Guerre valutarie e Quirinale.
Per orientarsi nella battaglia che sta per iniziare intorno al Quirinale, dobbiamo capire che c’è una novità rispetto al passato: questa volta il Presidente, molto più che da Montecitorio in congiunta con Palazzo Madama, scaturirà da telefonate in congiunta fra Mosca, Berlino, Francoforte e Washington.
Intendiamoci: anche in passato ci sono stati tentativi stranieri di influenzare l’elezione del Presidente e non solo –come è facile immaginare- da parte degli americani, ma anche di altri. Ad esempio, nel 1972, sovietici e rumeni tentarono di convincere il Pci a votare Fanfani (il De Gaulle italiano, si diceva) per ottenere un corso della nostra politica estera meno sdraiato sulla Nato. Ma si trattò di poca roba e non sempre andata a segno (come il caso appena citato dimostra). Soprattutto, si trattava di tentativi scoordinati fra loro e senza troppo crederci. Nel complesso, in materia di Quirinale, le dinamiche della politica interna hanno sempre prevalso sulle pressioni internazionali, anche perché la casella più importante e tenuta d’occhio non era il Quirinale ma Palazzo Chigi.
Questa volta è diverso, perché la globalizzazione impone dinamiche diverse che mescolano molto più del passato il dentro ed il fuori ed, in secondo luogo, perché il Quirinale è diventato più interessante di Palazzo Chigi anche in ragione della stabilità settennale del primo e della precarietà del secondo.
Partiamo in particolare da un dato: la guerra valutaria in atto.
Re dollaro non è più il re incontrastato di un tempo, quando le incaute sfide di marco e yen venivano rapidamente ridimensionate e ridotte ai margini. Oggi il dollaro deve fare i conti con lo yuan renminbi cui è legato da un perverso intreccio: il secondo si tiene volutamente sotto apprezzato per favorire le esportazioni, ma inizia ad essere accettato come moneta di scambio internazionale (come è accaduto da ultimo nel contratto sino-russo per il gas e da altre intese con paesi asiatici e latino-americani). Cercare di destabilizzarlo sarebbe non solo difficile e poco utile, ma anche pericoloso, visto che, nella pancia della banca centrale cinese, riposano tre mila miliardi di dollari fra banconote e T bond pronti ad essere riversati sul Mercato, con gli effetti che è facile immaginare. D’altro canto, anche ai cinesi non conviene tirare la corda più di tanto, perché, se il dollaro va a fondo, quei tre milioni di miliardi vanno in fumo e, poi, si brucia il principale mercato di sbocco delle sue merci. Ai cinesi dà fastidio che gli americani emettano liquidità a tutto sprint, con l’effetto di svalutare i loro stessi crediti, ma, poi, alla fine, conviene acconciarsi in un equilibri precario, che non esclude i colpi bassi, ma non può mai saltare del tutto.
Come terzo incomodo fra i due colossi, c’è l’Euro, una moneta sbagliata che non dovrebbe esistere ed, invece, esiste. Anche l’Euro qui e lì inizia ad essere accettato come moneta di scambio e di riserva e, anche se non ha mai insidiato davvero re dollaro, resta una sorta di minaccia permanente. Soprattutto, corre il rischio di agire costantemente in controtendenza, finendo con il rendere molto più precario l’equilibrio fra i primi due.
Non è un mistero che una parte degli americani vedrebbe volentieri sparire questa moneta. Non sono dello stesso parere altri americani che, pur auspicando un ridimensionamento “politico” di questa moneta, non ne vogliono il crollo, temendo un effetto domino. Ma, sia che si voglia far fuori l’Euro, sia che lo si voglia solo ridimensionare (come si fece con lo yen nel 1985), occorre metterci le mani su ed il modo migliore è controllarne il punto debole. E, se la Germania ne è il punto forte, l’Italia ne è il punto debole. Grecia, Portogallo, forse Spagna, possono rappresentare malanni seri, ma curabili, mentre l’Italia, con il suoi 2.000 e passa miliardi di debito, rappresenta il vero rischio mortale. Ad un default italiano, l’euro non sopravvivrebbe. Forse nascerebbe l’Euro del Nord, comunque non ci sarebbe più l’Euro come lo conosciamo.
Ad essere sinceri, l’Italia è già un paese tecnicamente fallito, perché il debito non è ripagabile neanche in prospettiva assai lontana, perché la pressione fiscale indotta da peso degli interessi condanna la nostra economia a lenta morte per asfissia, perché il Pil è condannato a scendere, per cui il debito è destinato a crescere in rapporto al Pil, anche restando fermo. E c’è anche chi pretende che troviamo altri 100 miliardi all’anno per rispettare il patto di stabilità che prevede il dimezzamento del debito entro un certo numero di anni: follie.
Dunque, l’Italia è un cadavere tenuto a galla con interventi tampone di volta in volta e non si sa bene per quanto. Ma prima o poi, è di qui che occorrerà partire per rifare l’ordine monetario del continente.
In questo quadro, il Presidente Napolitano ha agito come sorta di garante-commissario, diventando il vero interlocutore a livello internazionale mentre Berlusconi, Monti, Letta, Renzi si succedevano l’uno all’altro, quattro presidenti in tre anni (se se contiamo dall’inizio del governo Berlusconi).
Si capisce che, per il sistema internazionale, un interlocutore stabile sia una esigenza di primaria importanza. Ed è importante che il presidente sia “la persona giusta”, capace di usare i “poteri silenti” previsti dalla Carta Costituzionale. Di qui le crescenti interferenze su una questione che, in altri tempi, sarebbe stata assai meno notata nell’agenda internazionale.
Chi lo ha capito per primo, fra i candidati, è stato Prodi che ha iniziato una complessa manovra avvolgente proprio sul piano internazionale, capendo che i voti necessari si possono raccogliere più facilmente fuori che in Italia. Sarà un caso (certamente) ma dopo la visita di Prodi a Mosca, il Cavaliere ha esplicitamente lasciato cadere il veto su di lui dicendosi pronto a discuterne, mentre Minzolini e Rossella hanno esplicitamente invitato Berlusconi a far sua questa candidatura; persino la Santanchè (ho detto la Santanchè! Avete sentito?) abbandona toni pregiudizialmente ostili e si dice pronta a pensarci.
Sicuramente Prodi non ha problemi a farsi appoggiare da Berlino, di cui è stato sempre tanto amico. Ed anche da Francoforte non dovrebbe mancare la simpatia. In fondo, poi Prodi potrà sdebitarsi con Draghi assicurandogli l’appoggio italiano per la candidatura al Fmi. Il problema più serio è il nulla osta a stelle e strisce. Per quanto russi, tedeschi e Bce possano essere autorevoli, sarebbe dura spuntarla contro un veto americano. Anche perché sicuramente lui non è il candidato naturale di Renzi, che lo vede come il fumo negli occhi. Il fiorentino, lo abbiamo detto molte volte, non è un genio, però capisce perfettamente che, con Prodi al Quirinale, la sua permanenza a Palazzo Chigi potrebbe durare meno di un mese. E, per quanto i rapporti fra Renzi e l’attuale amministrazione americana non siano affatto splendidi, però potrebbe tornargli utilissimo attaccarsi a quel veto ed ostentare la più schietta ortodossia atlantica, pur di evitare che la “mortadella dal volto umano” si insedi sul Colle. Vice versa, se ci fosse una pressione congiunta di russi, tedeschi e Bce, con un appoggio americano anche solo tiepido, sarebbe costretto ad accettarlo ed, anzi, a proporlo, almeno per evitare di subirlo apertamente.
Ma gli americani che pensano di Prodi? E’ sempre stato amico della Germania, da sette-otto anni lo è pure della Cina, tresca con i russi, è stato ostile alla guerra del Golfo. Con questi precedenti non dovrebbe avere speranza alcuna. Ma, in politica, mai dire mai. Proprio in questi giorni, è uscita su “Italia Oggi” una interessante intervista a Edward Luttwak –e il signore si che se ne intende!- il quale, ha spiegato il perché ed il percome l’euro sia stato un clamoroso fallimento dal quale, in qualche modo, bisogna uscire prima che sia troppo tardi, all’intervistatore che gli ricorda come fra i primissimi fautori dell’Euro ci sia stato tal Romano Prodi, che oggi aspira al Colle, risponde letteralmente “Prodi è un economista provato e una persona onesta. E di onestà, nella politica italiana, non c’è un’offerta illimitata, però lui dovrebbe dire: <<Sono onesto e competente ma ho fatto un grave errore: l’euro>>”.
Che, traducendo liberamente dall’inglese-americano all’italiano, a noi suona così: “Prodi è stato un nostro nemico ed un fautore di quella porcheria di moneta, però è uno dei pochi in Italia che capisca qualcosa di economia, per cui, se non si intestardisce a fare il filo tedesco ed a difendere l’Euro, se ne può discutere”. O no!?
Insomma, non è detto che dal Potomac debba necessariamente arrivare un “niet” e si capisce che, in ogni caso, gli americani di una Pinotti, di un Veltroni, di un Franceschini non sanno che farsene e non prendono neppure in considerazione nomi che non abbiano una qualche caratura internazionale (non a caso nell’intervista Luttwak non cita nessun altro aspirante al Colle). Il che non vuol dire che i giochi siano fatti: bisogna vedere sino a che punto questa dichiarazione corrisponda agli umori ufficiali della Casa Bianca e poi se Prodi saprà convincere i suoi vecchi antipatizzanti. Ma ci dice che la partita è molto più aperta di quel che si pensi e che, per ora, l’unica candidatura in pista a livello internazionale è quella di Prodi. Potrebbero subentrare quelle di Amato, D’Alema, Cassese o, al massimo, Gentiloni, ma per ora il nome che si fa è solo quello del Professore.
Aldo Giannuli
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mass1q
Il carattere distintivo di Luttwak è il doppio-gioco, tipico di chi da circa 30 anni almeno lavora per la CIA ed è la voce ufficiale di chi manipola i nostri media per conto di Washington. Prodi, a qualsiasi livello, negli Usa è visto come il fumo negli occhi e se lo si espone così è proprio per bruciarlo subito prima che il quorum necessario per eleggerlo si abbassi troppo e venga messo in pista, è fin troppo evidente.
In quando agli altri nomi, non so se si rende conto, ma sono tutte persone inserite in circoli massonici internazionali importanti, compreso Gentiloni che magari sembra uno fuori da certi circuiti di potere e invece ha un suo peso, non a livello di Prodi e Amato, ma sempre fratello è.
Secondo lei si può eleggere Presidente della Repubblica in un paese come l’Italia uno che non sia massone? Guardando alla composizione parlamentare evidentemente no. Nessuno lo dice apertamente ma se queste candidature vanno male, Draghi è il candidato scontato che mette d’accordo tutti, uno che in quanto ad affiliazioni, segrete e non, non lo batte nessuno (Gruppo dei 30, Bilderberg, Trilateral Commission tra le “medaglie” note a noi profani). Purtroppo ci aspetta un Napolitano ter, alla fine lì si andrà a parare
Tullio Padovese
A giudicare da certe sue dichiarazioni, reperibili anche in rete, e da alcuni documenti di Nomisma (di cui Prodi non è comunque il ventriloquo) il fondatore dell’Ulivo non mi pare sia così allineato ai dettami dell’ordoliberismo tedesco (un melange di deflazione salariale e mercantilismo), nella cui strettoia ci ha cacciato il nostro Governo ……fuori tempo massimo e senza possedere le risorse per creare un sistema di ammortizzatori sociali adeguato a mitigarne il potenziale disgregatore della coesione sociale.
Prodi è una persona troppo intelligente per pensare che una ricetta buona in Germania dieci anni fa, in un contesto di crescita generalizzata dell’economia globale, possa dare oggi in Italia qualche frutto diverso da una ulteriore contrazione della domanda aggregata e dal conseguente incremento del deficit; anche se in merito non si è mai pronunciato, ritengo sia dotato di autorevolezza e competenza sufficienti a guidarci dignitosamente – quando tutti i nodi dovessero giungere al pettine -in un percorso di uscita dall’euro.
Tenerone Dolcissimo
Ma, secondo Lei, come viene valutato all’estero il fatto che Prodi sicuramente darebbe una mazzata finale all’Italia, considerato che appartiene alla cerchia di coloro che fanno danni anche solo aprendo la finestra?
Almeno Berlusca provocava danni non facendo nulla, troppo occupato a curarsi dei c(bip) suoi. Il che permetteva di affiancarli quacuno operativo.
Ma Prodi no. Prodi agisce e danneggia.
Ne donbbiamo desumere che a Berlino e altrove c’è qualcuno che tifa per o almeno ha messo in conto una futura catastrofe italiana?!?
A tutti e in primis al Professor Giannuli, saluti e Auguri e correte a fare benzina, perché da domani -grazie al cazzaron florentin ed ai beoti che l’hanno votato- aumenta. E non finisce qui, in barba a quel che dicono il Corriere della Serva, la Svampa e la Semipubblica, tutti giornati prezzolati da palazzo Chigi da qui al 2017 sarà un crescendo rossiniano
Francesco Maria Pellegrini
Il prof. Giannuli è sempre un grande. Anche io, più modestamente, ho scritto sul tema.
http://traglisqualidiwallstreet.blogspot.it/2014/12/forex-wars-2015-i-tre-teatri-delle.html
http://traglisqualidiwallstreet.blogspot.it/2014/12/perche-il-qe-quantitative-easing-della.html
http://traglisqualidiwallstreet.blogspot.it/2014/12/perche-il-qe-quantitative-easing-della_28.html
Concordo sul fatto che in atto ci sia una guerra valutaria e sul fatto che il destino del dollaro non dipenda più soltanto dagli americani. Buona anno a tutti.
Gerardo
Mi scusi professore, in questi suoi interventi non ho mai capito bene una cosa: che ne pensa di Prodi come Presidente? (Certo, l’epiteto di mortadella più volte ripetuto non suggerisce che ne abbia una grande stima…)
Caruto
Come curriculum, mi sembra che Prodi possa partire favorito.
L’attuale amministrazione USA e’ la cosa migliore che Prodi possa aspettarsi.
Va bene che Obama ha vincoli, ma e’ stato l’unico che voto’ contro l’intervento di Bush in Iraq; quindi…
E l’italiano e’ anche l’unico che possa vantare contemporaneamente competenza economica, esperienza politica interna ed internazionale, rapporti di buon vicinato con Russia e Cina.
Se gli USA danno l’ok e’ deciso che sia lui.
Lutwak ne parla bene? Puo’ darsi, semplicemente, che stia preparando il terreno e stia avvisando anche a chi non lo vorrebbe.
Il secondo in graduatoria (sempre in termini di curriculum) e’ Amato.
D’Alema, staccato, e’ terzo.
Cassese? Gentiloni? Sono perplesso.
grandavide
piccolo particolare: se non si va a votare entro la prossima primavera, renzi il 40% se lo scorda. e quindi il nostro premier è probabilmente il primo a voler fare cadere il suo stesso governo. abe in giappone ha fatto la stessa cosa d’altra parte, ed è molto probabile che il giochino riesca anche in italia, dato che i media hanno incoronato come unico oppositore l’innocuo salvini, dopo avere preso per il culo gli italiani con l’innocuo grillo.
ma anche sta storia che renzi è nemico della merkel mi sembra che lasci il tempo che trova. renzi prima dell’estate diceva di non volersi occupare di articolo 18. la merkel a settembre si è lamentata. renzi ha fatto approvare il jobs act in tempi brevissimi, dimostrandosi un cagnolino molto più fedele di enrico letta, e ho detto tutto. il job act non serve nè per rilanciare l’economia, nè per farsi votare alle prox elezioni, serve solo per rispondere ai diktat europei, quindi non ci sono altre spiegazioni.
io continuo a vederla molto statica e grigia qua in italia: per un pò di anni non cambierà nulla, dato che ci si è sforzati per produrre la stasi perfetta.
mentre la vedo meno rosea del prof riguardo la cina: il reminbi rivalutato causerebbe solo problemi, dato che il conseguente crollo di esportazioni e settore industriale annullerebbe qualsiasi effetto rifugio. senza contare il rally della borsa cinese, che viene descritto da molti come una bolla data la sua controtendenza con gli indicatori economici interni. senza contare lo stesso abe, che è molto probabile che lascerà i giapponesi in mutande. in un contesto del genere credo che ci siano scenari molto più urgenti dell’italia: un italia pacificata da un governo populista e da un opposizione anch’essa populista e ben pronta a donare fette di culo di qua e di là. e poi a renzi basta chiedere e si mette a disposizione della prima potenza estera che capita, e casomai ci si fa pure i selfie insieme: che cosa dovrebbero temere da questo qua?
ma invece, sto cantone presidente della repubblica? in fondo a renzi servono degli spot, e il prox presidente della repubblica sarà il solito spottone stile renzi: un pertini di destra, e saranno tutti contenti, anche i grilli.