Grillo e i sindacati.
Qualche polemica ha suscitato una recente dichiarazione di Beppe Grillo nella quale proponeva di eliminare (in qualche modo) le confederazioni sindacali, dando molto più spazio alla contrattazione aziendale direttamente controllata dai lavoratori e, più o meno, sulla stessa lunghezza d’onda si è detto Giorgio Cremaschi, già autorevole esponente Fiom. Poi è venuta la consultazione sul programma con la proposta (approvata plebiscitariamente) di eliminare il privilegio per le organizzazioni sindacali firmatarie di contratto, uniche a poter presentare candidati per le rappresentanze sindacali aziendali.
Dico subito di essere largamente d’accordo con queste posizioni che sostengo, per la verità da trenta anni a passa, da quando ero un giovane dirigente sindacale sulla via dell’uscita, non condividendo la crescente involuzione buricratica del sindacato. Subito dopo gli anni del grande conflitto il sindacato venne letteralmente subissato di denaro, disposizioni di favore, concessioni e privilegi per i suoi quadri che ne cambiarono la natura. Nei primi anni ottanta feci uno studio sull’organizzazione sindacale scoprendo che le tre confederazioni assommavano oltre 130.000 operatori professionali (fra funzionari, distacchi, permessi sindacali continuati, dipendenti dei patronati e di altri organismi collaterali), occupavano 26.000 seggi nei consigli di amministrazione di enti pubblici (dall’Inps ai conservatori, dall’Inail agli enti di formazione professionale), disponevano di circa 80.000 sedi con oltre 35.000 linee telefoniche. Mettendo tutto insieme, usciva una città più grande di Brindisi o di Novara. Quello che era stato il sindacato più combattivo d’Europa diventava uno dei più massicci apparati burocratici di Occidente e la pratica della concertazione triangolare (Governo, Confindustria, sindacati) ne faceva uno dei principali pilastri del sistema.
Dopo, la crisi della Prima Repubblica e l’ondata neoliberista che spazzava via il welfare, il sindacato ne uscì ridimensionato, nonostante fosse stato pietosamente risparmiato dalle inchieste di Mani Pulite che, pure, avrebbero avuto abbondante materia di indagine. Dopo di che il sindacato è sempre andato più perdendo ruolo politico e sociale. La contrattazione nazionale è andata via via deperendo, quella aziendale si è ridotta alle isole in cui essa è ancora possibile, sul piano generale non si ricorda una proposta di riforma avanzata dal sindacato da almeno 25 anni. A parte la Fiom che ha tentato di mantenere una dimensione conflittuale e di contrasto ai diktat neoliberisti (e che, non a caso, è discriminata tanto fuori quanto dentro la sua confederazione) il sindacato si è ridotto ad un carrozzone di burocrati nullafacenti e strapagati: una ulteriore ed indebita tassa sul lavoro.
Privo della sua dimensione propriamente conflittuale, il sindacato non ha più niente da dire: non abbiamo registrato una sola proposta degna di questo nome per fronteggiare la crisi, non un tentativo di promuovere una convergenza almeno europea e, per il resto, Cisl e Uil si sono spalmate ai piedi dei governi di turno tutte comprese del loro ruolo servile, mentre la Cgil ha avuto qualche rara impennata (in coincidenza con i governi di centro destra e solo di recente nei confronti del governo Renzi) ma, in genere, non è andata molto al di là di qualche impotente mugugno. Ex anche dalla Cgil zero proposte sulla crisi. Nel complesso, si è determinata una situazione di monopolio anomalo, per cui la rappresentanza sindacale spessa a Cgil, Cisl e Uil non si capisce in nome di quale disposizione costituzionale o di legge. Se il criterio è quello del numero degli iscritti, facciamo presente che:
a. Se il criterio dei tesserati è qualificante ai fini della rappresentatività, occorrerebbe che le iscrizioni fossero certificate da un organismo terzo e non stabilite sulla base dichiarazioni di parte e, intento, sarebbe utile una severa verifica su tesseramenti che appaiono clamorosamente gonfiati
b. la maggior parte degli iscritti alle tre confederazioni sono pensionati (la cui adesione, peraltro, è carpita dal patronato al momento di istruire la pratica di pensione) e, se è giusto che i pensionati abbiano la loro rappresentanza, non si capisce perché questo poi debba riflettersi sulla rappresentanza dei lavoratori attivi
c. che è la posizione di privilegio dei sindacati esistenti a spingere i lavoratori ad iscriversi a Cgil, Cisl e Uil, per cui si determina una sorta di circolo vizioso per cui la posizione di rpedominio genera tesseramento che a sua volta garantisce il riprodursi della condizione di predominio.
E questo blinda il carrozzone sindacale impedendo ogni verifica reale sulla sua rappresentatività, ma noi, che ce ne facciamo di un sindacato così? Sin qui è stato una sorta di tabù per cui nessuno osava sollevare la questione di questo ingombrante ed inutilissimo totem. Lode a Grillo ed al M5s per aver rotto questo incanto ed aver aperto la questione. Tuttavia, se siamo perfettamente d’accordo sulle linee generali della discussione impostata da Grillo, poi dobbiamo approfondire l’argomento, dato che la contrattazione aziendale non risolve tutti i problemi, anche perché nella maggior parte delle aziende non esiste alcuna contrattazione. Non possiamo rinunciare ad una ripresa della contrattazione nazionale. Questo però impone che ci siano sindacati realmente democratici, con gruppi dirigenti realmente espressione dei lavoratori (cosa semplicemente inesistente oggi). Ad esempio, visto che l’articolo 39 della Costituzione parla di obbligo di registrazione dei sindacati con ordinamento interno a base democratica, perché non pensiamo ad una legge quadro che stabilisca quali siano le caratteristiche necessarie di un ordinamento democratico in un sindacato? Avrei molte idee carine da proporre in merito. Vi assicuro: mi divertirei molto….
Aldo Giannuli
aldo giannuli, lavoro, m5s, sindacati
Roberto B.
Piano piano, lento pede, il M5S sta proponendo e portando avanti quelle riforme che nessun partito targato sinistra si è mai sognato neppure di pensare.
I partiti di destra hanno sempre (e tuttora), starnazzato per un ridimensionamento dei sindacati confederali (a proposito, si dimentica sempre l’UGL, i cui rappresentanti, tomi tomi, cacchi cacchi, sono presenti da tempo insieme alla triplice in tutte le trattative di peso all’interno delle grosse aziende – ad esempio Telecom): ma quei partiti non lo facevano certo pro lavoratori , bensì pro padronato, per diminuire il peso di quel poco di contrattazione che ancora si riusciva a portare avanti nei luoghi di lavoro. Anch’essa ormai quasi sparita comunque.
La stessa conformazione sindacale, con i sindacati che fanno riferimento ad una precisa collocazione partitica, è una contraddizione in termini dell’espressione “sindacato dei lavoratori”.
Per esperienza diretta vissuta in grandi aziende anche attivo in ruoli di rappresentanza, posso tranquillamente affermare che (almeno fino alla fine dello scorso secolo), non di rado la CISL, teoricamente più attenta a non pestare troppo i piedi al padronato, si è comportata in modo meno indegno rispetto alla CGIL, veri rappresentanti di interessi di partito e, come tali, pronti a tradire i lavoratori quando erano in gioco gli interessi politici del partito di riferimento.
Per carità di patria, non cito neppure la UIL.
Pentastellato credo ancora per poco
Nel film del grande Monicelli “I Compagni” si comprende come i lavoratori, anche senza sindacati, finiscono per soccombere davanti al potere di mammona. La pellicola è piena di pillole di verità molto attuali; emblematica la scena finale, da rivedere fino a capirla.
P.S. Ma Grillo e Casaleggio non dicevano che il capitalismo e il comunismo andavano superati? Da queste consultazioni on-line nun sembra…..aspettiamo, ancora non sono finite…
Paolo Selmi
Professore, buongiorno!
Che alla triplice vada tolto il monopolio nella contrattazione nazionale, è un auspicio che esiste da tempo: ti avevo già girato un pezzo, a proposito, su come funzionano le cose a Malpensa, uscito poi a suo tempo su resistenze.org e che raccoglie la denuncia dei sindacati autonomi sull’accettazione del lavoro precario e sottopagato da parte della triplice (http://www.resistenze.org/sito/te/pr/la/prlahc09-018954.htm).
Ciò detto, penso che Grillo faccia bene, prima di dire certe cose, a togliersi il conto in banca e fare un anno da comune mortale con un mutuo da pagare e con un lavoro che anche a novembre non sai se arrivi al panettone. Tutti, anzi, dovrebbero fare quest’esperienza. Chi arriva al panettone, senza aiutini, fa leggi sul lavoro. Sa il signor Grillo cosa vuol dire togliere nel mio settore il CCNL? Significa che le mie 1400 euro, che sono già da fame avendo già esaurito tutti gli scatti di anzianità, resteranno tali fino alla fine dei miei giorni, visto che nella mia ditta, come in tutte quelle del comparto, del resto, “via te c’è fuori la fila”. E questo non lo dico per sentito dire. Facciamo le RSU interne? si… con gli stessi che ora sono i “rappresentanti della sicurezza da parte dei lavoratori”… meglio uno della triplice esterno tutta la vita, ma che se vado lì perché licenziato per ingiusta causa, almeno mi aiuta a recuperare un anno e mezzo di mensilità (questo solo perché sono da una vita nello stesso posto… rassicuriamo padroni e padroncini che leggono questo blog) e a vendere cara la mia pelle, fino a che, si spera, non trovo un altro lavoro. Questo è il mondo del lavoro oggi: dieci anni nello stesso posto, e sei già un privilegiato. E lo sei, privilegiato! rispetto allo schifo che ci vediamo intorno ogni giorno. E pensi a come fare gli altri tredici anni che ti separano dalla fine del mutuo, visto che Ungaretti oggi avrebbe scritto sistacomed’autunnosuglialberilefoglie non sul Carso ma dietro a Malpensa, o in qualche altro ameno posto di questa ridente penisola, isole comprese. Ma ci rendiamo conto, che il diritto oggi è visto come un privilegio? Ripeto: per smantellare la triplice, occorre potenziare il sindacato di base allo stesso livello. Altrimenti, di leccapiedi dei padroni ne abbiamo già abbastanza, con l’unico vantaggio che questi, almeno, ogni tanto possiamo ricondurli a legnate (per onestà dei singoli funzionari oppure quando vedono che le loro tessere, per la disperazione, vanno altrove) al loro ruolo originario.
Un caro saluto.
Paolo
Roberto B.
Caro Paolo,
se leggi bene le proposte in materia di lavoro del M5S (ormai votate), non troverai alcun punto in cui si vuole abolire i CCNL.
Questo per la precisione.
Naturalmente, è probabile, forse sicuro, che nel caso venissero realizzate alcune o tutte le proposte, in specie quelle sulla rappresentanza dei Sindacati, le Aziende ne approfitterebbero per disdire i contratti collettivi.
Ma non è detto: potrebbe rivolgersi contro di loro, ad esempio certe condizioni contrattuali potrebbero mutarsi in leggi dello Stato.
Paolo Selmi
Caro Roberto,
livelli salariali, ferie, malattie, tfr, fondo integrativo, tredicesima, quattordicesima, orario di lavoro, magari ridotto non con una misera ora di rol, ma a 35 ore… tutto legge dello Stato? Urà! Davaj tovarischi! e in un tripudio di bandiere rosse, parte un accordo di do maggiore ffffffffff e si ode il canto: “Sojuz nerushimyj respublik svobodnych sprotila na veki velikaja Rus…”
No, caro Roberto, senza i CCNL vedo solo il deserto. E Grillo in tema di lavoro è mobile qual piuma all’euro.
Ciao!
Paolo
Roberto B.
Caro Paolo,
hai perfettamente ragione: senza i CCNL c’è solo il deserto.
Ed infatti, come ho precisato, il M5S non si sogna di abolirli.
Comunque, non pensare di essere l’unico a vedere quel deserto: i CCNL sono una garanzia (ormai purtroppo molto ridotta), per i lavoratori, ma lo sono anche per lo Stato (per il mantenimento della coesione sociale), e lo sono anche per le Aziende, perchè una completa deregolamentazione toglie punti di riferimento certi anche al management, complica molto la gestione delle risorse umane e rischia di portare a situazioni di conflitto interno permanente.
Il che non è precisamente quanto serve al buon andamento di un’azienda.
Certo è che se il sindacato non fa il suo lavoro, inciucia con la dirigenza, avalla accordi sbagliati, salvaguarda persone chiaramente indifendibili, ecc, finisce per fare un pessimo servizio non solo a chi dovrebbe rappresentare, ma anche alla controparte.
Creando alla fine situazioni tali che possono fornire un alibi alla ex FIAT, grazie anche alla impotenza dei governi, di fare e disfare a suo piacimento. Ma la FCA aveva ed ha in programma di delocalizzare tutto il delocalizzabile, fino al completo abbandono dell’Italia: e di questo dobbiamo dire grazie anche ai sindacati, oltre che ai governi imbelli.
E speriamo di non dover più vedere fenomeni anni ’70 tipo “sciopero generale contro la guerra del Vietnam”, oppure “sciopero alla Azienda X a sostegno delle rivendicazioni dell’Azienda Y”, ed altre amenità del genere.
Paolo Selmi
“una completa deregolamentazione toglie punti di riferimento certi anche al management, complica molto la gestione delle risorse umane e rischia di portare a situazioni di conflitto interno permanente.”
Caro Roberto, “divide et impera”, dai tempi dei Romani, passando per Il naso di Gogol, lanciando a fionda con Fantozzi e arrivando fino ai giorni nostri. Puoi girarla come vuoi, ma “sei in un team” finché fai comodo al padrone, poi torni a essere un numero. E se non è lotta di classe questa… il fatto è che lo sappiamo tutti, dentro all’azienda, e a parte qualcuno come il sottoscritto che non farebbe mai male a un compagno, per gli altri è tutto uno sgomitare e sgambettare per conquistarsi quella nicchia ecologica che gli consenta di “restare nel team” il più a lungo possibile. E se non è guerra fra poveri questa…
Ciao!
Paolo
tonino basile
Paolo,
non pensi anche tu che i rappresentanti dei lavoratori (sindacati o come li si vuol chiamare) non debbano fare affari coi padroni e coi governi?
Se si é rappresentate dei lavoratori (e dei pensionati – che non si capisce a che titolo – poiché basterebbe adeguare per legge il loro “potere di acquisto” agli aumenti salariali contrattualmente acquisiti dai lavoratori del settore di appartenenza!) non puoi gestire patronati, caf, fondi pensioni, società di prestazioni interinali, società di formazione lavoro, società di assicurazioni e chi più ne ha più ne metta – quantificati come sempre egregiamnente dal Prof. Aldo – cofinanziati e cogestiti coi padroni, coi politici e lo stato. Si chiama “conflitto di interessi” ovvero servire due padroni (dio e mammona) ovvero i lavoratori e i padroni, contemporaneamente…!
Questo é il vero problema sulla rappresentanza sindacale da risolvere…!?!?
saluti rossi… di quelli veri…!!!
tonino basile – roma
Paolo Selmi
Ciao Tonino!
Grazie e, da compagno a compagno: che cos’erano le profsojuzy in URSS? Poco di più di un “dopolavoro ferroviario”. Mansione a cui erano “ridotti”, rispetto ai loro colleghi occidentali, certamente dal loro essere cinghia di trasmissione ma, soprattutto, dall’assenza di contraddizioni capitale-lavoro tali da giustificarne ogni funzione rivendicativa che non fosse la qualità dell’ambiente di lavoro, degli asili, delle mense e dei dormitori per i fuori sede, o la gestione del tempo libero. In altre parole, la proprietà sociale dei mezzi di produzione eliminava la contraddizione capitalistica fondamentale. Per questo mi son permesso di ironizzare nell’intervento precedente: la proprietà sociale dei mezzi di produzione è la condicio sine qua non che differenzia qualitativamente mansioni e ruolo nei due diversi modi di produzione. Un’ovvietà che, visti i tempi, è il caso di ribadire. Dunque, noi ci troviamo in questo modo di produzione, l’unico rimasto al momento (pure in Cina, pure in Cina, con l’aggravante che lì i sindacati continuano a fare il dopolavoro ferroviario in pieno modo di produzione capitalistico monopolistico/oligarchico di Stato). Il sindacato, se volessi tirare fuori gli arnesi del mestiere – e tiriamoli fuori, ‘sti ferri! – è, salvo le USB (CUB, SLAI COBAS) e la FIOM, in pieno tradunionismo: anche qui, scopriamo l’acqua calda, ma va detto. Ovvero, accantonata la rivoluzione, i tradunionisti, come li chiamava Marx, si limitano a gestire l’esistente “dalla parte dei lavoratori”. Bom, il mio primo intervento si limita a constatare che i rapporti di forza sono talmente impari che, per il Capitale, il semplice tradunionismo è diventato rivoluzionario e scomodo. In altre parole, i lavoratori sono, devono essere ridotti, a semplici pecore, carne da macello, con cui contrattare a uno a uno il prezzo della propria macellazione. Quindi essere sindacato oggi, solo per il fatto che lo si è, è già rivoluzionario. A cosa siamo ridotti…
Chiudo un attimo gli occhi sull’esistente penoso che mi sono appena lasciato dietro, essendo uno di quei privilegiati che pigliano lo stipendio tutti i mesi e lavorano dal lunedì al venerdì. Anche qui, a cosa siamo ridotti… e accolgo la tua suggestione, che mi piace davvero: una bella legge quadro di RIPRISTINO DELLA SCALA MOBILE (lo scrivo così perché, anche qui, mi sembrerebbe il comunismo! a cosa siamo ridotti…): niente più problemi di fine mese perché, i prezzi aumentano, i salari aumentano, il mutuo tasso fisso resta costante e incide sempre meno, sempre meno, sempre meno, come ai tempi dei miei! 600.000 lire da versare in due rate semestrali che negli anni Settanta richiedevano l’intervento compensatore di entrambi i clan familiari a sostegno e che, negli anni Novanta, erano versati con un’incidenza pari a quella di una bolletta!
Parliamo di utopia, visto che oggi i rapporti Capitale-Lavoro sono tali per cui non riusciamo a ripristinare l’articolo 18, altro che scala mobile. Ma essere comunisti vuol dire anche pensare a un’alternativa partendo dall’esistente, quindi, come dicono i russi, dopustim! Sia che abbiamo appena ripristinato la situazione pre-1984: Statuto dei lavoratori nella sua interezza e scala mobile. Di colpo, il problema salariale è eliminato.
Non abbiamo tuttavia eliminato la proprietà privata dei mezzi di produzione, ovvero la contraddizione capitalistica fondamentale. Ci sarà sempre un padrone che cercherà di risparmiare sull’antinfortunistica e sulla formazione dei lavoratori, che obbligherà agli straordinari, ai doppi turni, ai sabati e alle domeniche. Va bene, aggiustiamo le leggi che già ci sono e DECUPLICHIAMO, almeno, gli ispettori sul lavoro. Qui siamo oltre i confini della realtà ma, visto che il parlamento è a maggioranza comunista, ci facciamo le leggi che vogliamo. Ebbene, anche allora il sindacato non potrà mai esaurire la sua funzione. Ci sarà un’evoluzione, come si diceva nei Settanta, uno “scioglimento”, se vogliamo usare questo termine improprio, dei sindacati nei Consigli di Fabbrica, che pian piano passeranno alla gestione della fabbrica in una prospettiva socialistica. Ma i Consigli di Fabbrica saranno sempre fondamentali sia come critica incalzante al padronato, sia come soggetto promotore di nuovi modi e tecniche all’interno del luogo di lavoro, sia come soggetto gestore delle mansioni aziendali ad ogni livello (pensa, ci fu qualche burlone che lo scrisse anche sulla nostra Costituzione), in accordo con le altre realtà locali e con passi progressivi che introducano elementi di coordinazione, divisione del lavoro, riconversione se necessario, pianificazione, piano. L’obbiettivo di transizione progressiva al modo socialistico di produzione tramite proprietà statale, cooperativa e degli enti locali, sarà così raggiunto nella maniera più armonica e coordinata possibile e il sindacato così come lo intendiamo oggi non esisterà più.
Concludendo con una visione dell’oggi, hai perfettamente ragione. Per esempio, dovrebbe esistere una RSU dentro i sindacati. Perché no, scusa? Io faccio il patronato e devo essere pagato a voucher! Ma scherziamo? In questo, le ACLI varesine, dove milita mio padre da una vita, hanno avuto il coraggio di dire: siamo un movimento di lavoratori, ma visto che assumiamo persone, che c’è gente che fa il CAF a tempo pieno, è giusto che ci sia una RSU! Attendo ora la triplice sullo stesso terreno, ma anche le USB. Poi possiamo discutere, e anche qui perché no, sul fatto che il 730 dovrebbe essere ESCLUSO A PRIORI dalle mansioni sindacali. Ma anche qui, finché insieme a uno studio legale, regolarmente retribuito e rappresentato sindacalmente all’interno dell’organizzazione, alla fondazione culturale, idem come sopra, al centro studi, idem come sopra, affianco un servizio di assistenza fiscale, idem come sopra, e non le uso come pezze giustificative delle mie carenze in materia di rappresentanza sindacale, che rimane il centro della mia missione e causa, “pochemu net”? Perché no? Anzi, l’avere a che fare con i problemi concreti, misurati moneta alla mano, dei lavoratori ALDIFUORI dell’orario di lavoro, consentirebbe di elaborare statistiche decisamente “interessanti”, un po’ diverse dai panieri ISTAT, elaborare quindi panieri alternativi che registrino l’inflazione VERA, quella che non mi fa arrivare alla fine del mese con un soldo in tasca. Ed esprimere rivendicazioni accurate, pertinenti, funzionali alla classe di riferimento: la nostra. Scusami Tonino per la lunghezza. Si vede che è sabato mattina…
Un abbraccio e ricambio i saluti comunisti, se non ci si sente più Buon Venticinque Aprile.
Ciao!
Paolo
tonino basile
Paolo,
personalmente, assieme ad un altro compagno costituii un caf, per far concorrenza alla trimurti; dicevo al consiglio nazionale di quel sindacato “basico” (in senso chimico del termine): perché lasciare arricchiere i consoconcertativi quando anche noi si può “succhiare dalla mammella statale” per far crescere il sindacato e offrire un servizio gratuito ai lavoratori e ai pensionati (non solo agli iscritti)? andò a finire che ache quella “mammella” venne usata per l’arricchimento di pochi… sindacalisti, loro parenti e amici intimi.
Bisognerebbe chiedersi: perché certi sindacati (sedicenti) antagonisti, dopo più di 7 o 8 lustri, non sono riusciti a diventare “pezzi di sindacalismo importante”! forse perché anche taluni di questi sindacati alternativi “giuocano”, tutt’ora, sullo stesso tavolo da pocker dove siedono i padroni e i sindacati di regime?
anche a te un buon venticinqueaprilerosso… “partigiano, portami via, o bella ciao, bella ciao, ciao ciao…”!
ancora un saluto rosso… sempre di quelli veri…!
tonino basile – roma
Paolo Selmi
Grazie mille Tonino per il racconto della tua esperienza. La tua proposta in consiglio nazionale era più che giusta. Così come lo è la tua domanda. Nel mezzo, il disastro collettivo di un intero movimento, prima ancora che dei singoli partiti, sindacati e intellettuali che lo componevano. Una diaspora che prima o poi finirà e, questa volta, ci doteremo di tutte le strutture di controllo e preventive per evitare che certe cose si ripetano!
Ciao e grazie ancora!
Paolo
Questo se vayan
Giorgio cremaschi. Già dirigente FIOM e oggi USB, mi pare.
Credo che si questo tema le posizioni di USB, quarto sindacato d’Italia x numero di iscritti dopo la triplice, siano un punto di riferimento.
Il terreno della sburocratizzazione è molto importante. Smantellare l’idea di una solidarietà di classe che va oltre la battaglia della singola fabbrica invece sarebbe sbagliato. Ad esempio va molto di moda criticare come un’assurdità gli scioperi che assumono rivendicazioni politiche (argomento molto usato contro lo sciopero dell’8 marzo), il che segnala il fastidio del potete di fronte alla capacità (residua) dei sindacati di esprimere un punto di vista di carattere generale. A sua volta poi si aprirebbe un dibattito politico interno a ciascuna sigla su eventuali rapporti sindacato-partiti-movimenti-societa, oppure su cosa è classe nel 2017… Ma va combattuta, in ogni caso, l’idea che sia normata e favorita x legge la “atomizzazione desolidarizzante” delle strutture sindacali “alla base”, cioè nei luoghi di lavoro.
Giovanni Talpone
Sono un ex RSU FIOM e sono d’accordo con Giannuli. Il silenzio sulla trasformazione dei sindacati in casta è uno dei tanti macigni che ha reso la proposta politica della Sinistra (qui il PD non c’entra, non avendone mai fatto parte) irrilevante. Detto questo, i toni del M5S mi sembrano quelli dei padroncini che dicono da sempre: “via i sindacati, voglio trattare direttamente con i miei dipendenti”. Poi, naturalmente, se ci provi seriamente, ti licenziano… Anche la proposta di lavorare meno di 40 ore dimostra che chi la fa non ha mai visto un’azienda neanche in cartolina. Se parliamo di orari reali, non contrattuali, in questo momento sarebbe una vittoria epocale non superare le 45 ore settimanali . Persino nella situazioni meno degradate, fra viaggi di lavoro, periodi di istruzione “alla sera”, straordinari, telelavoro, ferie “finte”, chiamate al cellulare a qualsiasi ora ecc. ecc. l’orario effettivo è intorno alla 50 ore (es. http://rsuibmsegrate.altervista.org/20120323.pdf, ultimi grafici). Il problema è che nessun diritto sindacale regge in presenza di una quota significativa di persone che hanno bisogno di lavorare purchessia, in qualsiasi situazione, legale o illegale. Il diritto primario dei lavoratori è la piena occupazione, tutti gli altri discendono dal potere contrattuale che la piena occupazione dà. E non vale il ragionamento M5S (e della Sinistra del XX secolo) “lavorare meno, lavorare tutti”. A parità di salario, significa che le imprese emigrano per cercare lavoro a miglior mercato, o si rivolgono al lavoro in nero. A salario ridotto, significa che molti non hanno abbastanza di che vivere e chiedono disperatamente di lavorare di più per guadagnare di più (e infatti non mi sembra che la Francia abbia ottenuto successi così eclatanti, pur tenendo conto che il padronato francese è un po’ meno cialtrone di quello italiano: per esempio, investe in tecnologie, valuta un po’ di più la professionalità ecc.).
PIETRO GOGLIA
l’inutilità del sindacato è dovuta al suo collateralismo con i partiti, che lo hanno utilizzato per fini impropri. campione in questa pratica è stato sicuramente cofferati, che portò i lavoratori a piazza s giovanni per estorcere alla politica la sindacatura a Bologna, quindi il seggio a Bruxelles.
nel mio piccolo, penso sia pericolosa la contrattazione aziendale, in quanto, nelle aziende medio piccole (la maggior parte nel paese), i lavoratori si troverebbero in una situazione di sudditanza nei con fronti della controparte. sarebbe sicuramente da ristrutturare il sindacato, eliminando rendite di posizione e collateralismo, per una contrattazione nazionale in rappresentanza dei lavoratori e favorire criteri di di partecipazione agli utili a livello locale.
Gaz
C’era una volta una giovine di gran bellezza che si chiamava Esperanza d’Etrabar.
A furia di mirar la beltade dell’ombellico non si accorse del fuggitivo tempo, fintanto che nel buio non si ritrovò a cagion d’aver smarrito la retta via dello laboro, pe sollazzarsi di ozii e vizii di perdizione.
Indi, rotta ad ogni genere di esagerazionesi et stravizi lussuriosi si diede alla bella vita mercè la sua virtù
Gaz
mercè la sua virtute giacque nella speca delli smarriti obietti.
Una e triplice fu, per ecclisarsi nelle perdute vie degli allori.
Gaz
O. T.
ACME NEWS
To Madam Boldrini.
Illustrissima, non so di quanto lustro politico, mi permetta di non essere d’accordo.
Un tempo sulla sedia era occupata da politici di lungo corso e di lunga esperienza, che interpretavano il lororuolo super partes. Oggi una neoeletta è stata scavantata da un momento all’altro su quella sedia per opera dello Spirito Santo … e poi dicono che Dio non esiste ! Sulla sua conduzione e sulle sue uscite atte a ricordarci della sua esistenza, per carità di Patria stendo un velo pietoso.
Da ultimo sta sbandierando in ogni occasione una notizia inventata che vorrebbe coinvolta la sua defunta sorella.
Orbene Illustrissima, vorrei ricordarle che se si ritiene danneggiata ha a disposizione tutti gli strumenti legali per ottenere giustizia. Delle due l’una: o decide di agire, o dovrebbe tacere. Invece si scopre che presso l’Organo da lei occupato è stata instituita nientte poco di meno che una commissione che si occupa di notizie false. continua …
Gaz
Il Sant’Uffizio alla Camera? L’Inquisizione tra i social?
Se è per questo c’è già l’ordine dei gionalisti.
Lei sostiene che le fake news siano l’inizio dell’attacco alla democrazia.
Ohibò !! Processiamo il pensiero??
Laciamo stare i profili costituzionali sulle commissioni di inchiesta e gli interna corporis .. veniamo al merito.
Come e chi stabilisce il grado di falsità di una notizia? Avremo le notizie col bollino, come le banana Ciquita?
E la satira come la qualifica?
E verso le religioni satiriche cosa intende fare?
Lasci perdere, madam.
Le risulta che Iotti o Pertini si siano posti un problema del genere?
Mi tolga una curiosità. Un tempo la portavoce dell’agezia ONU per i profughi-rifugiati emetteva comunicati, oggi non più, sebbene il problema dei migranti persista.
Quelle notizie erano un caso di fake?
Gaz
E come ci si dovrebbe regolare con Omero, Tito Livio, Toquato Tasso?
E il cinema lo vogliamo lasciare fuori dalla competenza del Snt’uffizio?
E i testi musicali, saranno trascurati?
Gli atti delle commissioni parlamentari .. saranno esenti?
Gaz
Vuoi vedere che alla Camera si sono collegati con gli alieni e grazie all’ingegneria inversa hanno scoperto lo sciocchezzometro, senza divulgarne l’importante scoperta all’umanità ?
Boldrini, fuori lo sciocchezzometro !!!
Gaz
.. certo che Willy Coyote e Beep beep, due cartoni animati, che attaccano la democrazia fa ridere più della ACME NEWS.
Grazie Presidentessa per il buon umore.
Lorenzo
Qui come altrove il partito dei Pirati prenditutto cerca di risultare appetibile a padronato e lavoratori all’insegna di un linguaggio ed immagini sciccose, che di fatto eludono qualsiasi scelta di campo concreta.
La semplice verità è che il lavoro non può essere tutelato in ambito mondialista, che mette i lavoratori del primo mondo in diretta concorrenza con quelli del terzo. Ma la verità è sempre rivoluzionaria e di rivoluzionari in Italia non ce ne sono più.
Chi infine avalla l’invasione extracomunitaria e si compiace che i bambini indiani non muoiano più di fame non ha titolo a lamentarsi del proprio lavoro precario e sottopagato. Godetevi la diluzione del vostro (ex-) benessere nella miseria terzomondista, io mi godrò il pianto dei vostri bimbi quando avranno la carie e non potrete permettervi il dentista.
Giovanni Manara
Prof, sono totalmente d’accordo con lei. Credo che per quanto riguarda la CGIL la metamorfosi abbia avuto inizio con la segreteria di Sergio Cofferati, parlo per esperienza diretta visto che ho passato 25 anni della mia vita lavorativa nella FLAI-CGIL. Ho partecipato a tutte la fasi congressuali come delegato RSU eletto nei direttivi della camera del lavoro, Cofferati, Epifani, e per ultimo suor Camusso se oggi il sindacato non ha più niente da dire loro sono i responsabili. Aggiungerei alla sua analisi una cosa, fino agli anni novanta i funzionari che entravano in segreteria venivano dal mondo del lavoro, sapevano cosa voleva dire lavorare, turni, timbrare un cartellino, straordinari, poi…e questo è iniziato con Cofferati chi entrava doveva essere laureato quasi sempre con indirizzo economico persone totalmente avulse al lavoro e alle sue dinamiche i modelli partecipativi d’obbligo mi è capitato di partecipare ad una trattativa aziendale dove il seg, dalla CISL era un ex dipendente della azienda in questione e dulcis in fundo il nostro segretario aveva fatto l’università con il responsabile delle risorse umane si davano del tu. Immagini l’accordo.