Il commento al nostro mini-questionario
Per quanto il limitatissimo numero di risposte non autorizzi alcuna generalizzazione, il questionario proposto si presta ad effettuare una analisi-scomposizione del tipo di cultura politica che caratterizza l’opposizione all’azione militare in corso. Come vedremo, più che ad una riflessione sul caso libico, questo piccolo test è finalizzato ad una riflessione su noi stessi e sullo stato della sinistra italiana di fronte al caso libico. Dunque, prendendo le cose con le molle, perchè, appunto, non abbiamo la forza organizzativa ed economica per fare un sondaggio vero e proprio, entriamo nel merito.
Il questionario era strutturato in questo modo:
la domanda 1 tendeva a far emergere il giudizio sul singolo caso se, cioè, l’opposizione sia motivata da un diverso giudizio sul regime libico rispetto agli altri. E qui 1 solo degli intervenuti ha risposto affermativamente e gli altri no (giudizio confermato dalle risposte al punto C).
la domanda 4 tendeva a far emergere il giudizio politico su quel che sta accadendo, cioè se ci sia una vera sollevazione popolare in atto (in Libia ed altrove) tale da far valutare questa situazione in modo diverso dalle precedenti.
le domande 2 e 3 tendevano a far emergere le “questioni di principio” in base alle quali si motiva l’opposizione: la non violenza (domanda 2) e l’antimperialismo o anti americanismo (domanda 3), cui, giustamente, due intervenuti hanno aggiunto una “quinta” risposta: il rispetto della sovranità nazionale.
Sia dalle risposte secche al questionario che (ancor più) dai commenti che quasi tutti hanno aggiunto, si evidenziano diversi filoni di cultura politica:
1- la non violenza
2- l’antimilitarismo
3- l’antimperialismo ( che nella sua espressione più caratterizzata) diventa un certo tipo di anti-americanismo
4- il libertarismo
5- la difesa del principio westfalico della sovranità nazionale.
Ovviamente si tratta di culture politiche parzialmente sovrapponibili fra loro, ma anche non perfettamente identiche: ad esempio molti libertari sono non violenti ma non tutti, così come molti non violenti non sono libertari.
Sin qui non ci sarebbe stato bisogno di alcun questionario per capirlo, ma il punto più interessante è quello della diversa serie di combinazioni. Se si leggono le singole risposte si noterà che sulle due risposte centrali abbiamo queste combinazioni: No-No 4, Si-Si 1, Si-No 21, Si-No 2. Quindi abbiamo già qui quattro differenti ordini di combinazioni senza calcolare l’ulteriore incrocio con la prima parte cui hanno risposto solo alcuni.
Il discorso si complica ulteriormente se si tengono presente le altre due domande più “politiche”. La prima domanda ottiene risposte più compatte: uno solo degli intervenuti (Nicola Picca) differenzia il giudizio al regime libico, mentre gli altri sono compatti nel ritenere che tale regime non sia diverso dagli altri, oppure che tale diversità –ove pure esista- non sarebbe neppure questa ragione sufficiente a giustificare l’intervento contro gli altri regimi. Molto più differenziata è la risposta alla quarta domanda che vede 1 Si (Nicola P.) 4 No e ben 3 Non so che segnalano la percezione di un deficit informativo (magari determinato dalla non affidabilità delle notizie fornite dai mass media), ma che potrebbe anche essere una sorta di “rifugio” per sospendere il giudizio sulla natura della sollevazione, esprimendo però un giudizio già ora sull’intervento. E anche questo è in qualche modo indice di una differenziazione di culture politiche: per quanto possa esserci chi legga un giornale in più o consulti meno internet, la massa informativa a disposizione è la stessa per tutti e si suppone che fra gli intervenuti in questo blog ci siano tassi medi di informazione abbastanza omogenei. Dunque, il Non so ha più a che fare con un diverso atteggiamento politico rispetto alla rivolta araba ed ai suoi rapporti con gli alleati occidentali che con un reale differenziale informativo.
Leggendo i commenti che hanno accompagnato (e, a volte, sostituito) le risposte al questionario, la divaricazione fra le combinazioni cresce ulteriormente: ad esempio Melandri si esprime a favore della costituzione di brigate internazionali, che lo identifica come libertario antimilitarista, che respinge tanto la non violenza quanto il principio di non interferenza (per inciso: è la risposta cui mi sentirei più vicino da un punto di vista sentimentale, ma che ritengo ampiamente impraticabile sul piano politico). E così anche altri, che accentuano il peso del dettato dell’art. 11 della Costituzione o la priorità dell’antiamericaniso ecc.
Se provassimo a descrivere lo spazio politico in cui inserire queste risposte otterremmo un cubo:
– sulla prima dimensione potremmo segnare ai due estremi l’opposizione violenza/non violenza,
– sulla seconda antiamericanismo pregiudiziale- non antiamericanismo pregiudiziale2,
– sulla terza principio di sovranità nazionale/antistatalismo libertario. Provate a fare questo “gioco” e ad inserire la posizione di ciascuno degli intervenuti lungo le tre dimensioni: otterrete un indice di dispersione elevatissimo che non vede alcun “addensamento” particolare, quel che ci sembra assai significativo. Le poche risposte disponibili non autorizzano alcuna certezza, ma l’impressione è che se ripetessimo il test su un campione molto più ampio i risultati non differirebbero di molto.
Si badi che qui stiamo considerando solo la parte della sinistra che si oppone all’intervento militare, ma un recente sondaggio di cui ha parlato Radio popolare di Milano, dice che proprio fra gli elettori di sinistra si registra la maggior percentuale di favorevoli all’intervento (41%). E d’altra parte, è sensazione comune che la sinistra sia particolarmente spaccata su questa vicenda.
Che nella sinistra italiana siano sempre esistite culture diverse è noto, ma questa volta siamo in presenza di una “atomizzazione” particolarmente accentuata ed il nostro piccolo sondaggio va in questo senso.
Questo è in parte dovuto al particolare processo culturale che la sinistra ha subito in questo ventennio, per il quale le diverse culture politiche si sono “scomposte” per assemblarne i singoli elementi piuttosto casualmente, come in una sedimentazione alluvionale.
Più che di fronte a vere e proprie culture politiche dotate di un certo grado di coerenza interna, siamo in presenza di ibridazioni piuttosto instabili e non di rado poco coerenti.
D’altra parte la situazione è obiettivamente difficile e questo non favorisce la chiarezza.
Che si sia una notevole confusione di idee è evidente, così come è palese che –salvo alcuno pasdaran ideologici dell’interventismo come dell’anti interventismo- siamo tutti assai perplessi. Personalmente ho assunto la posizione che avete letto (e che a molti è dispiaciuta) perchè, in coscienza, mi sembra quella che, approssimativamente, possa essere quella più rispondente ad una collocazione di sinistra (ovviamente per quello che io penso debba essere la sinistra e risponderò più diffusamente a Paola che mi chiede chiarimenti in proposito) ma mica sono così sicuro di non stare sbagliando. Viaggiando vicino ad aerei e bombe (per di più americane) ci sto piuttosto scomodo e spero che arrivi presto la stazione che ci separi.
Il punto è che il bagaglio culturale che ci portiamo dietro è assolutamente inadeguato a capire il mondo della globalizzazione. Le categorie politiche che ci hanno accompagnato sino alla fine degli anni ottanta, anche se in parte possono aiutarci ancora a capire quel che accade e non sono solo ferri vecchi da buttare via, non sono assolutamente più sufficienti e dobbiamo fare un salto in avanti per attrezzarci a capire il Mondo globalizzato.
Dunque, figuriamoci se ho voglia di dare o ritirare patenti ad alcuno! Piuttosto, cerco di suggerire un metodo di lavoro che possa aiutarci a fare quel salto. E proveremo a fare qualche considerazione su quello che io ritengo il vero punto discriminante della situazione che non è l’intervento militare di americani e soci, ma il giudizio su quel che sta accadendo nei paesi arabi.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, libia, sondaggio libia

menici60d15
“Vivere delle rinnovabili di altri paesi?
Se il Mediterraneo diverrà un’area di cooperazione o di scontro nel 21° secolo sarà di importanza strategica per la nostra sicurezza comune. J Fisher, Ministro degli esteri tedesco, 2004”
Titolo ed epigrafe del cap. 25 di “Sustainable energy – without the hot air.” Versione 3.5.2, 2008 di DJC MacKay. Reperibile su internet.
Segnalo il dato nel quale mi sono imbattuto leggendo il libro di MacKay, Chief scientific advisor del Dip. dell’energia UK, cap. 25:
nel deserto libico si potrebbero installare impianti solari capaci di risolvere il grave problema energetico europeo, inclusi i risvolti ecologici. Dal testo, le tabelle e i grafici si evince che la Libia è il paese ideale per la vicinanza, la bassissima densità di popolazione, l’elevata quantità energia potenzialmente ottenibile.
Sul piano politico, mentre il coriaceo Gheddafi potrebbe essere un problema per tale progetto, un governo fantoccio renderebbe la Libia una “sandbox” perfetta per lo sfruttamento energetico occidentale. Può essere utile annotare che lo scatolone libico non è pieno solo di petrolio, e potrebbe essere un’area di eccezionale importanza per l’approvvigionamento di energia dell’Europa.
Paola Pioldi
Gentile Aldo,
ho letto (e riletto, perchè sono un po’ lenta ad assimilare alcuni concetti) le tue riflessioni sul micro sondaggio, riguardo all’intervento militare in Libia, da cui hai inferito alcune conclusioni. Se ho un po’ compreso, sostieni che: la dispersione dei dati intorno alla media (vago ricordo della statistica gaussiana:-) testimonia confusione e disorientamento nel pensiero di sinistra (e questo solo per chi è contrario all’intervento). Questo sarebbe la conseguenza della mancanza di una coerenza dovuta alla scarsa capacità delle categorie di riferimento (in parte obsolete) ad essere strumenti adeguati per interpretare la complessità che la globalizzazione ha generato. Insomma, a sinistra siamo parcellizzati, un po’ incoerenti e assai disorientati. Sono d’accordo, e per tre principali motivi:
1)Mi sono formata politicamente negli anni settanta,
2)alcuni studi di psicologia (non cito le fonti perchè risalgono a qualche anna fa, ma se richiesto mi sbatto e le recupero), rilevano che, se si è troppo bombardati da informazioni, la reazione, paradossale, è quella di semplificare e guardare solo al “pezzettino” perdendo di vista il contesto perchè troppo complesso, per cui, operazione faticosa: questo per quanro riguardas la dimensione cognitiva a cui mi pare tu faccia riferimento,
3) mia elucubrazione: come esseri umani, siamo bravissimi da un puto di vista scientifico teconologico, adoro internet (siamo qui a parlarci!:-) ma credo che gli strumenti che siamo capaci di darci li utilizziamo (non del tutto) male, come un sedicenne, che ha tutte le capcità cognitive e motorie per giudare un’auto, ma è privo di capacità psico-affettive. Insomma, tutti i cambiamenti che promuoviamo ci colgono impreparati (sia da un punto di vista bio-fisiologico che da un punto di vista psico-cognitivo). Un bel casino eh! 🙂
Rimango comunque un’impenitente ottimista (e ce ne vuole, dati i tempi:-) Spero, e mi piace pensare, che sempre di più riusciremo ad imparare dall’esperienza (caro vecchio Bion) e che il non-pensiero che ci governa, perchè schiavo di pulsioni primarie quali l’avidità (mi permetto di consigliare a tutti la visione del film “CORPORATIONS”) piano piano lasci spazio alla nostra parte migliore. Cerco di essere coerente nel mio piccolo (spesa e risparmio energetico), ma per quanto riguarda una visone globale delle “cose” … è più difficile.
Ti sono grata per queesto spazio e ti ammiro perchè, con tutto quello che hai da fare, provi piacere a gestire questo blog ed ascoltare pareri e opinioni di tutti noi.
Un caro saluto a te e a tutti i lettori e/o fruitori del sito,
Paola
Paola Pioldi
p.s. ho dimenticato di scrivere con tutta l’autenticità che mi è consentita e a conferma del disorientamento: anch’io, come Aldo, provo disagio ed imbarazzo nel non riuscire a schierarmi contro l’intervento militare, come qualcosa che non mi appartiene, ma con cui comunque devo fare i conti. Però … come Aldo differenzia (sempre dal sondaggio indicativo), non è la stessa cosa un’ingerenza diplomatica-politica da una militare. Un po’ come dire … un “terzo” dovrebbe cercare di conciliare le parti belligeranti e non schierarsi da una parte o dall’altra … certo è un ficcare il naso, ma di diversa natura (spero molti di voi ne converranno). Non è (o non dovrebbere essere) un sostituirsi alla legittima sovranità popolare, ma un aiuto alla risoluzione del conflitto. Di questi esempi ne è piena la storia, non dimentichiamoci il secondo conflitto mondiale. Conclusione personale: faccio fatica a prendere una posizione, non vorrei essere succube di “dogmi”, ma nemmeno abiurare a quella che fino ad oggi è stata una mia convinzione. C’è qualcuno che si trova, come me, in questo pantano?
Grazie per l’ascolto,
Paola
Massimo
Io penso che l’intervento militare occidentale in Libia sia solo l’ultimo esempio in ordine temporale, dell’incapacità del nostro mondo di percorrere vie non violente e cooperative per la risoluzione delle controversie internazionali. E’ evidente secondo me che si é deciso di intervenire in Libia e non per esempio in Costa D’Avorio dove se non sbaglio ci sono disordini e violenze molto maggiori, per l’importanza strategica del paese libico in termini di risorse petrolifere e riserve di gas. Non vedere questo dato lampante che non può essere nascosto da tutte le balle sulla “guerra umanitaria”, vero e proprio obbrobrio regalatoci dal mondo unipolare del post muro di Berlino, é negare la realtà e di conseguenza giungere a conclusioni errate a causa dell’errato punto di partenza. Ora io sono per il non intervento perché penso che la guerra, in tutti i casi, sia un’operazione sempre più dannosa in generale di qualsiasi opera diplomatica e cooperativa e baso questa mia convinzione anche sul principio di sovranità nazionale.
Intervenire a favore di uno in una disputa tra due contendenti non mi pare rientri nel compito di un’organizzazione come l’Onu la cui risoluzione in questo caso mi pare sia stata interpretata peraltro in maniera molto estensiva, attuando dei bombardamenti indiscriminati là dove invece l’istituzione di una No Fly Zone avrebbe semplicemente richiesto di circoscrivere l’intervento nella Cirenaica a tutela dei civili.
Inoltre non ho paura di dire che Gheddafi che pure é sicuramente un dittatore da condannare per la sua gestione quarantennale del potere, in questo caso ha ragione nel difendere l’integrità dello stato che guida e combattere per essa.
L’intento imperialista di questa ennesima guerra mi pare evidente e le giustificazioni del nostro Presidente della Repubblica che nega, con dei salti carpiati, che si tratti di guerra le trovo assolutamente risibili e patetiche.
Massimo
Ho appena scoperto, tramite il sito di Giulietto Chiesa, l’esistenza di un sito dell’aeronautica francese in cui si prefigurava tutto quello che sta succedendo già a novembre dell’anno scorso; capacità di leggere il futuro o programma adeguatamente preparato?
http://www.southern-mistral.cdaoa.fr/GB/