Il debito dei Pigs: che si fa?

La Grecia è sul punto di fallire, il Portogallo e l’Irlanda sembrano avviati sulla stessa strada ed anche la Spagna rischia.
Iniziamo dalla Grecia: è ormai chiaro come il sole che la Grecia è in stato di insolvenza non emendabile. Ormai l’ipotesi fallimento è un po’ più che una semplice probabilità: stanno per scadere le obbligazioni decennali emessi nel 2002 -al momento dell’ingresso nell’euro- e la Grecia non ha nessuna possibilità di onorare i suoi impegni. Si sta cercando di far fronte alla situazione vendendo il porto del Pireo ai Cinesi, la lotteria nazionale ad una società americana, qualcuno propone anche di vendere qualche isola o il Partenone…
Tutte cose che possono alleggerire un po’ l’esposizione debitoria del paese ma non certo sanarla e che,per di più, comportano un impoverimento dal quale la Grecia non si riavrà. Cosa significa vendere il Pireo e la lotteria? Semplicemente, vendere oggi le entrate di domani, per cui quello che incassi oggi non incasserai domani e dovrai farne senza.

Ma cosa significherebbe un fallimento della Grecia in termini non solo economici ma anche politici? In primo luogo c’è da chiedersi sino a che punto uno stato fallito possa continuare ad avere come sua moneta l’euro. In via teorica le due cose non vanno di pari passo, ma come si giustifica la presenza della banca centrale di uno stato fallito nel board della Bce? Per non dire dei problemi pratici piccoli e grandi che ne derivano. Ad esempio, per parlare delle cose più semplici, è noto che gli euro metallici sono emessi dai singoli stati appartenenti all’eurozona, ma questo può essere fatto –ed in che misura- da uno stato fallito?  E’ evidente che il valore delle emissioni non può eccedere una misura molto contenuta, ma che riflessi ha tutto questo sull’apprezzamento della moneta in quanto tale? Ci sono poi problemi anche di immagine difficilmente valutabili nella loro traduzione sul piano delle equivalenze monetarie  (in fondo è la prima volta che si trova in una situazione del genere).

Infatti, si parla ormai correntemente di ritorno della Grecia alla Dracma al posto dell’Euro, anche se Draghi si è espresso contro questa possibilità. E’ più che probabile che ad un fallimento dello stato ellenico potrebbe seguire questa misura, se non altro, perchè questo darebbe la valvola di sfogo della svalutazione competitiva che potrebbe ridare fiato, ad esempio, al turismo. Però nessuno è in grado di prevedere quale sarà il contraccolpo inflazionistico.
Ma il peggio non è nemmeno questo. Deve essere chiaro che quello greco è un precedente destinato ad essere replicato per Portogallo, Irlanda, Spagna e (… non è escluso) Italia e (perchè no?) Belgio

Il punto è questo: il trattato istitutivo dell’euro ritiene l’adesione alla moneta come definitiva e, dunque, non prevede nè l’ipotesi di recessione volontaria nè quella di allontanamento di un paese per decisione degli altri. Stabilire il precedente per cui l’appartenenza all’Euro è decidibile in ogni momento, significa che i paesi  che, ad un certo momento, ritengano vantaggioso uscire dalla moneta lo possano fare e, simmetricamente, che i paesi “forti” possano mettere in opera pressioni su quelli più deboli per costringerli ad uscire. Ho sempre pensato che l’Euro fosse una operazione sbagliata sin dall’inizio, ma l’idea di trasformarlo in questa specie di “Hotel del libero scambio” con gente che viene e gente che va, mi sembra una idea anche peggiore. Forse occorrerà ripensare questo mostro giuridico ed economico che è una moneta senza Stato di riferimento, ma non con questo “rompete le righe”.

In secondo luogo, se dovesse esserci un effetto domino per cui dopo la Grecia, vengono Portogallo, Spagna, Irlanda, questo significherebbe il ritorno del sottosviluppo in tutta l’Europa mediterranea (e lasciamo per un momento da parte l’Italia). Dunque, un balzo indietro di 30 anni ed il ritorno alla “piccola Europa” del centro nord, visto che gran parte dell’Est non sta messo poi tanto meglio. Nell’euforia degli anni novanta si decise di ammettere prematuramente  nella Ue quasi tutti quelli che lo chiesero e dietro la porta si accalcavano Tunisia, Turchia persino Kazhakstan e qualcuno proponeva di metterci dentro anche Israele. Per fortuna ci si è fermati, ma adesso constatiamo che questa insalata non funziona per niente nè economicamente nè (tantomeno) politicamente. Solo che non se ne può uscire in questo modo.

Nè si può pensare che dalla crisi greca se ne esca con il piano di salvataggio di cui si parla, con le banche che accettano volontariamente di dilazionare le scadenze: nel giro di uno-due anni saremmo punto e da capo, come dimostra l’odierno fallimento del piano di aiuti di un anno fa. Bisogna pensare ad interventi più strutturali.

Ad esempio: istituire un fondo europeo garantito da tutte le banche centrali che acquisti una parte dei debiti sovrani dei Pisg, finanziandosi con l’emissione di propri Bond ad interessi ovviamente molto più bassi di quelli offerti dai paesi in crisi. La parte da assorbire potrebbe essere valutata di volta in volta, la sua restituzione rateizzata di 25-30 anni ad interessi inferiori all’1%. In modo da consentire ai paesi come la Grecia di riprendersi con accettabili tassi di crescita.
Eventualmente si potrebbero concordare con i paesi interessati un pacchetto di manovre come:
-il congelamento per tre anni dell’importazione di armi (la Grecia è stato, sino a poco tempo fa, il secondo importatore mondiale)
– il varo una tantum di una tassa fortemente progressiva sul patrimonio  per abbattere quote di debito e/o la conversione di una parte dei titoli in scadenza in prestito forzoso a tre anni e senza interessi per i contribuenti delle fasce alte
– il varo di una indagine sugli arricchimenti illeciti degli ultimi 10 anni, finalizzato a colpire, attraverso la confisca dei beni, quanti abbiano lucrato sulla gestione del debito o, come i membri del governo passato, abbiano truccato la contabilità pubblica portando all’attuale situazione.

Come si vede, misure possibili ed alternative alla macelleria sociale prospettata dal governo Papandreu.
E’ ovvio che l’assorbimento di una parte rilevante del debito pubblico greco, portoghese, irlandese ecc.  ha un costo, perchè occorrerà rifinanziarlo con l’emissione di bond europei che, per quanto a tassi molto inferiori a quelli offerti dai titoli portoghesi o greci , avranno pur sempre un costo (realisticamente intorno al 2%) non compensato dal piccolo interesse pagato dai paesi che si liberano dal debito. Ma questa soluzione offre altro tipo di vantaggi anche finanziari: allo stato attuale, la Grecia offre per i suoi bond interessi al 15%, il Portogallo l’8% e così via. Tutto questo drena gran parte degli investimenti ad alto rischio spingendo al rialzo le offerte di altri emittenti sia pubblici che privati (banche, imprese ecc.). A sua volta, questo rialzo dei rendimenti ad alto rischio, porta con sè un rialzo di quelli a medio rischio e, via via di quelli a basso rischio, diventando un attrattore inflazionario del costo del denaro.

Dunque, anche i paesi “virtuosi” che oggi sono così poco inclini ad aiutare i paesi indebitati, come la Germania o la Francia, alla fine saranno costretti a pagare ulteriori interessi sui loro bond che, invece, sarebbero risparmiati nel caso in cui fossero assorbiti i titoli in eccesso dei Pigs.
Ma, soprattutto, la Ue mostrerebbe per la prima volta di essere qualcosa di più che un semplice aggregato occasionale di egoismi nazionali.

Quello che colpisce in tutto questo è l’assoluta assenza di iniziativa del sindacato europeo che mostra di essere ancora più inesistente della Ue.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (23)

  • perchè esiste un sindacato europeo?Come quello italico con i bonanni?Mio dio che volete che possa fare?

    Il rompete le righe si potrebbe valutare,terremoto per terremoto,il problema sta alla base:l’europa unita,politicamente inesistente,culturalmente debolissima,socialmente poco sostanziosa.
    Un esperimento economico voluto dai grossi poteri finanziari e bancari.
    Nazione,indipendenza,autonomia,sarebbero state soluzioni migliori
    Va ti cito anche un detto popolare che per me è tra i “troppo migliori” dei detti popolari:meglio soli che mal accompagnati.E la compagnia di francia,germania,inghilterra, non è mai buona.Inclusa quella di Draghi

  • “Ho sempre pensato che l’Euro fosse una operazione sbagliata sin dall’inizio, ma l’idea di trasformarlo in questa specie di “Hotel del libero scambio” con gente che viene e gente che va, mi sembra una idea anche peggiore. Forse occorrerà ripensare questo mostro giuridico ed economico che è una moneta senza Stato di riferimento, ma non con questo “rompete le righe””. Così l’ottimo Guannuli.Questo mi sembra il nucleo forte del tuo ragionamento che condivido pienamente. L’Euro è una realtà importante che però va rinegoziata radicalmente. Aldo, diciamoci con franchezza come stanno le cose: l’Euro nasce come strumento economico-finanziario di egemonia della Germania sull’Europa (non è un caso che l’Inghilterra si sia guardata bene dal rinunciare alla Sterlina). I guru della BCE hanno voluto farci credere che l’unità monetaria fosse un fatto meramente “tecnico”, in realtà la moneta non è un fatto tecnico-finanziario, bensì è un fatto economico-politico: è la sanzione della nascita di un potere sovrano. E dbve si è mai visto -dico storicamnte- che la nascita della moneta preceda la nascita della sovranità? In Europa abbiamo un problema enorme e questo problema si chiama Germania: le due guerre mondiali testimoniano di come l’Europa sia riuscita a suicidarsi per ben due volte grazie alla sua ignavia dinanzi alla borghesia tedesca. Ora la Germania, caduto il Muro, ci riprova: e quele migliore viatico per la rinnovata egemonia continentale che la nascita di una moneta che affama il continete mentre l’arricchisce? Però, come al solito, il diavolo, pardòn il Reich, fa le pentole ma non i coperchi: gli è riuscito di fare a pezzi la Jugoslavia, adesso è un po’ più complicato fare a pezzi il resto d’Europa. Tu parli dei sindacati: su di essi non possiamo farci affidamento, giacché da anni sono inseriti in un contesto neocorporativo che ne ha depotenziato la capacità di mobilitazione e di lotta. Così come l’ideologia neoliberista ha di fatto spezzato la capacità di analisi e di intervento efficace dei partiti di sinistra. Purtroppo la partita si sta giocando nella pancia della borghesia euorpea, e dio solo sa quali mostri sraà capace di partorire.

  • Intanto credo che in questi tempi la dimensione nazionale sia una dimensione superata. Questa situazione paradossale si è creata propio perchè il capitale finanziario è diventato sovranazionale da tempo, mentre i confini di uno stato sono un limite solo per i cittadini. L’operazione euro andava fatta ma non in questo modo. Sotto questo aspetto sono d’accordo con Aldo. Se, come sarebbe logico fosse stato possibile tasare adeguatamente i patrimoni, verosimilmente non saremmo giunti a situazioni per cui i privati decidano degli Stati e non viceversa. Questi problemi sono ormai irrisolvibili in ambito liberale, prima ce ne convinciamo tutti e meglio sarà.

  • crisi vuol dire che c’è qualcuno che perde, e un’altro che ci guadagna. Chi? Il mondo della finanza? Ma, quando noi portiamo i soldi in banca, non diamo una delega in bianco a qualcuno che può operare come vuole con i nostri soldi? Quindi noi autorizziamo anche operazioni sporche. Poi, il progresso è un mito, soprattutto quello economico, chi lo garantisce? Il capitalismo garantisce il progresso solo di alcuni, ma non di tutti.
    Rimane un punto oscuro sulla Grecia. Non c’era un regime di colonnelli? E come mai ha continuato a spendere in armi?

  • Sono greco e vi posso dire seriamente che i politici (governo ed opposizione) in grecia sono tuti dei buratini! Vogliono solamente arrichirsi loro stessi a qualsiasi costo, anche vendendo la loro stessa patria. Nessuno fa niente per far tornare indietro soldi rubati e perche’ fare qualcosa, loro stessi rubano ogni giorno! Non si puo’ fare niente di quello che dice il signor Giannulli semplicemente perche’ qui i politici (governo ed opposizione) sono gia stati venduti. Complimenti signor Giannulli per il suo articolo.

  • sono d’accordo sul fatto che con l’euro si poteva fare di meglio, ma, per non scadere nella dietrologia, bisogna concentrarsi su ciò che si può fare ora che si è rotto l’uovo per la frittata.
    tecnicamente le proposte di aldo sono molto sensate, ma sono abbastanza aliene dal modus operandi dell’intellighenzia finanziaria. che sembra abbastanza miope da preferire degli interessi più alti che forse non verranno mai pagati a una svalutazione delle proprie finanze dovuta a una spirale inflazionistica che non si saprebbe come arrestare. sempre per tornare alla metafora di prima, preferiscono un uovo marcio oggi piuttosto che il possesso del loro pollaio. sempre se il pollaio è loro, e non ce lo abbiano rivenduto ormai privo di galline. e dopo queste metafore da vecchia fattoria torno a zappare

  • concordo con Volpe,trattasi di problema econimco-politico figlio diretto delle democrazie liberali.Superate esse si potrà rivedere il problema
    comunque leggerò quei libri che lei ha sottolienato.Ma che esista una spectre sopra gli stati,mi sembra roba da 007

  • Fosse così facile risolvere i problemi del debito europeo:
    1) chi dice che un fondo deliberatamente votato ad accumulare insolvenza, potrebbe essere finanziato al 2%, cioè meno dei bonds tedeschi; che facciamo per incoraggiare gli speculatori internazionali? ci mettiamo qualche gadget? come una vacanza in Grecia free? a meno che si pensi ad una fregatura generalizzata delle vecchiette, che tengono i soldi in BOT, per pagare le tasse dei nipoti all’università? dejà vu
    2) dove li mettiamo i diritti acquisiti? prima passano col cappello in mano dalla BCE i piccoli, poi arrivano i giganti, con l’Italia in testa; pensi che Draghi ci caschi?
    3) le spese militari avrebbero dovuto toglierle da un pezzo; se non l’hanno fatto è perché quei soldi vanno a chi gli impresta i danée; che siano tedeschi e francesi?
    4) mi stupisce che far ricacciare i soldi ai corrotti sia una manovra; non si dovrebbe farlo sempre?
    5) ci mancava la patrimoniale, tanto cara ai sinistri, che pensavo esistessero solo più nelle barzellette del berlu; glielo diciamo che i grandi patrimoni sono tutti a prendere il sole delle Bahamas e a stanarli non c’è riuscito Obama, per cui si finisce sempre sul sudato gruzzolo delle anzidette vecchiette o sulla casetta a Loano dell’operaio della Fiat, che si sta intanto giocando il posto di lavoro.
    caro Aldo, i problemi complessi risolti con soluzioni semplicistiche sono il peggiore dei mali. e certi commenti lo dimostrano.

    • Caro Lamberto
      invece io ritengo che si possa fare:
      1- l’emissione di bond europei al 2%: si ratta non di accumulare titoli insolventi ma di trasformare la crisi dei paesi in questione da crisi di solvibilità in crisi di liquidità, attraverso l’assorbimento-dilazione da parte del fondo europeo. La forte dilatazione temporale e l’interesse molto basso al quale si dà il denaro per l’acquisto dei titoli in sofferenza sono i due aspetti cardine della manovra aspetti per permettere ai paesi in questione di rientrare gradualmente dal loro stato di insolvenza attuale
      Ovviamente l’emissione dei titoli europei, per essere fatta ad un tasso al 2% (ma potrebbe essere anche al livello di quelli tedeschi: non è questo il punto) dovrebbe offrire garanzie molto più solide che il semplice recupero rateale dei titoli Pgs acquistati: dovrebbero essere titoli garantiti da tutte le banche cenrali dell’Unione, così da dare le necessarie garanzie di basso richio
      Inoltre, una parte dei bond potrebbe (dovrebbe) essere piazzata forzosamente presso le banche della Ue così come già accade oggi per parte del debito sovrano.
      2- Diritti acquisiti: si tratta di una emissione unica e definitiva, che non preveda altre posssibilità di ritiro di titoli sovrani in sofferenza per almeno altri 20 anni. Come fare? Stabilire una quota di debito sovrano direttamente proporzionale alla quota di insolvibilità di ciascun paese membro (quindi anche per l’Italia) così da ottenere una tendenziale parificazione al ribasso degli interessi offerti per i bond dei diversi paesi europei. Insolla: ti pare seriea una Unione i cui titoli sovrani hanno uno spread da 3 a 15? Va bene che i titoloi portoghesi o greci non avranno mai lo stesso rating di quelli tedeschi o olandesi, ma possiamo pensare seriamente ad un ventaglio ragionevolmente più contenuto? Che senso ha parlare di una Unione monetaria con variazioni sui titoli di quella ampiezza? L’assorbimento forzoso da parte delle banche serve anche a questo: calmierare il costo del denaro sulle piazze europee assorbendo una parte della liquidità in eccesso.
      3- Certoi che le spese militari greche sono soprattutto verso ditte tedesche e francesi, ma, appunto si tratta di assumere una decisione politica per cui questa giostra deve finire. Anche perchè, quando la Grecia avrà fatto default, che se ne fanno le aziende tedesche e francesi dei crediti che vantano rispetto ad uno stato in defautl? E, in seguito al default, ugualmente non potrebbero più vendergli niente. Quindi mi sembra una strada obbligata a meno di non essere completamente ciechi
      4- Certo che la lotta alla corruzione si deve fare sempre, ma io faccio presente che per il passato (almeno in Grecia) non è stato fatto e che occorrerecuperare risorse involate nel passato. Per fare questo il canale della giustizia ordinaria non è adeguato ed è per questo che parlo di strumenti particolari. Tanto per essere esplicito, parlo di “tribunali speciali” che giudichino con procedure di emergenza (e l’assonanza con i più infausti ricordi di altri “tribunali speciali” della nostra storia nazionale è puramente voluta). Insomma, se abbiamo fatto una legislazione penalke di emergenza che è andata ben al di là della Costituzione con la giustificazione del terrorismo, perchè mai noi o qualsiasi altro paese dell’Unione non possiamo pensare ad una “emergenza corruzione” che giustifichi procedure altrettanto sommarie? Sono un convinto garantista e mi duole lo stomaco a dire certe cose, ma la situazione è quella che è e non si vede perchè corruzione e pirateria finanziaria debbano essere considerate meno pericolose del terrorismo. O ti pare che la Lemhan Brothers sia più innocua delle Br o di Al Quaeda? Non sarebbe ora di prendere atto della pericolosità sociale di fenomeni come la pirateria finanziaria o la corruzione?
      5-La patrimoniale: nessuno pensa di farla pagare alle vecchiette sui bot accumulati. Parlo di grandi patrimoni dai 2 milioni di euro in su, ovviamente calcolando immobili, titoli ecc. So anche io che i grandi patrimoni sono in buona parte volati alle Bahamas, si ma non tutti. C’è una parte che è qui. A volte quello delle Bahamas diventa una sorta di alibi per non fare assolutamente nulla nel seonso degli interventi perequativi. Poi si pone anche il problema dei paradisi fiscali che è una battaglia ancora in corso e tutt’altro che facile da vincere (sono d’accordo) ma questo non significa che non ci siano margini attuali sui quali operare e forse lo strumento più adatto può essre, più che quello di un prelievo fiscale diretto, l’imposizione di un prestito forzoso ad interessi dello 0,5% o giu di lì: ancora una volta si tratta di un intervento politico per assorbire l’eccesso di liquisità calmierando, nello stesso tempo, il costo del denaro (il che può apparire contraddittorio, ma se ci fai caso non lo è perchè agisce essenzialmente sui margini di profitto delle banche sin qui ingrassatesi oltre ogni limite).
      Da ultimo: il problema non è che certe soluzioni sono semplicistiche (non mi pare affatto che una manovra di questo tipo lo sia) ma di rapporti di forza su cui intervenire. Se i grandi capitali stanno alle Bahamas è perchè una legislazione catastrofica legata agli accordi di Marrakesh glielo ha consentito se Obama non riesce a stanarli (oltre un certo punto, perchè qualche risultato lo ha ottenuto, siamo giusti) non è perchè non abbia gli strumenti per farlo, ma perchè non vuole toccare l’architettura di potere esistente. E il punto è proprio qui: all’interno di questa architettura la crisi è destinata a restare endemica, perchè è come se ai 194 stati esistenti se ne fosse affianxcato un 195esimo “Riccolandia” che preleca tasse da tutti e non ne versa a nessuno; morale: il gettito fiscale ricadrà sempre più sui “soliti noti” perchè non può essere diversamente. Il punto è spingere i 194 stati (o almeno una parte significativa di essi) a dichiarare guerra al 195esimo, con l’obbiettivo di raderlo al suolo e, possibilmente, passarne a fil di spagna ogni abitante. Spero mi conceda questa colorita metafora…

  • Caro Aldo, ho letto con grande interesse la tua risposta a Lamberto, ma io temo (spero di essere smentito) che il tuo sia stato tempo e fiato sprecato. Mi spiego. Tu e Lamberto partite da due presupposti tra loro inconciliabili: da una parte c’è l’idea che l’economia debba essere in qualche modo “governata” dalla politica, anche con misure eccezionali (che io reputo sacrosante e condivisibili), poiché, alla base, agisce l’idea vecchia, ma sempre valida, che l’economia non è una variabile indipendente dai bisogni, bensì è uno strumento volto al soddisfacimento dei medesimi. Ove questi ultimi non dovessero essere soddisfatti, non sono i bisogni che devono essere sacrificati, bensì coloro che, in nome della stabilità finanziaria, distruggono più ricchezza di quanta se ne produca (in sostanza queste sono le crisi deflattive). Ora, il tuo interlocutore usa un periodare apodittico che non ammette repliche, perché pensa che l’economia sia una sorta di scienza della natura governata da leggi “oggettive” e immodificabili. Mi dispiace ma la moneta è una cosa troppo seria perché la si lasci in mano ai centri finanziari e ai banchieri. Hai fatto bene a ricordare che uno tsunami finanziario -vedi Lehman Bros- non è meno pericoloso del terrorismo internazionale. Sì, per tornare a respirare dobbiamo dichiarare guerra a riccolandia.

    • tranquillo: Lamberto è persona molto intelligente e non crede che l’economia sia retta da leggi di natura. Mi invita ad un certo realismo, considerando questo sistema molto solido. Io credo che lo sia assai meno… tutto qui

  • Chiarisco: basi un intervento miracolistico su misure probabilistiche, anzi incerte, che di più non si può. Spiego:
    1) l’emissione di bond, comunque la giri, si fa a un tasso proporzionale al rischio di insolvenza; se in un fondo ci metti porcherie, lo fai ad alto prezzo; dici la garanzia, ma quale? la parola della BCE? è già implicita nelle emissioni attuali; passiamo a quelle reali? il Partenone? forse non ha più l’appeal che aveva
    2) una tantum? Aldo, da uno che mangia politica, come te, non l’aspettavo; chi lo spiega ai portoghesi, spagnoli, italiani in primis, che lo facciamo per la comune impagabile radice culturale e poi mai più; o per la causa, come dici tu; vorrei sentire Bossi
    3) l’unica misura non probabilistica, ma se non l’hanno già fatta – e quindi gli effetti se li sono mangiati – sono dei criminali e anche piuttosto deficienti
    4) quel che volevo dire è esattamente il contrario; rassegnarsi ai capitali alle Bahamas vuol dire gettare la spugna; ma se c’è qualcosa di probabilistico, anzi di incerto, è proprio questo tipo di manovra; ripeto Obama ci ha provato con convinzione e ha fatto un buco nell’acqua; che ci riesca Papandreu, che forse sta comprando fucili per respingere i Giannizzeri alle porte, mi sembra difficile e credo lo sospetti anche chi dovrà trovare i soldi per finanziare la manovra; senza contare che quelli, che vuoi giustamente – lo sottolineo – taglieggiare, sono proprio gli unici soggetti in grado di tirarli fuori i danée.
    Insomma l’idea di azzerare tutto, chiedendo a chi ha fatto il guaio di fare operazioni incerte, perché fuori dalla sua portata o già fatte, convincendo gente che non ha nessuna ragione di crederci è un sogno.
    Ma non posso impedirti di sognare. Ti chiedo solo di pensare a quella minuta pattuglia, da te reclutata, per tirare fuori dal cappello i mezzi adeguati ad affrontare la sciagura incombente. Altrimenti decidetevi a fare sta benedetta rivoluzione.

    • caro Lamberto, io ci provo a convincere altri che questo sistema sociale va buttato giù, ma ovviamente io sono solo uno. Però ci pensano i finanzieri a rifare sempre gli stessi errori. A me interessa dimostrare che una possibile strada per uscire dal cul de sac in cui siamo può esserci. Ovvio che l’interesse dei titoli è proporzionale ai tassi di insolvenza di essi stessi e per questo propongo una comune assunzione di responsabilità di tutte le banche centrali dll’Unione, anche per equalizzare un po di più i differenziali fra i singoli paesi. Insomma: a lungo andare o l’Unione diventa una cosa un po’ più seria di quello che è trasformandosi in un soggetto politico-statale degno di questo nome o l’Euro è destinato a saltare perchè comporta tutti gli svantaggi di una Moneta Unica (impossibilità di svalutare per i più deboli, rigidità ed interdipendenza ecc) e tutti quelli delle monete nazionali (per cui ogno fa quel che gli pare) senza i vantaggi dell’una e delle altre. Per il resto personalmente non credo siano sogni, solo che va formata la volontà politica nevcessaria a certe manovre

  • Esisteva un tempo un’area di libero scambio delle merci all’interno della Comunità europea: eliminata per garantire un profitto maggiore sfruttando la mano d’opera del terzo mondo. Esistevano un tempo i dazi doganali per garantire la sopravvivenza delle industrie nazionali: eliminati perchè non si è voluto equiparare con le tasse il ridicolo costo del lavoro dei paesi Terzi (antidemocratici). E’stata creata una moneta unica, espressione di più corposi beni sottostanti, ma a tutt’oggi solo Germania, Francia e qualche minuscolo paese nordeuropeo ha qualcosa da vendere. Il mercato finanziario, panacea universale, si è rivelato solo un gran mucchio di carta straccia. Oggi la Cina sta comprando i debiti nazionali (USA, Europa, Africa) costringendo in futuro i debitori a restare con le mani legate e in prospettiva ad avere un unico fornitore: (i cinesi, che ridere, ci sembravano buffi… e invece si sono rivelati il popolo intelligente che ha dominato il commercio nell’antichità). Che fare? Utilizzare le istituzioni politiche europee per rilanciare un nuovo piano di sviluppo (negli USA lo chiamerebbero “new deal”ma io preferisco usare la mia lingua) e soprattutto non indebitarsi ulteriormente con le banche. C’è l’Euro? Benissimo, utilizziamo la moneta come fonte di sviluppo erogando un equo credito dove serve e lasciando le banche al loro rischio d’impresa (parola antica ma usata solo retoricamente). Vendono derivati truffa? Puniti!!! Vendono soldi a caro prezzo?Autoriduzione a più equi compensi!! Se no, la politica a cosa serve?

  • caro Aldo, grazie dell’assist. Permettimi però di chiedere al nostro speranzoso interlocutore, quale branchia conosce dell’attività umana senza regole “di natura”. Che poi gli economisti le abbiano scoperte è un altro film. E che l’economia sia una scienza fa sbellicare. Ma cos’è la politica, se non un surrogato della religione? e, a parte gli esemplari che l’oggi ci offre, specialmente nel nostro paese, far governare l’economia da loro significa seguire le regole (leggi) che sono nella loro testa, anziché nella realtà.
    PS. è la seconda volta nella vita che mi danno dell’apodittico, posso proporre al tuo lettore di seguirci in qualcuno dei nostri laboratori e magari sorbirsi qualche lezione sul concetto di decision making? Spero comunque che ci legga sul Covo.

    • il nostro lettore è a Bari credo per cui farebbe un po fatica a venire. So che non sei apodittico e l’ho gia detto, ma il primo intervento poteva farlo sembrare a hi non ti cvonosce come me.
      Che la politica sia un succedaneo della religione può capitare ma non è affatto detto e proprio tu che produci modelli dovresti saperlo che esiste un modo di prendere decisioni -anche politich. che non sia l’equivalente di una novena alla Madonna di Lourdes

  • Ma io penso, quando parlo di politica, non alla religione o ad una fede, semplicemente alla buona amministrazione e corretta ed equa allocazione di risorse scarse all’interno di una comunità che ha delegato a pochi individui un compito così arduo. In alcuni Paesi scandinavi, grosso modo nei paesi nordeuropei questo tentativo si fa. L’economia dovrebbe, a mio parere, essere lo strumento per realizzare questo fine sociale. In Italia c’è una Chiesa fortemente pervasiva, ricca di contenuti etici, però con un suo caratteristico fine aziendale (mi si passi il termine) diverso alcune volte da quello dello Stato: …e lì comincia la fede, anzi le fedi, grosso problema di questo paese, che a ben vedere dovrebbe imparare ad essere più laico (… e meno peccatore, con annesse assluzioni e pentimenti). Per tornare al tema principale, sarei contento se almeno qualcuno onestamente smettesse di parlare di Paesi che hanno speso allegramente al di sopra delle loro possibilità, perchè sono fermamente convinto che i loro abitanti (la gran massa) non ha certamente tratto profitto da questa grassa carnacialata. Un saluto estivo a tutti voi e grazie di elevare i miei pensieri e aiutarmi a vedere le cose in modo diverso e più approfondito.

  • politica come management, con obiettivo la giustizia sociale? condivido. Un evviva a Rosario. E perché non guardare al buono che ne è venuto fuori, certo welfare anche nostro, e al cattivo, come la protezione dei fannulloni e l’incoraggiamento dei furbastri. Arrivederci al Covo degli Eretici, dove ci impegniamo ad un’analisi, frutto di strumenti nuovi in questo campo.

  • E se provassimo a declinare la politica come roiappropriazione dal basso di decidere del proprio futuro? Parole al vento? Non proprio, giacché il significato dei referendum sull’acqua e sull’energia nucleare ci hanno dato una indicazione chiarissima circa il bisogno, oggi largamente diffuso, di avviare una discussione pubblica -non resa ostaggio dallo specialismo tecnico- sulle finalità della economia, della produzione e della distribuzione del reddito e su come queste debbano essere regolate: primato del pubblico o del mercato? Meglio di tutti lo hanno capito i fautori del No, i quali, in più di una circostanza, obiettavano ai sostenitori del sì: “ma allora se volete l’acqua pubblica, perché no anche le ferrovie, le telecomunicazioni o le banche?” I sostenitori del No hanno colto nel segno: oggi, in maniera certo ancora confusa e non ancora pienamente cosciente, si sta facendo largo nell’opinione pubblica l’dea che molto ptrobabilmente l’economia ragolata sul sistema dei prezzi, insomma sul mercato, non sia il migliore dei sistemi per accrescere la ricchezza e per distribuirla al meglio. E certo, sono passati più di vent’anni, non si potrà più dire: allora rivolete il Muro di Berlino? Perché al disoccupato, al precario, al giovane studente non si può dire tieniti quesxta economia perché il socialismo reale era peggio. Si stanno affacciando le geherazioni nate dopo il 1989, non credo che si potrà dir loro, ma ai tempi del comunismo era peggio. Per questo motivo, penso che questa benedetta Europa di Maastricht o verrà rifondata su basi nuove, con una banca centrale possibilmente pubblica, ovvero controllata dai gobverni della Comunità, oppure, temo (o meno male, a seconda dei punti di vista) sarà destinata a naufragare miseramente. E’ solo questione di tempo.

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