberto B. )
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D’accordo su tutto il resto evidenziato….però sulla “Russia faro del mondo” …è una frase scritta precedentemente da me in un altro post…e necessita altre spiegazioni da parte mia sul perché la considero il “il faro del mondo” ….non lo ho detto però nel senso inteso da Lei …diciamo che (a mio parere che può essere molto discutibile ) la Russia è il faro del mondo a sua insaputa…è l’unico pilastro che fermamente si sta opponendo alla deriva globalista ed ad una sorta di deleterio transumanesimo portato avanti globalmente da quei disgraziati . Putin & la Russia si stanno opponendo…oserei dire che è un opposizione quasi spontanea , naturale , che ha radici quasi spirituali ….e non ho voglia di andar oltre…perché fa caldo e non ne ho voglia. L’odio feroce di certe elite occidentali ha a mio parere una natura molto più profonde delle semplici contrapposizioni di natura geopolitica …..dovrei specificare meglio …ma siamo in vacanza . Ciao
E’ importante (a mio parere ) che la Russia non venga travolta. E’ importante per l’umanità .
Gaz
O.t.
Chi ha ordinato in Italia di bombardare Gheddafi?
Giorgio Napolitano ha fatto sapere che non è Stato.
Secondo lui è stato B.
Larussa, all’epoca ministro della difesa, dice il contrario.
Allora chi è stato?
Vuoi vedere che è stato il mio gatto?
Roberto B.
Il gatto è un nobile animale, Gaz, non merita queste accuse.
Ma poi, ce l’hai davvero un gatto?
Gaz
E’ molto indipendente. Interpreta questa casa come un albergo e talvolta come un dormitorio
Gatto
io non sono stato e neanche B.
E’ arrivato un ordine dall’estero e Napolitano ha eseguito . Miao .
Gatto
e B con Larussa ovviamente hanno piegato la testa perché l’ordine non si poteva disattendere.. Miao
Ma B non c’entrava nulla porello: era contrario .
Gli aerei francesi hanno sorvolato il suolo italico senza preavviso per decisione “motu proprio” : che faceva gli abbatteva?..siamo quelli che contano meno nella Nato…se l’ordine arriva dall’estero bisogna adeguarsi.Ma B. stavolta non centra nulla.
Se mai comportamento strano è quello dei cosiddetti “pacifisti”…erano pronti a scendere in piazza perché pensavano che fosse B ..a voler la guerra. Poi si è capito che lui era addirittura contrario…e per tutto il periodo del conflitto (migliaia e migliaia di morti civili innocenti ) non si è vista anima viva manifestare…(Gino Strada dove era ??? ). La facenda Libia è un qualcosa decisa dalla amministrazione Clinton /Obama…dalla Francia e altri….il garante per l’Italia della volontà di questi ultimi era Napolitano…
miao miao
non si è visto un PACIFISTA manifestare…….strani questi pacifisti : -) (se fosse stato B. sarebbero scesi tutti in piazza…meditate ….)
Gaz
Altro che il gatto con gli stivali !!!
🙂
Roberto B.
Caro Gaz, c’è poco da meditare.
Come ho già scritto in altro intervento, monoculi in terra caecorum.
Infatti, mister B. sta avendo la sua vendetta e, nonostante l’età e gli acciacchi, è tornato bellamente protagonista, direi persino meglio di prima, non per meriti suoi, ma per la pochezza dei suoi supposti avversari ed epigoni.
Scommetterei anzi che, scottato dall’esperienza, adesso non ci tiene affatto a tornare in prima linea: meglio fare il Puparo dietro le quinte e lasciare ad altri il lavoro sporco e, soprattutto, scomodo.
E secondo me ora si diverte tantissimo, molto più di prima; il che lo rende fortissimo, a differenza dei sepolcri imbiancati che lo attorniano.
Gaz
L’italia che fa la guerra all’Eni in Libia: u na cosa pazzesca !
In Irak al tempo di Saddam l’Elf/Francia si oppose con tutti i mezzi alla guerra, ma conservò i contratti.
Se B, si fa comandare da re Giorgio, che lo ringrazia per non essersi dimesso ( traduzione: sempre sia lodato .. ), che era comandato dall’esterno, vuol dire che abbiamo due mazze di scopa.
Moro, CRaxi, Andreotti … erano in grado di dire dei no secchi.
Questi sono dei servi .. neppure scaltri.
Ripeto: due mazze di scopa.
P.s. Henri Bernad Levi perchè non andò a difendere i diritti umani in Irak, perchè non va in Chad, perchè non in Mauritania, Vada in Algeria …
Gaz
In ogni caso prima di queste vicende ci sono degli uomini. per qualcuno vale il motto:
libertè, legali te, intu culu a te !
Gattino
Se B, si fa comandare da re Giorgio, che lo ringrazia per non essersi dimesso ( traduzione: sempre sia lodato .. ), che era comandato dall’esterno, vuol dire che abbiamo due mazze di scopa. (Gaz)
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Si ma le facenduole in quelle zone non funzionano cosi: a volte si è costretti da contingenze superiori. In questo caso B volente o nolente NON POTEVA FAR NULLA.
A proposito: un Tizio qualche ventennio prima …non si fece comandare ..e pagò caro…una certa Sigonella & dintorni…un certo Craxi………..non so se rendo l’idea….
questo di voler sempre è comunque il povero B colpevole….insisto: perché le sinistre pacifiste pronte a manifestare ma quando si accorsero che B non era esattamente il promotore della guerra…non scesero in piazza ?? non si vide anima viva….
la verità?? B non poteva assolutamente far nulla….ma proprio nulla. E non è responsabile. E non è responsabile neanche di non essersi opposto…perché la contingenza non lo permetteva. L’Italia da sempre è condannata in certe circostanze ad ubbidire a forze maggiori…volente o nolente.
Persio Flacco
Diciamo che in Italia non è difficile trovare traditori e maggiordomi disposti a mettersi a servizio di padroni stranieri. In tutti i campi, ma in particolare nella politica e nel giornalismo.
Lo si è potuto apprezzare drammaticamente nel 2013, in occasione del colpo di stato a Kiev. E’ stato impressionante constatare l’uniformità nella menzogna nella gran parte del mondo politico e in quello dei media.
Un colpo di stato condotto da milizie nazifasciste (e da 50 veterani delle IDF) sotto il patrocinio di CIA, Soros, oligarchi sionisti, nostalgici del collaborazionismo ucraino con i nazisti, è stato spacciato come una democratica rivolta di popolo. In particolare ricordo un editoriale di Ezio Mauro su Repubblica: addirittura grottesco per la veemenza acritica con la quale chiamava alle armi contro il presidente eletto Yanukovic.
Persio Flacco
La scelta tattica mi sembra analoga a quella fatta con la creazione del Kosovo: lasciarsi dietro un focolaio di conflitto a bassa intensità, da rinfocolare al bisogno, sia per impedire la stabilizzazione definitiva della regione sia per avere un motivo di ingerenza qualora servisse in futuro. Le aspirazioni nazionali dei curdi sono facilmente strumentalizzabili in questa fase, e sono ciò che serve per tenere la Turchia di Erdogan e la Siria di Assad sulla graticola. E poco importa che l’occupazione di territorio da parte dei curdi vada a costituirsi come futuro punto di incontro degli interessi di Turchia e Siria in chiave anti americana: gli architetti della strategia sottesa a certe scelte probabilmente non hanno affatto escluso che in futuro i soldati USA tornino a mettere gli stivali sul terreno. Anzi: quasi certamente si augurano di averne l’occasione. Si perché sullo sfondo rimangono dei conti importanti da regolare. Quelli del regime sionista israeliano con l’Iran soprattutto, del quale la Siria di Assad è alleato militare. Teheran continua ad essere nel mirino di Israele, e dunque nel mirino degli USA e dei loro alleati regionali: le monarchie del Golfo. Se e quando Assad vorrà indietro il territorio siriano occupato dai curdi, se e quando la Turchia agirà per impedire che i curdi proclamino un loro Stato a cavallo dei suoi confini, allora forse vi sarà l’occasione sperata. IMHO, ovviamente.
Roberto B.
Mmmmm…
Sono pronto a scommettere che mooolto difficilmente Trump si lascerà trascinare in qualche nuova avventura guerresca. Se ho ragione, chi nel suo entourage, ma anche tra i collaterali, dovesse provare a forzargli la mano non resterà a lungo al suo posto.
Altri sono i guerrafondai, quelli sconfitti per ora dalla sua elezione.
Persio Flacco
Non mi farei troppe illusioni: Trump è un uomo solo che ha contro l’intero Congresso e tutti i media che contano. La misura dell’avversione nei suoi confronti, la totale mancanza di scrupoli dei suoi avversari: pronti anche a innescare un grave conflitto sociale pur di indurlo o all’obbedienza o a lasciare la carica, la si è’ potuta apprezzare con le sanzioni alla Russia deliberate dal Congresso. Sanzioni votate con una maggioranza tale da interdire la possibilità per il presidente di porre il veto.
Così come lo si è visto nella inusitata difesa dell’Obamacare anche da parte di quei repubblicani che la osteggiarono ferocemente sotto la presidenza Obama.
Il Congresso è totalmente asservito alle lobby: è un loro strumento. In particolare per la politica estera è completamente asservito alla lobby sionista, che promuove e tutela le politiche del regime israeliano, tanto che risulta arduo pensarlo ancora come istituzione americana.
Ricordo l’episodio eclatante, nel 2011 se ben ricordo, della folta delegazione di congressisti guidata in Israele da McCain e Lieberman nella fase in cui Obama tentava di costringere israeliani e palestinesi a sedersi al tavolo e accordarsi su una soluzione definitiva del conflitto. Lieberman (all’epoca senatore degli Stati Uniti) dichiarò alla Knesset che (cito a memoria) “Il Congresso si opporrà a qualunque tentativo del Presidente di forzare Israele a sedersi al tavolo delle trattative”.
Non a forzare Israele ad accettare uno specifico accordo, si badi, ma a trattare un accordo con i palestinesi. Obama dovette rinunciare e a delegare alla Clinton (ai neocon-sionisti) la politica estera americana. E la politica estera statunitense virò di 180 gradi.
Riuscirono ad ammansire anche Bill Clinton, con lo scandalo Lewinsky: una stagista ebrea che ebbe l’insolita accortezza di conservare le prove biologiche del suo rapporto col presidente. Anche Clinton si era messo in testa di dare attuazione agli accordi di Oslo per far cessare un conflitto: quello tra israeliani e arabi palestinesi, che da quasi un secolo infiammava i rapporti tra mondo islamico e occidente. Gli avversari di Trump non vanno assolutamente sottovalutati. Finora hanno sempre dimostrato di saper ottenere ciò che vogliono.
E’ vero, i guerrafondai hanno perso le elezioni: la maggioranza degli americani hanno votato contro Hillary Clinton, la loro candidata, ma essi possiedono gli strumenti adeguati per ignorare la volontà degli elettori ed imporre la loro.
Per questo motivo ritengo non irrealistico ipotizzare che la questione siriana potrebbe di nuovo diventare l’innesco di un conflitto più generale. Il regime sionista israeliano vuole distruggere ogni possibile oppositore regionale e internazionale alle sue politiche espansive, e usa gli Stati Uniti come suo Golem. Cosa può fare Trump con il Congresso schierato in modo bipartisan contro di lui? Come può rintuzzare il forsennato attacco dei padroni dei grandi media? Come può purgare l’Amministrazione dai tanti infiltrati che alimentano le campagne stampa contro di lui con dossier riservati? Trump ha contro perfino gli alleati europei, anch’essi lobbizzati dagli stessi suoi avversari. Si vedano a questo proposito le scelte di Francia, UK, Italia, che prima rovesciano, contro i loro stessi interessi, il regime libico e poi sostengono il rovesciamento di quello siriano. Entrambi considerati ostili dal regime israeliano, come prima quello irakeno. A mio parere non c’è da essere ottimisti sulle possibilità di tenuta dell’amministrazione Trump. Ma staremo a vedere.
Roberto B.
Trump mi pare un osso troppo duro per ridurlo all’impotenza con qualche rapporto orale, o similia.
D’altra parte, Congresso, traditori e collaborazionisti a vaio titolo interni alla sua Amministrazione, se lo troveranno sempre tra i piedi a mettere bastoni tra le ruote e scombinare i piani. E nel frattempo, lui continua a fare piazza pulita dove può e come può: piano piano, cambiando una pedina qua ed una là, estromettendo ora uno ora un’altro, cambia la geografia politica. Devono fermarlo prima che diventi davvero inattaccabile.
Dovranno farlo fuori fisicamente, nel solco delle buone tradizioni americane. Ma stavolta il gioco sarà troppo scoperto,non siamo più ai tempi di Lincoln e nemmeno di Kennedy: oggi le informazioni hanno velocità e diffusione che nessuno è in grado di controllare.
Si potrebbe dire: è la globalizzazione, bellezza!