L’idea sbagliata di partenza sul debito pubblico

Negli anni sessanta e settanta circolava un’idea, ritenuta una verità di fede, per la quale perseguire il pareggio di bilancio dello Stato era non solo sbagliato ed utopico, ma addirittura reazionario e fuori del tempo. Il disavanzo era programmato, perchè così si garantiva lo sviluppo.
All’epoca ero un giovane militante di gruppi di estrema sinistra,  ma, ciò nonostante, la cosa non mi convinceva affatto e la trovavo una idea completamente sballata. Perchè se per qualche anno poteva essere necessario fare disavanzo, prima o poi bisognava rientrare e ripianare i debiti.
Molti amici e compagni mi dicevano che i miei dubbi erano completamente fuori luogo e tradivano una “mentalità ottocentesca” e un po’ reazionaria, perchè la modernità impone il disavanzo come condizione di progresso e, dunque, esso deve essere costante, strutturale, permanente. E giù citazioni di Keynes che dimostravano quanto fosse auspicabile  chiudere i conti in rosso. Rispondevo “Sarà, ma non mi convince”.
Quanto al povero Keynes, (letto in età più matura) non aveva mai detto le scemenze che gli venivano così disinvoltamente attribuite: più semplicemente invitava a fare disavanzo, nei momenti di crisi, per far ripartire l’occupazione, ma nel presupposto che, nelle congiunture favorevoli, lo Stato avrebbe riassorbito il debito fatto per riassorbire il disavanzo. Infatti parlava  di “intervento anticiclico dello Stato”, il che presuppone un andamento non fisso ma flessibile e speculare rispetto alle tendenze di mercato.
Ora vedo che, invece, si sta affermando un credo semplicemente opposto e si vuole addirittura introdurre il pareggio di bilancio nella Costituzione. Morale: o si tratterà della norma più disattesa di tutte le Costituzioni del Mondo o finirà per produrre economie ingessate. Il bilancio, per quanto possibile deve tendere al pareggio, ma, come appunto insegna Keynes, deve necessariamente essere elastico ed alternare momenti di disavanzo a momenti di recupero. Non si può essere sempre solo cicale o sempre e solo formiche.

Ma di questo riparleremo. Qui ci limitiamo ad osservare che la diretta conseguenza, di quella euforica convinzione sul pareggio di bilancio, fu un’altra idea ancora più perniciosa: quella del debito che non si paga mai e si rinnova sempre (come diceva Totò: “Ho detto che domani ti pago! E domani ti pago!”), e che, quindi, può crescere indefinitamente.
Insomma, l’idea che gira, anche se spesso non apertamente dichiarata, è che la solvibilità di un debitore c’è sino a quando può pagare gli interessi in scadenza. Che poi il debito complessivo ammonti a cifre stellari, questo non ha importanza, sino a quando i debitori rinnovano il debito. E’ questa l’idea alla base del rating che, con i suoi criteri cabalistici assegna le tre A agli Usa con il loro 160% di debito sul Pil e declassa altri che hanno un debito alla metà, in nome di altri parametri misteriosi ed ancor più  misteriosamente calcolati.

Insomma l’idea è che il debito un giorno sarà pagato. Quando? Un giorno. Per ora andiamo avanti così e non poniamoci il problema del debito accumulato. Tanto poi i creditori reinvestono. “Sarà, ma non mi convince…”

Prendiamo il ragionamento dall’inizio e portiamolo alle estreme conseguenze.
Partiamo dall’idea che non è necessario saldare il debito in tutto o in parte e che ci si può affidare al tranquillo rinnovarsi delle scadenze, perchè il debito può essere rifinanziato oppure perchè esso può esser cartolarizzato e rivenduto o, infine, perchè, nel caso di debiti sovrani, è sempre possibile venderlo alla rispettiva banca centrale  emettendo una pari massa di moneta (anche se questa ultima manovra è molto più agevole per il dollaro, moneta di riferimento internazionale, che per le altre monete che devono necessariamente confrontarsi con il dollaro, soprattutto per l’acquisto di commodities). Dunque, il grado di affidabilità dei debiti sovrani non sarebbe dato dalla massa del debito accumulato, ma dalla solvibilità degli interessi.

In effetti, l’esperienza storica insegna che nessuno stato (o quasi) ha mai esaurito il suo stock di debito e, tutto sommato, i default sono molto più frequenti di quanto non si creda, anche se nella maggior parte dei casi si è trattato di default domestici e non internazionali.
Questo, però, non vuol dire che il debito possa crescere all’infinito, non fosse altro perchè, ad un certo punto, il peso degli interessi si fa insostenibile e, se ciò accadesse, questo metterebbe seriamente a rischio anche il rifinanziamento delle quote in scadenza: chi investirebbe su un debitore che non paga neppure gli interessi? Dunque, si determinerebbe una frana a catena per la quale il debito accumulato sarebbe messo in gran parte all’incasso e non ci sarebbe altra strada che il default.

Anche l’assorbimento di titoli da parte della propria banca centrale non potrebbe risolvere il problema al di là di un certo punto: la continua emissione di carta moneta provocherebbe una rapida svalutazione della moneta e i titoli denominati in moneta propria perderebbero ogni capacità di attrazione per gli investitori, che capirebbero di stare acquistando a 100 quello che domani varrà 80 e dopodomani 50. Peggio ancora i debiti denominati in valuta straniera o ad essa agganciati: il costo dei loro interessi diventerebbe proibitivo, per effetto del diverso cambio determinato dalla svalutazione, e ciò  affetterebbe il crollo.
Dunque, c’è una soglia critica oltre la quale il debito “implode” perchè non può più crescere e questo fa crollate tutta l’impalcatura che reggeva il debito accumulato.

Questa soglia può anche essere gradualmente spostata “in avanti” dalla crescita economica del paese indebitato che, in questo modo, guadagnerebbe nuovi margini di “indebitabilità”.  Ma anche questa ipotesi è limitata ed aleatoria. Limitata perchè sulla stessa crescita peserebbe l’onere del debito che ingoia con gli interessi, risorse per gli investimenti (soprattutto se si tratta di debito estero). Aleatoria perchè non è affatto detto che la crescita debba necessariamente esserci, come dimostrano i rischi di stagnazione o, peggio, di recessione, per cui potrebbe anche verificarsi il caso contrario: che una caduta nello sviluppo crei una imprevista situazione di illiquidità che diventerebbe rapidamente insolvenza.
Pertanto, comunque la si rivolti, l’idea di un debito eterno che non si salda mai, per cui non ci si deve preoccupare della solvibilità delle passività accumulate è una idea profondamente sbagliata. Anzi, è l’errore decisivo su cui si basa l’iper capitalismo finanziario dei nostri giorni ed  è la principale ragione della  crisi in corso.

I “trucchi” della fiat money e della cartolarizzazione, cioè della commerciabilità infinita del debito, hanno solo creato l’illusione di un debito espandibile a piacere a sostegno di uno sviluppo illimitato e rapidissimo.
Dunque una certa soglia di indebitamento, oltre la quale non è possibile andare esiste, ma questo significa anche un’altra cosa: che raggiunta quella soglia occorre cercare di tornare indietro, saldando almeno una parte del debito accumulato. Diversamente, la capacità di intervento economico dello Stato sarebbe azzerata, proprio per l’impossibilità di fare ulteriore disavanzo quando questo fosse necessario.

Di fatto, la condizione di accettabilità del debito è che, raggiunta quella soglia, si cerchi di farlo calare (anche se non necessariamente annullare) per riconquistare una certa elasticità.  Il resto è solo ideologia e questo vale anche per gli Usa, qualsiasi cosa ne dicano le agenzie di rating.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (36)

  • Mi scuso di questo intervento OT,ma chiedo e in modo mitemente provocatorio al prof. Giannuli se, avendo a febbraio preso posizione sulla “rivolta” in Libia, nei prossimi giorni pubblicherà qualche riflessione sulla “conclusione” della guerra “liberatrice”.

  • A titolo di utile ripasso sull’argomento per quanti non avessero cognizioni pregresse sulla materia, c’è un bel libro intitolato “Questa volta è diverso. Otto secoli di follia finanziaria” (di C. M. Reinhart e K. S. Rogoff, ed. Il Saggiatore; ISBN 978-8842816492): una lettura non leggerissima, ma davvero molto interessante.

  • tutto condivisibile, sebbene il discorso porti sempre lì: sono tutti uguali ma c’è uno più uguale degli altri che stampa moneta all’infinito, non paga i debiti ma gli prestano sempre soldi. non dicono perchè gli prestano sempre soldi anche se non li rivedranno mai e sembra che la sua sia una condizione di normalità adottabile allegramente da vari altri stati, anche se privi del dollar standard. d’altra parte non sarebbe stata un’ottima campagna di comunicazione dire che l’economia oggi ha la sua sede principale in uno stato debitore cronico. come dire che la polizia sta in affitto dalla mafia e roba del genere

  • Il ragionamento di Aldo è assolutamente condivisibile e, applicato per esempio all’Italia, imporrebbe la necessità di iniziare le procedure di rientro del debito pubblico. Il problema è che, secondo una legge piuttosto deduttiva, i debiti si saldano con i soldi…ma come si fa se non si ha disponibilità di liquidi? si cercano ad ogni costo. Questa è la situazione in cui ci troviamo: il governo (che sinceramente non credo riuscirà a fare questo sforzo e consegnerà le dimissioni) è costretto a far saltar fuori un piano di sviluppo credibile che consenta di grantire la liquidità per rientrare di una parte del debito pubblico. Il problema è che avrebbe già dovuto farlo negli scorsi due anni e ora lo deve fare in tre giorni e c’è un unico modo: farlo male con una valanga di condoni e cartolarizzazioni. Il condono fiscale, alla fine, risulterà negativo per gli andamenti di mercato sul lungo periodo: perchè mai un investitore straniero dovrebbe decidere di competere in un paese in cui gli investitori residenti non pagano le tasse rendendo così la competizione economica falsata? Le cartolarizzazioni…beh…sono il principale invito alla speculazione e sottraggono reddito potenziale: immaginiamoci la grande ditta di costruzioni cinese che si acquista il bel palazzo a Milano per due lire e ci crea un’attività – che so un centro commerciale di tecnologia – remunerativa. Avremmo potuto farlo noi. Immaginiamoci il danno se poi invece di vendere un palazzo si vendono, per esempio, le quote pubbliche di finmeccanica.
    Insomma, alla fine questo governo di incompetenti leccaculo ci ha fatto arrivare a scadenza termini senza un progetto, pretendendo di farne uno in tre giorni. Un pò come arrivare due giorni prima della maturità senza aver fatto un cazzo e pretendere di risolvere le lacune in due giorni; la differenza è che alla peggio la maturità la si può ritentare l’anno dopo.
    Inutile prendersela con Francia e Germania che, in fondo, stanno solo pretendendo di riavere parte di ciò che gli spetta a fronte di titoli che noi gli abbiamo venduto.
    Solo che un piano per la crescita non è facile da stendere, anche perchè se hai il vincolo di bilancio non è semplice.
    Cadesse il governo, comunque, il problema resta (intendiamoci, ho una bottiglia di Brunello tenuta da parte per un momento come questo): che tipo di progetto economico di lungo termine ha l’opposizione per far rientrare il debito..?..io non lo ho ancora capito, e si badi che la tassa sulle transazioni finanziarie non basta, come pure non basta la Tobin Tax…ci vuole di più, parecchio di più.

  • Delusione, Professore (sob).
    Nel suo articolo di febbraio, pare che Lei raccolga acriticamnete quel colossale cumulo di balle e di immondizia informativa rovesciate su Gheddafi e la Libia.
    Vista la Sua provata intelligenza (anche superiore alla mia :-)), non Le riuscirà difficile approdare alla conclusione di come si trattasse dell’ormai consunto stratagemma ordito dal sinistro “mainstream” mediatico, volto a far digerire, al consumista medio occidentale, la barbarie di un’aggressione ad un Paese sovrano, orribilmente condita da migliaia di bombardamenti all’uranio impoverito.
    Profondamente deluso, Le chiedo di fare ammenda pubblica di questa Sua manchevolezza, anche se (si tranquillizzi) continuerò a leggere i suoi articoli ed i Suoi libri.
    A presto.

  • Sì, lo ha detto, ma questo non sposta il punto della questione.
    Professore, magari pensa anche che in Iraq ci fossero armi di distruzione di massa?
    D’altra parte, lo ha detto anche il TG1…

    • mai pensato che in Iraq ci fossero armi di distruzione di massa ed ero cintro la guerra in Itak. Ma in politica occorre distingurere far caso e caso ed il caso libico non è la stessa cosa. Le analisi politiche non sono slogan

  • D’accordo con Aldo e anche con il bel commento di Peggy. Infatti la cosa più preoccupante – dando per scontato che gli incapaci al governo tra poco se ne dovranno andare – è che appunto non abbiamo ad oggi una proposta seria da parte dell’opposizione sul modo di uscire da questa situazione disastrosa. Vedo che c’è gente che parla di default controllato, “haircut” dei Bot, smantellamento delle banche. Mah… A me le banche stanno molto ma molto antipatiche, ma cosa facciamo, torniamo al baratto? Chi vuole comprarsi casa e non ha tutti i soldi da paparino da chi lo prende un mutuo? Vanno regolamentate, questo sì. Poi l’idea che ho sentito in questi giorni di consolidare il 50% del debito è leggermente forte: non credete che ci siano molti risparmiatori privati che detengono ancora Bot e Btp? E anche se fossero istituti di credito, se falliscono vanno in malora i risparmi di milioni di persone, non tutte ricche. E poi, dopo una decisione del genere, chi ti presta ancora soldi, a meno che tu non sia un paese pieno di risorse naturali? Insomma, mi sembra che in giro ci sia una gran confusione, e mi chiedo se almeno sia possibile fare cose semplici e immediate, come per esempio cambiare il rapporto 1:400 tra la retribuzione di un operaio e quella dell’AD dell’azienda dove questo operaio lavora. Questa è vera follia.

  • Grazie, comunque, per le risposte.
    Mi riferivo non tanto alle differenze dei due scenari (particolarmente evidenti), bensì a quanto siano inattendibili le informazioni che, particolarmente in questi casi, vengono propinate dai media occidentali al popolo bovino e credulone.
    Grazie.

  • Il problema non è se si possa o meno fare debito senza porsi il problema della restituzione dei soldi presi. E’ una cosa elementare, tanto per i privati cittadini quanto per gli stati. La questione è la funzione e la gestione politica e sociale del debito. Se si attuassero politiche avvedute, non ci sarebbenè la possibilità nè la convenienza ad indebitarsi. Il FMI ha praticato a lungo una politica di credito agli stati sottosviluppati, a condizioni che rimanessero tali, in buona sostanza. Così ora la BCE, pone condizioni per il risanamento del debito, che ha il solo obiettivo di mantenere la sottomissione politica degli stati indebitati. La novità e al tempo stesso la tragedia di questo momento, è che gli Usa, una volta creditori, ora sono fortissamente indebitati. E questo fa saltare ogni prassi consolidata, ch escatena anche le aggressioni sulle vie del petrolio, e via dicendo. In Argentina la Kicner ha nazionalizzato i fondi pensione, mentre da noi speculano sul debito pubblico. Se non la smettiamo con i luoghi comuni e con le ovvietà, da questa crisi non ne veniamo fuori.

  • professore i suoi articoli su argomenti economici mi piacciono assai perchè riesce a fare comprendere a chi come me ha forti ignoranze sul tema ,molte cose che paiono difficili
    Detto questo:si una bella autocritica pubblica sulla sua posizione circa la libia-posizione che fra mille distinguo di fatto è a sostegno del colonialismo euroatlantista- ci sta benissimo.Anzi che l’autocritica venga anche da un ottimo divulgatore storico e scientifico penso abbia un valore positivo in più
    D’altronde capita a tutti di sbagliare
    Buona serata

  • E’ stata una “scelta meno peggio” aggredire un Paese sovrano con migliaia di incursioni aeree per bombardare popolazioni civili?
    Mi permetta di dissentire.
    Saluti.

  • La prima parte dell’articolo mi trova sostanzialmente d’accordo, molto meno gli ultimi paragrafi (e la conclusione di un suo articolo precedente, quello sul “diritto all’insolvenza”, che commento qui perché gli argomenti sono strettamente imparentati). Sia qui, quando dice che l’illusione di potersi indebitare all’infinito senza pagarne il conto è l’errore su cui si basa “l’iper capitalismo finanziario dei nostri giorni”, che nell’articolo precedente quando propone di togliere la faccenda dalle mani della finanza per rimetterla in quelle della politica, a mio parere manca quello che è il problema centrale dell’esplosione del debito pubblico (DP) (soprattutto in Italia) negli ultimi decenni, che è un problema della politica in primo luogo.
    L’espansione incontrollata del DP è un fenomeno dovuto principalmente alla miopia dei politici al governo, tipicamente interessati a tenere alto il gradimento nei confronti del proprio schieramento politico nel breve periodo (le varie scadenze elettorali) e più che disposti per questo a spendere e spandere, per tenere buone le imprese, i sindacati, per comprare voti in maniera più o meno diretta … alla faccia del vincolo di bilancio intertemporale del paese (che nel dibattito pubblico in Italia sembra sempre non esistere, salvo forse negli ultimi mesi in cui lo si sente mordere, proprio grazie ai mercati finanziari)! Basta vedere cosa succedeva al DP italiano prima del divorzio tra la BdI (finanza) e il Tesoro (politica) del 1981.
    Questo non per dire che i mercati finanziari funzionino alla grande e non abbiano responsabilità nella grande recessione (anzi! http://rajivsethi.blogspot.com/2011/08/rating-agencies.html , per fare giusto un esempio…), semplicemente, a ciascuno il suo!
    Mi è anche poco chiaro cosa intenda con “trucco” della fiat money, mentre sono ben d’accordo riguardo al ruolo svolto dalla cartolarizzazione di alcune attività nella crisi del 2008 (anche se credo che questo non dipenda dall’illusione del potersi indebitare all’infinito, come ho già detto, ma da altri problemi tipici dei mercati finanziari e del rating, come nell’articolo linkato sopra).
    Grazie

    • per la verità nell’articolo non mi riferisco al caso italiano che è decisamente particolare e per il quale valgono le sue osservazioni, parlo in generale dell’esplosione del debito in Occidente

  • Gentile Aldo,
    non so quali siano gli articoli “in lavorazione”, ma spero possano essere un po’ più utili a fare chiarezza sulla natura della “crisi del debito”, strettamente legata alla crisi di sovraproduzione generalizzata che, come ho scritto in un commento ad un precednte intervento, striscia dalla fine dei ’70 ed è ora conclamata. Se si fosse compreso, anche storicamente, Keynes, ci si sarebbe domandati come ed in quali condizioni era possibile ipotizzare e teorizzare un uso “virtuoso” dell’idebitamento come leva di stimolo al consumo (via differenti forme delle politiche di welfare), in specifiche condizioni di accumulazione produttiva di capitali, data l’esistenza di ampie regioni geopolitiche in cui era possibile estrarre plusvalore produttivo, prima che si dovesse ricorrere alla “finanziarizzazione” ed al credito al consumo come valvole di “sfogo” per la valorizzazione improduttiva. L’epoca era, appunto quella del dopo-crisi del ’29 e della fase espansiva (per gli USA)che ne è susseguita, e che per l’europa si è avviata dopo la seconda guerra mondiale…. Il periodo d’oro del secolo breve, per dirla com Hobsbawm. I suoi dubbi, degli anni sessanta e settanta erano leggittimi, ma forse avrebbe dovuto consultare altri testi oltre a quelli sulla rivoluzione permanente. A leggere la storia attraverso lenti un po’ più limpide, quelle peraltro limate dagli stessi ottici da cui anche lei si è servito, avremmo dovuto comprendere, magari in età matura, che, da sempre, il debito pubblico non è che profitto assicurato in anticipo ai capitali, su una scommessa di successiva realizzazione; ossia, per dirla tutta: rendita per il/i capitale/i. Non è un caso che l’esplosione del debito si è avuta a partire, appunto, dagli anni ’70, finita la sbornia espansiva ed iniziata, la crisi discendente (fine del Gold Standard,etc…), nonostante la gioisa colonizzazione dei paesi al di là del muro, che per alcuni prenditori nostrani e della vecchia europa, pare sia crollato da una sola parte. La cosa ha potuto reggere solo nel modo in cui poteva, in generale, reggere, ossia sulla base di una confidenza reciproca di “sovibilità”, tra i capitali, tra le le loro aree (anche valutarie) di concentrazione nazionale o regionale. Ma la baracca è saltata, non per reagioni contabili o di esigenze di razionalizzazione (il debito prima o poi deve rientrare, etc.), ma perchè, semplicemente i debitori (i capitali)esigono reciprocamente che ognuno faccia il suo lavoro e che non campi più di rendita; ossia che ognuno torni, come può a spremere il limone reale e la smetta di gingillarsi con la borsa. “Riprendete a crescere”, “ci vuole la crescita” ripetono gli istituti finanziari, gli stessi che l’hanno drogata e le Confindustrie di tutti i paesi, che sanno bene cosa questo vuol dire in pratica (competitività, riduzione del costo del lavoro, espropriazione della parte di spesa pubblica di cui solo indirettamente si sono fino ad ora avantaggiati attraverso il welfare=salario differito). Il resto sono chiacchiere. Se non si comprende la natura della crisi e la svolta politica, la faccia politica che tale conflitto tra fratelli nemici, anche all’interno della stessa Europa, finalmente mostra, in guerre guerreggiate tra i sistemi bancari e tra gli eserciti e le armi intelligenti che sfogiano le vesti alla moda in questo ventunesimo secolo, non si capisce l’economia ed il suo prolungamento con altri mezzi, per dirla con Brecht, che è la guerra. Già, compresa qualle, infame, libica. A proposito,in qual senso pensa si sia mai potuta considerare, questa avventura neocoloniale, la scelta “meno peggio”? Meno peggio per chi? Mi piacerebbe conoscere una qualche sua riflessione in merito, dato che, appunto, le analisi politiche (come quelle economiche) non sono slogan.

  • bot e btp. Chi li ha non può credere che il loro valore non sia garantito, perché se crolla la fiducia nello stato, salta tutto. E poi anche le assicurazioni hanno investito in btp/bot, quindi c’è un effetto domino.

  • Nemmeno io mi riferisco al caso italiano in particolare, citavo l’Italia solo come caso particolare (e particolarmente malato) di un processo che tende a svilupparsi anche altrove secondo logiche simili (anche se appunto meno incancrenite che qui). Insomma nella maggior parte dei casi la politica ha alcune responsabilità (esplosione del debito e fallimentare regolamentazione del settore finanziario, ad esempio) e la finanza ne ha altre. La fiat money invece non ho proprio capito cosa c’entri.

    • Insomma… l’esplosione del sedito pubblico americano presenta aspetti similari al caso italiano ma di suo ha un volume di spese militari per sostenere l’Impero che non ha eguali nella storia. Anche nel caso giapponese ci sono diverse peculiarità ed in tutti i casi dell’Occidente direi che la mano della finanza è stata preponderante. Nel caso italiano, invece vedrei preponderante il peso di corporazioni e gruppi di interesse sostenuti dalla politica.
      La fiat money: sarà proprio un caso che l’aumento esponenziale del debito americano sia andato di pari passo con l’inondazione di dollari seguita alla decisione di Nixon del 1971?

  • faccio un’osservazione riguardo alla libia: vi lamentate che al posto di gheddafi c’è il suo ex ministro? io non ho problemi a dire: “schifo tutti e due”, specie se si tratta di due tizi che governavano insieme. forse però la situzione è meno peggio perchè jalil o come si chiama (mediaticamente è spuntato nei titoli dei giornali come un fungo) non ha un apparato di potere altrettanto solido di gheddafi, e quindi forse non durerà quarant’anni, ma solo venti, come un’altro paio di ducetti nostrani.

  • prima di parlare di gheddafi :studiare,documentarsi,leggere.Almeno il libro verde,vale anche Del Boca che ha scritto molto e bene-evidenziando certi errori,che sono perà assai leggeri.
    Certo noi a prescindere lo si odiava:beduino,cialtrone,quante belle parole dette contro a uno dei migliori condottieri e rivoluzionari mai esistiti
    A sinistra c’è la peggiore presunzione formata nelle fabbrichette della narrazione vendoliana e democretina la quale con il suo paternalismo e ipocrisia istituzionalizzata è alla base sostenitrice del regime democratico.
    Certo non piacciono le guerre,ma se si dovesse usare una rivoluzione colorata per colinizzare una nazione,ben venga!Peggio dei legaioli,più infidi.
    Si è allegramente rovinato un paese,si è applaudito alle bande di criminali veri,mentre tanti crimini gheddafiani si mostravano falsissimi,anche quelli che per anni sono stati descritti contro i migranti.Che nella sostanza prima trovavano anche lavoro,ora con la caccia al nero trovano la morte.
    La decenza dovrebbe far capire il grave errore e non criticare tutti che va bene così.Riconoscere la parte migliore,(gheddafiana,assadiana,huesseniana e via così),dall’occupazione euroatlantisa e degli ascari al seguito non è un gesto pleonastico,ma di intelligente autocritica occidentale

  • Renato Costanzo Gatti

    Alle sue note, che condivido, aggiungerei una distinzione relativa alle finalità dell’indebitamento. Voglio dire che sarei favorevole (non considerando funzioni anticicliche) al pareggio di bilancio per la spesa corrente, mentre l’indebitamento sarebbe benvenuto per fare investimenti (golden rule di Delors). L’indebitamento per investimenti anticipa nel tempo l’attuazione di opere produttive che sarebbero possibili dopo aver accumulato risparmi. Inoltre gli investimenti produttivi generano frutti atti a ripagare il debito. Lanfranco Turci afferma che è sufficiente saper gestire il costo del debito, mentre lo stock non sarebbe un problema. A mio parere fa un errore basilare, non considera ad esempio che con un debito al 120% ad un tasso del 5% servirebbe un aumento del PIL del 6% (mentre basterebbe il 4% se il debito fosse all’80%). Quanto poi alle politiche anticicliche di stampo keynesiano dobbiamo ringraziare questa crisi per averle riportate ad avere un ruolo contro il pensiero unico iperliberista, come peraltro la crisi va ringraziata per aver riportato all’attualità il pensiero di K.Marx. Mai visti tanti testi (Hobsbawn in primis) e tante citazioni (Roubini, Magnus)

  • Egregio prof.sono molte le cose che non mi spiego.Innanzi tutto mi piacerebbe capire se esiste il pericolo che tra gli investitori nel nostro paese ci sia la criminalità organizzata, la quale ha sostituito la lupara con il Pc e la coppola con cravatta e giacca a doppio petto.
    Inoltre ad osservare quello che sta succedendo in questi giorni, a me non convince il ruolo della Cina preoccupata che l’Italia ripiani il suo debito.
    Pur avendo seguito la sua disquisizione chiara e lineare, se siamo in crisi e la crisi è mondiale non sarebbe più giusto utilizzare una parte di interessi richiesti sul debito per affrontare il problema occupazione? Se disoccupazione e licenziamenti crescono a dismisura e l’economia reale è bloccata chi pagherà debito e interessi?

  • davide, se è gheddafi è buono, lo è anche il suo ministro. come fai a non vedere una sostanziale continuità tra una dominazione straniera ed un’altra? gheddafi fu messo dai nostri servizi col placet di israele, e anche lui ha fatto una rivoluzione colorata (non arancione ma verde) che può essere definita colonialismo. sarò un idiota ignorante ma credo che questi aspetti conicidano, e che i dittatorelli da te citati sono comunque espressione dell’occidente o di interessi assimilabili a quelli occidentali, come nel caso di putin che è capitalismo senza democrazia. senza contare che l’occcidente ha sempre preferito i regimi alle democrazie fantoccio, in quanto più controllabili. mi stai simpatico, ma non sono per niente d’accordo: capitalismo e democrazia non sono due cose che convivono bene insieme, al contrario di quanto si dice di solito, ma quando non c’è democrazia, c’è solo il dominio del capitale, altro che parte migliore…

  • Ma chi oggi pretende il dogma del pareggio di bilancio perché non va a rivedersi le condizioni storiche per cui il debito si è creato? Quando Quintino Sella e la Destra storica pareggiano il bilancio a colpi di sacrifici, il loro sforzo è stato poi vanificato da miscredenti della nuova religione o forse le ragioni sono altre? Non è che da Sella a oggi l’Italia fosse rimasta in pareggio di bilancio i progressi del paese sarebbero stati pochini? Non è che tutta la problematica del debito è associata all’altro dogma, quello dello sviluppo o meglio della ‘crescita’?

  • roberto bortolotti

    trovo deludente il suo articolo, soprattutto perché oggi l’unica alternativa al default o alla macelleria sociale è il finanziamento del tesoro con la banca centrale, quindi sarebbe la cosa da fare subito, e in misura abbondante. Capisco anch’io che non si può fare all’infinito, ma il fatto è che da anni non lo si fa PER NIENTE, ed è questa la causa dell’incremento fuori controllo del debito pubblico, molto più della corruzione e degli sprechi, perché c’è una bella differenza tra finanziarsi a costo zero e pagare interessi da usura al “mercato”. Come Lei saprà senz’altro il trattato di Maastricht ha vietato il finanziamento del tesoro con la banca centrale, con lo scopo (occulto) di distruggere lo stato sociale e asservire stati e cittadini alle banche. In Italia avevamo iniziato prima, nel 1981, col divorzio tesoro-bankitalia concordato da Andreatta e Ciampi, un colpo di stato non rilevato nei manuali di storia. E’da lì che inizia l’esplosione del nostro debito pubblico (Grazie Ciampi!) e Lei dovrebbe saperlo. Tra l’altro è troppo facile dire che la stampa di denaro provoca automaticamente inflazione: Lei dovrebbe sapere come funziona il sistema della riserva frazionaria ,e dovrebbe sapere che l’inflazione è funzione di M3 e non solo di M0; e dovrebbe sapere che M3 si può modulare aumentando la riserva obbligatoria; peccato che questo potere sia stato delegato alla banca centrale, la quale non ci pensa nemmeno perché non lavora per il bene comune ma per i profitti delle banche. Perché non ci spiega come mai la riserva obbligatoria è stata ridotta fino al 2% così le banche possono creare sempre più moneta? Non sarebbe meglio aumentare M0 che non indebita piuttosto che soffocare tutti nei debiti per fare gli interessi delle banche?

  • Se posso permettermi, indietreggerei la data dell’ingresso della criminalità organizzata tra i miggiori investirori del paese di circa un decennio. Inoltre, diciamo che la svendita del patrimonio pubblico, soprattutto edile sarebbe un ottimo affare per chi ha parecchio denaro contante disponibile a breve-medio termine: comprare immobili importanti a costi molto bassi garantisce la duplice possibilità di trasformare patrimoni monetari – spesso scomodi da avere – in immobili e garantisce anche la possibilità di riciclare buone somme di denaro attivando negli stabili eventuali attività esercenti reddito, o anche solo risitemando una palazzina per rivenderla ad appartamenti con prezzi tripli rispetto a quelli d’acquisto. Questo meccanismo è stato lo stesso che si è messo in atto dopo la caduta del muro di Berlino in molti paesi dell’est europa, costretti a svendere patrimonio pubblico per fare cassa.

  • Penso anch’io che ridurre il debito pubblico sia una necessità, a condizione che: man mano che lo si riduca non ci sia poi un governo che lo incrementa di nuovo, che non si vendano o regalino beni produttivi di reddito (banche, autostrade, telecomunicazioni, porti, spiagge, edifici pubblici di edilizia popolare e adibiti ad uffici, aziende ad alto tasso tecnologico e comunque in grado si sviluppare ricerca) che il governo sia credibile nel chiedere sacrifici (oggi non credo neanche nel presidente della repubblica che chiede subito misure anche impopolari, quali che siano) che sia fatta una seria lotta all’evasione (quella va da sè) ma anche all’elusione fiscale, che si pongano vincoli restrittivi severi alla finanza speculativa (quella che dà i numeri al gioco d’azzardo). Insomma considerate le mie premesse, siamo allo stallo completo.

  • Prof. ma non sei troppo legato ad un ragionamento sulla tenuta dello Stato Nazione.
    Mi spiego, alcuni concetti che proponi sono validi in un’ottica che considera immutata la possibilità di mantenere il sistema di Welfare (e dunque di controllo e influenza sulla vita sociale) da parte degli Stati. Non di mantenerlo inalterato, ma di mantenerne almeno una parte.
    Non sono sicuro che si tratti dello scenario che vediamo. Soprattutto non sono affatto sicuro che vi sia la possibilità di pronunciare la parola Stato, in futuro, se non ad uso degli estremisti di destra. Anche il debito pubblico è un debito di Stato e forse bisognerebbe partire da li’ per rifiutarlo.

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