Il nodo del debito pubblico interno
Per quanto alcuni paesi siano particolarmente esposti verso fondi sovrani stranieri o soggetti assimilabili (è il caso degli Usa nei confronti di Cina, Emirati Arabi, Giappone ecc.), la parte più consistente del debito è regolarmente posseduta da soggetti interni: banche, enti locali, fondi pensione, università, aziende, fondi comuni, singoli risparmiatori.
Un puro e semplice azzeramento avrebbe effetti negativi prevalenti su quelli positivi ed, in qualche caso effetti devastanti: si pensi solo al caso dei fondi pensione.
Per i paesi dell’area Euro, si pone un problema di non poco conto che richiede qualche spiegazione. Classicamente, il debito pubblico si divide in due categorie:
1- il debito estero composto da quello verso altri stati e dai titoli denominati in moneta diversa dalla propria
2- il debito domestico composto dai titoli emessi in moneta propria e posseduto da singoli risparmiatori, anche non del proprio paese.
Nel caso dei titoli in valuta propria lo Stato ha sempre la possibilità di manovrare la moneta (ad esempio con la svalutazione) per ridimensionare il debito, cosa che evidentemente non può fare con i titoli denominati in valuta estera.
Si discute sulla collocazione dei titoli di debito in moneta nazionale posseduti da soggetti istituzionali stranieri (banche, assicurazioni, fondi pensione, hedge fund ecc); da un punto di vista giuridico andrebbero considerati come debito domestico, ma, dal punto di vista del concreto apprezzamento dei titoli sul mercato internazionale, le cose cambiano: lo Stato può sempre imporre (in forme più o meno costrittive) a suoi soggetti istituzionali interni di acquistare una certa quantità di suoi bond, mentre, evidentemente, non può farlo con i soggetti istituzionali stranieri. E se il singolo risparmiatore straniero ha poche armi per difendersi, i soggetti istituzionali, con il loro comportamento possono influire pesantemente sui mercati finanziari, reagendo ad una eventuale svalutazione o altra forma di ripudio, più o meno dissimulato, del debito.
I problemi si pongono in modo più complicato nel caso dei paesi dell’eurozona, i cui titoli sono denominati, appunto in euro, per cui diventa difficile stabilire se essi sono emessi in moneta nazionale (in quanto moneta corrente in ciascun paese) o estera, proprio perchè moneta comune a più stati e, dunque, non manipolabile. Per questo aspetto, è come se tutto il debito di questi stati fosse debito estero.
Ed è a partire da questa considerazioni che occorre discutere del come alleggerire il debito pubblico in riferimento alla dimensione domestica.
Uno dei problemi più delicati dell’eventuale azzeramento del debito pubblico (sollevato anche da uno dei frequentatori di questo blog) riguarda la porzione di titoli posseduta da piccoli risparmiatori interni. Va da sè che non è socialmente accettabile una misura che penalizzi la vecchietta che ha messo da parte un po’ di risparmi o l’operaio che ha investito la sua liquidazione magari per comperare la casa al figlio che deve sposarsi o per avere risorse disponibili in caso di una malattia particolare o per simili evenienze. Nella maggior parte dei casi si tratta di risparmiatori che non hanno depositi superiori ai 50-60.000 euro e che, comunque, non vanno molto al di là di questa cifra.
Il secondo problema è rappresentato da quegli enti che hanno compiti sociali (come, appunto, i fondi pensione, gli enti locali, le università ecc.). La prima misura sarebbe quella di “discriminare” questi soggetti dagli altri, riconoscendo loro forme di garanzia sociale che mettano al sicuro in tutto o in gran parte il loro piccolo capitale. Questo porrebbe delicati problemi di ordine costituzionale. Ad esempio si potrebbe dare una garanzia di copertura sino ad una certa cifra (ad esempio 100.000 euro) ed aprire un negoziato con i creditori per la parte eccedente, ma questo risolverebbe il problema dei piccoli risparmiatori, non quello dei soggetti istituzionali, fra i quali sarebbe molto difficile discriminare quelli con compiti sociali dagli altri. Ad esempio, una cassa rurale o artigiana che gestisce il credito delle rispettive categorie, ha compiti sociali o no? E una banca popolare? La discussione potrebbe andare assai per le lunghe e sarebbe prevedibile uno sterminato contenzioso giudiziario.
Una prima misura per “sgonfiare” il debito potrebbe essere la seguente: emettere una particolare serie di bond a lunga durata (eptennali, decennali e ventennali) a basso tasso di interesse (l’1% secco) imponendone l’acquisto forzoso ad una serie di soggetti:
– contribuenti con più di 500.000 euro di reddito annuo, in una proporzione dal 3% al 7% per i vari scaglioni di reddito
– deputati, consiglieri regionali, sindaci di capoluoghi, amministratori pubblici ecc. nella misura di 1/3 della propria indennità ed ex parlamentari e consiglieri regionali, in ragione di 1/5 della propria pensione.
Anche le consulenze di enti locali, tribunali, ministeri, enti economici pubblici ecc., potrebbero essere pagate per un decimo con questi titoli.
– manager industriali e bancari in ragione del 3-7% per i vari scaglioni di reddito
– possessori di patrimoni superiori ai 2 milioni di euro nella misura dell’1%
– soggetti istituzionali interni in base ai titoli di stato posseduti che, alla loro scadenza , sarebbero automaticamente rinnovati nei nuovi titoli in misura di 1/10 del totale.
Questa misura si rivelerebbe anche più efficace della patrimoniale, sia perchè questo permetterebbe di collocare per un periodo abbastanza lungo, una considerevole parte del debito pubblico realizzando un considerevole risparmio sugli interessi, sia perchè questo contribuirebbe a calmierare il mercato dei bond, con ulteriore risparmio sugli interessi. Ma, soprattutto, consentirebbe di gestire la crisi del debito allungando i tempi e puntando sul maggiore gettito fiscale dovuto alla crescita economica.
Anche per il contribuente ci sarebbe un vantaggio: la sua “perdita” sarebbe riferita solo al differenziale fra l’interesse percepito per questi titoli e quello che avrebbe percepito investendo in titoli più redditizi (poniamo un 3-4% per investimenti a rischio medio o medio-alto), mentre il capitale gli verrebbe restituito alla scadenza.
Insomma, noi preleviamo 1.000 euro dal signor X, che però, gli restituiremo fra 7-10-20 anni (potremmo anche frazionare il prestito forzoso con titoli a scadenze differenziate), nel frattempo gli rendiamo 10 euro di interessi all’anno (contro i 40-50 che gli avrebbero reso quegli euro investiti diversamente). Per il contribuente la perdita è di 30-40 ero all’anno, ma per lo stato c’è il risparmio rispetto agli interessi che diversamente dovrebbe corrispondere e, cosa più importante, c’è lo spostamento a lungo termine dei debiti a breve nella misura di 1000 euro, cioè 20 volte di più di quello che rappresenta il risparmio di interessi.
Accanto a questa misura iniziale, si potrebbe pensare ad una serie di forme di ripudio parziale del debito domestico offrendo un ventaglio di soluzioni come ad esempio:
a- distinguendo fra debiti “redimibili” (cioè rimborsabili in toto dallo Stato, con interessi più bassi), debiti “irredimibili” (cioè a “capitale perso” per i quali lo Stato paga solo gli interessi per un determinati numero di anni da determinarsi in base all’entità della cifra base ed in misura superiore agli altri) e “misti” (cioè parzialmente “redimibili” e per il resto “sterilizzati” salvo il pagamento dei relativi interessi)
b- rinegoziando le condizioni del debito con i creditori più “importanti” (cioè che vantino crediti superiori ai 200.000 euro) trattando un allungamento delle scadenze e una riduzione degli interessi
Aldo Giannuli
aldo giannuli, crisi europa, debito pubblico interno, euro, rischio default, titoli di stato
giandavide
ammetto che non ho capito molto l’ultima parte sul ripudio del debito domestico: come si effetturebbe la distinzione tra debiti redimibili e debiti irredimibili? sembra che la distinzione non sia più effettuata in base all’ammontare della somma, dato che nel punto b si parla di rinegoziare sopra i 200000, e non di non pagare. per il resto tutto condivisibilissimo; simile iniziativa a quella di giorgio melani, che ha coprato una pagina su corriere per incentivare chi può a comprarsi dei btp, anche se in questo caso si tratterebbe di emettere nuove tipologie di btp che vadano incontro alle esigenze attuali. Lo avrà pensato anche monti? mah…
aldogiannuli
penso si potrebbe offrire al risparmiatore la possibilità di scegliere fra i due trattamenti, ovviamente questo sottointende un sensibile differenziale di interessi a favore dei titoli irredimibili
mic
Condivido in pieno l’idea di far acquistare titoli del debito pubblico da certe categorie. Aggiungo che, secondo me, si potrebbe arrivare anche a pagare con BOT e BTP una parte dello stipendio dei Parlamentari e dei Consiglieri Regionali (quelli che hanno compensi più alti), ma non come norma transitoria, per sempre. Così, forse (il dubbio resta), vedremo candidarsi a Deputati e Senatori solo quelli che lo fanno per genuino spirito di servizio.
aldogiannuli
pagare stabilmente ua parte degli stipendi dei rappresentanti istituzionali in bond del Tesoro, però, potrebbe non essere una soluzione auspicabile perchè gli interessati, pur di realizzare qualcosa, potrebbero essere indotti a vendere sottocosto questi bond, con il risultato di deprimere la vendita degli altri titoli di debito, per sostenere i quali lo Stato sarebbe costretto a rialzare gli interessi. Insomma: pensiamoci un po’. Al contrario, l’idea di un prelievo una tantum magari con titoli nominativi non cedibili per almeno un certo numero di anni potrebbe funzionare.
franci75
il problema di fondo non viene comunque risolto, non abbiamo più la sovranità monetaria, lo stato italiano non può stamparsi la moneta che vuole ma deve sempre prenderla in prestisto dalla bce (ente privato)l’unico ente, grazie al trattato di Maastricht e in ultimo il tratto di Lisbona, autorizzato a stampare moneta.
siamo in mano a un gruppo di banchieri che decidono le sorti di stati sovrani
ugoagnoletto
e perché non pagare le tasse con bot o btp?
Altra cosa: la svalutazione di bot e btp è cominciata quando era stata ventilata la possibilità di tassare questi depositi, o perlomeno questo ha innescato la sfiducia verso i bot/btp. Tremonti aveva agito stupidamente o aveva fatto apposta per peggiorare la situazione? I tiramolla non fanno altro che rendere più insicuro il mercato. Dopo questa bufera, ammesso che finisca, voglio vedere cosa succederà quando i bot/btp torneranno ad avvicinarsi al valore nominale. La differenza tra Italia e Germania, è che in Germania i cittadini hanno fiducia nello stato (in Germania lo si percepisce immediatamente: lo stato è come la loro mamma), in Italia abbiamo un governo che fa di tutto per non meritarsela.
mic
Caro Aldo, giusta osservazione, però si potrebbero rendere non cedibili anche quei titoli di stato che farebbero parte del compenso del parlamentare. Una specie di congelamento dello stipendio, a tutela del bilancio dello stato. Ripeto, solo per quelli che prendono i compensi più alti. Poi, a dire il vero, io ridurrei drasticamente il compenso dei politici di “prima fascia”, non tanto perchè ciò serva per risanare la finanza pubblica, ma proprio per tagliar fuori tutta quella pletora di profittatori che entrano in politica solo per sistemare loro stessi, parenti e amici.
E’ davvero un’aspetto nauseante della politica italiana.
Prendiamo esempio da Raphael Rossi, ex dirigente dell’azienda dei rifiuti di Torino, che ha accettato – stoicamente! – di dirigere quella di Napoli, e lavora 18 ore al giorno per 2.500 euro al mese. Ecco, questo è un vero “Servitore dello Stato”. Mi vengono in mente quei generali pasciuti a 10/12000 euro al mese, che adesso potranno anche viaggiare in comode Maserati blindate. Che vergogna…
rosario
Ma se invece di azzerare il debito pubblico, si proponesse agli italiani di buona volontà e con qualche risparmio di investire almeno una parte di quei soldi (anche liquidazioni) in obbligazioni speciali a tasso di rendimento più basso di quello attuale, una specie di “oro alla Patria”, però con garanzia di restituzione? Si abbasserebbe lo stesso la necessità di ricorrere ad investitori esteri e tutti noi saremmo coinvolti in questa opera di salvezza nazionale. Faccio notare con orgoglio il bellissimo esempio che migliaia di giovani e volontari stanno dando in Liguria, d seguendo lo stesso impegno che i loro padri (io terremoto del Friuli e Irpinia) hanno avuto nei momenti estremi del Paese. Noi italiani, se vogliamo, ce la possiamo fare.
aldogiannuli
al di là di ogni altra considerazione, temo che saremmo molto lontani dall’obbiettivo
LucaMarelli
Mi collego a quanto qui osservato e faccio presente che, riguardo al problema del debito, non viene purtroppo mai fatta menzione della Modern Money Theory (MMT), interessante precisamente in quanto ribalta completamente il paradigma teorico oggi dominante, spiegando – tra l’altro – perchè, contrariamente al caso degli Stati Uniti o del Giappone (stati a moneta sovrana), per l’Italia il debito è DAVVERO un problema imprescindibile.
Penso che, al di là di tutte le (più o meno corrette) valutazioni, sia di decisiva importanza capire quali sono le radici del problema. E queste, come ha giustamente (inconsapevolemte?) osservato B., vanno ricercate proprio nell’Euro, moneta che, in ultima istanza, non appartiene a nessuno stato.
Quanto la sua creazione corrisponda a una ben precisa pianificazione delle élite neoliberali per fare a pezzi la cosa pubblica e raccoglierne il rimanente, lascio ad altri giudicarlo. Sull’argomento, mi permetto solo di segnalare due riflessioni interessanti (la prima meno tecnica e necessariamente più superficiale della seconda):
http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=257
http://neweconomicperspectives.blogspot.com/2011/09/mmp-blog-16-unusual-case-of-euroland.html
(sulla MMT mi piacerebbe leggere, qualora fosse a conoscenza della questione, un commento o articolo dell’autore del blog).
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