Il nodo del fisco

Per quanto possa sembrare scandaloso al lettore europeo, la legislazione americana prevede una tassazione “regressiva” sul reddito, per cui i lavoratori dipendenti pagano le tasse per una aliquota del 35% mentre i redditi superiori al milione di dollari annuo pagano il 15% (1). Questo in ossequio al mantra neo liberista, per cui sono i ricchi a consumare ed investire, quindi devono pagare meno tasse degli altri, perchè così investono e stiamo meglio tutti.

Infatti, i ricchi investono, ma in altri titoli finanziari per fare altro denaro che reinvestiranno in altri titoli finanziari e così via, senza che questo crei un solo posto di lavoro. La cosa, a pensarci bene, fa un po’ ribrezzo, al punto che persino quel gentiluomo di Warren Buffet si è detto stufo di pagare tasse percentualmente inferiori a quelle della sua segretaria.

Anche il Presidente della Francia, Françoise Hollande (2), minacciava sfracelli tributari contro i ricchi (per la verità, lo ha fatto un po’ meno in occasione della sua visita alla City a Londra, quando ha spiegato che non ce l’ha con la finanza). E dunque si levi il grido: “Tasse ai ricchi!”. Giustissimo, ma come?

Il guaio è che noi non sappiamo quanto sono ricchi i “ricchi”. Innanzitutto, richiamiamo una delle cose dette all’inizio: da un punto di vista economico, quello che conta non è il numero delle persone da tassare ma la quantità di ricchezza posseduta, per cui, anche se i ricchi in America sono circa 400 famiglie (cioè 1 persona ogni 250.000), e, dunque sembrano irrilevanti numericamente, quello che conta è che hanno la fetta più rilevante della ricchezza nazionale. C’è un modo di ragionare sbagliato, nel quale spesso cadono anche persone di sinistra, che suona più o meno così: “se i cittadini che hanno un reddito superiore al milione di euro (o dollari) sono solo 500, questo vuol dire che la loro ricchezza complessiva ammonta a qualcosa di più di 500 milioni di euro, forse il doppio, il triplo o addirittura dieci volte tanto, dunque, si tratta di una porzione minoritaria della ricchezza, per cui la parte più rilevante è da cercare nella fascia medio-alta, quei 2 milioni di contribuenti che, guadagnando fra i 50.000 ed i 100.000 euro (calcolando una mediana di 75.000) rappresentano una massa di circa 150 miliardi di Euro, cioè 300 volte di più del totale presuntivo precedente” (3).

L’errore è doppio ed è spesso indotto dal modo malizioso con cui vengono proposte le statistiche sui giornali, perchè, mentre per la classe contributiva di mezzo si dà un valore minimo ed uno massimo (per cui il lettore calcola approssimativamente la mediana), quella più alta è una classe “aperta” per la quale si indica solo il valore minimo, dunque il lettore è indotto a pensare che la mediana non sarà superiore a cinque o dieci volte il valore più basso.

Ma l’errore più rilevante è l’altro: come abbiamo ripetuto alla nausea, la propensione al risparmio è funzione del reddito, per cui, se il confronto sul reddito può essere relativamente contenuto, quello sui patrimoni raggiunge distanze stellari. Se il reddito degli ultraricchi si conta nell’ordine di decine o forse centinaia di milioni di euro, il patrimonio accumulato spesso supera le diverse migliaia di miliardi. E questo è l’effetto della rendita finanziaria che, non solo produce guadagni crescenti e sempre maggiori rispetto a quelli delle altre classi di reddito, ma, per di più, è anche merito della legislazione fiscale combinata con la normativa sulla libertà di movimento dei capitali adottata dagli anni ottanta in poi.

Già nei primi anni ottanta si manifestò una elevata erraticità dei capitali da un capo all’altro del Mondo e con conseguenze non sempre auspicabili o di poco conto (4). Dopo, una legislazione sempre più permissiva, il decalogo del Washington consensus, accordi internazionali sempre più favorevoli alla libera circolazione mondiale dei capitali e l’ingresso trionfale delle nuove tecnologie informatiche nella finanza, fecero il resto.

La giustificazione di queste scelte: solo con la libera circolazione di capitali e merci si può garantire l’allocazione ottimale delle risorse. Ma, lasciando impregiudicata la questione della fondatezza di questo assunto, c’era anche dell’altro. Fra gli anni venti e gli anni settanta c’era stata una crescita notevole del reddito delle classi medie e popolari: i salari erano considerevolmente cresciuti per effetto dell’azione sindacale, un forte intervento statale in economia aveva sostenuto l’occupazione, lo sviluppo del welfare aveva garantito sanità ed istruzione quasi gratuite ai non abbienti ed al ceto medio, lo sviluppo dell’edilizia popolare aveva risolto gran parte del problema abitativo. In definitiva, l’intervento statale in economia (tramite investimenti diretti nelle grandi opere o tramite l’impresa pubblica o indirettamente attraverso l’erogazione di servizi a prezzi politici) aveva costantemente operato un trasferimento di ricchezze dai ceti abbienti a quelli popolari, attraverso la leva fiscale. Nel ventennio 1960-80 la media dei paesi Ocse (5) segnalava che la pressione fiscale era passata dal 25,8% del Pil al 32,16. Bisogna inoltre tenere presente che, nel periodo considerato, i diversi regimi fiscali nazionali erano tendenzialmente ispirati ad una certa progressività sul reddito e basati più sulla tassazione diretta che su quella indiretta, mentre le tariffe dei servizi pubblici (dalle tasse universitarie ai ticket sanitari o al costo dei servizi pubblici) erano molto bassi.

Diamo ora un’occhiata a questi dati relativi alla percentuale del gettito fiscale sul Pil al decennio 2000-2009 (abbiamo scelto i paesi più rappresentativi confrontando il dato del 2000 –prima colonna- con quello del 2009 –seconda colonna; sempre percentuale del gettito fiscale sul Pil):

Usa 29,6% | 24%
Giappone 27,1% | 28,1%
Germania 37,9% | 37%
Francia 45,3% | 41,9%
Italia 42% | 43,5%
Inghilterra 37,4% | 34,3%
Svezia 54,2% | 48,2%

Le media Ocse è scesa dal 37,4% al 32,6%. Dunque, il gettito ha registrato un aumento dal 1980 al 2000 (anche se contenuto) per poi tornare praticamente ai livelli del 1980. Ma, bisogna tenere presente che:

a- nel frattempo la tassazione è andata spostandosi verso le fasce di ceto medio o perchè (in paesi come in Italia) l’aliquota massima è rimasta ai livelli nominali precedenti7 o perchè (come negli Usa) si sono applicati sgravi ai redditi maggiori per cui “chi ha di più paga di meno”)

b- sono considerevolmente cresciute un po’ dappertutto i costi di tasse universitarie e scolastiche, ticket sanitari, prezzi dei trasporti pubblici ecc.. che, ovviamente, attingono molto di più dalle classi medie e popolari che da quelle abbienti.

Dunque, la pressione fiscale è complessivamente diminuita ed è andata spostandosi verso i ceti medio bassi. Si noti anche il parallelismo fra il calo del gettito fiscale e l’incremento del debito pubblico.

Un caso? Tutt’altro: un obbiettivo raggiunto. Lo scopo vero (o comunque più importante) della normativa sulla libera circolazione dei capitali era proprio quello di sottrarre allo Stato la possibilità di operare quella redistribuzione di ricchezze di cui abbiamo detto. Ed a confermarcelo è un apologeta della globalizzazione come Wolf che, dopo qualche contorsione, ammette:

<< Gli stati  possono ancora redistribuire il reddito nella misura in cui coloro che detengono i fattori produttivi o le attività assoggettate alle aliquote più elevate non sono in grado o non desiderano evadere o eludere le tasse. Questi soggetti potrebbero anche essere favorevoli a pagare le tasse, sempre che vedano la retribuzione del reddito  come un beneficio relativo a quella giurisdizione, o perchè si identificano con i beneficiari della  redistribuzione, o perchè temono8 di poter diventare essi stessi diventare beneficiari. o perchè attribuiscono importanza alla sicurezza individuale che deriva dal fatto di vivere in mezzo a persone che non si trovano in condizioni disperate>> (9)

Per tagliare corto: i poveracci le tasse le devono pagare mentre quelli “che detengono i fattori produttivi…”, cioè lorsignori, le pagano se gli va; bellissimo quel “potrebbero anche essere favorevoli a pagare le tasse..(se) non desiderano evadere o eludere le tasse”: bontà loro. Dopo di che qualsiasi principio liberale di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge è praticamente abrogato. Quel che dimostra che liberismo e liberalismo non sono la stessa cosa e la maggioranza dei neo liberisti non sono affatto liberali.

Il punto è che i capitali finanziari si sono globalizzati, ma il fisco è rimasto nazionale e questo ha avuto come risultato la nascita di uno stato virtuale “Riccolandia” che prende denaro da tutti e non ne versa a nessuno. Ne riparleremo.

Aldo Giannuli

1)  Federico RAMPINI “Obama inventa la Tassa Buffet” in Repubblica 19.911 p. 15. Per la verità questi graziosi cadeaux agli ultraricchi non sono stati solo opera dei repubblicani ufficiali Bush padre e figlio, ma anche del repubblicano ausiliario Clinton.

2) “S24” 27.1.12 p. 23

3) Le cifre sono convenzionali, per capirci, non si riferiscono a nessun paese in concreto.

4) Robyn T, NAYLOR “Denaro che scotta” Edizioni Comunità, Milano 1989

5) Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo Economico, fondata da tutti i paesi del blocco Nato con l’aggiunta della Svezia.

6) Martin WOLF “Perchè la globalizzazione funziona”

7)  Se nel 1990 l’aliquota massima del 40%si applicava oltre la soglia dei 50.000 euro attuali, aver mantenuto sostanzialmente invariato quel valore venti anni dopo,  senza tener conto della svalutazione, ha significato spostare sempre più verso il basso la soglia oltre la quale scatta il prelievo massimo.

8) Il punto merita un chiarimento: “Temono” di poter diventare beneficiari a causa di un loro eventuale impoverimento.

9) Martin WOLF “Perchè la globalizzazione funziona”

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Aldo Giannuli

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Comments (43)

  • A me il sistema americano non scandalizza affatto. Potrà forse scandalizzare l’elettore di sinistra che sulle tasse in genere ci mangia, come dimostra la manifestazione di sabato, guidata dalla Camusso e che ha visto scendere in piazza i parassiti delle province. A questo punto mi sono chiesto quando manifesteranno i pidocchi e le zecche e magari anche la peronospera della vite. Sembra che la sinistra, malgrado se la prenda sempre con la compianta signora Thatcher, abbia come scopo principale dimostrare che la Lady di Ferro aveva ragione quando diceva che “il socialismo è l’idea di vivere con i soldi degli altri. Il problema è che i soldi degli altri prima o poi finiscono”.
    Quanto ai ricchi, è meglio limitare lo scandalo, perché è meglio avere vicini ricchi. Difatti, povertà e ricchezza sono malattie contagiose. Chi ha vicini ricchi il più delle volte arricchisce, mentre chi ha vicini poveri il più delle volte impoverisce. La dimostrazione la abbiamo in casa. Eccola.
    Tempo fa alcune TESTE DI CAZZO (mi perdoni l’espressione volgare e la prego di non censurarla, perche’ quando si incontrano geni come quelli di cui sto per parlare l’unica definizione possibile è TESTE DI CAZZO), dicevo alcune TESTE DI CAZZO decisero di far piangere i ricchi e spararono una bella superimposta sugli ormeggi degli Yacht. I proprietari di barca non fecero una piega e spostarono le barche in Croazia ed altre zone limitrofe. Emissari in loco riferiscono che i ricchi, sulle loro barche, non piangono affatto, mentre versano copiose lacrime i lavoratori italiani dei porti e della cantieristica, che hanno perso il lavoro. Alcuni pare che oltre a piangere sbattono la testa al muro e fra questi ci sono i minorati mentali iscritti a CGIL e CISL, cioè a quei sindacati che sono sempre in prima linea per aumentare le tasse. Il fatto è che i suddetti minorati mentali hanno capito la fesseria fatta iscrivendosi a CGIL e CISL e, in sostanza, di essersi rovinati con le loro mani. Per quanto minorato mentale uno possa essere, quando certe cose si provano sulla propria pelle si capiscono al volo.
    Concludo dicendo che invece non piangono i lavoratori croati, i quali guadagnano bene con tutte quelle barche e col giro di soldi che c’è intorno e questo dimostra quanto prima affermato. Il contatto con i ricchi arricchisce.
    Andrebbe anche riferito che il Texas ed altri 9 stati americani hanno abolito le imposte sul reddito e questo per tutti. Risultato: l’economia del Texas decolla.
    Quanto alla redistribuzione dei redditi, quanto sta avvenendo in Italia dimostra che i proventi delle tasse non migliorano le condizioni del pueblo unido che jamai sarà vensido, ma finiscono per finanziare i lussi e le corruzioni della casta nonché i loro servi, come molti extracomunitari che appena arrivati in Italia si vedono regalare una casa ed uno stipendio e, in cambio, vanno a fare le manifestazioni con i politici o come i piccoli burocrati che senza fare una ceppa guadagnano il doppio dei lavoratori dell’industria.
    Questo spiega perché io, provenendo da una classe sociale modesta non sono comunista e ripeto con Flaiano “non sono comunista perché non me lo posso permettere”.
    Quanto al fatto che i ricchi possono sfuggire maggiormente alla tassazione, dico che anche gli ebrei più veloci riuscivano a scappare ai nazisti, ma non per questo me la prendo con loro, bensì con gli assassini nazisti. Fuor di metaforo, ripeto e ribadisco che l’elevata tassazione non serve a fabbricare ospedali per i bambini poveri, ma ad arricchire la casta politica di sinistra (fra cui vi è anche Berlusconi) ed i loro servi. SVEGLIA: al la favola dei politici che tassano i ricchi per beneficare i poveri non ci crede più nessuno.
    Saluti a tutti.

      • Mi perdoni Professore, ma quando si parla di fisco occorre contrastare una sequa di frescacce cui molti credono. C’è gente che addirittura pensa che i soldi ramazzati con le tasse servano ad erogare servizi ai cittadini. Oddio, il numero di coglioni che ci credono sta diminuendo drasticamente. Non a caso la Orlandi, adeguatamente ingrassata a spese dei cittadini, ha fatto cessare la campagna fallimentare dell’agenzia delle entrate basata sul fatto che -uhuhuhuhu ihihihi- chi non paga le tasse non contribuisce a pagare i servizi che gli dà lo stato ed è passata ad una tesi più “religiosa”: le tasse vanno pagate perché sì e non perché lo stato dà qualcosa in cambio. E’ un onore pagarle. Mi consenta un avviso ai coglioni che …. le tasse sono una cosa bellissima. Siete coglioni. Non c’è dubbio. Siete coglioni e senza appello. Saluti

  • ” Se il reddito degli ultraricchi si conta nell’ordine di decine o forse centinaia di milioni di euro, il patrimonio accumulato spesso supera le diverse migliaia di miliardi.”
    Cosa può mai godere un essere umano di una ricchezza simile? Nulla, assolutamente nulla. Se ci riflettiamo un po’ ci accorgiamo che è pura follia. L’immagine di paperone che si tuffa nelle monete d’oro ci fa sorridere nel fumetto, ma nella realtà è da manicomio. Sono queste le persone nelle cui mani abbiamo messo il destino dell’occidente?
    Voglio votare persone che mi dimostrino disprezzo per il denaro, il che non significa non apprezzarne il valore di mezzo; che siano sincere ed oneste, il che non esclude scaltrezza e abilità; insomma, difronte a queste analisi glaciali, non posso , non voglio starmene con le mani in mano ad attendere rassegnato l’epilogo.

    • Il destino dell’occidente, francemente, non so in che mani sia, ma posso informarti che il destino di noi italiani sta nelle mani di un gruppo di grandi pappones , che ci massacrano di tasse con la scusa di costruire ospedali per i bambini poveri e poi usano i soldi cosi ramazzati per prendere stimpendi da 50mila euro / mese con vitalizio successivo da 40mila econ autoblum fino alla morte ed elargendo qualche spiccio ai piccoli parassiti che lo sostengono in forma di assunzioni clientelari. Il tutto mentre quelli come te si preoccupano delle sorti dell’occidente. Saluti

      • A Tenerone
        In genere apprezzo i tuoi interventi, ma stavolta li trovo un po’ esagerati.
        Stai sostenendo di abolire le tasse?
        L’articolo parla di occidente, sei tu che tiri in ballo l’Italia oltretutto per dire cose sui politici italiani che, se hai letto qualche mio commento, sono per me delle ovvietà.
        Nel mio piccolo cerco di fare qualcosa, visto il sarcasmo forse hai qualche suggerimento migliore da darci e allora daccelo!

        • I sugggerimenti ce li dà la storia. QUando in una nazione si forma un gruppo di parassiti possono essere eliminati solo sterminandoli. LO insegna la rivoluzione francese, ma anche quella inglese che sono stati i primi a tagliare la testa al proprio re, anche se non amano ricordarlo. Anche perché i parassiti non pensano neanche di essere parassiti, ma addirittura ritengono di essere socialmente utili, come dimostra la Camusso alla testa dei mafiosi delle province. Saluti

  • se la gente aprisse gli occhi, si renderebbe conto che uno dei piu’ grossi problemi al mondo’ se non il piu’ grosso, e’ l’ esagerata disuniformita’ nella distribuzione della ricchezza. Ad Atene 2500 anni fa’ lo avevano gia’ capito e si erano dati delle regole per tenere i ricchi piu’ possibile lontani dalla politica e limitarne il potere. Oggigiorno invece sembra che la democrazia giri tutta intorno ai diritti dei gay e alle quote rosa, altro non viene rivendicato ne’ dalla finta sinistra (PD) ne’ da quella cosiddetta radicale, ridotti questi ultimi a pesci in barile.

    • Per adesso non mi posso occupare dei destini globali della terra o di marte o saturno. Sono troppo occupato con i problemi italiani, costuituiti da una masssa di grandi parassiti e loro piccoli e striscianti clienti che ci massacrano di tasse per magnare e stramagnare alla grande senza lavorare, come ad esempio i pappones delle province o i secondi e terzi maestri e i dipendenti di equitalia che beccano 5mila euro al mese e bonus annui da decine di migliaia di euro per depredare i lavoratori e le mignotte della RAI che prendono 30mila euro al mese e i commessi del senato che ramazzano 5mila euro al mese per aprire le porte (il resto alla prossima puntata)

  • « Quel che dimostra che liberismo e liberalismo non sono la stessa cosa e la maggioranza dei neo liberisti non sono affatto liberali. »

    Non diciamo “lievi imprecisioni”, pensando di dire l’ovvio ai lavoratori. Sono assolutamente la stessa cosa: provi, Professore, a citare un esempio storico di movimento di pensiero liberale che non sia stato liberista.

    Essere liberisti è essere liberali.

    Gli stati liberali nascono come “liberazione” del mercato dallo stato assolutista: come affermerà poi Spencer, lo stato liberale avrebbe dovuto poi proteggersi dai Parlamenti stessi.

    Ad un uso filologicamente improprio di “liberale”, hanno contribuito soprattutto due geni: uno è stato Croce, che avrebbe fatto meglio a continuare ad occuparsi di estetica.

    L’altro è stato lo zio Sam, che ha pensato bene di far finta che i Liberal Americani, dopo l’ambiguità ideologica dell’esperienza Roosevelt-keynesiana, da partito strenuo difensore del liberoscambismo dal tempo della guerra di secessione, sia diventato socialdemocratico: ma si sà, esiste un certo trade off tra essere americani ed avere cultura.

    Esiste una mistificazione del pensiero “liberale” che è politicamente devastante: la democrozia sociale così come pensata dai lavoratori, non ha nulla a che fare con gli ordini liberali.

    I liberali sono coloro che vogliono diritti e democrazia in base al censo: da Salvemini a Rosselli, da Rossi e Spinelli, dai radicali ai piddosellini, “liberal” ha significato perdere la prospettiva del conflitto da parte dei socialisti, con buona pace delle “tirate” della Luxemburg ai servi dell’Impero e del capitale come Bernstein.

    Ed è l’avanguardia socialista a far in modo che i lavoratori possano comprendere correttamente la neolingua.

    • Il liberale non vuole nessun vincolo statale alla libertà individuale, in qualsiasi campo essa si esplichi. Capito??? La libertà economica non puo’ mancare. Quindi, per usare una terminologia cara alla sinistra, per essere liberali occorre essere anche liberisti.
      Saluti

      • Chiarissimo.

        Però non devi spiegarle a me che queste cose che le studio: le devi spiegare ai liberali che si credono di “sinistra” o, peggio, che si credono democratici.

        Conosco abbastanza bene la materia da poter dar ragione a te come ad Einaudi nella discussione con Croce.

        D’altronde, chi non capisce la differenza tra lo stato liberale e lo Stato sociale, non può conoscere neanche quale sia il patto costituente che lo lega alla comunità sociale di origine a cui appartiene.
        Salutami Antonio Martino, e digli da parte mia che Norimberga si farà anche questa volta…

        (Non ti preoccupare, lui capisce)

        • Attenzione! Liberal in inglese non vuole assolutamente dire liberale. Ma dovrebbe essere tradotto con radical chic o altro, ma mai liberale. Liberal è uno di quei “falsi amici” di cui pullula la lingua inglese e che producono traduzioni demenziali che fanno venire voglia di pestare a sangue il traduttore, come quando in certi film si sente dire
          – “è diventato vice presidente della sua società”, scordando che vice president è il funzionario che risponde direttamente al direttore generale, oppure
          “io e altri amici abbiamo fondato una compagnia. Ah sì. E che mettete in cartellone? L’Amleto.
          E ancora actually non significa attualmente e affair non si traduce con affare ma con relazione sentimentale.
          Sinceramente poi non capisco che c’azzecchi lo stato sociale con noi liberali. Tu hai sentito qualche liberale perorare lo stato sociale. O non era un liberale o era un liberale che aveva fumato pesante e si rivolgeva ad un pusher poco raccomandata.
          Saluti

          • Grazie per i proficui chiarimenti filologici: fino a qua ci siamo.

            Integro per i liberali che si spacciano per “compagni”, e che megari potrebbe far comodo loro capire la differenza tra democrazia sociale e oligarchia liberale.

            1 – i liberal anglosassoni diventano “radical chic” dopo Keynes (il liberalismo “vero” l’hanno eretto a religione loro, Adam Smith era scozzese, e si inizia a parlare di “liberalism” solo dopo l’800): Keynes è stato un militante del “liberal party”… Liberal Party che ha distrutto ideologicamente. In realtà, ha dato “dall’alto” gli strumenti ai laburisti per far della vera lotta di classe;

            (TUTTE le sinistre occidentali, dall’eurocomunismo in avanti, appartengono a questa categoria: neoliberisti politically correct)

            2 – i liberal “originali” sono qelli che si rifanno all’economia neoclassica della scuola austriaca che ha messo le radici a Chicago negli anni ’60 (dove ha studiato Martino).

            (Neoliberisti non politically correct: repubblicani, tories, liberali italiani, Berluscones, Tea Party Leghisti, ecc.)

            La differenza è solo tra l’essere più o meno politicamente corretti: ma TUTTI sono LIBERISTI o sedicenti comunisti che si rifanno all’economia neoclassica (insomma, quelli del “debito pubblico brutto”…)

            Se a Sinistra ci stanno il lavoro e lo stato sociale, costoro sono più o meno de facto TUTTI di destra, dalla parte del capitale.

            Comunque, caro Tenerone, non è che non mi fidi, però non son così sicuro che anche tu sia un VERO liberale: Monti si rifà noriamente alla scuola austriaca e, come tutti gil europeisti, si rifà alla scuola ordo-liberale di Friburgo. Tanto che, pochi anni fa, ha vinto pure il premio “von Hayek”. (Sì, il professore preferito della Thatcher).

            Ti sono piaciute le sue politiche fiscali e di bilancio?

            (I veri ricchi che hanno portato il patrimonio all’estero e nei paradisi fiscali hanno l’aliquota effettiva dello…. 0%!!! Super Thacheriano! Quindi, il Tenerone che aborre la ridistribuzione del reddito tramite la fiscalità progressiva e lo stato sociale, avrà goduto, no?)

      • Balle ideologiche. Il liberalismo economico è un concetto puramente teorico, nato quando lo Stato che si proponeva di abbattere era rappresentato dalla monarchia assoluta, quindi ben altro da ora. Il modo di produzione capitalista tende naturalmente al monopolio, che è la negazione del liberalismo. E lo Stato moderno è necessario al capitale, dato che il suo ruolo è sempre stato quello di sostenere la caduta del saggio di profitto nei periodi di crisi ciclica e difendere la proprietà privata de mezzi di produzione.

        • Il Liberalismo è un concetto molto pratico: pochissimo stato e pochissime tasse.
          Quanto al fatto che lo stato attuale sia molto diverso dalla monarchia assoluta, io ci andrei piano a dirlo. Sicuramente oggi non abbiamo il re, ma … nelle monarchie assolute lo stato pretendeva tasse altissime. Ti ricorda qualcosa? E lo stato intermediava gran parte del PIL nazionale e i proventi delle tasse finivano nelle tasche dei parassiti. Molti dei parassiti erano alti funzionari che stavano a corte e godevano di privilegi ignobili. Ti suggerisce qualcosa??? Ma altri parassiti erano clientes dei suddetti alti parassiti e godevano di piccoli privilegi elargiti da provvedimenti ad hoc. Non ti cominciano a fischiare le orecchie?
          Il fatto è che a sx si crede nelle sorti progressive. Ma il mondo è sempre quello. Il comunismo non lo ha inventato Marx. In ogni epoca c’è stato chi produceva e chi pretendeva di magnare alle spalle dei ceti produttivi.
          Saluti

          • Non hai risposto alle questioni che ho sollevato: il Liberalismo è un’utopia borghese, perchè il Capitalismo ha bisogno del sostegno dello Stato e tende naturalmente ad un sistema di monopoli, con tanti saluti alla libera concorrenza e la meritocrazia e che tanto invochi, e il parassitismo è insito nel suo modello di produzione, basato sullo sfruttamento.
            Per quanto riguarda le differenze tra Stato moderno e ancien regime, non dovrei essere io a ricordartele, ma basta dire che oggi l’autorità dei governi deriva da un sistema di democrazia rappresentativa (che seppur imperfetto è comunque modificabile), mentre prima l’autorità del Re era ereditaria e immutabile perchè di origine divina (o almeno così volevano far credere). E’ proprio questo aspetto che le rivoluzioni borghesi hanno cancellato.

        • Mi spiace, ma credo che tu abbia una gran confusione in testa: la “concorrenza perfetta” è un concetto “teorico”: il liberalismo sostiene, fra le tante bellissime cose più o meno politically correct, il laissez-faire (il mercato non può avere interferenza dallo Stato come nella nostra Costituzione per fini sociali) e il free trade (gli stati non devono impedire il movimento di merci e capitali. Tra le merci è compreso anche il lavoro, insomma, i “barconi”).

          Lo Stato moderno non è assolutamente necessario al capitale: infatti la globalizzazione li sta radendo al suolo, con l’aiuto degli internazionalisti che Marx non lo hanno mai capito, se lo hanno mai letto.

          Infatti tu citi Marx, che fondamentalmente descriveva un modello di produzione che non esiste più da più di un secolo: sicuramanente è ancora attuale il fatto che alla conclusione della sua analisi, un buon modo di risolvere la crisi di sovraprodduzione era radere al suolo i mezzi produttivi con una bella guerra.

          Come faceva già notare Keynes negli anni 20 e 30, siamo da più di un secolo in un’economia completamente finanziarizzata e, Kelecki, argomenterà gli aspetti politici per cui il pieno impiego viene impedito in senso anti-ciclico.

          Argomenterà infatti che il capitale preferiva perdere profitti e veder chiudere le proprie fabbriche se questo poteva servire a disciplinare gli operai e se permettava di aumentare il controllo del capitale sulle istituzioni politiche.

          • Il modello di produzione che dai per morto da un secolo in realtà è la norma attualmente: a livello mondiale, il lavoro salariato non è mai stato così esteso e numeroso. Se rimaniamo nelle economie avanzate di Europa e Usa, la finaziarizzazione è un fatto, ma è limitato geograficamente.

            Storicamente lo Stato moderno è stato eccome necessario al capitale, ma quando questo ha visto la fine del grande ciclo di accumulazione del dopoguerra, lo Stato (diventato in generale troppo “democratico” e quindi troppo redistributivo) è diventato un ostacolo per nuovi cicli di accumulazione a spese delle classi popolari ed ha quindi recuperato i concetti del liberalismo antico, quello di Hume e Locke, per abbatterlo.

            Che poi si sia arrivati al paradosso che il concetto di Stato venga riproposto dall’estrema destra (anche se declinato come Stato-Nazione) è una questione interessante, ma a ben vedere dimostra solo la paura delle piccole borghesie capitaliste locali di soccombere di fronte al grande capitale transnazionale.

            In tutti questi discorsi comunque il grande soggetto assente è la classe lavoratrice, anche se numericamente è di gran lunga la più numerosa. Per questo dico che state raccontando la storia a modo vostro, dove il soggetto principale è la classe dominante borghese, le sue teorie economiche e sociali (elaborate per difendere i propri interessi), le sue fazioni e le loro lotte per il potere.

          • @Riccardo

            Non sono “io” che do per morto il modello socioeconomico ottocentesco, ma almeno un secolo di letteratura.

            Ovviamente si parla delle nazioni che impongono lo “spin” socioculturale e di politica economica al resto del mondo. (Non il Burkina Faso).

            Comunque, le critiche all’analisi marxista le lascio al lavoro di Keynes e a quello dei marxisti post-keynesiani e, in particolare, a quella del ruolo di Stato-nazione “come terreno più prossimo all’ottimalità per la lotta di classe”, lascio al recente lavoro di Cesaratto che ho già segnalato su questo blog.

            In linea di principio sono d’accordo con quanto affermi, ma ritengo che non ci siamo a livello filologico: Hume e Locke non possono definirsi “liberali”.

            Sono gli empiristi che getteranno le basi per il liberalismo che nascerà nominalmente nell’800 e verrà sistematizzato compiutamente con l’empirista Adam Smith.

            Le destre di cui parli, tipo il FN, sono destre sociali, e prendono voti soprattutto dalla classe operaia.

            Il PD sta votando la legge Acerbo, ha distrutto il lavoro e la democrazia: il marxista Sapir è estrema destra e il democristiano fascista Renzi è “centro-sinistra”?

            Dai, non scherziamo: i piccoli borghesi chi sarebbero? E se avessero gli stessi interessi della classe operaia? Li abbattiamo lo stesso perché ci stanno sul gozzo?

            Poi continui con “voi” e la storia… ma “voi” chi?

            (Tra l’altro, sul mito della “libera concorrenza”, sulle origini del capitale e il rapporto con lo Stato, preferisco le analisi di Braudel a quelle di Marx o Smith)

            Io metto la mano sul fuoco che non hai capito nulla dell’analisi da me proposta e pensi che sia un liberale.

            E ti assicuro che dopo 4 post sarebbe grave. Ma spiegherebbe un sacco di cose.

            Ti dirò di più: il grande assente è solo la Sinistra, perché non sono ancora a disposizione i mezzi culturali per opporre un minimo di resistenza a questa catastrofe.

            Saluti.

          • però non ricominciamo con le lenziolate: la gente raramente legge oltre le dieci righe e quasi mai oltre le venti.

    • ” Gli stati liberali nascono come ‘liberazione’ del mercato dallo stato assolutista.”
      Già, ma all’epoca lo stato assolutista era rappresentato dalla corte del Re e la nobiltà, non da una Repubblica retta da un sistema (più o meno) democratico, e il liberalismo era l’espressione della nuova classe borghese che voleva prendere il potere. Questi dettagli non li menzionate quando raccontate la Storia a modo vostro.

      • “Questi dettagli non li menzionate quando raccontate la Storia a modo vostro.”

        “Nostro” di chi?

        Ho paura che sia tu che abbia letto a modo tuo: infatti, se continuavi a fare copia incolla, ti saresti trovato una citazione di Spencer (Herbert, non Bud), che appunto già nell’800 affermava che «[…] la funzione del liberalismo in passato fu quella di porre un limite ai poteri del re. La funzione del vero liberalismo in futuro sarà quella di porre un limite ai poteri del Parlamento».

        La nostra Costituzione è antifascista anche in quanto anti-liberale: il fatto che abbia conservato le strutture istituzionali borghesi degli ordinamenti liberali, non significa che sia, per questo, “liberale”.

        La globalizzazione nasce con la contaminazione “liberale” di tutte le forze politiche occidentali, minando alle base le democrazie.

        Le democrazie costituzionali fondate sul lavoro come strumento per la sostanzializzazione della dignità dell’Uomo, segnarono il passaggio dallo stato liberale allo stato sociale, poiché l’unica concezione di democrazia “sostanziale”, in senso universalistico, non poteva che avvenire tramite il “vincolo” del “mercato” ai fini sociali, stabiliti da un parlamento eletto con un suffragio universale.

        Un bestemmia per i liberali.

        • La nostra Costituzione è antifascista anche in quanto anti-liberale
          ***
          In questo siamo d’accordissimo. Difatti la nostra costituzione non dovrebbe chiamarsi così, ma “legge fondamentale”, come in Germania. Non a caso i tedeschi sono seri e precisi.
          La costituzione è un’invenzione liberale ed ha lo scopo principale di tenere lo stato a tre passi dai coglioni dei cittadini. Qui addirittura nella cosiddetta costituzione si dice che lo stato “deve”ingerirsi nella vita dei cittadini.
          Non sono invece d’accordo con il fatto che sia antifascista. Dal fascismo la nostra pseudocostituzione ha ereditato questo animus rompendi civium cogliones e cioè la tendenza a dirigere tutti il dirigibile, anche quando non si alzerebbe mai da terra. Non a caso molti considerano la pseudocostituzione come figlia della carta del lavoro.
          Saluti

  • Ottimo articolo.

    Io, però,avrei menzionato quello che ancora oggi (anche a sinistra) è tabu: il ruolo redistributivo di una moderata inflazione (6-8%) in presenza di meccanismi di indicizzazione automatica dei salari.

    Esaminare questo passaggio, in combinazione con quanto da lei esposto, aiuterebbe a capire perchè tutte le politiche economiche neoliberiste, dagli anni 80′ in poi (quindi anche quando le ondate iperinflattive degli anni ’70, dovute ai due shock petroliferi, erano state assorbite), hanno perseguito l’ossessione della stabilità dei prezzi. Creare una moderata inflazione è una forma di tassazione subdola sui patrimoni (soprattutto quelli in attività finanziarie, dove l’aspetto nominale è molto importante per il valore dei titoli) alla quale non si può sfuggire.

  • “persino quel gentiluomo di Warren Buffet si è detto stufo di pagare tasse percentualmente inferiori a quelle della sua segretaria.”
    se al gentiluomo Buffett fregasse minimamente di pagare più tasse della sua segretaria, visto che non è un signor Nessuno (economicamente) come me e lei, ma ha i mezzi per rendere le parole fatti, potrebbe nel giro di due mesi ottenere quello che vuole, creandosi a Washington una società di lobbying che copra d’oro metà del parlamento perchè legiferi in tal senso.
    Se è troppo rischioso perchè porterebbe come reazione tutti gli altri miliardari, che di pagare tasse non ne vogliono sapere, a unirsi contro di lui e a coprire di platino e diamanti il parlamento per disinnescarlo, può sempre creare una società di beneficenza che restituisca a una platea più ampia possibile quella quota di tasse che lui non paga ma che reputa sia necessario che un miliardario paghi.
    Per esempio, se lui paga il 15% e la segretaria il 35%, e ritiene che i miliardari debbano pagare il 50%, e chi fa lavori pagati quanto la segretaria o anche meno il 15%, lui crea una società in cui immette quel 35% (quindi circa un terzo) delle sue ricchezze di troppo, e ingaggia qualche migliaio di ragionieri per distribuire a ogni dipendente di ceto medio-basso la differenza tra tasse pagate e quelle che secondo lui dovrebbe pagare. Insomma, gli rimborsa le tasse privatamente. Non potrebbe farlo con gli oltre 100 milioni di lavoratori dipendenti, perchè per quanto ricco alla fine darebbe pochi spiccioli a testa, però potrebbe farlo con qualche milione dei più poveri. E voglio proprio vedere cosa possono fare gli altri miliardari per impedirglielo…vietano le donazioni?

  • Prof. Giannuli, solo una chiosa, anzi 2, forse 3: ma cerco di essere sintetico.
    1) il sistema di tassazione negli USA è diverso: lì il cittadino può detrarre dalle tasse tutte le spese (quelle sanitarie in primo luogo), e pagare la percentuale dovuta solo su quelli che per le Società sono utili, per le famiglie potremmo forse definirli i risparmi.
    2) un lavoratore quasi povero, che guadagna, poniamo, 12.000 dollari l’anno, pagherà forse 4-500 dollari, o anche meno. Un riccone che guadagna un milione di dollari l’anno, pur pagando il 15% e non il 35%, alla fine contribuira’ al mantenimento dello stato con qualcosa di equivalente a 4100 – 4300 lavoratori quasi poveri. In più, per essere riccone ha probabilmente interessi in una o più imprese, che hanno generato utili che sono tassati in modo molto più incisivo dei privati.
    3) nonostante tutto, gli USA sono ancora la terra delle opportunità. Il merito viene davvero riconosciuto e incoraggiato, l’invidia sociale imperante quì da noi esiste anche da loro, ma è abbondantemente compensata da una genuina ammirazione per chi ha talento, che viene aiutato e non demolito come succede purtroppo da noi. Per chi conosce la società americana questi sono fatti, non parole; l’altra faccia della medaglia, purtroppo, è rappresentata dalla scarsa solidarietà verso i meno fortunati, che lì vengono visti come meno dotati.
    Per finire, è un’altro stile di vita e tutto sommato sono a casa loro ed hanno diritto di vivere come credono: e la stragrande maggioranza degli americani accetta questo stile di vita e non si sogna minimamente di cambiarlo.
    Se solo non si spacciassero con le loro ingerenze (e guerre) negli affari interni degli altri Paesi, inclusi il nostro, come portatori e paladini della DEMOCRAZIA!

  • Sarà un caso ma il trentennio migliore del capitalismo, quello in cui è riuscito ad essere vicino alla sua favoletta da manuale è il periodo 45/1975.
    Certo sui confini orientali premevano i carri sovietici ma nel complesso i progressi di benessere e la loro capillarità hanno conosciuto l’apice allora. Dopo il collasso del sistema sovietico (che rispetto la sua favoletta da manuale era in crisi già da molto) la superstite ideologia si è data alla pazza gioia e la quota salari e l’indice di gini sono cambiati moltissimo nelle statistiche del fmi. Chi è il vincitore fra i due lo sappiamo, ma non c’è da festeggiare.

      • In genere per i paesi avanzati secondo l’ocse e il fmi: la media fra Giappone, Regno unito, Germania, Francia, Italia, Canada e Spagna.
        Ad esempio lo scarto fra crescita della produttività e salari reali. Se la faoveletta del capitalismo funzionasse come da manuale l’aumento della produttività (per diversi fattori fra cui il miglioramento tecnico) dovrebbe riverberarsi alla pari anche sui lavoratori, sta bene l’imprenditore e a cascata i subordinati.
        Fra il 1946 e il 1970 l’aumento negli stati uniti dell’uno e dell’altro è stato il 2%, la pefezione. Dall’81 al 2011 lo scarto negativo è di circa il 2% negli usa e di circa 0,5% negli altri avanzati. (Fmi 2013)
        La quota salari sul totale dei redditi nazionali dalla fine dei 70 al 2010 cala nelle 3 principale economie dell’eurozona di circa 10 punti percentuali (Ameco 2014 e studi di Kramer 2011, in Bagnai 2014). Negli Usa questa tendenza è quarantennale è l’amministrazione Obama non ha assolutamente invertito la tendenza, anzi.
        Tendenza opposta per l’indice di Gini (disuguaglianza dei redditi) da 0,39 nel 1970 a quasi 0,48 nel 2012. (Fed 2014), ovviamente coefficienti più alti determinano maggiore diseguaglianza.
        Il capitalismo funziona solo se c’è abbastanza domanda aggregata mentre oggi la tendenza è aumentare la produttività (le riffffforme) ma mantenere sempre lo stesso potere d’acquisto, anzi abbassarlo (jobs act e riforme Hartz in germania). Come si sostiene il sistema? Con l’indebitamento. E’ sostenibile? Mi guardo in giro e squoto la testa. Come passare da un sistema wage led ad uno profit led. Chi ci rimette? Operai, commercianti, piccoli imprenditori partite iva. Ovvero l’economia reale.

        Scusate lo sforamento super, mi conterrò in futuro. Non è questo un forum, ma un blog.

  • Dici di non poterti occupare di marte o di saturno perché troppo impegnato coi problemi italici paventando una concretezza che non hai. Infatti alla richiesta di suggerimenti in fondo la butti in caciara. Ma chi taglia la testa a chi? E dove sarebbero questi rivoluzionari?
    Stai avendo una reazione isterica, chi ha le palle cerca sempre di agire, di fare qualcosa, magari ingoia rospi ma non si arrende.

    • Le grandi rivoluzioni inglesi e francesi insegnano che le teste le tagliano i ceti produttivi e i decapitati sono i parassiti. Che poi io non abbia le palle può esseree vero. come molti italiani ho l’abitudine di chinare la testa davanti ai prepotenti. In UK Canmeron ha cacciato a calci nel sedere migliaia di statali e lo hanno appplaudito. Qui non riusciamo neanche a chiudere la RAI. Hai ragione: dovrei stare a viale Mazzini a sparare alle mignotte ed ai galoppini di partito. O sgozzare qualche Equitaliano. Effettivamente non sono Cromwell e nemmeno Danton.

  • probabilmente tenerone e junius lavorano per la casaleggio associati. le dinamiche populiste da loro innescate mi sembrano sempre le stesse dai vecchi tempi dei meetup e in effetti hanno sempre lo stesso effetto: buttarla in caciara tentando di riproporre le solite narrazioni settarie che hanno imparato a memoria e che ci siamo annoiati a leggere o a sentire perchè rieptute da tutti.
    comunque sia è un lavoro di merda

  • @ Junius
    Ti rispondo qui, perché non appare il reply in calce al tuo intervento.
    Una premessa. Io apprezzo molto il tuo studio, ma ti consiglio di fare periodiche verifiche pratiche se no si finisce col costruire belle teorie perfettamente funzionanti nell’iperuranio, ma che affondano appena lasciano il porto … infatti dico sempre che secondo me l’architetto del Vasa doveva essere comunista.
    MONTI A sx si ostinano a volerlo considerare un liberale. Ma tu puoi verificarlo andando in un raduno del tea party ed affermando che Monti è un bravo ragazzo. Cioè no. Non farlo. Perche’ rischieresti grosso. Qualcuno potrebbe anche squartarti per azzannare il cuore ancora palpitanti. Una volta mi stavano parlando di Monti. Mi sono risvegliato che non ricordavo niente e mi hanno detto che avevo cominciato a sbavare sangue. Ma mi spieghi come cappero fai a dire che è liberale uno che ha messo tasse esosissime e in più ha passato la vita a legiferare sulla curvatura dei cetrioli e si è permesso di abolire il segreto bancario e di imporre la comunicazione delle transazioni finanziarie???
    Non fare troppe teorie del tipo …. Liberale =Thatcher = HAYEK = Monti e quindi Monti è liberale. La verifica è presto fatta. La Thatcher ha cacciato a calci nel culo un mucchio di parassiti. E infatti i liberali veri la ammirano Io primo fra tutti. Monti ha comprato 400 autoblu e non ha toccato alcun privilegio e ha aumentato le tasse. E infatti i liberali lo odiano.
    Hayek era un liberale morbido. Un minimo di stato sociale lo ammetteva. Per questo forse qualche infitrato nel suo pensiero può esserci stato.
    Martino e Friedman sono veri liberali. Non a caso Friedman disse che l’Italia sopravviveva grazie all’evasione fiscale e quel che sta succedendo in Italia adesso conferma che aveva ragione.
    Dammi retta, piantala coi guazzabugli ideologici del tipo il libealismo politicamente corretto che si estrinseca a sinistra … non puoi parlare di essere liberisti o sedicenti comunisti, perché significa di stare fuori dal mondo. Rischi di fare la fine di quei cubani che andavano in Africa ad aiutare le rivoluzioni locali pensando, dopo molte elucuibrazioni ideologiche che parivano da Marx e transitavano per la riappropriazione ludica e socializzanti, di essere accolti con collane di fiori al collo dai locali, che invece appena li vedevano al collo gli mettevano un bel cappio di corda collegato ad un robusto ramo.
    Saluti

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