Il dibattito a sinistra. Cara Sonia, caro Maurizio, caro David

Le reazioni al mio pezzo sulla serata con Bertinotti, Migliore e Ferrero ha provocato reazioni più numerose di quello che mi attendevo. Buon segno: vuol, dire che, pur nella forte differenza di accenti, il destino della sinistra radicale è un nervo ancora sensibile al quale molti reagiscono.
Alcuni di questi interventi mi sollecitano ad approfondire il discorso su alcuni passaggi molto delicati. Procederò per punti iniziando dall’ultimo intervenuto, David:

1- Non credo di aver fatto particolari sconti a Fausto Bertinotti, che ha certo molte responsabilità nello stato di cose presente, prima fra tutte quella di aver allevato un ceto politici di carrieristi incolti e poco capaci. Mi sono limitato a dire che fra lui ed i suoi epigoni c’è un abisso e lo confermo: Bertinotti ha fatto un discorso astratto ed elusivo di molti aspetti decisivi, ma, comunque, nei limiti della decenza politica e culturale, cosa che proprio non si può dire degli altri due. Peraltro l’assonanza con Vendola è molto limitata. Sul rapporto fra movimenti ed istituzioni –o, se preferite, sul rapporto far le diverse forme della politica- dovremo tornarci più diffusamente. Qui mi limito a dire che Bertinotti pone il problema (ed è fra i pochi a farlo) anche se poi abbozza soluzioni astratte e un po’ fumose.

2- Sonia dice di non aver ascoltato “analisi così banali come da te riportate”. Sarò lieto di conoscere quali guizzi di acume analitico mi sono perso, a me è parsa la ripetizione di uno schema usato altre mille volte: crisi da sovrapproduzione causata dai sottosalari, tendenza all’espropriazione politica delle assemblee elettive a favore di gruppi di potere tecnocratico e finanziario, carattere recessivo delle politiche di austerity… quante volte abbiamo sentito questi discorsi? Non che siano analisi false (come già dicevo) ma parziali e vecchie. Parziali perchè non colgono minimamente i caratteri originali di questa crisi globale che coniuga insieme un accumulo debitorio senza precedenti ed una tendenziale scarsità di materie prime; vecchie perchè, non cogliendo gli aspetti nuovi della crisi, non riescono a produrre soluzioni adeguate.
E questo dipende, come qualche altro frequentatore di questo blog ha fatto notare, da un “incurabile analfabetismo economico-finanziario” che affligge la gran parte dei dirigenti di sinistra (tutta, radicale e non). Dire che i problemi della finanza sono al livello di quelli delle formazioni calcistiche o che il welfare sia in rapporto necessario e diretto con il disavanzo di bilancio (che, quindi, deve essere permanente), pensare che questa fosse la posizione di Keynes (ignorando che egli parlava di “interventi anticiclico” dello Stato) non sono rispettabili opinioni come altre, ma esilaranti bestialità che, garbatamente, occorre far notare agli interessati. Dopo di che, anche io sono contro il vincolo costituzionale sul pareggio di bilancio (ricordo di aver avuto in proposito  accese discussioni con l’on. Franco Roccella nel 1986-87, dunque, tema non nuovissimo) ma con una articolazione tecnicamente meno approssimativa.

3- E dunque, non c’erano “tre prospettive ciascuna con un proprio senso” ma –almeno per quel che riguarda Migliore e Ferrero- solo delle vuote esercitazioni retoriche  dietro cui c’erano solo piccoli calcoli di bottega. Una riprova?
Migliore vuole “entrare nel recinto” per condizionare il centro sinistra. Dunque una tattica di tipo entrista, e possiamo anche starci. Ma che significa “spostare a sinistra il centro sinistra”, questa tattica è  in funzione di quale strategia? Mi spiego meglio: Vendola i soldi per sanare i buchi di cassa delle banche li darebbe o no? Ed a quali condizioni? E se è del parere di non darli, come pensa di far fronte al conseguente “domino bancario” ed ai problemi dei risparmiatori che rischierebbero di perdere tutto? Dobbiamo mantenere l’Euro o no? E se dobbiamo uscirne, come fare? E del debito pubblico accumulato che facciamo? Cosa pensa dei derivati? Oltre che la solita panacea della patrimoniale non ho sentito.

Per la verità, anche Bertinotti non si è speso su questo terreno, limitandosi ad auspicare una rivolta sociale contro le politiche tardo-liberiste. Va bene, ma quali debbono essere le rivendicazioni concrete e gli obiettivi da raggiungere di questi movimenti? Dobbiamo scioperare perchè le banche centrali immettano liquidità o, al contrario, perchè non lo facciano? O la cosa ci è indifferente?
Parlare della crisi significa parlare di queste cose, avanzare proposte su questi terreni, il resto è solo chiacchiericcio politicante.

Vendola vuole entrare nel recinto, Bertinotti vuole starne fuori per romperlo e Ferrero ha una posizione intermedia; cioè vuole stare seduto sulla staccionata. Lui che pensa dei derivati? Come dobbiamo far pagare le tasse sulle rendite finanziarie? E’ in grado di distinguere fra un cd-swap ed un frigorifero?

4- Questo pone un problema che da troppo tempo eludiamo: quello della preparazione del nostro ceto politico. Faccio politica dal 1968, da 43 anni, più o meno la stessa durata della militanza di “libero pensiero”, ma gruppi dirigenti così scalcinati, impreparati, inetti di questi non ne ho visti mai. Anzi, almeno sino a buona parte degli anni ottanta, era un punto di onore sia per i dirigenti comunisti o socialisti e di parte dell’estrema sinistra, dimostrare una migliore capacità di analisi fondata sulla maggior quantità possibile di dati.

Dopo è venuta l’epoca dei “grandi comunicatori” che parlano bene e non dicono nulla. E per qualche decennio la cosa ha funzionato in qualche maniera. Oggi non funziona più: siamo in un momento di estrema gravità, forse il passaggio più drammatico dal 1945 in poi. Sermoni, slanci poetici, comizi da avvocati paglietta, sparate da sindacalista lasciano il tempo che trovano. Occorrono proposte precise e radicali che possono venire solo da analisi rigorose ed attente. E questo presuppone un certo grado di conoscenze del terreno di scontro, a cominciare dalla crisi finanziaria.

Diciamocelo:  fra i militanti di sinistra serpeggia una certa idea per cui la finanza è una cosa che riguarda “lorsignori”, a noi basta fare muro in difesa dei nostri diritti, senza stare ad addentrarci nelle technicalities di un mondo ostile ed astruso. Lasciamo che se la sbroglino loro. Ebbene questo è il modo migliore per perdere, anche (e soprattutto) sul terreno dei nostri diritti. Non si tratta di parteggiare per uno schieramento finanziario conto un altro, si tratta di assumere il “partito della finanza” come nostro nemico e batterlo. Ma questo non si può fare  se non si ha chiara la situazione e non si ha una linea politica propria da contrapporre a quella degli altri. Però, siccome non possiamo pretendere che la gente si iscriva a tamburo battente ad un corso di economia finanziaria per orientarsi, spetta alle organizzazioni politiche e sindacali tradurre in opzioni politicamente comprensibili  i termini di un dibattito specialistico.

Ma se anche i dirigenti politici e sindacali non capiscono un accidenti di queste cose, come pretendiamo che possano farlo?
Da un annetto mi capita di essere invitato a dibattiti, seminari, dibattiti televisivi e radiofonici, dove spesso ci sono dirigenti politici e sindacali anche di livello nazionale. Devo dire che, nella maggior parte dei casi, accade che il politico o il sindacalista di turno ti guardi con un’aria di pesce lesso che tradisce la più totale ignoranza dell’Abc dell’economia, della finanza e, per la verità, anche della politica internazionale. Come si fa a discutere in queste condizioni? Capisco che la finanza non sia una materia allettante (e lo vedo negli occhi dei miei studenti quando cerco di spiegargli gli aspetti finanziari della globalizzazione), ma non è accettabile che un dirigente politico o sindacale ne sia a digiuno. Ma, mi si fa notare, “noi dobbiamo dirigere delle organizzazioni, abbiamo impegni e non abbiamo avuto una formazione in questo senso, come dobbiamo fare?”.

Per cui, sia detto con tutta la delicatezza necessaria: “Siete pagati per fare il vostro mestiere, STUDIATE PARASSITI!”

5- Qui veniamo ad un altro punto sollevato da Sonia e Maurizio: questi dirigenti sono stati eletti dagli iscritti e, sino a quando sono confermati, hanno piena legittimazione.  Sono stati eletti dagli iscritti, siamo sicuri? I dirigenti di rifondazione non hanno espugnato via del Policlinico con i carrarmati. Siamo sicuri?
Se vi riferite a quel simulacro di democrazia che sono i congressi, avete ragione, ma sappiamo come funziona la macchinetta?
Chiunque abbia un po’ di anni di militanza alle spalle e l’abbia fatta ad occhi aperti sa:

a- che fra un congresso e l’altro, il gruppo dirigente gode di visibilità quasi in esclusiva, perchè a nessun militante che non ne faccia parte è dato far conoscere proposte ed idee se non attraverso canali collaterali e secondari

b- che, sempre fra un congresso e l’altro, il gruppo dirigente dispone delle riscorse del partito che distribuisce selettivamente a proprio piacimento (contributi alle federazioni, trattamento dei funzionari, disponibilità ad offrire appoggi istituzionali, spazi sulla stampa di partito ecc.) per cui si guadagna in questo modo l’appoggio dei beneficiati, soprattutto fra i funzionari.

c- il gruppo dirigente in carica è quello che sceglie anche i parlamentari da eleggere, il direttore del giornale del partito, talvolta i consiglieri degli enti locali maggiori, assicurandosi così il controllo di altre leve utilissime in vista del congresso. Nel caso specifico di Rifondazione, non si usa neppure far  finta di consultare la base su chi debbano essere i parlamentari e tutto è fatto nel ristrettissimo cerchio della Direzione Nazionale (neppure del Comitato Politico Nazionale)

d- il gruppo dirigente ha il monopolio delle informazioni, dallo stato reale del bilancio e del tesseramento alla composizione dei gruppi dirigenti di federazione ecc.

e- nei casi di maggiori turbolenze di base è sempre possibile ricorrere alle sanzioni disciplinari

f- quando poi arriva il congresso esso si svolge su mozioni predeterminate dal gruppo dirigente uscente che ripropone sè stesso, come è esposto nella legge delle elites politiche che si riproducono per cooptazione come ci hanno insegnato Gaetano Mosca e Vilfredo Pareto

E per decenza non tocchiamo il tasto dei congressi “irregolari” e dei tesseramenti gonfiati, problema che mi pare affligga anche Rifondazione: sbaglio o negli anni di congresso il tesseramento di Rifondazione è regolarmente superiore del 30-40% rispetto alla media annuale? E’ un caso?
E voi mi parlate di democrazia e di dirigenti eletti dagli iscritti? Ma dove vivete, sulla luna?

6- Per concludere, Sonia mi invita a non vedere calcoli personali dove vi sono linee politiche diverse. A parte il fatto che tante divergenze politiche (che non siano piccoli calcoli di bottega) non ne vedo, il punto è un altro: questo richiederebbe una credibilità personale di chi ha diretto Rifondazione in questi anni, ma come si fa a stimare questo ceto politico?  Nel 2008, Rifondazione era un partito che si aggirava fra il 6 ed il 7% e, con i comunisti italiani ed i Verdi partiva da una base dell’11% circa cui si sarebbero dovuti aggiungere i voti della sinistra Ds. Alla prova del voto, la Sinistra Arcobaleno otteneva il 3,7% perdendo quasi il 70% dei suoi elettori (dicesi settantapercento ). Un primato mai toccato prima da nessun altro, che determinava l’esclusione dal Parlamento di tutta la lista.

Di fronte ad una Caporetto del genere, l’intero gruppo dirigente avrebbe dovuto dimettersi e ritirarsi a vita privata, chiedendo scusa di esistere.  Di fatto, l’unico a ritirarsi è stato Fausto Bertinotti, ancora una volta migliore dei suoi epigoni che, come se nulla fosse, si sono riproposti a dirigere il partito. Ne seguì un congresso indecente, senza nessuno sforzo per capire le ragioni della sconfitta ma con una ignobile rissa per la conquista della poltrona di segretario. Vinse Ferrero, come si sa. La ragione avrebbe voluto che si procedesse ad una separazione consensuale che invece venne respinta con sdegno perchè “l’unità del partito non si tocca… i militanti con capirebbero”, per poi fare la scissione nel più rovinoso dei modi. La Fds (Rifondazione, con il Pdc’I) ottenne un effimero 3,4% alle europee, il che comunque ne sanciva l’esclusione dal Parlamento europeo. Nelle regionali successive (2010) le cose andavano peggio e la Fds perdeva voti quasi in tutte le regioni (anche rispetto all’anno prima), conquistando meno di 10 consiglieri regionali in tutta Italia. Tendenza ribadita dalle amministrative di questo anno: Rifondazione otteneva qualche cosa in più solo a Milano e Napoli (dove si trovava nella coalizione vincente e grazie all’errore di Sel napoletana di appoggiare Morcone  al posto di De Magistris) ma i risultati di Bologna e Torino erano catastrofici, collocandosi molto al di sotto del 2%.

A questo punto, il gruppo dirigente uscito dal congresso di Chianciano avrebbe dovuto fare quel passo indietro che non aveva fatto tre anni prima e riconoscere la propria incapacità politica a raggiungere gli obbiettivi che il congresso gli aveva affidati. Invece, Ferrero, Grassi e Rocchi (i principali tre possessori di pacchetti di tessere) fanno una mozione unica per fare un finto congresso e assicurarsi la rielezione in modo da arrivare in sella quando si faranno le liste per le politiche.

Tutto ciò premesso, come si fa a non pensare che l’unico fine di questo gruppo (si fa per dire) dirigente è solo quello di assicurarsi una decorosa vecchiaia? Confesso che il mio giudizio dipende dalla più completa disistima personale di ciascuno dei componenti di un gruppo dirigente che, sino a quando non ammette la sua incapacità, traendone le dovute conseguenze, è al di sotto di ogni sospetto.

Il guaio, cara Sonia, è che uno dei vizi peggiori della tradizione comunista è il culto del gruppo dirigente che non è mai chiamato a rendere conto del suo operato ed è difeso qualsiasi bestialità faccia.
Ma anche di questo parleremo in altra occasione.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (23)

  • Sei politicamente più vecchio di me (ho cominciato nel ’74), probabilmente hai partecipato a qualche congresso in più rispetto a me, ma questo non vuol assolutamente dire che non sappia come funzionano. Io, mi sembra di capire così dai tuoi ricordi, come te ho sempre fatto le mie battaglie, a volte senza nemmeno essere d’accordo con l’opposizione “ufficiale” (minoranza della minoranza) all’interno dei partiti di cui ho fatto parte (da AO, a LC, dal PDS (ebbene si) a Rifondazione). Addirittura feci anche una mia mozione durante il congresso del PDS (ovviamente non la fecero votare, ma credo che avrebbe preso 1 solo voto, il mio), in AO finii sotto commissione di disciplina in quanto mi ero dissociato pubblicamente dalla linea del partito e potrei anche andare avanti a lungo (nel PDS meno approssimativi mi elessero all’isntanza superiore, quella regionale, ovviamente in lista bloccata).
    Nonostante abbia sempre detto quel che pensavo non sono mai finito nè in campo di rieducazione nè tanto meno in una galera del popolo.
    Esempi di militanti che hanno detto “Basta” e si sono uniti cercando di cambiare ce ne sono.
    La preparazione? Torniamo a bomba, se i militanti non si interessano di economia e finanza (abiurando nei fatti Marx) come possono capire la pochezza dei dirigenti?
    Il deserto teorico a sinistra in fondo rispecchia la società attuale.
    Il problema di veicolare le nostre idee c’è ed è concreto, ma nel ’68 manco esisteva Internet, i media non erano teneri con la sinistra anticapitalista (a cominciare dall’Unità) eppure la militanza sopperì.
    Io credo che la poca visibilità non sia un problema reale, ma un derivato (si anche lui) della poca voglia di metterci in gioco (non parlo di Aldo Giannuli, è un discorso a più ampio respiro, un discorso generale).
    Insomma abbiamo la pancia troppo piena, troppo da perdere ed i giovani di oggi sono meno colti di quanto lo fossimo noi (che avevamo annusato Marx e Lenin) di qui le scarse capacità di analisi.

    Una volta hai cassato un mio commento (forse ero troppo polemico verso un altro commento). Come credo di esserlo stato ora, ma lo spazio del “Commento” per me che non sono certo un esempio di sintesi è limitante. A volte avrei voluto inviarti un articolo invece di un commento, ma non sarebbe più il tuo blog se tutti facessero così, per cui ho rinunciato.

    Insomma non sono solo un “libertario antimilitarista” (ricordi la tua definizione?) e comunista (aggiunta mia questa), ma anche un convinto assertore che la storia è fatta dalle masse e dalla struttura (in senso marxiano). La seconda continua a lavorare mentre le prime non si interessano più della produzione mondiale annua delle patate.

  • Bravo Aldo, purtroppo in Italia i Congressi dei Partiti hanno ben poco di democratico, l’unico motivo per cui in italia non si fanno grandi brogli elettorali è che è molto più conveniente e meno rischioso imbrogliare preventivamente ai congressi.

  • Però non ho capito che pensa della necessità (secondo me ineludibile) di attenzione verso l’ elettorato di riferimento del PD, o almeno della parte più consistente di questo. Elettorato che secondo me è – ed ha ragione di essere – profondamente insoddisfatto del partito che ha votano “turandosi il naso”, ma che evidentemente non ha trovato un’alternativa credibile nei partiti della sinistra radicale.
    Questa operazione umiltà, da parte delle “avanguardie rivoluzionarie illuminate” di cui parla nell’articolo,in concreto potrebbe valere almeno un 5% di incremento alle prossime politiche (stimando per difetto).
    Alla fine, se quest’area politica vuole crescere e ritornare a contare, deve pascare da quel bacino di elettori. Non si scappa.

    Basterebbe, come auspica lei, favorire la selezione di dirigenti più preparati e lucidi che, in virtù di quelle capacità analitiche che sarebbe requisito minimo indispensabile per tale ruolo, siano in grado di articolare una proposta comprensibile e credibile.

  • Dissento francamente sul fatto che la finanza sia una materia noiosa. Trattata nella giusta maniera è interessantissima, anche se criptica.
    Sono d’accordo invece sul fatto che politiche espansive in un mondo sommerso dai debiti è questione complessa.
    Sono convinto comunque che la colpa di tutto, forse lo scrivevo già qualche tempo fa, non è la finanza, ma la politica. Infatti, non appena si subodora un qualche segnale di soluzione le borse schizzano e gli spread crollano. Su questo punto credo siamo in disaccordo. Cioè non sono sicuro che quelli interessanti al crollo dell’euro siano così numerosi
    Non sono d’accordo poi che possano essere comparati i criteri di reclutamento delle elite nei vecchi partiti comunisti con quelli degli attuali partiti di sinistra. Senza addentrarci nel discorso sulla democraticità dei partiti, secondo me superfluo, è un fatto che la «gavetta» aveva un suo perché e che adesso si viene catapultati nei posti chiavi sulla base di non identificabili motivi.
    Anche il manuale cencelli aveva un suo perché: prima fai il parlamentare, poi il sottosegretario, poi il ministro sempre che dimostri capacità, altrimenti fuori (si può discutere su cosa si debba intendere per capacità chiaro) .
    Di fatto la moria dei ceti politici oggi è decisamente inferiore rispetto a un tempo: Veltroni è dirigente del Pd dall’inizio degli anni ottanta… trent’anni!!
    D’accordo sul fatto che Bertinotti è anni luce meglio e d’accordo sul fatto che un buon politico dovrebbe sapere aggregare, e Bertinotti, bene o male, teneva unito il partito…

  • la stessa cosa succede nella chiesa, anzi peggio, perché non si può non essere allineati. Bagnasco fa le prolusioni (!?!) perché così i vescovi sanno cosa devono dire. Se un vescovo non si allinea, rischia di perdere i finanziamenti.

  • “quali debbono essere le rivendicazioni concrete e gli obiettivi da raggiungere di questi movimenti? ”
    1) i soldi pubblici non si usano per ripianare i debiti delle banche. Al massimo si tuteleranno i conti correnti in caso di fallimento, ma il ricatto delle banche too big to fail va rispedito al mittente. Banche che fanno la questua a uno stato superindebitato evidentemente sono messe peggio di questo, e quindi devono fallire. Tanto dare soldi perchè si rimettano a giocarli nella speculazione (magari contro il debito pubblico!) anzichè usarli per fare il loro mestiere, che è di prestarli a chi crea attività produttive è solo un rinvio della distruzione totale dell’economia, visto che al prossimo aggravamento della crisi falliranno contemporaneamente banche e stati. Il problema secondo me è rendersi conto che la spazzatura finanziaria non è ricchezza vera, e quindi va eliminata, e quello che resterà sarà un’economia di dimensioni molto minori di quella pre-crisi. Insomma: si dovrà dimagrire tutti, e parecchio. La scelta sta solo se cominciare a farlo subito (e quindi lasciar fallire subito le banche), o continuare a strafogarsi e farsi rinchiudere dopo il primo infarto in una clinica dove appunto ti fanno mangiare come in un lager. Io dico che è meglio muoversi subito.
    2) messa fuori legge di tutte le forme di speculazione finanziara basate esclusivamente sulla leva, o addirittura senza nessun capitale concreto a monte (tipo le vendite allo scoperto), e abolizione del mercato secondario dei titoli di stato e delle forme di assicurazione su di esso. I titoli di debito pubblico si comprano alle aste e si devono tenere fino alla fine o vendere per il periodo che manca alla loro scadenza allo stesso prezzo del collocamento. C’è poco da fare, la speculazione finanziaria va impedita per legge e basta, perchè a chiunque piacerebbe creare profitti fasulli (che non appaiono tali finchè la bolla non scoppia) dal nulla, se gli venisse permesso. Non a caso il decollo della bubble economy si è avuto con l’abolizione del Glass-Steagall act (fatta durante la presidenza di un signore che si vantava del fatto che i suoi cittadini facevano soldi anche mentre dormivano, a proposito di bestialità infinitamente più pericolose del debito pubblico permanente)

  • Il percorso proposto da Bertinotti a me pare solo abbozzato perché solo così può pensare di reggere.
    Uscire dai recinti partitici e darsi al movimentismo puro, è qualcosa di intrigante, ed anche in linea con le tendenze popolari dell’ultimo anno.
    Ma innanzitutto non si comprendono due cose:
    1 – Il panorama dei movimenti italiani oggi è quanto mai frammentato e conflittuale. Il 15 Ottobre è stata la sintesi perfetta di questa condizione. Lascio immaginare ai singoli, le relazioni che in un tale contesto uno o più movimenti chiaramente composti da ex-PRC o ex-SEL potrebbero instaurare, ovvero zero.
    2 – Un movimento è un movimento, un partito è un partito. E’ quantomai complesso riconvertire un partito politico in movimento, dal momento che, chi partecipa ad un partito politico lo fa sulla base di una logica, che nel caso del movimento viene ribaltata.
    Le persone aderiscono ad un progetto non indistintamente, ma sulla base di una propria visione e una propria opinione dei modi tramite cui si vuole incidere nella società.
    3 – Vedo un po’, mi si permetta, una sorta di “degenerazione” progressiva del pensiero Bertinottiano. Dal rendere il proprio partito punto di riferimento per i movimenti (o almeno per una loro area), alla liquidazione dei partiti per i movimenti.
    Credo che i partiti esistano per compiere il proprio mestiere, anche quelli di sinistra radicale.
    E’ chiaro poi che la contingenza temporale invita oggi più di ieri a tessere relazioni e scambi con i movimenti.
    In chiusura, permettimi un appunto: SEL sta compiendo un percorso più ampio che candidare Casarini; sta tentando un processo organico di avvicinamento, dialogo e intreccio politico con una serie di movimenti più ampi e vari in tutta Italia.
    Che se vogliamo ha gli stessi vantaggi e rischi di quanto fece Bertinotti, ma questa è un’altra storia.

  • ha ragione, il livello dei politici è bassissimo, oltre a slogan populistici a effetto non hanno idee, non solo, non conoscono proprio la realtà e si rifiutano anche di provare a capirla, certo sono in buona compagnia.

    non sono d’accordo con alcune affermazioni nei commenti:

    – Maurizio dice che i giovani d’oggi son meno colti di quanto non fossero prima (immagino anni 70), chiedo a Maurizio: gli stessi giovani che sostenevano il deficit strutturale? o che leggevano scritti illeggibili dove le espressioni ridicolamente arcaiche avrebbero dovuto compensare la mancanza di idee? non mi sembra

    – Giovanni: le vendite allo scoperto sono già state vietate, se vietassimo le vendite dei titoli di stato sul mercato secondario aumenterebbe il rischio sul mercato primario, con conseguente aumento dei tassi di interesse, idem se vietassimo i CDS. l’andamento della finanza rispecchia le aspettative di mercato, vietarne le espressioni significa oscurare in parte le aspettative, non cambiare l’andamento del mercato. L’Italia ha un debito molto alto, ma soprattutto non cresce da almeno dieci anni, e non vi sono aspettative che ricominci una crescita, il rischio aumenta, i rendimenti crescono, più di quanto sarebbe in altre situazioni per una serie di motivi economici e politici che non ho il tempo di trattare in un commento

  • Sottoscrivo largamente quanto ha scritto Aldo, anche se non entrro nella questione delle fumoserie dei maitre a penser della politica comunicata e delle sue grandi o patetiche narrazioni. Sottoscrivo del tutto e faccio mio l’enunciato “Siete pagati per fare il vostro mestiere, STUDIATE PARASSITI!” Ed aggiungo, per buon peso e scusandomi del francesismo “altrimenti levatevi dai coglioni”.
    Devono studiare, devono tornare a compitare anche quello che pensano di sapere ma non hanno mai compreso, qualli che dicono di essere “nani sulle spalle di giganti” e sono solo nani che sbraitano al vento. Devono tornare a studiare la “critica dell’economia politica”, da Marx a Gramsci ed anche a Keynes. Devono tornare a leggere i dibattiti europei degli anni venti e trenta, attorno alla scuola Austriaca o negli scritti di Polany, sul problema della democrazia, dello stato e del mercato, nell’epoca della formazione dei fascismi e nazismi europei. Impareranno meglio cosa è l’economia, cosa è la storia, cosa è la politica, cosa è la “finanza” e come si rendono necessarie le guerre. Si vadano a leggere qualche letterina tra Marx ed Engels e forse scopriranno qualcosa sui “futures” e sulla borsa (letteramnete citate), sulla crisi di sovraproduzione, sull’ovetrading e sul ruolo delle istituzioni bancarie e dei loro rappresentanti. Poi, si aggiornino. Imparino come funziona il mercato dei CDS, imparino cosa sia il debito pubbico, cosa è una banca centrale, cosa sono i fondi speculativi con leva finanziaria (tra i quali l’ETFS) e cosa sono le battaglie valutarie. Imparino infine la cosa più importante: di essere degli analfabeti ben scolarizzati. O perlomeno, imparino l’umiltà e la serietà di cui è necessario vestirsi se si vuole imparare. Ammesso e non concesso che ci siano insegnanti in vita..

  • ora leggo le parole sugli “slanci poetici”…in effetti è grave dal punto di vista politico ricorrere allo slancio puramente retorico, dopodiché ai piccoli poeti va lasciato il proprio mestiere…

  • gentile giannuli, mi consenta di non appellarla professore in questo frangente, essendo il tema dibattuto politica politicante, ossia poco più dei commenti postpartita al bar.la mia impressione è che la sinistra rispetto al pd, sia oltre che impreparata anche maldestra. probabilmente ai tempi del migliore, e non intendo gennaro, il pio pier fausto avrebbe avuto difficoltà a divenire consiglire comunale in qualche citta di provincia, oddio non che l’ingrao dei tempi passati fosse un fulmine di guerra ma almeno aveva studiato qualcosa. forse i ns eroi potrebbero slegarsi dal totem dei “movimenti” e riprendere a pensare e fare politica. l’organizzazione dovrebbe essere posta al centro dell’azione, mutuando con una certa originalità alcuni modelli che si sono affermati nel globo. potrebbe essere interssante riprendere alcune esperienza, dal punto di vista organizzativo s’intende, come i fratelli mussulmani o il partito hetzbollah, ritengo che soprattutto al sud potrebbero rappresentare un utile contrappeso al scivolamento centroamericano di quelle zone. non parlo tanto di organizzazioni rivoluzionarie, ma di strutture organizzative che risultino efficaci nelle azione politica incidendo contestualmente sul piano sociale. comunque mi rendo conto che si tratta di un discorso lungo e articolate, mentre sui blog si tende a sintetizzare e a semplificare eccessivamente le questioni , ma tant’è arrivederci e grazie

  • Caro Aldo,
    sono d’accordo con la tua considerazione circa l’importanza di conoscenze economiche per i dirigenti di partito (e anche per i militanti, oltre che, aggiungo, per chiunque si interessi della realtà)ma l’analisi deve poi tradursi in proposta. Mi piacerebbe conoscere la tua posizione sul “che fare”?
    A parte destituire gli attuali dirigenti, che mi sa un po’ di “rottamazione” (anche se le motivazioni sono senza dubbio diverse da quelle di Renzi per il suo partito).
    Se tu fossi il segretario di Rifondazione comunista ad esempio (a cui , mi hai detto, sei iscritto), quali sarebbero le tue analisi e le tue proposte? Sia come obiettivi economici, sia come obiettivi politici?
    A me non piacciono molto i personalismi, di conseguenza non amo la disputa sulle persone e sulle loro capacità, e non nutro nè particolare stima nè particolare disistima per l’attuale gruppo dirigente, (addirittura penso che il leaderismo sia una iattura e che un dirigente, nonostante l’etimologia, dovrebbe essere un portavoce di quanto discusso e deciso dall’insieme degli iscritti, anche se mi rendo conto che è una concezione un po’ utopistica).
    Quello che mi piacerebbe discutere è: cosa si potrebbe/dovrebbe fare in questa situazione?
    Naturalmente se si considera il capitalismo finanziario e la sua ideologia (al momento dominante) “il nemico” da contrastare.

    • Cara Sonia, proprio al che fare sto dedicando il mio prossimo lavoro in parte anticipato da alcuni pezzi poubblicati in questo blog (come quelli sul debito pubblico), ovviamente non riesco a sintetizzre il tutto nelle poche righe di una replica. Spero che il libro esca fra febbraio e marzo, per cui ti chiedo di pazientare un po’. Con simpatia Aldo

  • governo monti o governo facta.
    dopo 20 giorni dall’insediamento il governo del professor monti sembra inesorabilmente destinato a sbandare e ad essere travolto dagli eventi. dopo diversi errori di comunicazione, sintomatici, pealtro di una cialtroneria accademica e di una certa impostazione classista dalla quale probabilmente non è in grado di dissociarsi nemmeno temporaneamente, ha proposto una manovra che oltre ad essere iniqua e squilibrata, è ,ciò che è peggiò dal punto di vista politico, idiota e del tutto inutile. sostanzialmente si va a scaricare il peso dell’azione finanziaria sul ceto medio. tempo un paio di mesi ci troveremo in una recessione più che doppia rispetto a quanto attualmente preventivabile. manca d’altronde nella compagine governativa alcun esperto di lotta all’evasione fiscale, tutt’al più qualche economista ortodosso. inoltre, un eventuale audit sulle entrate sbandierate nelle ultime settimane dalla apposita Angency , potrebbero destare brutte sorprese, molto peggiori rispetto almancato introito di circa il 35-40% stimato dai precedenti condoni, si parla di oltre 4 miliardi imputati a bilancio e non riscossi, tecnicamente si tratterebbe di una sopravveninza passiva bella e buona. comunque sia soldi nelle casse dello stato non entrano quanti ne dovrebbeero entrare, e ciò sta accadendo già dall’inizio dell’anno.in altre parole qualcuno sta dando dei dati che ahinoi non sono veritieri. pertanto oltre a ritrovarsi in una recessione di notevole portata ci si ritroverebbe fra le mani una voragine supplementare nella quale affonderebbe il governo monti. chi vivrà vedrà

  • a parte che se vogliamo fare un pò di storia, è meglio ricordarci anche dei disobbedienti, la geneiale idea avuta dalla magnifica dirigenza per riunire i movimenti. l’effetto è stato devastante, a firenze ha scombinato interi collettivi, e distrutto un tessuto sociale faticosamente costruito negli anni, producendo lacerazioni mai più riemarginate. cosa è rimasto di loro? a parte il ridicolo casarini e il bertinotti “tuta bianca e vitalizio” che possiamo gustare oggigiorno è rimasta una serie di pratiche a risvolto prevalentemente mediatico che hanno avuto successo solo in gurppi di estrema destra come casapound. i movimenti e le occupazioni vanno lasciate stare, e certi compagni col sangue blu è meglio che si cuociano nei loro pochi voti, dato che ogni volta che tentano di interagire con i loro potenziali rappresentati fanno danni

  • giovanni (un altro)

    se uno dovesse partire da zero e volesse capirci qualcosa che letture consiglierebbe? Esistono in rete videocorsi decenti per cui valga la pena perdere un po’ di tempo?
    Grazie

  • Condivido, in parte, quel che dice Sonia, ma essendo una persona pratica (forse deriva dal mio essere marxista) mi piace ricordare come le grandi cose nascono spesso da tante piccole.
    Mi piace ricordare come nell’800 (circa 2 secoli fa) delle persone si misero insieme per fare le Società Operaie, le cooperative di consumo o di produzione e queste strutture divennero la base del Partito Socialista dei Costa, dei Turati, di Gramsci e Togliatti.
    Mi piace ricordare che, nello stesso periodo, gli scarriolanti, manovali delle bonifiche emiliane, si misero insieme per imporre ai padroni una paga uguale per tutti.
    Quelle persone rischiavano la vita lottando per migliorare le loro condizioni di lavoro, noi no (almeno non con la stessa frequenza). Il feroce monarchico Bava Beccaris ne è un esempio.
    Perché allora non prendere in mano la nostra vita? Perché non possiamo?
    Scarsa democrazia nei partiti?
    Ho feroci dubbi che una rivolta degli iscritti non riesca a cambiare niente.
    Leggerò il nuovo libro di Giannuli, sperando di aver finito di digerire bene il precedente, ma da solo non basta, da solo è solo una voce che grida nel deserto. Solo la forza delle masse può aiutare a cambiare, ma se non si comincia, mai si finisce.
    O no?

  • Ciao,
    credo che la base, come conclude Aldo nel suo articolo, dovrebbe svincolarsi dall’assoggettamento a un gruppo dirigente ormai vecchio (seppur con i dovuti distinguo)e percepirsi come più autonoma e libera di cambiare, più matura e capace di “ribellarsi” ai “padri”, per poi recuperarne gli aspetti migliori.
    Per Giovanni (l’altro):
    Su You tube trovi interventi interessanti di Aldo in diverse situazioni, però riguardano principalmente i Servizi ed il malcostume italiano. Il suo libro “Bombe a inchiostro” è assolutamente intelleggibile e divulgativo pur mantenendo spessore (capacità dell’autore assai invidiabile).
    Per l’Economia (sono partita come te da zero) ti consiglierei di studiarti le varie sigle in Wikipedia, poi di visitare siti ed iniziare a leggere articoli di addetti ai lavori e vedere se riesci a capire un po’ di più … a volte mi sono sorpresa di quanto sia più facile del previsto, il difficile è l’integrazione tra le varie dimensioni: politica-economia-storia ecc… Comunque ne vale la pena, secondo me.
    Ricordiamoci però sempre una cosa (ma quanto la meno?:-) che i conti senza l’oste non si fanno: il pianeta è allo stremo e credo sia il caso di parlare anche seriamente di ecologia (sorvolando signorilmente sui luoghi comuni).
    Buona domenica,
    Paola
    n.b. So che è sbagliato, ma piuttosto che sorbirmi i tre “padri” (complimenti ad Aldo e Sonia) preferirei assistere a “Casa di bambola” di Ibsen o leggermmi l'”Ulisse” di Joyce:-)

  • Se interessati … il mio vecchio padre (presente all’incontro sopraccitato) mi ha inviato questo invito che io diserterò:

    MILANO, 15 DICEMBRE
    dalle 18 alle 20
    Palazzo delle Stelline, sala Bramante

    Crisi economica e finanziaria
    Per un nuovo protagonismo dell’Italia in Europa

    Introduce
    Patrizia TOIA, vicepresidente del Gruppo S&D

    Intervengono
    Francesco PAOLETTI, Professore di economia applicata, Università Bicocca
    Walter JOFFRAIN, Ph.D. MIT – Senior Manager Corporate Finance
    Anni PODIMATA – Vicepresidente del Parlamento Europeo, rapporteur FTT
    Stefano FASSINA, responsabile dipartimento economico PD
    Maurizio MARTINA, Segretario Regionale PD Lombardia

    Conclude
    Antonio PANZERI, Presidente Delegazione per i Rapporti col Maghreb

    A cura del Forum Europa PD Regione Lombardia

    Seguirà il programma dettagliato dell’iniziativa

  • Caro Aldo,conosco da tempo la tua opinione e condivido la proposta di una maggiore formazione teorica dei gruppi dirigenti,soprattutto sulle questioni economiche-finanziarie,della sinistra di alternativa.
    L’uso personale dei partiti che si autoriproducono e’ questione antica ma che ,credo,dovresti aggiornare.L’ultimo congresso del Prc non ha visto,ad esempio,l’incremento di tesserati rilevato in occasione del settimo congresso.
    Non riesco a capire la tua proposta;manca cioe’ la pars costruens e scusa se non e’ poco.
    Esiste uno spazio in tutta Europa a sinistra delle socialdemocrazie rilevante (la Die Linke in Germania,Iu in Spagna e il KKe e Sinaspismos in Grecia) che, in questa crisi economica,puo’ oggettiva,i gruppi dirigenti attualimente estendersi.In questa situazione lo spirito di conservazione,naturaliter, dei gruppi dirigenti della sinistra radicale puo’ essere superato.partiamo da rivendicazioni programmatiche precise e unificanti; da questo ripartiamo!
    Ciao,Marco

  • Caro Aldo, hai ragione, mi permetto di darti del tu perchè sei persona che stimo e seguo.
    Il deserto culturale della sinistra o di quello che ne è tristemente rimasto è spaventoso, la carenza di analisi nel migliore dei casi, la completa ignoranza dei fatti nella peggiore, sono evidenti.
    I ceti dirigenti mostrano tutta la loro pochezza e l’essere stati spazzati via come rappresentanza parlamentare è la prova evidente di questa inadeguatezza.
    Una volta a sinistra ci si poteva vantare di avere preparazione e analisi, oggi dove sono finite entrambe? E guarda che anche il Pd, se pure io fatichi ad inquadrarlo nella casella sinistra, non è da meno in questo deserto culturale.
    Bisogna riprendere a studiare, da qui non si scappa; occorre conoscere il proprio nemico per combatterlo.
    Mi dispiace contraddirti ma anche il caro Bertinotti, apprezzabile per essersi almeno fatto da parte, ha mostrato tutta la sua inconcludenza e impreparazione nel guidare il partito, trasformandolo in una specie di appendice dei movimenti ed abdicando del tutto dalla funzione di una forma partito; quello di guida dei cambiamenti della società.

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