Il punto debole
Sottraendoci alla retorica della “Costituzione più bella del mondo” o a quella opposta della “Costituzione di stampo sovietico”, possiamo dire che la Costituzione approvata nel 1948 ha mostrato di avere una architettura che ha retto bene alla prova e per oltre mezzo secolo, anche se non sono mancati aspetti discutibili, come il bicameralismo perfetto, l’inutile Cnel, l’articolo 7 sul Concordato, alcune formulazioni non chiarissime in materia di diritti sociali (ad es. il salario “familiare” di cui all’art. 36), ma, nel complesso, si è trattato di aspetti che non hanno inficiato sostanzialmente il funzionamento del modello.
Il punto debole maggiore è stato un altro: l’insufficienza dei controlli. Dell’assenza di controlli giurisdizionali e contabili sui partiti diciamo in altra parte, qui consideriamo il discorso relativo ai rapporti fra istituzioni.
In primo luogo il Presidente della Repubblica: è comprensibile che la più alta carica dello Stato, per quanto possibile, non venga esposta al vento delle mutate maggioranze parlamentari o all’iniziativa (magari improvvida) di un qualsiasi magistrato, ma la Costituzione “blinda” il Presidente rendendolo, di fatto, imperseguibile per qualsiasi reato. In teoria, il Presidente (durante il suo mandato) risponde penalmente solo per altro tradimento o attentato alla Costituzione. Di fatto, si tratta di due fattispecie assolutamente vaghe ed imprecisate:
nel 1964 il Presidente Segni autorizzò il “Piano Solo” del generale Giovanni De Lorenzo che prevedeva anche l’arresto di parlamentari e la loro deportazione. La sinistra accusò il generale De Lorenzo di stare tramando un colpo di Stato, ma, se colpo di Stato si stava preparando, ad esso non era certamente estraneo il Presidente e, dunque, sarebbe stato logico aprire il procedimento per la messa in stato d’accusa, quel che il Pci si guardò bene dal fare, perché sarebbe servito solo a produrre una crisi ad altissima tensione, ma sarebbe stato matematicamente certo che Dc, partiti di centro e destre monarco-fasciste avrebbero bocciato la proposta.
Nel 1969 Presidente Saragat ebbe ripetuti interventi che andavano un po’ al di là delle sue attribuzioni (ad esempio la dichiarazione a proposito della morte dell’agente Annarumma) e minacciò più volte lo scioglimento delle Camere per modificare la maggioranza a danno delle sinistre e non fu affatto chiaro il suo ruolo nelle vicende che culminarono nella strage di piazza Fontana: fu attentato alla Costituzione?
Nel 1978, il Presidente della Repubblica Giovanni Leone, fu indotto alle dimissioni anticipando la richiesta in questo senso dei partiti3 per una vicenda corruttiva, cui risultò successivamente estraneo, in quel caso non si configurava l’attentato alla Costituzione, ma, nonostante l’imperseguibilità sancita dalla Costituzione, il Presidente dovette abbandonare la sua carica.
Durante tutto il suo settennato, Cossiga entrò ripetutamente in conflitto con il governo, il Csm ed il Parlamento ed in forme quantomeno irrituali, il Pci ne chiese la messa in stato d’accusa, sostenendo (non infondatamente) che l’attentato alla Costituzione è un concetto che investe anche la modifica gli equilibri costituzionali, anche quando non ricorrano atti di violenza. Ci fu attentato alla Costituzione?
Ma, soprattutto, il Presidente Giorgio Napolitano ha tentato per due volte di seguito di promuovere un processo di revisione costituzionale assolutamente non conforme all’art. 138 della Costituzione, ha usato del potere di scioglimento (o non scioglimento) del Parlamento con assoluta discrezionalità, ha iniziato a cercare il successore di Berlusconi a Palazzo Chigi sin dal mese di giugno 2011, ben cinque mesi prima delle dimissioni del Presidente in carica, ha autorizzato, anzi invitato ad avviare la riforma della Costituzione un Parlamento delegittimato dalla dichiarazione di incostituzionalità della legge elettorale con cui era stato formato, ma quando il M5s ne chiese la messa in stato d’accusa, il Pd (erede di quello stesso Pci che aveva sostenuto la messa in stato d’accusa per Cossiga, per comportamenti sicuramente meno rilevanti di questi) votò contro (insieme a Forza Italia e Sel, per la verità).
Ed, allora, salvo che per l’arrivo dei carri armati, in cosa consiste l’attentato alla Costituzione? E’ evidente che l’attuale assetto costituzionale lascia al Presidente eccessiva discrezionalità, ad esempio, in materia di scioglimento delle Camere, e ciò non solo nei casi in cui decida positivamente per scioglimenti anticipati, sia, ancor più, nei casi in cui dovrebbe essere obbligato a farlo (ad esempio, di fronte ad una dichiarazione di incostituzionalità del sistema elettorale, che esigerebbe una rilegittimazione del Parlamento attraverso il voto, oppure di fronte ad un Parlamento nel quale , in due anni, quasi un quarto dei parlamentari cambiano partito, per effetto di scissioni, passaggi plurimi di gruppo, espulsioni ecc). E, dunque, sarebbe auspicabile una normativa più stringente, magari per legge costituzionale, che fissi limiti ed obblighi meno aleatori.
In secondo luogo, è evidente che aver affidato il potere di messa in stato d’accusa al Parlamento è stata una scelta infelicissima, che non ha assolutamente funzionato. E’ palese che un ordinamento che prevede il voto parlamentare di fiducia al governo e si basa sulla disciplina di partito degli eletti, la decisione della messa in stato d’accusa subisce un immediato processo di politicizzazione che non ha nulla a che fare con la valutazione dei comportamenti di merito. Di fatto Il Presidente ha da temere qualcosa solo da un Parlamento in cui prevalga una maggioranza di colore ostile ed, anche in questo caso (come con Scalfaro nel breve periodo del primo governo Berlusconi o Ciampi nella legislatura 2001-2006) dovrebbe incorrere in comportamenti più che scorretti per rischiare davvero. Ma l’idea di un organo terzo, appositamente previsto, non si affacciò mai nei dibattiti della Costituente.
Anche il governo, nel nostro ordinamento, gode di una iper protezione, sia perché a decidere l’eventuale messa in stato d’accusa dovrebbe essere lo stesso Parlamento che gli concede la fiducia, sia perché l’ordinamento accorda ai ministri una larga discrezionalità (di cui si avvalse Cossiga, nel 1965, nella sua difesa del ministro Trabucchi, per gli scandali tabacchi e banane5). E tanto meno sono risultati efficaci strumenti come l’interrogazione o l’interpellanza, cui il governo, in genere, si cura poco di rispondere. Le stesse commissioni di inchiesta non hanno mai dati grandi risultati, se non sul piano delle acquisizioni conoscitive per fonti documentali o dichiarazioni degli auditi che, però, hanno sempre portato a relazioni di maggioranza e minoranza pur basate sulle stessissime fonti, e la cosa non sorprende , perché la verità non si mette ai voti: un fatto è vero o no a prescindere dalle interpretazioni necessariamente tendenziose di giudico palesemente interessati ad affermare una tesi politico piuttosto che un’altra. Da ultimo, anche l’esperienza delle Commissioni parlamentari di vigilanza, sulla Rai ed, ancor più, sui servizi di informazione e sicurezza hanno mai dato risultati apprezzabili sul piano dei comportamenti concreti,: la Rai è restata terreno di spartizione fra le forze politiche, in spregio a qualsiasi valutazione di ordine professionale e, quanto ai servizi, l’esistenza del comitato parlamentare di vigilanza non ha impedito né lo scandalo Sisde del 1992, né lo scandalo Telecom del 2007. Il far play parlamentare prevede, per prassi, che le presidenze delle due commissioni siano affidate alla presidenza di un parlamentare dell’opposizione, ma la stessa prassi prevede un fair play per cui l’opposizione si opponga sino ad un certo punto. Dove non arriva la brutale logica dei numeri, provvede l’inevitabile legge dell’equilibrio parlamentare, per cui un presidente di commissione non può comunque spingersi oltre certi limiti senza innescare una crisi istituzionale che andrebbe al di là della questione di merito. Il punto è che la funzione di controllo parlamentare aveva un senso all’origine, nei sistemi delle monarchi costituzionali e non parlamentari, quando il Parlamento non aveva il potere di concedere la fiducia ed aveva gruppi parlamentari legati da una debole disciplina. Ma perde completamente di senso un organo investito di poteri di indirizzo politico (fiducia al governo, attività legislativa, mozioni di indirizzo ecc.) non può istituzionalmente svolgere una efficace azione di controllo e garanzia.
E lo stesso Parlamento ha goduto, a sua volta, dello stesso regime di controllo puramente formale sancito dall’autodichia: la proclamazione degli eletti, è compito di commissioni espresse dallo stesso Parlamento e si è visto cosa significhi questo in occasione della dichiarazione di incostituzionalità della legge elettorale, nel dicembre 2013, quando il lavoro di verifica e proclamazione degli eletti da parte della Commissione era ancora in corso: la decisione della Corte Costituzionale poneva il problema dell’eccessivo premio di maggioranza che era abolito e con effetto immediato, pertanto se ne sarebbe dovuta trarre la conseguenza rettificando la distribuzione dei seggi e, se per i parlamentari già proclamati sarebbe stato possibile soprassedere e lasciare le cose come stavano, per quelli ancora da proclamare sarebbe stato doveroso ridistribuire i seggi, ma la questione, appena affacciatasi, venne immediatamente sepolta dalla commissione nella quale, ovviamente, era in maggioranza… la maggioranza. Il risultato è che un Parlamento in cui la maggioranza è stata espressa dal 29% del corpo elettorale e che si è immediatamente divisa con il passaggio all’opposizione di Sel, dispone –anche per effetto dei passaggi di gruppo- ha un partito che dispone di oltre 300 seggi alla Camera e sta procedendo, a colpi di maggioranza, alla più ampia revisione costituzionale mai vista.
Quanto al potere di autorizzare la magistratura a procedere nei confronti di parlamentari, non è neppure il caso di dire tanto è noto l’abuso che se ne è fatto, con reciproci scambi di favori fra maggioranze ed opposizioni. Anche qui, il controllato ha eletto il suo controllore con i risultati che sarebbe stato logico attendersi sin dall’inizio.
Ma anche la magistratura ha goduto del medesimo trattamento: la Costituzione italiana è l’unica, nel Mondo, che concede poteri vastissimi (assunzioni, distribuzione degli incarichi e, soprattutto, funzione disciplinare) ad un organo di autogoverno della magistratura, maggioritariamente composto da eletti della stessa magistratura. Anche qui siamo nei limiti di una pur parziale autodichia, che affida ai giudicandi il potere di eleggere i propri giudici e, per sovrappiù, gli affida il potere di reclutamento.
Ed, infine, non poteva mancare la pubblica amministrazione, con organi disciplinari formati tutti per via interna e talvolta non formati affatto (ad esempio, sarebbe interessante sapere in quante amministrazioni siano effettivamente formati i consigli di disciplina che la normativa prevede) e schermata da una giustizia amministrativa, spesso composta da personale che proviene dalla stessa Pubblica amministrazione, dotata di un proprio organo di autogoverno e separata dalla magistratura ordinaria (una vera e propria giurisdizione speciale, come era quella dei tribunali militari).
Infine i servizi di informazione e sicurezza, schermati da ogni possibile intervento giudiziario, dalla cortina impenetrabile del segreto di stato, ribadito e rafforzato dalla riforma-beffa del governo Prodi (legge 3 agosto 2007, n. 124 e successive), sottratti anche ad un vero controllo parlamentare e di fatto responsabili solo di fronte al Presidente del Consiglio che, peraltro, deve basarsi solo sulle informazioni offertegli dagli stessi servizi.
Di fatto, la scelta del Costituente (cosciente o involontaria, conta poco stabilirlo) è stata quella di favorire una corporativizzazione di ogni potere: si è costituita la corporazione della società politica (suddivisa per ordini: quello dei parlamentari di maggioranza ed opposizione, quello dei governanti), quella giudiziaria, quella amministrativa (con la corporazione speciale dei servizi di informazione e sicurezza).
E dunque una architettura adattissima alla edificazione di un “potere irresponsabile” che è stato il vero tarlo che ha corroso la Prima Repubblica, portandola alla sua fine ingloriosa nella melma di Tangentopoli.
Aldo Giannuli
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victorserge
proverei ad aggiungere che un sistema privo di controlli come il nostro si presti con maggiore facilità all’eterodirezione da parte di forze esterne alla nazione.
quando uno comanda è facile alla corruzione o alla cooptazione se altri non possono intervenire concretamente ed efficacemente affinché ciò non si realizzi.
mi pare che il caso di menem in argentina sia molto significativo.
saluti
victor serge
Aldo Giannuli
Infatti….
ilBuonPeppe
Le decisioni su messa in stato di accusa, autorizzazioni a procedere, proclamazione, decadenza, ecc., relative ad organi costituzionali, dovrebbero essere tutte decise da un organo terzo, sia per composizione che per nomina. Pià che la nomina sarebbe anzi preferibile una estrazione a sorte.
C’è inoltre un altro punto debole nella Costituzione che viene ancora prima del controllo: la separazione dei poteri. Chi fa parte di uno dei tre poteri fondamentali non può far parte degli altri: è ora di finirla con i giudici in aspettativa che fanno i parlamentari, o con i parlamentari che entrano ed escono dal governo come andassero in gita.
Aldo Giannuli
E’ quello che penso anche io che sostengo la necessità di camniare il senato in canera dei controlli e delle garanzie costituzionali, da eleggere con sistema plurinominale a candidature indiisuali ed integrato da pa piccola quota di membri di diritto e di nomina presidenziale, assolutamente sganciato dai partiti
Giovanni Talpone
Esposizione molto interessante su di un argomento di cui conoscevo pochissimo, ringrazio Aldo Giannuli per questo (per approfondire, c’è qualche buon libro che faccia un confronto “funzionale” e non solo giuridico fra gli impianti costituzionali dei principali Paesi?).
Mi chiedo se nella Costituente non ci sia stata un’obiettiva convergenza fra la teoria (della Sinistra) delle “casematte”, per cui è bene che i vari settori dello Stato siano il più possibile autonomi, in modo da poterli conquistare uno ad uno con scarse possibilità di interferenza da parte del Governo, e la profonda illiberalità storica della Destra italiana, che ha così salvaguardato il nucleo concettuale del Fascismo (il corporativismo come miglior strumento di conservazione dei privilegi acquisiti e di resistenza al dinamismo economico, sociale, culturale, politico).
Gaz
La figura del Capo dello Stato non è presente in tutte le costituzioni. Aver delineato un organo costituzionale di garanzia incontrollabile/irresponsabile/senza contrappesi è parte della fragilità politica di un sistema per tanto tempo privo di alternative, in definitiva inefficace di fronte ai problemi interni ed internazionali. Per quel che attiene ai controlli, si potrebbe iniziare dal Cavour, che istituì a Roma la Corte dei conti, prima giurisdizione dell’Italia unita … La partita fondamentale è stata giocata nella sentenza della Corte Costituzionale n. 129 del 1981 Rel. Paladin con cui sono stati negati alla Corte dei conti i conti delle gestioni della Camera e del Senato + Presidenza della Repubblica. Il passo successivo sarebbe stato il controllo dei bilanci dei partiti, allora finanziati dai gruppi parlamentari, ritenuti da molta dottrina organi fortemente striati di diritto pubblico. Gli organi costituzionali furono difesi dai più bei nomi del costituzionalismo italiano (Sandulli, Crisafulli, Barile). Presidente della Repubblica era Pertini, del Senato era Fanfani, della Camera Iotti, della Corte costituzionale Amadei, che lo fu fino al 28 giugno 1981, mentre la sentenza è del 24 giugno.
Aldo Giannuli
abbastanza d’accordo ma su un ounto precisiamo: in qualche ordinamento come quello Usa il Capo dello Stato ed il capo del governo coincidono, in altri, come quello svizzero, ci sono organoi direttoriali, in altre c’è il re, ma un capo dello Stato c’è in qualsiasi Stato e non potrebbe essere diversamente
Gaz
Infatti il pensiero era rivolto agli Stati Uniti … e alle elezioni a termine fisso …
marcot
Buongiorno Prof. Giannuli,
la risposta alla domanda “chi controlla il controllore?” è piuttosto semplice: il popolo.
Se il controllore è qualcuno che ha un potere, è ovvio che userà la sua facoltà di controllo per conservare il proprio potere. Il controllo deve essere esercitato da chi non ha potere, ossia i cittadini.
Tutti i poteri dello stato, esecutivo, legislativo, giudiziario devono essere eletti direttamente dal popolo. Il capo dello stato e il primo ministro, ammettendo la persistenza di questi ruoli, devono essere eletti direttamente dal popolo. Tutte queste cariche devono poter essere rimosse dai cittadini tramite la revoca del mandato. Se così non è, diventa inevitabile che si formino caste, gruppuscoli, cerchi magici, ecc. E non deve stupire che articoli fondamentali della costituzione (vedi art.1, “Repubblica basata sul lavoro”) vengano grottescamente disattesi.
O il popolo si assume la responsabilità di controllare chi ha il potere, o ne subirà sempre le storture.
Saluti,
Marco
ilBuonPeppe
Affermazione tanto giusta in toria quanto impraticabile e quindi inutile.
Chi è “il popolo”? In sessanta milioni ci mettiamo a controllare gli atti del parlamento? O ci organizziamo? Ecco che vengono subito fuori degli organi di controllo che, necessariamente, non sono più “il popolo”.
E senza organi, se io trovo qualcosa che non va, che faccio? Denuncio un parlamentare o un ministro? Sai che ridere…
Gerardo D'Ambrosio
Sto giusto leggendo “La democrazia che non c’è” di Ginsborg che, a proposito della democrazia deliberativa, parla della partecipazione della società civile (nella duplice veste di spazio analitico e prassi associazionistica) “per promuovere la diffusione piuttosto che la concentrazione del potere”. Cita poi l’esempio di Porto Alegre che nella deliberazione de bilancio coinvolge un’ampia fetta di popolazione, in un processo che dura diversi mesi..
marcot
Buongiorno Sig. Beppe,
sì, le confermo che il “popolo” sono proprio quei 60 milioni che ha capito Lei.
Se rilegge il mio testo, noterà che parlo di “revoca del mandato”, il che significa che i cittadini devono avere la facoltà costituzionale di raccogliere firme per indire elezioni suppletive e revocare il mandato al politico di turno. E’ sufficiente un qualsiasi comitato, come ce ne sono già a centinaia oggi, non c’è bisogno di ulteriori organismi di potere.
E non è necessario spulciare ogni atto parlamentare per giudicare i politici, basta vedere (è sufficiente un minimo di informazione) se il politico ha rispettato il programma promesso agli elettori oppure no; se sì, rimane al suo posto, ma se no lo stacco da quella sedia e lo rimando a casa.
D’altronde, in questa meraviglia di democrazia rappresentativa che abbiamo oggi, i cittadini vanno forse a votare destra/sinistra dopo aver spulciato ogni atto parlamentare?
Saluti,
Marco
Aldo Giannuli
piccolo problema: per revocare il mandato (ovviamente procedendo prima alla revisione costituzionale) bisogna o rincunciare al voto segreto oppure votare solo su collegi uninominali maggioritari, rinunciando alla proporzionale.
in secondo luogo, storicamente non ha funzionato mai
leopoldo
manca pure la volontà di correggere le mancanze )-:
Vincenzo Cucinotta
Sì, interessante la proposta del senato che avanzi, che comunque richiederebbe una più precisa enunciazione.
Tuttavia, in linea di principio, è del tutto impossibile creare un sistema di regole che garantisca che esse non vengano violate. Qualsiasi regola infatti va attuata e garantita da un soggetto, e la mia impressione è che creare organi terzi sia una soluzione peggiore del problema che abbiamo di fronte.
L’organo terzo ha una specifica caratteristica, essere irrresponsabile rispetto al vero detentore del potere di uno stato democratico, il popolo.
In verità, l’errore massimo che fa il M5S è non avere ancora capito che non è la sola classe politica ad essere marcia, ma è invece tutta la classe dirigente per intero, e la classe dirigente non politica riesce a sottrarsi meglio alle sue responsabilità in quanto non ha bisogno del consenso che serve per l’elezione.
Così, qundo si parla di società civile, di trovare lì i salvatori della patria, si finisce quasi invitabilmente per affidarsi a gentaccia che è collusa coin gli altri poteri ed in primis quello politico.
Il problema sta nel manico, cioè che nelel società liberali, non esiste un’etica codnivisa, esistre solo la morale privata, e così il ruisultato è che ognuno trova un modo per conciliare la propria morale con i suoi atti concreti, ad esempio rubando perchè si è buoni padri di famiglia e bisogna pensare ai propri figli, no?
Finchè non si impone un ethos, un’etica pubblica che faccia davvero vergognare ogni genre di ladri di regime, non se ne uscirà, e non me la prenderei quindi con il testo costituzionale.
A voler essere pignoli, un dsifetto c’è nella costituzione, e riguarda specificamente il Presidente della repubblica. Non perchè non possa essere messo in stato di accusa (chi più del parlamento avrebbe diritto a farlo, visto che comunque farebbe da procuratore, il giudice sarebbe la consulta), ma perchè concentra troppi poteri, e i padri costituenti questo non lo capirono, perchè davan0o per socntato che nessuno avrebbe avuto l’ardire di fare come ha fatto uno come Napolitano.
Egli nomina il capo del governo, firma i decreti legge, ha diritto di inviare messaggi alle camere, è il presidente del CSM, ha diritto di nominare senatori a vita, presiede il Consiglio di difesa. Troppe competenze che, se usate per ampliare i propri poteri effettivi di condizionamento della politica, lo consentono agevolmente.
Quindi, su queste competenze, qualche forma di limitazione andrebbe operata.
Aldo Giannuli
sul senato dei controlli e delle garanzie della Repubblica penso che scriverò un pezzo ad hoc
Paolo Federico
Signori, comincio a dubitare fortemente che si possa affidare una qualsiasi attività di controllo al popolo. Purtroppo devo constatare che esso si uniforma sempre sul livello più basso ignorante e volgare dei suoi componenti e che, pertanto, è pressoché impossibile da questo fondo pervenire a qualcosa di superiore. La domanda è la seguente: come può chi si dimostra in massimo grado indolente influenzabile manovrabile, in definitiva privo di potere, esercitare un potere qualsiasi?
Le antiche caste furono pensate proprio per impedire un simile caos?
Herr Lampe
Sento un ronzare di Mosca, proprio dietro alla Pareto di casa.