Fuori l’Europa dalla Costituzione? Come stanno le cose.

Giulio Tremonti ha presentato un disegno di legge costituzionale che prevede la modifica degli articoli 97, 117 e 119 della carta Costituzionale riferiti alla questione del vincolo di pareggio. Subito sono comparsi articoli con titoli allarmati del tipo: “Tremonti vuole cancellare l’Europa dalla Costituzione”, che fanno pensare all’ennesima mutilazione del testo costituzionale. Le cose non stanno affatto così e mi spiego. Il testo originario della Costituzione non contiene alcun riferimento all’Europa e, tantomeno, alla Ue. L’attuale formulazione è assai recente ed è un’ eredità del governo Monti di infelice memoria. Esso fu la conseguenza dell’accordo intergovernativo del 2012 meglio noto come accordo del “Fiscal Compact”, che determinava l’introduzione del pareggio di bilancio obbligatorio e l’obbligo di chiedere l’autorizzazione delle Camere in caso di deviazione dall’ obiettivo. La prima modifica riguardò l’art. 97  nel quale venne introdotto un brevissimo comma iniziale: <<Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.>>Il che, in buona sostanza, significa che le decisioni delle pubbliche amministrazioni, ed ovviamente in particolare in materia fiscale,  sono subordinate ai dettami Ue e, qualora il responsabile di una di esse (di qualsiasi livello) dovesse decidere in modo difforme, potrebbe anche vedersi chiamato dalla Corte dei Conti a rispondere di “danno erariale”. Il richiamo alla Ue è poi ribadito da un inciso nell’art 117 ed un altro nel 119. Da questo poì scaturì la legge applicativa 24 dicembre 2012 n 243 che rende esecutive le norme fissate a partire dal 2014.

Tutto questo va poi letto insieme alla trasformazione dell’art-. 81 deciso sempre con legge di revisione costituzionale dell’aprile 2012.

La stesura originaria dell’art. 81 si limitava a prevedere, nell’ultimo comma, l’obbligo di copertura di ogni ulteriore legge di spesa oltre il bilancio annuale. Peraltro, questo obbligo nei fatti non fu mai osservato troppo scrupolosamente.

Poi nel 2012, a seguito dello sciagurato accordo cui abbiamo fatto cenno, l’articolo venne riformulato come segue:

<< Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale.>>

Dunque, occorre mettere in relazione le norme che legano il pareggio di bilancio -ed i limiti di oscillazione possibili-  con le direttive Ue. Di fatto, quella modifica costituzionale diventa, in questo modo, il “catenaccio” che garantisce l’accordo intergovernativo del fiscal compact e rende non aggirabili i limiti al disavanzo, neppure nelle fasi economicamente sfavorevoli come questa.

Detto in soldoni: se il Governo volesse “sforare” i limiti fissati, non potrebbe farlo contro le indicazioni Ue, perché basterebbe un intervento della Corte dei Conti a bloccare tutto. Ma se anche la Ue ( o la Merkel, per essa), in un accesso di benevolenza, autorizzasse l’Italia a discostarsi dai limiti concordati, così come Renzi ha chiesto vanamente nella sua visita berlinese, ugualmente il  Governo non potrebbero far nulla, perché a legargli le mani resterebbero le procedure costituzionali.

Di fatto si tratta di un combinato di norme assolutamente micidiale che vincola la politica economica del nostro paese alle decisioni Ue ed il punto più pesante (di cui in questa campagna elettorale proprio non si sta parlando nemmeno per cenni) è quello che riguarda il rientro del debito. Gli accordi da cui è 1nato l’Euro, prevedono che ogni paese non possa avere un debito superiore al 60% del suo Pil, mentre il nostro debito era al 120% prima del governo Monti e, dopo i sacrifici, è salito al 130%. La Ue ci ha imposto il rientro della quota eccedente entro 20 anni. Questo significa un onere di circa 40-60 miliardi l’anno (la cifra è solo stimabile perché variando il Pil occorre calcolare anno per anno la cifra in assoluto da reperire) che si aggiunge agli interessi.

Anche tagliando brutalmente le spese oltre ogni tollerabilità ed inasprendo  la tassazione ordinaria, è materialmente impossibile fare fronte all’impegno. E le strade che restano non possono essere che due: l’alienazione di beni pubblici (le privatizzazioni ovviamente in termini di svendita) ed un prelievo forzoso. Insomma: gli italiani entrino nell’ordine di idee che ci aspetta un prelievo forzoso sui risparmi in banca e, con ogni probabilità, una patrimoniale sulla casa.  E neppure è detto che questo basti.

E dire che gli accordi iniziali che hanno preceduto il fiscal compact –prima che Monti svendesse il nostro paese- prevedevano clausole ben più favorevoli per l’Italia, a cominciare dal criterio di calcolo sul debito.  Da un punto di vista giuridico, peraltro, è vero che l’Italia consente  limitazioni della propria sovranità, ma in condizioni di parità (art 11 Costit.), mentre qui siamo gli unici ad aver messo mano alla Costituzione.

Ed allora, concludendo, qui si fa sul serio: vogliamo il superamento dell’attuale ordine monetario come sostiene il M5s? Vogliamo una “Europa diversa” che rifiuti l’austerità del fiscal compact come vuole la Lista Tsipras? Vogliamo anche solo una politica di bilancio più elastica, come predica Renzi? Per fare tutto questo il passaggio obbligato è eliminare quelle modifiche costituzionali volute da un governo al servizio dei poteri forti stranieri. Ristabilire la sovranità nazionale è il passo preliminare e qui si vede chi fa sul serio e chi no: Hic Rhodus, hic salta.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (40)

  • Sono d’accordo con l’articolo se intende attaccare il Fiscal Compact e l’imposizione del pareggio di bilancio. Eppure spetta a te, dopo questa analisi, spiegare quale prospettiva distingue Tremonti (alleato della Lega alleata di Le Pen) dalle tue posizioni. Temo che il principio di sovranita’ nazionale non ti aiuti, ma so che purtroppo lo apprezzi molto.

  • Ovviamente io lo so cosa ti distingue da Tremonti. E’ sul punto specifico che vorrei leggere una analisi che si distingue dall’Euro-entusiasmo ideologico ma anche dalla riduzione dello scontro in atto nel continente a pro- e contro- moneta unica. Come se i rapporti sociali fossero aspetti tecnici. Questa mi sembra una sudditanza all’idea di economia come macchina di comando governata da principi algebrica indiscutibili e non come campo di scontro di forze sociali.

  • Per quanto sia felice che si prenda in esame lo stupro perpetrato al dettato costituzionale da qual manipolo di nominati imbecilli ed ignoranti che bivaccano in Parlamento, non condivido nella sostanza proprio l’analisi. O, meglio, la sintesi.

    E me ne dispiaccio.

    Quelle norme ritoccate sono talmente eversive, fasciste, golpiste che solo i nazisti della Commistione €uropea potevano imporle alla Bellezza chiamata Italia.

    Poiché per ovvi motivi macroeconomici quegli articoli confliggono con i Diritti Fondamentali tutelati dalla Carta (a partire dal I Articolo!!), da un punto di vista strettamente costituzionale sono solamenti rutti e rigurgiti di bestie umane su un Dettato in balìa della flatulenza della Storia.

    Da Maastricht, al FC, al pareggio in bilancio E’PATENTE CHE SONO TUTTI VINCOLI **NULLI**, che NON ci obbligano per palese INCOSTITUZIONALITA’

    Come fanno ad essere compatibili dei Trattatati ordoliberisti con le socialdemocrazie europee? Il sonno della mente genera mostri.

    La **moneta unica** (ovvero l’EURO, miei cari diversamente europei che strisciate su una terra che vi rifiuterà anche come letame!) è il piede di porco che permette di scardinare beatamente l’Art.139 Cost. e i tre secoli di storia e lotte dalla Rivoluzione francese alla Resistenza.

    M5S, Tsiparas e il Bimbominkia sono maledetti ed ovvi gatekeeper.

    Tra chi MENTE e tra chi IGNORA gli elementi base della **relazione tra ordinamento e scienza economica** posso solo dire l’ovvietà che ci stiamo suicidando come la Grecia: stesse menzogne e stessa propaganda livorosa che preannunciano la diaspora degli Italiani, il saccheggio dei loro beni e il genocidio culturale.

    GLI UNICI CHE STANNO AFFERMANDO LA VERITA’ SONO BORGHI E SALVINI che si uniranno alla LE PEN.

    Punto. Che vi piaccia o no, maledetti vigliacchi e traditori!

    Chi non ha ancora introiettato la differenza tra “sinistra e destra COSMETICA” e SINISTRA E DESTRA ECONOMICA può tornare ad essere utile tra il divano e la TV. (Se è piddino può continuare a guardare i libri).

    Venendo all’articolo del Professore, trovo incosciente non nominare la Lega (e la Le Pen).

    Con rispetto.

  • Già… se l’analisi è corretta (e lo è), è necessario fare il passo successivo. E riconoscere che i vari M5S, Civatiani, Tsipriani, ecc. svolgono una funzione storica oggettiva, come si diceva una volta, favorevole all’ordine iper-liberista (usando questa categoria come designazione politica, e non economica stricto sensu) della UE.
    Se l’analisi è corretta (e lo è), è allora necessario riconoscere che davvero oggi il longobardo Matteo Salvini (quello che i rom sono come i topi), e ancor di più la (nazista) Le Pen, rappresentano l’UNICO vettore per un reale cambiamento politico, e per un nuovo 25 aprile europeo.
    E allora solo una cosa resta da fare, per un intellettuale dichiaratamente di sinistra (comunista): fare campagna elettorale per l’estrema destra e far aprire gli occhi alle tante brave persone di sinsitra che, pur molto spesso vivendo la sofferenza in prima persona, ancora beatamente non capiscono un cazzo…

  • A chi scrive frasi di questo genere “…anche dalla riduzione dello scontro in atto nel continente a pro- e contro- moneta unica. Come se i rapporti sociali fossero aspetti tecnici”, criticando i critici dell’euro come ingenui riduzionisti presi da vizio economicista, vorrei far notare che è LUI ad adottare una prospettiva riduzionista, di naturalizzazione, che riduce l’euro a un mero fatto di razionalità economica!
    Ciò che si dà a vedere in questo modo di (s)ragionare, è l’idea che la critica all’ordine europeo non debba focalizzarsi unicamente sull’euro, ma, più radicalmente, sui rapporti sociali stessi che della situazione attuale sono all’origine.
    Ora, sul principio siamo d’accordo (ovviamente ciò che va contrastato sono determinati rapporti -sociali-di forza!), ma l’idea che l’euro non sia il bersaglio privilegiato di questa critica è follia pura!!
    L’euro è intrinsecamente strutturato da una visione politica, è, anzi, il modo in cui una determinata visione di società (ordoliberista) trova la sua più compiuta espressione.
    Dire: dobbiamo criticare l’ordine liberista!, e poi non accorgersi che o critichiamo l’euro o parliamo alle nuvole (come fanno quei deficienti degli Tsipriani, se non mi trovassi negli USA andrei a prenderli a ceffoni questi idioti) è un comportamento alla meglio infantile, alla peggio da quella sinistra al caviale che prima si estingue meglio è.
    Nella drammaticità della situazione attuale c’è solo una cosa da fare: denunciare l’ordine eurista con tutta la forza possibile. Se non partiamo da qui (certo, poi ci sono ovviamente una miriade di passi successivi da fare!), mi spiegate di cosa stiamo parlando?!?!?!?

  • come si fa a scrivere un post che non sia offensivo nei confronti di qualcuno che suggerisce di fare propaganda a Salvini e le Pen (peraltro bevendosi la promessa NoEuro, come un indipendentista veneto qualunque che si bevve la promessa negli anni ’90)? Ecco questa e’ la (in)cultura che si coltiva attraverso un discorso che non indichi chiaramente la natura politica della critica monetaria. Magari basando tutta la critica sulla teoria (classica) dell’area monetaria ottimale. Gli ordoliberisti resteranno in sella in Europa (come i neoliberista nel mondo) fino a che non si svilupperanno processi di liberazione e riappropriazione del cosiddetto 99percento. Euro o non euro. Il fatto che questa visione tecnica della questione monetaria non sia affatto antiliberista ma buona per tutte le stagioni non sono io che lo dico, ma lo dimostra proprio Borghi e qualche altro demente che si e’ messo al servizio dei fascisti per disegnare “la nuova moneta dell’Italia sovrana” (sara’ ducato o fiorino?). Conoscete la differenza tra la bonifica dell’agro romano e quella dell’agro pontino? Baci.

  • gianfranco d'atri

    Hic rhodus, hic saltus ( nella versione originale latina).
    Tu usi la versione introdotta da Marx, forse basata sulla pseudo traduzione di Hegel.
    Credo valga la pena di approfondire il senso.
    Su basi anedotti he, mi riferiscono invece il seguente esito della vicenda del saltatore: …cmq gli vennero tagliate le gambe.

  • mi sembra un obbiettivo politico fattibile, sempre che venga proposto ne giusti termini e non come guerra e morte. Va trovata una formula che elida il senso di dipendenza dalla EU e riporti il pallino in mano al governo. Però dovrebbero essere i giovani parlamentari in modo trasversale a proporlo gente non presente nella legislatura precedente. il tutto suportato da una campagna comunicativa che valorizzi la comprenzione del vilancio.

  • Piccolo indivinello per tutti gli “odianti” della sovranità monetaria nazionale (oddio, la sovranità nazionale!): chi ha scritto questa bella frase?
    “Non nel contenuto, ma nella forma, la lotta del proletariato contro la
    borghesia è dapprima nazionale. Per prima cosa il proletariato di ogni paese
    deve naturalmente far fuori la sua borghesia.”
    Aiutino: scriveva nel milleottocento, e piace molto citarlo senza averlo mai letto a tutti i materialisti/sovrastrutturalisti/conflittisti/terzomondisti/benaltristi della domenica… Saluti

  • Pierluigi Tarantini

    Caro Aldo,
    in campagna elettorale, tutto vale…
    Credo però opportuno, almeno in questo blog, non ragionare per slogan.
    Scrivi che …. La Ue ci ha imposto il rientro della quota eccedente entro 20 anni. Questo significa un onere di circa 40-60 miliardi l’anno ….
    Ne siamo sicuri?
    Forza Italia e Lega nord ne sono sicuri.
    Non credo di far peccato se diffido della propaganda di chi faceva parte del governo B. che ha preparato l’adesione al trattato.
    Leggo infatti che:
    i Paesi con un debito che supera il 60% del Pil devono ridurre la parte eccedente di un ventesimo ogni anno fino a riportarlo al di sotto di questa soglia. Siccome l’Italia ha un debito di 2.107 miliardi di euro, più del 132% del Pil, si è pensato che dovesse ridurlo di circa mille miliardi (la parte eccedente il 60%, appunto) di un ventesimo l’anno: i famigerati 50 miliardi. In realtà la diminuzione che interessa è quella del rapporto tra il debito e il Pil, non del suo valore assoluto. Ossia: se il Pil cresce, il debito può restare comunque oltre i 2.100 miliardi (o persino salire) e in proporzione scendere comunque. Non solo. Il valore del prodotto interno lordo da utilizzare ai fini della regola del fiscal compact non è quello “reale”, di cui si legge abitualmente sui giornali (per esempio: nel 2014 il Pil italiano crescerà dello 0,7%) ma quello nominale, cioè non depurato dagli effetti dell’inflazione. Per esempio, se in un dato anno la crescita economica è pari allo 0,5% e i prezzi aumentano dell’1% il Pil nominale crescerà dell’1,5 per cento. Questo offre margini aggiuntivi per ridurre il quoziente debito/pil senza tagli alla spesa. Inoltre il ritmo di discesa del debito (1/20) viene ricalcolato ogni anno sulla base del triennio precedente. Quindi, se il debito inizia a scendere la quota da ridurre si assottiglia via via: se ho un debito di 200 e lo riduco di un ventesimo arrivo a 190, quindi l’anno successivo il ventesimo richiesto non sarà più 10, ma 9,5.
    Per farsi un’idea, si consideri che alcune simulazioni hanno evidenziato come con un debito al 120% del Pil sarebbe sufficiente una crescita nominale (Pil reale + inflazione) del 2,6% per ottenere automaticamente una riduzione del debito pari al ventesimo richiesto dal fiscal compact. Prendiamo per buone le stime dell’Fmi, stando alle quali nel 2015 il Pil reale italiano salirà dell’1,1% e l’inflazione dell’1 per cento. L’incremento del Pil nominale dovrebbe essere quindi del 2,1 per cento. Mancherebbe quindi uno 0,5%-0,7% per ottenere una crescita sufficiente ad abbattere il debito di un ventesimo. Sono 7-10 miliardi di euro (ne spendiamo circa 25 di spese militari), ammesso che il gap non venga compensato nei due anni successivi. Sono inoltre previste una serie di circostanze attenuanti che sospendono l’applicazione del vincolo in situazioni di particolare difficoltà. Tra queste tutti i fattori che condizionano il ciclo economico e allontanano l’economia di un paese dal suo potenziale di crescita.
    Pareggio strutturale e deficit – Le nuove regole europee in materia di bilanci pubblici ribadiscono il limite del deficit al 3% del Pil ma aggiungono un nuovo parametro. Che è la vera novità del fiscal compact. Si tratta del fatto che il deficit strutturale non deve superare lo 0,5% del Pil (l’1% per i paesi più virtuosi). Il deficit strutturale è quello calcolato tenendo conto degli effetti del ciclo economico: per esempio considera se il calo delle entrate dello Stato o l’aumento della spesa per sussidi di disoccupazione è temporaneo e legato a una fase di crisi. Detto in altri termini, un Paese è in deficit strutturale se le spese sono superiori alle entrate anche ipotizzando che l’economia marci al massimo delle sue potenzialità.
    Le vere cifre – In condizioni normali (dove per normale si intende una crescita nominale del 2-2,5%) il pareggio strutturale è in linea di massima sufficiente per garantire il ritmo di riduzione del debito richiesto dal fiscal compact. Rispetto a quanto previsto nell’ultima legge di stabilità, sono ritenuti opportuni interventi aggiuntivi di aggiustamento pari allo 0,4 – 0,5% del Pil, ossia tra i 5 e 7,5 miliardi di euro.
    Conclusivamente, per utilizzare una tua espressione, cosa c’è dietro questa storia?

  • mah dopo l’uscita scorsa sulle basi oggettive delle divisioni etniche, che se non fosse stata proferita dal professore avrei detto che si tratta della posizione di un ignorante, nel senso di una persona che non ha studiato la materia di cui parla. in questo quadro questo articolo aggiunge poco: ci si scorda solo che la maggioranza che ha votato il pareggio di bilancio in costituzione era composta dai parlamentari della stessa parte politica di tremonti. ma oggi basta poco per essere percepiti come nuovo: basta proporre una modifica delle puttanate fatte quando si era al governo che va tutto benissimo: quando avevano la maggioranza parlamentare facevano gli zerbini dell’europa perchè l’europa andava nella stessa direzione di marchionne, e ora fanno i no euro perchè non hanno la maggioranza e le chiacchiere non costano nulla. ma fanno così soprattutto perchè la gente ci casca.
    quindi tutti senza se e senza ma con salvini e per la lira, nonostante senza la loro alleanza col pdl non ci sarebbe stata nè maggioranza di berlusconi nè governo monti. e se siamo arrivati al punto in cui un 4% di elettori non gliene frega niente dei notevoli scandali corruttivi del proprio partito, dato che lo crede onesto solon in quanto no euro, siamo messi proprio male

  • Due domande e una considerazione:
    1) L’euro è la causa della crisi dei PIIGS (e, più in generale, di gran parte dell’eurozona) sì o no?
    2) Indipendentemente da come si risponde alla prima, pur decisiva domanda, penso che siamo tutti d’accordo nel riconoscere che la crisi in Italia (calo di PIL, disoccupazione, ecc.) sia determinata dalle politiche di austerity. Ora, controfattualmente, qualora non avessimo ceduto sovranità politica all’EU, Troika, ecc (impossibilità di attuare politiche monetarie e fiscali), pensate che qualsiasi governo italiano in possesso di pieni poteri, sia esso berlusconiano, renziano, casaleggiano, civatiano, ecc., di fronte al riverbero in Europa della crisi dei subprime USA, a) avrebbe volontariamente deciso di attuare le stesse politiche lacrime e sangue b) sarebbe stato in grado di attuarle, senza venire punito brutalmente alle urne (vedi Monti)?
    Capite qual è il punto?
    Considerazione: è ovvio che non si tratta di uscire dall’euro, e un secondo dopo riprendiamo a crescere al 3%. Molte cose, dopo un’eventuale uscita, resterebbero da fare. L’uscita è la pars destruens che necessariamente precede una pars construens. Il punto però è che riconoscere che l’euro è il problema rappresenta il primo, necessario passo da compiere per iniziare a fare un’analisi adeguata della crisi, e cercare di venirne a capo. Chi si ostina a negare ciò ha la (ulteriore) grandissima responsabilità di tenere il dibattito ancorato a euro sì/euro no. Costringendo le persone di buon senso a spendersi all’infinito nel ribadire una cosa ormai ovvia, e cioè che il sistema di cambi fissi obbliga a scaricare sul lavoro i costi di un riaggiustamento di competititvità (a meno di non prevedere trasferimenti dai paesi in surplus, che cmq, oltre a essere politicamente impraticabili, se no la Germania li avrebbe già concessi, non riuscirebbero a fermare il processo di mezzogiornificazione produttiva del Sud).
    Un dibattito sano vedrebbe invece tutti d’accordo su ‘euro no’, e poi una divisione, secondo linee di appartenenza destra/sinistra, su ‘euro no come’.

  • Pierluigi Tarantini

    @Aldo
    Che tu sia incline al pessimismo è arcinoto (e non dico altro…)
    Viceversa è vergognosa la mistificazione strumentale alla campagna elettorale di FI e Lega.

    • Perluigi: l’articolo fdel Fatto che tu hai riprodotto lo avevo letto e meditavo una risposta già da prima, perchè quanto a mistificazioni non scherza davvero. Fi e Lega forzano la mano? Può darsi, ma facciamo due conti e dopo vediamo che esce, amnche se i conti veri non sono mai quelli preventivi ma quelli consuntivi

  • Se qualcuno, certamente interprete verace di Marx, tanto da utilizzarne qualche sparuta citazione con supponenza, volesse metterla su questo piano dovrebbe sapere che la storia del “socialismo in un paese solo” fu gia’ al centro di un vivo dibattito nei primi anni 20 in Russia. Aveva un importante sostenitore da quelle parti.

  • Peraltro lui aveva diverse ragioni per sostenere questa bestialita’. Si trattava del primo paese al mondo in cui i comunisti erano saliti al potere dopo la rivoluzione proletaria e di uno dei piu’ grandi paesi del mondo. Infine lui era il segretario del Partito comunista di questo paese. Tutte condizioni che non corrispondono al contesto in cui scrivono i commentatori del blog.

  • gianfranco d'atri

    Il tuo articolo appare sul blog di grillo con il titolo
    “M5S abolira’ il fiscal compact”
    Sei stato strumentalizzato o esprime sinteticamente un tuo pensiero?
    E, che tu sappia , cosa stanno facendo i portavoce 5stelle in questa direzione, visto che – tramite la tua citazione – beppe grillo si deve rifare alle iniziative di Tremonti?

    PS
    Dopo l ‘ abolizione dell IMU si può promettere qualsiasi cosa!
    Attendo per domani : Pace e felicità a tutto il mondo.

  • Pierluigi Tarantini

    @Aldo
    …. i veri conti non sono mai quelli preventivi ma quelli consuntivi?
    Per fortuna, peccato che dei consuntivi, nel post, non ne parli.
    Comunque non c’è da preoccuparsi: Grillo, ha scritto che il Movimento 5 Stelle «cancellerà» il Fiscal Compact, che «in mancanza di una fortissima crescita taglierebbe la spesa pubblica dai 40 ai 50 miliardi all’anno per vent’anni».
    E poi faranno un referendum per uscire dall’euro…

  • Pierluigi Tarantini

    @Aldo
    Proprio perchè non è possibile fare consuntivi in campagna elettorale si fanno solo preventivi.
    Che poi siano sballati non interessa: l’importante è impressionare.

    • pieluigi:mica vero che in campagnba elettorale non si possano fare coinsuntivi, ad esempio è possibile farli dell'”austerità espansiva” di Monti e di Letta, mentre di Renzi, che pure non mi ispira molto, dobbiamo vedere che fa, ma se il buongiorno si vede dal mattino…
      Vomunque i consuntivi di Monti e di Letta sono un disastro

  • Scusi Tarantini, ma vogliamo tornare ai fatti e abbandonare simulazioni basate su ipotesi fantasiose?
    Bene, l’Italia esce da più di dieci anni di incapacità di crescere. Il PIL non aumenta ormai da tempo in valore reale.
    Se andiamo adesso all’aumento dei prezzi, si sarà accorto che in Italia, ma anche altrove in Europa, i dati riguardanti gli ultimi mesi mostrano sempre più spesso una riduzione piuttosto che un aumento dei prezzi, almeno per quanto riguarda il confronto col mese precedente. Stiamo quindi per entrare in deflazione, e perfino Draghi sembra preoccuparsene, visto l’annuncio del QE. Qui non posso approfondire, ma se stiamo ai fatti e non ad ipotetiche proiezioni che negli ultimi anni si sono rivelate sistematicamente errate, il pericolo maggiore sembra piuttosto quello che il fiscal compact richiederà una riduzione del debito maggiore dei 50 miliardi annui e non minore.
    Se quindi restiamo coi piedi per terra, e non torniamo a fidarci di previsioni che non c’hanno mai azzeccato, è evidente che non saremo in grado di seguire i vincoli del fiscal compact.
    Mi chiedo perchè una persona sicuramente intelligente come lei, in grado di argomentare bene, invece di dire che le cose potrebbero anche andare meglio, accusa chi dice diversamente di dire sciocchezze e magari di farlo in mala fede.
    Il suo calcolo è formalmente corretto, ma rappresenta una possibile evoluzione, e sicuramente la meno probabile.
    D’altra parte i fattori che potrebbero rendere il fiscal compact più lieve non sono più in mano al nostro governo, nè la possibilità di suscitare una crescita visti i vincoli di bilancio, nè tanto meno il tasso d’inflazione, dato che il controllo monetario ce l’ha la BCE che lo esercita in modo formalmente autonomo. Insomma, l’unico modo di uscirne vivi sarebbe arrampicarsi, ma lo dovremmo fare con mani e piedi legati, mi pare un’impresa alquanto disperata.

  • Pierluigi Tarantini

    @ Vincenzo Cucinotta
    1) …invece di dire che le cose potrebbero anche andare meglio…
    Io credo che le cose andranno meglio di come vengono rappresentate da Grillo, Salvini e Berlusconi. Questi ultimi, per di più, hanno governato per quasi tutti gli ultimi dieci anni cui lei fa riferimento e mi stupisce che ci si dimentichi di chi si sta parlando.
    2) … restiamo coi piedi per terra, e non torniamo a fidarci di previsioni …
    Io non mi sono mai fidato delle previsioni fatte in campagna elettorale.
    Lei sa della campagna elettorale, vero?
    3)… i fattori che potrebbero rendere il fiscal compact più lieve non sono più in mano al nostro governo..
    Non mi sembra proprio. E’ una favola per scaricare le responsabilità. Mi limito a due esempi:l’ha prescritto il medico di comprare gli F35? E lo sbandierato tetto alle retribuzioni di manager e dipendenti pubblici a 240.000 €…
    E’ qualcosa, ma si informi sull’ammontare dello stipendio di Barak Obama.

  • Pierluigi Tarantini

    @ Vincenzo Cucinotta
    @ Aldo
    L’Esa, ovvero il sistema di contabilità pubblica utilizzato dai Paesi membri dell’Unione europea per preparare i bilanci nazionali cambia. Bruxelles ha deciso che è tempo di aggiornarla per tener conto del nuovo contesto economico, della globalizzazione e del crescente peso delle attività intangibili sulla ricchezza degli Stati. La revisione si tradurrà automaticamente – senza, cioè, che nulla cambi in concreto – in un aumento del prodotto interno lordo europeo del 2,4%. E quello italiano godrà di una crescita aggiuntiva compresa tra l’1 e il 2%.
    Per il sollievo di tutti i timorati dal fiscal compact.

  • Tarantini, mi sono rivolto a lei tentando di dialogare, ma lei mi risponde in maniera inutilmente aggressiva, e senza rispondere a nessuna delle osservazioni che avevo posto.
    Io parlo di come andrà l’economia, e lei mi tira fuori chi lo dice. Ora, lasci perdere, quei partiti, lo dico io che sono nessuno, e penso che dovrebbe rispondermi nel merito invece di classificare le mie osservazioni in base a quanto era alto mio padre. Con la questione che le rivolgevo, il fatto che quei partiti abbiano governato e siano parte della causa dei problemi che abbiamo, non cambia di una virgola quanto le osservazioni siano giuste. Una cosa detta ha sua propria vita, non è che la sua utilità possa dipendere da chi la pronuncia.
    Nel punto 2, le previsioni di cui parlo sono quelle degli organismi economici e dello stesso governo, che continuano sulla falsa riga di quanto si è andato affermando almeno dal governo Monti in poi. Di mese in mese, la ripresa è stata posticipata, mi dica una sola ragione per cui oggi quelle stesse previsioni dovrebbero corrispondere alla realtà. In tutto questo, la campagna elettorale non c’entra neanche un poco, o meglio c’entra ma non altera l’inaffidabilità certificata di quelle previsioni.
    Sul punto 3, lei sfugge al punto. Non dico che il governo non possa ripartire differentemente le spese, ma non può alterare gli importi complessivi, così come non può svolgere una politica monetaria. Che c’entrano gli alti stipendi e gli F35? Tutta roba interessante per carità, ma qui parlavo dei saldi complessivi.
    Mi dispiace che lei non accetti il dialogo, perchè per me era invece molto interesante indagare le motivazioni dei suoi interventi. Pazienza, me ne farò una ragione.

  • Pierluigi Tarantini

    @ Vincenzo Cucinotta
    Mi dispiace se la sintesi mi ha fatto apparire inutilmente aggressivo.
    Tuttavia credo di aver risposto alle questioni da lei poste.
    Il j’accuse nei confronti di FI e Lega nasce dal fatto che se il PIL italiano è fermo da più di dieci anni la responsabilità è soprattutto di chi ha governato senza curarsi minimamente dell’economia (che non fosse quella personale). Pensi al ministro per le attività produttive che non sapeva chi gli avesse pagato la casa…
    Lei si chiede come andrà l’economia ma sembra sottovalutare il ruolo che la politica può e deve avere.
    Lei si chiede cosa c’entrino gli alti stipendi e gli F35? Secondo lei, se le risorse disponibili fossero investite in ricerca, formazione o al fine di incentivare start up giovanili i risultati, se non nell’immediato già nel breve periodo, in termini di competitività e di incremento del Pil sarebbero gli stessi di quelli ottenuti dissipando e mantenendo parassiti?
    Secondo lei la spesa per gli interessi sul debito pubblico ed il carico fiscale necessario sostenerla non incidono sulla competitività?
    La crescita non dipende solo dalla spesa pubblica ma, soprattutto, da come la si fa.
    E ciò è tanto più vero nel momento in cui non si ha più una politica monetaria autonoma.
    Paradossalmente quindi, nell’epoca dell’economia globalizzata, è necessario attribuire alla politica nazionale un’importanza che non gli si dà più da tanto.
    Per questo non possiamo più permetterci di seguire gli slogan o le promesse dell’imbonitore di turno.

    Passando al Fiscal compact Lei ha definito quelle riportate nel mio primo intervento ipotesi fantasiose per poi riconoscerne la formale correttezza (pur ritenendole le meno probabili).
    Delle due l’una: o sono fantasiose o sono corrette.
    In ogni caso è evidente che a livello europeo qualcosa si sta muovendo nel senso giusto: QE e modifiche ai criteri ESA segnano un cambiamento significativo.

  • @Que se vayan

    Sentirti parlare di “cultura” mi fa attorcigliare la pancia…

    Noi si capisce che non sei portato per la materia: ma, per Dio, abbi almeno un po’ di rispetto per te stesso: prima di straparlare studiati il pensiero economico da Marx in avanti (magari filtrando la tua icona adolescenziale con intellettuali come la Luxemburg e Basso…): se non conosci né Keynes né Kalecky, non hai neanche la cultura minima per comprendere la genialità della nostra Costituzione.

    Poi dovresti passare a Kaldor, Minsky, Thirwall e magari patriotticamente un po’ a Caffè e a Graziani… non si possono dire certe fregnacce!

    Ma che diavolerie dici? Prima di allietarci con i tuoi umidicci sogni palingenetici, studiati cos’è il “dilemma di Triffin”, e magari capisci qual’è **IL RUOLO DELLA MONETA nell’INTERNAZIONALISMO E NELLA LOTTA DI CLASSE.**

    @Pigi

    Spiega a Vincenzo che non sei aggressivo ma è solo il tuo accento ORDO-teutonico.

    Ma che dici pure tu?

    Tu devi aver iniziato a leggere il Capitale ma poi, tra un crucco-termine e una crucco-definizione, sei finito a leggere “The Road to Serfdom”.

    Ti consiglio di studiare la relazione tra la “Scuola di Friburgo”, la “Scuola Austriaca”, Carl Schmitt e il “liberismo ordinamentale”.

    Prima di rivederci alla prossima parata in Illinois… vi auguro una buona Pasqua… e, ormai, Pasquetta.

  • Pierluigi Tarantini

    @SantiNumi
    A pasquetta parata col tanko come tutti gli anni?
    Non ve la fanno più fare?
    Che stronzi! Beveteci su, và..

  • @Tarantini
    La discussione si fa troppo complicata per un breve commento, ma potrei sintetizzarla dicendo che il problema non sta nell’offerta ma nella domanda. Possiamo ridurre i costi di produzione (spesso ciò si ottiene tuttavia riducendo l’occupazione a vantaggio dell’automazione), ma se poi nessuno ha i soldi per comprare ciò che produco, fallisco lo stesso. L’alternativa è esportare, ma se riduco i costi di produzione e riesco ad esportare, mi pare che quel fatturato rimanga in gran parte confinato nelle mani dell’imprenditore, e non mi pare contribuire granchè al benessere complessivo, ed anzi ha ottime probabilità di ridurre l’occupazione.
    Ciò che mi colpisce è la costante riproposizione di medicine basate sul rispetto del mercato e delle sue regole, che hanno sistematicamente dimostrato di essere distruttive. Nella sua incapacità a confrontarsi con la realtà sperimentale, mi pare un pensiero dogmatico simile a quello dei teocrati iraniani.
    Le faccio poi notare che ciò che lei chiama politica in italiano si chiama tecnica politica. La politica, o siede nello scranno più alto, e cioè non accetta vincoli derivanti da dogmi che la sovrastano, o è assente, sostituita dalla tecnica politica che lei richiamava.
    Infine, confermo, le ipotesi di uscita dalla crisi, essendo state sistematicamente smentite dai fatti almeno da due anni e mezzo a questa parte, vanno considerate fantasiose. Il suo calcolo è corretto ma partendo da premesse ingiustificate è del tutto gratuito.

  • xTarantini
    ho provato a ricostruire la formula da lei descritta,
    e mi perdo nel passaggio pil nominale, sempre se bisogna partire
    dal debito attuale, altrimenti quale è la cifra di inizio?

    cifre in miliardi di €

    2107/100=21,07[1% del debito]+10,535[0.5% da aggiungere per avere 1.5%]=35,542 miliardi da pagare

    ho trovato la seguente tabella:

    1583/100=15,83[1% del debito]+7,915[0.5% da aggiungere per avere 1.5%]=23.745 miliardi da pagare

    http://keynesblog.com/2014/03/17/perche-e-impossibile-rispettare-il-fiscal-compact/

    cmq non sono riusciti a levare la imposta sulla casa né ridurla,
    secondo me poco male. dove pensano per 20anni trovare altri 10 miliardi
    che non si capisce in quali tasche andrebbero a finire.
    in sostanza chi posiede il debito pubblico dello Stato italiano?

    XCucinotta xSantiNumi

    discuzione filologica interessante per capire il perché
    un politica economica che favorisce determinate classi sociali.
    Però la gestione economica differisce dalla politica economica,
    purtroppo il governo medierà per mantenere la pace sociale, e
    le classi dissaggiate difficilmente sono presenti nelle istituzioni.

  • senti bello è inutile che fai il saccente. sciacquati la bocca quando parli di Rosa Luxembourg che è morta con le armi in pugno. Ai leghisti come te avrebbe dato una ripassatina…
    Trionfi la giustizia proletaria per tutta la fascisteria d’Europa.

  • E’ questo che è tragico: chi parla di “giustizia proletaria” è attualmente il miglior amico e collaboratore di padroni e oppressori.

    Abbiamo insegnato l’alfabeto a leghisti e a nazionalisti e ci siam trovati l’unica inaspettata resistenza all’ordoliberismo europeista e, di conseguenza, all’imperialismo globalista.

    (Ricordo l’analisi di politica economica che fece la Luxemburg – che l’economia l’aveva studiata – sulla relazione tra Polonia e Russia: analisi incredibilmente attuale nella crisi ucraina)

    Tutti a fare i picchetti per lo “sciopero generale del XXV Aprile”?

    Se non si leggessero certi interventi non si capirebbe così bene cosa sono i sindacati confederali oggi.

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