Come avvenne la “fine dell’Italia” nel XVI secolo

Volentieri pubblico questo studio di Umberto Baldocchi, insegnante di storia e filosofia e redattore di “Economia democratica”, con cui mi scuso per il ritardo con cui propongo il suo interessante pezzo. Buona lettura!

Secondo lo storico, Simonde de Sismondi, l’autore di un libro straordinario sulla storia delle repubbliche medioevali italiane pubblicato all’inizio del 1800 (una vera “Bibbia civile “ degli Italiani secondo Francesco De Sanctis), l’ Italia che aveva dato vita al Rinascimento e alla modernità dell’ Europa, era deceduta in una data ben precisa, esattamente il 27 aprile 1532. E’ però stupefacente sapere come avvenne il trapasso. Le parole di Sismondi, per quanto qui riportate in un italiano ottocentesco, sono chiarissime. 

La fine delle libertà italiane (e l’inizio di una fase di successive e pronte “cessioni unilaterali di sovranità” al vicino straniero, francese, spagnolo o austriaco, unico mezzo che pare possibile per governare il paese) si colloca nel momento stesso della fine della repubblica di Firenze. Essa si realizzò, per Sismondi, con una riforma costituzionale ed elettorale, quella con cui la REPUBBLICA , grazie anche al contributo di riflessioni  di una commissione di saggi- dodici, come gli apostoli- silenziosamente e nell’accordo generale si trasformò in un GRANDUCATO. Si trattò di una “via repubblicana” alla tirannide, di un pacifico scivolamento verso il declino dell’ Italia- che allora era l’Italia  di Michelangelo e di Machiavelli- un declino  che avveniva in un clima surreale e allucinato, senza rotture, violenze o disordini, entro un apparente accordo generale, quando ormai il popolo fiorentino e gli altri popoli d’ Italia avevano cessato da  tempo di manifestare segni di vitalità politica. C’era stato è vero, prima, un periodo torbido di governi corrotti e degenerati, non dovuti però al caso, ma al calcolo cinico e lungimirante  di chi aveva lavorato sistematicamente per distruggere la fiducia pubblica, su cui si deve basare una repubblica.  Naturalmente anche le autorità che oggi diremmo “sovranazionali”, dislocate nell’ Europa dell’ epoca (l’ Impero e il Papato) fecero la loro parte e contribuirono al cambiamento, legittimando dall’alto ciò che non era più espressione di un potere dal basso. Il nuovo potere- che poi era quello  di una famiglia- si reggeva con un presidente in carica a vita- un doge- ed aveva un piccolo Parlamento che legittimava le scelte del capo designato dall’ Impero, ovviamente un Parlamento di nominati dal capo. I liberi cittadini di una repubblica divennero grottescamente sudditi di un granducato- sudditi, va detto, a loro insaputa- continuando a ritenersi per un po’ liberi e sovrani. Ci sarebbero voluti tre secoli per risorgere. Una storia esemplare, che oggi potrebbe sembrare uno scherzo macabro, una invenzione letteraria, o  un incubo. Invece è una storia vera scritta all’inizio dell’ ottocento. Letta per la verità da  pochissimi Italiani, oltre che da  Alessandro Manzoni e da  Francesco de Sanctis.  Oppure chi lo sa? Anche da  qualche altro che avrà però difficoltà a confessarlo.

Così racconta Sismondi:

“Siamo alla fine giunti al punto in cui l’Italia cessò di esistere. Abbiamo veduto per l’ultima volta un imperatore di Germania venire in una chiesa italiana per ricevervi la corona d’oro dalle mani del papa, la qual cerimonia, diventata frivola, più non si rinnovò dopo Carlo V. Nel 1530 gli imperatori incominciarono a regnare pel solo diritto della spada, e più non abbbisognarono, per assumere il titolo di Cesari, che un rappresentante dell’ Italia sancisse la loro inaugurazione con un’autorità religiosa. Da quel punto fino all’età nostra, otto o dieci principi continuarono in Italia a credersi sovrani, ma senza godere di veruna indipendenza, senza mai difendersi colle proprie forze, senza giammai ottenere sopra gli stranieri quel credito e quelle autorità che gli stranieri esercitavano continuamente sopra di loro.  […] I popoli avevano cessato di volere o manifestare la loro volontà […] L’ Italia, snervata, più non parlava per così dire che alla memoria; e se altri investigava quel ch’ella aveva fatto in altri tempi facealo con la certezza che gli italiani non potrebbero più fare altrettanto. […] – La repubblica fiorentina venne distrutta ( 1530) con forme repubblicane. Per creare la balia si convocò un parlamento, ne venne fatta la proposta all’assemblea di tutto il popolo fiorentino. I caporioni della fazione vittoriosa avevano richiesto quest’assemblea di conferire ogni sua autorità ai commissari che dovevano ristabilire la tirannide. Così riconoscevasi la sovranità del popolo, nel punto medesimo in cui il popolo rinunciava per sempre a tale sovranità. […] Firenze fu per parecchi mesi governata in proprio nome dalla sola balia, e non già a nome del papa o dei Medici.  [..] Allora cominciarono le vendette del papa e dei partigiani dei Medici. I più riputati cittadini che avevano partecipato al governo della repubblica vennero sottoposti ad aspre  torture; indi furono condannati al taglio della testa il Carducci, per lo addietro gonfaloniere, Bernardo di Castiglione e altri quattro magistrati [..] Pareva tuttavia che la repubblica esistesse ancora; un’aristocrazia assai numerosa sembrava investita della sovranità; il papa, che non aveva voluto mandare a Firenze niuno della sua famiglia, e che di soppiatto soltanto vi esercitava la più assoluta autorità, per non essere incolpato dei supplizi da lui comandati, lasciava operare Bartolomeo Valori, lo storico Francesco Guicciardini, Francesco Vettori e Roberto Acciaiuoli. Questi parevano i capi della repubblica, e questi sparsero il sangue e confiscarono le sostanze dei più virtuosi cittadini. […] …L’editto dell’imperatore, dato in Augusta, il 21 ottobre ( del 1530)…rimetteva i Fiorentini nel possedimento degli antichi lor privilegi a patto che riconoscessero per capo della repubblica Alessandro dei Medici, e dopo di lui i suoi figliuoli, ed in loro mancanza il più attempato degli altri Medici, e ciò in perpetuo con ordine di primogenitura. …L’editto imperiale non accordava alla casa dei Medici altre prerogative che quelle onde essa godeva avanti il 1527…Ma Clemente VII non si accontentava di questa limitata autorità, e non erano del tutto sicuri i ministri delle vendette di lui. Sapevano costoro di essere odiati a morte, non già da una fazione, ma da tutti  loro concittadini, e temevano di essere di bel nuovo cacciati da Firenze alla morte del papa, o quando accadesse la prima rivoluzione d’ Italia. Il Guicciardini, interrogato di ciò da Clemente VII, rispose non essere possibile che il governo acquistasse mai l’affetto popolare; che altro mezzo non gli rimaneva per minorare l’odio pubblico, che quello di accrescere il numero degli odiati chiamando assai gente a parte di governo, e che si doveva porre cura non tanto ad accattarsi de’ partigiani tra gli uomini ricchi e versati nelle pubbliche faccende, quanto a rendergli odiosi  a tutto il popolo, affinché, non meno che il governo e i suoi primi ministri, costoro  si persuadessero non esservi per loro salvezza che nel mantenimento della casa dei Medici […] Questi fidati ministri del papa costrinsero in certo qual modo la balia a creare, il 4 aprile del 1532, una consulta di dodici cittadini incaricati della riformagione del governo dello stato e della città di Firenze, dello stato e della città dissero, conciossiacosaché d’allora in poi si cessò di pronunciare il nome di repubblica. […] La nuova costituzione venne promulgata il 27 di aprile del 1532. la riformagione aboliva l’ufficio del gonfaloniere di giustizia e il collegio della Signoria, e vietava per sempre il ristabilimento di tale magistrato ch’ erasi con tanta gloria mantenuto per dugento cinquanta anni. Dichiarava Alessandro dei Medici capo e principe dello stato, col titolo di doge, ossia duca, della repubblica fiorentina, trasmissibile in perpetuo a’ discendenti di lui, per ordine di primogenitura. Creava due consigli composti di consiglieri eletti a vita, per dividere col duca le cure di governo. Uno di questi Consigli, chiamato de’ dugento, comprendeva tutti i cittadini della grande balia e quasi un centinaio di altre persone delle quali al novello duca riservata era la nomina; l’altro, detto il senato, doveva essere composto di quarantotto membri, eletti fra i dugento dell’altro Consiglio, che avessero oltrepassato i trentasei anni. […] Il doge solo od il luogotenente del doge potevano far proposte ai Consigli, e niuna provvidenza di questi poteva avere forza di legge senza il formale assentimento di quelli. I nuovi Consigli non diedero un solo esempio di libero e indipendente animo; perciocché non fuvvi una sola proposta del principe che non fosse con servile sollecitudine assentita.   “( Simonde de Sismondi, Storia delle repubbliche italiane del Medioevo, Giachetti, Prato, 1862, pp. 703, 704, 705, 706,707,  passim)

Umberto Baldocchi

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Aldo Giannuli

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Comments (12)

  • La decadenza avviene quando gli erasmiani diventano sostenitori della Controriforma, i garibaldini si fanno monarchici, i socialisti rivoluzionari si fanno fascisti, gli stalinisti diventano piddini e i trotskisti grillini.

  • La lista Tsipras sta bene alla Merkel, il M5S no: la differenza è tutta qui.
    Quando ero ragazzo c’era sempre un sessantottino più puro degli altri pronto a vedere tradimenti ovunque: trovavo più ragionevoli, spesso, i fascisti con cui parlavo.
    Riguardo l’articolo, trovo analogie stupefacienti con quanto stiamo vivendo oggi.
    E’ proprio vero:niente di nuovo sotto il sole.

  • Sono un appassionato della storia d’Italia del periodo, anche se di questo periodo il mio preferito è il quattrocento. Comunque, essendo la mia professione quella dell’ingegnere, la mia è una conoscenza superficiale, non da esperto, Cionondimeno, ritengo si possa affermare senza alcun dubbio un fatto importantisssimo: se nel quattrocento i signori d’Italia si fossero trovati d’accordo, invece di lottare costantemente l’uno contro l’altro, si sarebbe potuto realizzare l’unità d’europa vagheggiata da Federico II; basti pensare che al tempo di Castruccio Castracani la sola Firenze (che non era ancora il Granducato di Toscana, ma comprendeva le province di Firenze, Siena e Pistoia, al massimo anche Pisa) aveva un PIL pari all’intera Inghilterra (che allora non comprendeva Scozia e Galles, però… sempre di un’intera nazione si trattava). Provate pertanto a pensare cosa avrebbe potuto fare un’alleanza fra Milano, Venezia, Genova, Firenze, Roma e Napoli: si potevano comprare tutti i mercenari disponibili, fra l’altro molti di buon livello liberati dalla guerra dei cent’anni, per creare un esercito talmente potente da schiacciare le nascenti monarchie europee. Fantapolitica, s’intende. Però rende l’idea di cos’era l’Italia dell’epoca, dove un signorotto come il Della Scala, che comandava su Verona e Vicenza, poteva fronteggiare i Visconti di Milano e tenerli in apprensione, anche se, va detto, i Visconti erano contemporaneamente impegnati a fronteggiare il ben più grave pericolo costituito da Venezia. Va da se che una nazione fortissima, come era potenzialmente l’Italia del tempo, divisa al suo interno non poteva sperare di andare molto lontano. Non so certo dire quando sia iniziato il declino dell’Italia, però già a Fornovo all’inizio del ‘500 si poteva ottenere una grande vittoria contro una nascente monarchia, invece siamo riusciti solo a baloccarci con un giornaletto porno ante litteram di Carlo VIII. E il fatto di aver contribuito alla nascita del mito del cavaliere senza macchia e senza paura non può essere considerato una scusante…

  • caro professore,
    un post bellissimo. Non so se gramsci abbia letto l’opera di Sismondi, ma sembrerebbe di si’, posto che il suo concetto di nazional-popolare si inserisce, mi sembra, molto bene nella linea di ragionamento dell’economista svizzero. E che ci riporta al problema sociologico strutturale del nostro paese, ossia l’odio e il disprezzo viscerali che le elite italiane nutrono nei confronti del popolo italiano; odio e disprezzo che li hanno portati, nei secoli, a infliggere ogni crudelta’ al popolo per scaricare la loro frustrazione di non essere nati in “paesi seri”, ieri la Francia oggi quelli anglosassoni. Paesi seri che, beninteso, conoscono solo per sentito dire, e di cui hanno una visione grottescamente provinciale, un po’ come la visione degli Usa di un Pannella, per esempio. Poi ci sono gli odiatori da esportazione, che invece all’estero ci sono andati davvero e ci hanno persino “fatto fortuna”, come Alesina o Zingales, e che scaricano su di noi ancor piu’ livore, e con ancora maggior violenza. E siccome le elezioni si avvicinano, sara’ bene tener presente gli ammonimenti della storia, e cercare di dare un voto nazional-popolare, per evitare di essere, ancora una volta, inconsapevolmente complici di chi ci odia e disprezza, e porta acqua al mulino del razzismo anti-italiano cosi’ diffuso dalle parti di Bruxelles, Francoforte e Berlino…

  • Tenerone Dolcissimo

    Mi sembra di aver capito che Paolo Federico abbia detto il contrario e cioè che il M5S NON stia bene alla Merkel.
    In questo posso concordare: il M5S non si propone di buttare giuù tutto e “fuggire” da euro ed europa, ma di rinegoziare a brutto muso a differenza degli ectoplasmi che finora si sono confrontati col socio di maggioranza alemanno.
    Questo penso provocherebbe qualche mar de panza a tale socio, molto più dei “fuggitivi” che sono più gestibili, sotto molti punti di vista.
    Si dirà che queste sono le promesse del M5S, ma finora il M5S le promesse le ha sempre mantenute.

  • Scusi il ritardo professore. Era una battuta che penso contenga una verità. Tommaso Moro, Giovanni Morone, Reginald Pole a un certo punto della loro vita si misero a bruciare eretici. Adesso per fortuna ( o per il momento) non siamo a questi estremi. Credo però che l’infatuazione degli intellettuali di sinistra per Renzi e Grillo sia indice di una perdita di contatto con la realtà dei fatti e con la loro storia che non lascia ben sperare sull’avvenire del paese. Quando le elite culturali danno credito a dei chiari fenomeni di marketing politico – elettorale (i cui veri obiettivi restano oltre tutto misteriosi) c’è poco da stare allegri. Vorrei poi chiederle (non posto nell’ultimo articolo perchè non intendo fare il provocatore e se lo sono invece stato non abbia remore a non pubblicarmi). Una volta usciti dall’euro, ê così sicuro che l’Italia riotterrà la sua sovranità monetaria? Io tenderei a credere il contrario. L’Italia ha perso la sua sovranità monetaria almeno dal 1942, con la sconfitta nella guerra di Grecia ed in Africa. L’uscita dall’euro non provocherebbe probabilmente il cataclisma descritto dagli economisti di regime. Determinerebbe soltanto una dipendenza economica e politica ancora più pesante nei confronti della Germania e, soprattutto, degli USA. Qui in Veneto si fa strada (anche se , credo, meno di quanto sembra) la convinzione che, uscendo dall’EURO, si ritornerà ai bei tempi delle svalutazioni competitive che riempivano di miliardi i piccoli imprenditori, lasciando le briciole agli altri. Penso che alimentare questa illusione sia irresponsabile. Non siamo negli anni ottanta e novanta, i centri economici si sono spostati altrove, l’Italia è sempre più marginale nell’economia mondiale, l’URSS non esiste più e non esiste nemmeno il PCI per cui nessuno ha interesse a dare le brioche al popolo per tenerlo buono e tranquillo; nel silenzio di tutti sta per essere stipulato un trattato di libero scambio col Nordamerica, l’occidente si sta lanciando in una nuova folle guerra (mi auguro e spero perdente) con la Russia. E in queste condizioni noi usciremo dall’Euro? Per imitare chi? I paesi baltici e la Polonia, il cui decantato successo consiste nel fornire manodopera a basso costo per l’industria tedesca e nell’ordire provocazioni contro la Russia?

  • @Silvio

    Ma si può sapere che cavolo scrivi?

    Se non capisce un’emerita di macro può essere saggio evitare di esporsi al pubblico ludibrio.

    Non sai nulla di politiche monetarie, non sai nulla dell’economia e della sociologia delle PMI, non sai nulla di economia internazionale, non sai nulla di nulla… ma prima di scrivere, perché non leggi pubblicazioni scientifiche in merito?

    @Professore

    Complimenti al prof. Baldocchi, una perla.

    Purtroppo da rabbrividire…

  • Mi scusi, professor SantiNumi, signor sociologo, economista , esperto di politica estera, nonchè noto storico del Rinascimento. Mi inchino di fronte alla sua dottrina infusa ed alle sue certezze. Noto soltanto che tra le tante sue letture mancano unicamente due libri: la grammatica ed il vocabolario della lingua italiana. In ogni caso, non ė mai troppo tardi.

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