Beppe Grillo e la proposta dell’algoritmo: un’idea interessante?

Beppe, come al solito, esagera, però ha avuto un’idea eccellente da non lasciar cadere. Ultimamente infatti ha detto che ci vorrebbe un algoritmo per calcolare quanto l’azione di un eletto (in Parlamento o in un ente locale non importa) rispecchi il suo programma e quanto lo disattenda o lo smentisca e, oltre una certa soglia, scatterebbe automaticamente l’espulsione dal M5s: Beppe userebbe la scimitarra anche per sbucciare le mele, però l’idea in sé è tutt’altro che sbagliata e meriterebbe d’essere applicata agli eletti di tutti i partiti.

Cominciamo da una cosa molto semplice: il tasso di assenze ai lavori parlamentari. Ricordo una persona che conoscevo perché già docente (assenteista) nel mio corso di laurea, deputato dell’allora Pds, che totalizzò un bel 95% di assenze e che era già una miglioria rispetto ai suoi impegni accademici dove le assenze arrivavano al 98%. Non so se ora ci sono primatisti di questa forza, ma se devo dar credito alle tabelline che ogni tanto pubblica l’Espresso, pare che solo il 42% dei parlamentari partecipa a più del 60% delle sedute. Il che significa che almeno un terzo è sotto la metà. E’ tollerabile? Ma per quale ragione dobbiamo dare 80.000 euro l’anno a un fannullone che non si prende nemmeno la briga di andare in Parlamento? Sarebbe carino prevedere una serie di sanzioni a crescere: con più di un terzo delle assenze lo stipendio annuale è decurtato del 40%, con oltre il 50% è ridotto ad un terzo ed oltre il 70% scatta la decadenza automatica. Le decurtazioni di stipendio potrebbero esser decise con modifica dei regolamenti parlamentari, la decadenza comporterebbe una revisione costituzionale, ma, per una volta si può fare, che ne dite?

Poi  si potrebbe stimare l’ “indice di attività”. Che un deputato o un senatore debbano andare in Parlamento è necessario, ma non basta. E’ necessario anche che facciano qualcosa: interventi in seduta di commissione o di aula, proposte di legge o di emendamenti, mozioni, relazioni, partecipazione alle attività varie (conferenza dei capigruppo, attività di presidenza di commissione o nelle commissioni di interna corporis, attività di controllo ed inchiesta eccetera). Insomma, non basta scaldare il seggio. Ricordo di aver fatto più di una battaglia in Rifondazione (senza mai alcun esito), per vere le statistiche sulle attività dei gruppi parlamentari e dei singoli. Mai avuto niente, ma da miei accertamenti presso i dati (non completi) della Camera, risultava che i 2/3 dei parlamentari di Rifondazione non avevano mai avanzato una proposta di legge (ovviamente contano solo i primi firmatari) e compivano meno di 30 atti all’anno (interventi, interpellanze, proposte ecc) il che significa meno di tre al mese! E dobbiamo pagare questi parassiti?

Dunque, si potrebbe  stimare un particolare punteggio (ad esempio: 10 punti per le relazioni o le proposte di legge, 5 per interrogazioni ed interpellanze, 3 per proposte di emendamenti, 3 per interventi in aula e  1 per interventi in commissione ecce cc) ricavando un indice generale di attività da rendere pubblico on line, aggiornato mensilmente e sempre consultabile. Qui non penso debbano esserci particolari sanzioni da parte delle istituzioni, ma potrebbero esserci da parte delle formazioni politiche: ad esempio, se il punteggio dovesse risultare inferiore di 1/3 alla media del gruppo, il parlamentare non sarebbe ricandidato oppure, a metà legislatura, invitato a dimettersi. In ogni caso, l’elettore saprebbe dati alla mano che gli onn. Tizio, Caio, Sempronio e Mevio non fanno un accidenti o ben poco. Ma soprattutto, questo permetterebbe di calcolare anche il tasso di attività dei singoli gruppi parlamentari e del Parlameno nel suo complesso.

Insomma una sorta di “rating del parlamentare” e proprio l’idea del rating mi suggerisce un’altra idea: magari se aspettiamo che il Parlamento approvi una legge per l’istituzione della piattaforma di controllo dei parlamentari stiamo freschi, ed anche i singoli partiti, magari, no  lo farebbero mai, per cui magari potrebbe esserci un’agenzia che predispone uno schema base e che offre il suo servizio ai parlamentari che chiedano di ottenere un attestato della propria operosità. Per quanto non lo facessero potrebbe essere emesso un rating non richiesto, sulla base dei dati disponibili ed in ogni caso, gli elettori potrebbero essere orientati dal fatto che quel parlamentare non ha rating, esattamente come accade per i titoli finanziari. Sarebbe interessante vi pare?

Un po’ più complesso sarebbe valutare il grado di rispondenza fra programma e comportamenti. Certamente, se uno indicasse nel programma “abolizione della Ztl” e poi, da sindaco, non lo facesse, la contraddizione sarebbe evidente, come anche per uno che assicurasse di non votare mai il finanziamento di operazioni militari all’estero e poi le votasse. Ma ci sarebbero mille situazioni meno nette. Ad esempio, io mi impegno a votare una legge sulle unioni civili che includa anche la step child, poi alla fine, per un compromesso fra le forze politiche, viene messa in votazione una legge sulle unioni civili che non le prevede: che faccio, voto contro la legge per coerenza, ma rischiando che non passi nulla, o accetto il compromesso? Ed, in caso di compromesso sul conflitto di interesse, sino a che punto si può spingere il compromesso senza che io tradisca il mio contratto con gli elettori? In realtà le decisioni in sede istituzionale sono nella maggior parte dei casi dei compromessi dove è difficile misurare sino a che punto ha ceduto una parte piuttosto che l’altra.

Si potrebbe far esprimere gli elettori con appositi “referendum on line” ma come distinguere gli elettori di un partito da quelli di un altro? Più convincente potrebbe essere l’applicazione di un “metodo Delfi”, per il quale un gruppo di specialisti precostituito esprime con un voto la sua valutazione sul testo approvato, indicando chi abbia ottenuto il miglior risultato. Oppure potrebbe essere insediato per ciascun partito un gruppo di elettori precedentemente eletto per effettuare operazioni di controllo sull’operato dei parlamentari e del gruppo nel suo complesso.

Insomma occorrerebbe pensarci, ma la soluzione sarebbe necessariamente complessa e, certamente, non può prevedere né espulsioni né decadenze, ma semplicemente dare una informazione documentata e tecnicamente misurabile sull’operato dei rappresentanti istituzionali. Il che, peraltro sarebbe un bel passo avanti rispetto alla notte senza luna attuale, dove nessuno sa niente su quel che fa il rappresentante che ha contribuito a eleggere.

Questi matti dei 5 stelle esagerano sempre, ma hanno idee che meritano di essere prese in considerazione e magari limate e migliorate.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (27)

  • Professore, questa idea è tanto valida in ambito rappresentativo, che lo sarebbe, con gli opportuni adeguamenti, anche in alcuni casi dell’ambito per così dire “amministrativo”.
    Supponiamo che una regione difetti di una infrastruttura. Gli organi rappresentativi accertano e deliberano tale necessità e quelli esecutivi vengono incaricati di effettuare progetti e stime, nonché di predisporre i fondi per le opere. A questo punto però la gara e la gestione dell’appalto potrebbe essere delegata ad un commissario eletto direttamente dai cittadini, scegliendolo in un albo nazionale degli specialisti che detiene e pubblica i curricula dei suoi iscritti e soprattutto le eventuali rielezioni che ciascuno di essi può aver conseguito in passato in uno stesso incarico (la prova migliore della sua onestà e capacità). Lo stesso criterio per questi dirigenti straordinari per le opere pubbliche, potrebbe essere esteso alla nomina dei dirigenti “ordinari”, cioè quelli delle ASL, dei commissariati, delle procure e dei tribunali, degli uffici territoriali del lavoro e previdenziali, dei consorzi idrici, di quelli di nettezza e dell’ambiente, delle poste e telecomunicazioni (se ritornassero finalmente pubbliche), ecc. .
    Non basta. Anche in ambito capillare scolastico, universitario, sanitario, tutti altamente strategici, chi eroga il servizio al cittadino dovrebbe essere sottoposto alla falcidia dei centili di merito. Se un insegnante, un professore o un medico di famiglia dopo tre anni di misurazione delle sue performance finisce nell’ultimo centile di merito (per es. se i suoi studenti fanno sempre fiasco davanti alle commissioni d’esame esterne oppure se il tasso dei decessi dei suoi assistiti è abnorme) dovrebbe scattare il suo automatico licenziamento ed aprire l’assegnazione a concorso del posto rimasto vacante a nuovi aspiranti (anziché farli schiattare nel precariato o a seguire obbligatoriamente inutili corsi teorici di preparazione). In tal modo coloro che non sono tagliati per una professione nel giro di tre anni se ne cercano una più consona altrove, senza più abusare di un pubblico ufficio.

    • be licenziamento immediato direti di no, però sim prende atto del segnale che qualcosa non funziona e si cerca di correggere quel che non va. certo se poi lacosa continua…

      • Certamente, Professore.
        Infatti i tre anni servono a far suonare l’allarme per ben due volte e alla terza scatta il licenziamento, e se proprio non si vuole parlare di licenziamento si può almeno parlare di rimozione dall’incarico e di trasferimento ad altra mansione statale meno retribuita. Ribadisco che occorre la rimozione, perché settori strategici come scuola, università e sanità di prima linea non possono essere lasciati a chi è distratto o non è proprio competente. Né si può pensare a qualcosa di simile ai premi di produzione, perché questi non impediscono che molti insegnanti, docenti o medici di famiglia si accontentino della paga base, si facciano pure i corsi di aggiornamento obbligatori (dove spesso sono sorpresi a dormire) e continuino a fare danni irreparabili. Ricordiamoci che agli sfigati che passano accidentalmente sotto le loro mani non è dato di ritornare indietro nel tempo per scegliersi un altro insegnante, docente o medico di famiglia. Né si può lasciare al passaparola la funzione di prevenzione: prima di iscrivere mio figlio a scuola non posso mettermi a cercare il parere di tutti i genitori di quelli che già l’hanno frequentata, e così è quando mi devo scegliere un buon medico di famiglia, non posso basarmi solo sul fatto che un mio conoscente con lui “si è trovato bene”, anche perché i pareri che riesco a mala pena a raccogliere sono spesso unilaterali e basati su sensazioni di incompetenti. La statistica e le performance misurabili consentono invece di mettere lo stesso Stato a fare questa selezione sistematicamente e molto più accuratamente, al posto dei singoli cittadini, che hanno ben altro da fare.
        Queste questioni nell’ambito “amministrativo” non sono marginali rispetto a quelle dell’ambito rappresentativo qui dibattuto, perché io stesso ho perduto mia madre prematuramente per l’idiozia del suo medico e ho visto crescere nipoti completamente avulsi da alcune materie scolastiche al punto da autoescludersi definitivamente da settori lavorativi per i quali erano, a mio avviso, tagliati. E l’occasione di parlarne è proprio questa, per fare discutere riforme su entrambi gli ambiti. Altrimenti si rischia di parlare per 10 anni degli algoritmi dei parlamentari e finché questi non vengono definiti tutti gli altri soggetti ricoprenti funzioni pubbliche hanno la scusa di sentirsi totalmente liberi da ogni responsabilità. Sì, resta quella penale, ma quando mai viene applicata e in che tempi?

      • Ciccillo delle Triglie

        Qua Signor Aldo la faccenda si complica…ho una domanda: ma non è che poi da questo algoritmo di misurazione delle azioni poi passiamo a un algoritmo di premonizioni “politiche” un po’ alla minority report di Dick con tanto di psicopolizia?
        E poi sto algoritmo a chi lo commissioniamo? Al Massachusetts Institute of Technology? All’UCLA ? Alla Lockheed ?
        Ma non è che dietro a sta democrazia digitale diretta,tanto sbandierata dalla neopolitica,ci sono dietro interessi piu’ internazionali che propriamente nazionali?

  • L’idea della valutazione di un parlamentare mi sembra più che buona, anche se non esente da rischi. Per esempio, si potrebbe assistere al proliferare di proposte di legge deliranti il cui manifesto scopo è fare punteggio. Insomma, l’idea è valida, ma bisogna pensare bene a come metterla in atto per evitare storture.

  • La proposta è ridicola e il tuo articolo lo dimostra.
    Un algoritmo può infatti misurare aspetti quantitativi, mentre gli aspetti qualitativi richiedono ben altro. E in politica, pur essendo d’accordo che vanno bastonati assenteisti e parassiti, quello che conta è la qualità del proprio lavoro. Una cosa che ognuno valuta in base alle proprie aspirazioni e idee, cosa quindi impossibile da fare con un qualche automatismo.
    Del resto quello che chiede Grillo è ben altro: l’aderenza dell’operato al programma. Tralasciando il fatto che prima bisognerebbe avere un programma, lui vuole solo tenere sotto controllo i suoi eletti.

    • quello che scrivi non è esatto: a parte il fatto che già una analisi dei dati quantitativi sarebbe un passo avanti, ti faccio presente che convenzionalmente si possono attribuire valori numerici a dati qualitativi (in fondo è il principio del voto a scuola o all’università)il problema è come farlo in questo caso e chi decide “i voti”

      • Hai centrato il punto (e implicitamente confermato quello che dicevo io): CHI decide i voti?
        Perché la valutazione la deve fare una persona, non un algoritmo. Ci lavoro tutti i giorni con questa roba.

    • E’ evidente che il buon Beppe non legge il blog di Grillo perchè diversamente non gli sarebbe passato inosservato un articolo scritto da un informatico a proposito della legge di Moore e degli anni in cui i computer si sono evoluti diventando oltre un miliardo di volte più veloci. Allo stato attuale IBM in testa ha già predisposto delle macchine per fare calcoli estremamente complessi che in precedenza erano appannaggio di società di consulenza: adesso al posto degli esperti si istruisce una macchina che fornisce in pochi secondi una soluzione ad un problema. A confronto un algoritmo per calcolare la prestazione anche qualitativa di un parlamentare è una barzelletta tanto che già da tempo sono disponibili su Internet siti dove rispondendo ad un questionario alle domande con numeri da 1 a 5 oppure da 1 a 10 o anche semplicemente “sì” – “no” ti forniscono un quadro della tua vicinanza/lontananza dai partiti politici… l’algoritmo valutativo di Grillo è solo un pò più complesso, ma non più di tanto.

    • credo che si voglia porre come rendere nota al pubblico l’attività dei parlamentari. Sorgono alcune questioni:
      – come dice il buonbeppe come valutare la qualità delle attività parlamentari, come costruire il metodo valutazione, ecc…

      – nel caso dei parlamentari che si occupino delle attività antimafia, servizi militari, ecc quanto va reso pubblico?

      poi concordo che grillo vuole solo tenere sotto controllo i parlamentari

  • Gli indici andrebbero usati per altre questioni, più pratiche. Il tasso di presenza significa poco, uno potrebbe presenziare al 95% e non fare nulla, come esserci solo al 30% delle sedute ma riuscire ad incassare buoni risultati in termini di leggi ed emendamenti.
    Come commentare, poi, una consigliera regionale che crede che limone e bicarbonato curino il cancro? La rimandiamo direttamente a settembre? La gravità di alcune cose rispetto ad altre sfugge, spesso, ad una quantificazione.
    In seconda battuta, invece, è inutile intasare il parlamento con emendamenti e leggi di poco spessore, andrebbe valutata la “bontà” della legge che si è riusciti a far approvare. E ancora, la “bontà”, non è neanche legata a quanto effettivamente è rimasto della legge originaria. E, soprattutto, spesso non è neanche valutabile a priori!
    Infine, distinguere tra ciò che è direttamente dipendente dalla scelta fatta e cosa no diventa molto complesso.

    Il problema diventa quindi prima di tutto dare un significato univoco a ciascun indice del parlamentare che non sia contestabile (ad esempio PIL ha un significato preciso, ma quanti lo conoscono? Quanti comprendono realmente cosa significhi e cosa comporta una sua variazione?) e in secondo luogo poter valutare con senno le decisioni prese.

    A me sembra l’ennesimo affondo all’art 67 della Costituzione. Ad alcuni piace il vincolo di mandato, non vogliono politici ma scimmie che schiacciano tasti e il M5S, visto che all’interno del sistema non è ancora permesso, vorrebbe porlo dall’interno del M5S stesso. Questo è pericolosissimo, ma non voglio dilungarmi.

    Vi è un grande problema, un problema di trasparenza, un problema di scelta del ceto politico. Dati e valutazioni sono in mano ad una stampa spesso incapace di leggerli e la popolazione non ha riscontro dell’operato, se non in termini assoluti (che significano poco).

  • L’idea in se è fattibile e non ha nulla di fantascientifico .. la si potrebbe pure estendere ai magistrati.
    Tuttavia ci sono ostacoli di non poco momento legati tra di loro: l’insidindabilità degli interna corporis acta e la modifica dei regolamenti parlamentari, due veri e propri idoli.
    La scientificità/oggettività dell’idea di Grillo per scacciare la relatività politica è apprezzabile e va sostenuta, perchè sottende l’idea che la politica possa riformare se stessa.
    Però, ho aperto Openpolis ed ho scoperto di avere in totale 180 rappresentnati politici che lavorano per me nelle istituzioni. E’ un motivo in più per sostenere l’idea grillina.

  • Da tempo esiste http://openpolis.it/progetti/openparlamento/ su cui reperire informazioni “numeriche” sulle attività parlamentari. Ad esempio vengono “misurati” i dissidenti, parlamentari che votano differentemente dal proprio gruppo. È qui che si scopre, ad esempio che durante l’ultimo governo Berlusconi circa il 30% delle leggi (se non ricordo male) sono passate per voto a favore o astensione del PD. Misurare fa bene, dà un’idea di come vanno le cose. Ritengo comunque, come spesso emerge dal suo blog, che i problemi siano più profondi e vadano attacati alla radice (vedi il tema dell’onestà nel M5S, su cui concordo pienamente con lei). Voglio dire che ormai i dati sono a disposizione di tutti. Personalmente penso che sia la capacità di analizzarli che latita, salvo nei casi in cui questi siano così eclatanti come quelli da lei riportati. Allo stesso tempo credo che algoritmizzare l’esistente sia un tentativo di ridimensionare il fattore umano nelle scelte politiche ed incorporare (in senso antropologico) la cultura del ranking. Tra l’altro, la scelta degli indicatori diventerebbe cruciale e terreno di scontro. Offro due spunti di riflessione
    http://policyreview.info/articles/analysis/governance-algorithms
    http://www.quotidianodelsud.it/calabria/blogs/domenico-talia/2016/01/17/renzi-chiede-aiuto-big-data

  • Il ” gruppo di elettori precedentemente eletto ” tra chi e da chi dovrebbe esser scelto? Dovrebbero esser attivisti del partito?

  • Tenerone Dolcissimo

    Tutte belle cose ma che per essere efficaci necessitano di un elemento: le elezioni con seggio uninominale come in UK e Francia dimodoché l’elettore possa stangare chi sbaglia dopo avere ottenuto i risultati dell’algoritmo.
    Altrimenti l’elezione viene decisa dal gran capo il quale coi risultati dell’algoritmo ci si pulisce il (bip)

    • Ah sì? E se le segreterie dei tre partiti maggiori in UK e Francia, cioè i “grandi capi” con cui i signori d’America si degnano di perdere tempo a interloquire, si mettono d’accordo prima e avvicendano a turno candidati da loro nominati e perfettamente sconosciuti al pubblico, che danno sì la parvenza di cambiamento, ma che sono in realtà tutti di occulta fedeltà al sistema (loggia), che cosa cambia?
      Nulla. Anzi, dell’algoritmo se ne avvarrebbero innanzi a tutti proprio i “grandi capi”, al fine di mettere a punto un avvicendamento ancora più consono alla mutazione dell’opinione pubblica, prima di, come dice Lei, pulirsene il (bip).

  • Professore buongiorno!
    Algoritmo o non algoritmo, mi associo a chi sostiene la necessità di valutare il lavoro parlamentare, e amministrativo in generale, secondo parametri oggettivi, questi e altri, perché no? Per esempio, anche il lavoro sul campo potrebbe essere considerato: conferenze con gli elettori per spiegare l’iter dei lavori parlamentari, le proposte di legge, raccogliere suggerimenti e spunti.
    Comunque qualcosa bisogna fare, e non lasciarlo alle belle intenzioni dei singoli.
    Un caro saluto.
    Paolo

  • Condivido lo spirito della provocazione, ma non la soluzione proposta. Continuo a pensare che un partito di sx dovrebbe essere radicalmente diverso dagli altri. Per non far nomi, “Possibile” (il partito di cui Civati è segretario e a cui sono iscritto) dovrebbe pubblicare almeno mensilmente in modo completo, e dettagliato l’attività dei propri rappresentanti in Parlamento: non solo gli aspetti quantitativi, ma anche la sostanza: “ho proposto questo, per queste ragioni e per ottenere questi risultati; mi sto muovendo in questo modo, e per il momento ho ottenuto questo e non quello”. E che poi gli elettori si assumano la responsabilità di fare dei confronti e compiere delle scelte: non è sempre colpa degli altri, quello che succede.

  • Quando leggo queste proposte del M5S, mi sovvengono le idee del movimento tecnocratico americano degli anni 30. Sulla scia di pensiero di Thorsten Veblen, Howard Scott, Friederick Soddy, etc… veniva propugnata l’idea di una società controllata dai tecnici, cioé dagli ingegneri e dagli scienziati, escludendo tanto i politici che gli economisti. Tenuto conto che la società capitalistica sarebbe tramontata per eccesso di tecnologia, con progressiva riduzione dei posti di lavoro, sarebbe stato necessario abolire il prestito e gli interessi, annullare tanto il debito che il risparmio, (economia virtuale) introdurre un salario minimo in ragione dell’apporto energetico di ciascun individuo nella produzione di beni e servizi nei settori dell’ambiente, dell’energia, delle reti di scambio (economia reale), remunerato attraverso una tessera con una scadenza con consentisse il sostentamento. Tutto l’ecosistema doveva essere in qualchemodo connesso e controllabile …

  • Mio Dio,davvero questo blog è arrivato al delirio.
    State discutendo sul nulla di una frase estrapolata da uno spettacolo teatrale..non c’è nessun algoritmo da usare perché la proposta stessa è una esagerazione usata in forma provocatoria.
    E comunque sarebbe impossibile,assurda e illogica una cosa del genere.
    Giannulli,ma lei li segue veramente i 5S nelle loro proposte concrete tipo battaglia sul TTIP,contro Equitalia,la piattaforma Rousseau dove gli iscritti possono emendare leggi e fare proposte di legge,una cosa che non esiste in nessuna parte del mondo..o si occupa solo delle boutade mediatiche che usano i giornaloni per gettare fango con questioni ridicole?
    Sono allibito davvero da questo articolo e dai commenti postati.

  • Secondo me abbiamo a che fare con un altro caso (l’ennesimo tra i 5S) di feticismo digitale e di concezione salvifica del numero, della scienza, dell’algoritmo “neutrale” che elimina quei processi scomodi cui alcuni sono soliti riferirsi con il termine “democrazia” ma anche, senza spingersi troppo nei meandri di una parola oramai inflazionata e dalle complesse sfumature, con quello di “partecipazione”.
    In fondo, di cosa si sta discutendo? Dell’idea che gli elettori possano avere un controllo su ciò che gli eletti fanno in modo da poterne valutare la coerenza nell’operato politico, qualcosa di complesso, che non è mai slegato dalla contingenza e dal contesto (cosa di cui un algoritmo, scritto magari dalla Casaleggio Associati, non può veramente tener conto…). Sinceramente, per assicurare che le valutazioni politiche siano politiche e non tecniche, preferirei che questo processo avvenisse tramite la partecipazione della base, coinvolgendo i militanti, attraverso mozioni, assemblee, comitati, garantendo un’informazione completa e indipendente, non con l’uso velleitario e ipocrita di uno strumento solo apparentemente neutrale. O no?

    Già che ci siamo, tempo fa avevo discusso con un mio amico una proposta sulla distribuzione dei seggi in parlamento. Si tratta di una provocazione, ma mi interesserebbe comunque condividerla per sapere cosa ne pensano i lettori di questo blog, che trovo spesso preparati e capaci di produrre discussioni attente e stimolanti. L’idea sarebbe di distribuire i seggi tenendo conto dell’astensione, assegnando seggi vuoti nella percentuale prevista dalla legge elettorale (qualunque essa sia) come se fosse un qualsiasi partito. Anche questo richiederebbe ovviamente una riforma costituzionale, ma forse obbligherebbe il ceto politico a cercare *veramente* il consenso popolare.

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