
Il divorzio Tesoro – Bankitalia #5
La filosofia sottostante al divorzio sarà quella di contenimento del fabbisogno pubblico, infatti come scrive Paolo Baffi in una lettera a Giorgio Napolitano nel 1981: “I tentativi di organizzazione che per parte mia ho più volte compiuto hanno sempre messo capo alla conclusione che nei primi giri della spirale inflazionistica si collocano il disavanzo pubblico, che crea liquidità, e la dinamica dei redditi monetari, che la fissa nel sistema”.
Ma non solo, Mario Draghi si spinge più in la nel dire che corresponsabile fu anche l’indicizzazione dei salari all’inflazione, la cosiddetta Scala Mobile: “In Italia, l’inflazione supera li 20 per cento nel 1980. Il meccanismo di in indicizzazione dei salari ai prezzi […], amplifica a dismisura l’impatto degli shock provenienti dai prezzi internazionali”.
In realtà anche questo del fabbisogno pubblico e della scala mobile, furono dei metodi di propaganda, atti a poter mettere in pratica quello che era la reale motivazione del divorzio, e la spiega perfettamente Maria Teresa Salvemini, che faceva parte del team di lavoro costituto dal Ministro Andreatta per studiare la messa in pratica del divorzio: “Il divorzio nasceva dunque dalla consapevolezza del fatto che non era più possibile tenere l’economia e il Tesoro al riparo dal rialzo dei tassi d’interesse, e che il controllo amministrativo del credito si rilevava ormai inadeguato a contrastare l’inflazione e gli squilibri della bilancia dei pagamenti.”
Questo avveniva perché nel 1979, approdò alla presidenza della Riserva Federale Americana Paul Volcker, che volle tagliare le gambe alla stagflazione e promosse una politica di altissimi tassi di interesse reali. Perciò i paesi europei “erano stati messi di fronte alla dura alternativa tra accettare una maggiore inflazione attraverso il cambio o perseguire politiche monetarie più restrittive di quanto necessario per motivi interni”, utilizzando le parole della stessa Salvemini. Perciò il motivo per cui i tassi di interesse reali saranno alzati a dismisura sarà il pesante rialzo dei tassi a americani che altrimenti avrebbero cannibalizzato gli altri titoli, lo strumento con cui sarà effettuato tale inasprimento dei tassi sarà il divorzio con tutta la retorica sottostante.
Non mancavano certamente le voci contrarie, una tra tante fu quella di Luigi Spaventa che militava nelle file degli indipendenti del PCI, che qualche anno dopo il divorzio in un paper ebbe a scrivere: “Gli obbiettivi della Banca d’Italia sono stati conseguiti ad un costo notevole per il Tesoro. È ovvio che il tasso di interesse reale non poteva e non doveva essere mantenuto ai livelli negativi prevalenti nella maggior parte degli anni settanta, senza correre il rischio di iperinflazione, o almeno senza accettare la persistenza di tassi di inflazione molto elevati. Dovrebbe essere ugualmente ovvio, tuttavia, che con la nuova strategia di politica monetaria ci si è avvicinati all’estremo opposto: l’aumento ed i livelli dei tassi di interesse reali sul debito pubblico sono stati influenzati sia dalla riduzione della monetizzazione del disavanzo, particolarmente accentuata nel 1983, sia, in misura non minore, dall’ulteriore obiettivo di spostare in poco tempo la maggior parte del possesso del debito delle aziende di credito al pubblico non bancario”.
Ma non solo lui, anche l’economista forse più importante dell’epoca, Federico Caffè, si espresse più volte in contrasto con la scelta del divorzio: “Nei tempi di crisi, il tempo è fattore essenziale per il loro aggravamento o la loro attenuazione. Nel momento attuale il cosiddetto <divorzio> tra il Tesoro e la Banca d’Italia fa bensì comprendere che il Tesoro dovrà finanziarsi a costi <di mercato>, ma aumenterà in modo rilevante il peso morto degli interessi sul debito pubblico. Ci sono cose utili, in astratto, che risultano dannose, in quanto fatte a momento inopportuno. Lo sperimentalismo, fatto sulla pelle del Paese, è la più nociva delle politiche. Pure, un muro di conformismo trasforma in alta strategia finanziaria ciò che è una mera, intempestiva estrosità”.
Ecco che comincia a delinearsi il profilo di questa scelta, che come abbiamo detto nel primo articolo, fu tutt’altro che di materia prettamente tecnica, ma esclusivamente politica.
Ivan Giovi
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Valerio
L’inflazione importata è una mera invenzione. La Fed ha aumentato i tassi per poter finanziarizzare la propria economia, e i paesi dell’Europa occidentale le son venuti dietro.
Gior
Dopo aver letto questo articolo, sembra che economisti ed attori di allora non avessero capito la gravita’ per il destino degli italiani delle scelte fatte da Banca d’Italia e Tesoro. Le conseguenze di quelle scelte sono ben note per chi le vuole valutare. Le ricordero’ solo dicendo che dal 1980 il debito sali’ dal 60% al 120% circa in 13 anni di speculazione selvaggia, senza che la spesa primaria aumentasse in proporzione, in seguito ad un esborso spropositato di interessi che continua ancora oggi. Un’enorme ricchezza pubblica trasferita per la stragrande maggioranza a pochi ricchi speculatori e non diffusamente ai cittadini, a cui la propaganda deviata diffusa da media criminali, e ancora battente, vuole apporre le stimmate della colpevolezza sotto minaccia di ritorsioni.
La gravita’ di quelle scelte ha pesato, pesa e pesera’ sulle prossime generazioni, anche dopo 38 anni e oltre, tradotta in cambiamenti della struttura politica-economica-sociale-culturale, imposti come inevitabili, con rinunce, sofferenze, ingiustizia, degradante inabissamento della vita sociale e culturale….
Tutto questo avveniva nel nome del liberismo, producendo le tipiche catene dell’indebitato ricattato dagli usurai e un macroscopico assoggettamento politico dello stato a interessi di privati e di capitali, con ridefinizione di processi sociali e comportamenti dettati per nulla dalla scelta consapevole dei cittadini e invece certamente spinti da apparenti vincoli economici superiori, continuamente ricordati come inevitabili.
Se tutto cio’ non sono tenebre e atti di guerra di una religione economica imposta per assoggettare il lavoro, la vita sociale e la cultura al capitale, come altro definire quanto accaduto?