Fine 2018 e Medio Oriente: aggiornamenti per un determinante anno nuovo
Con molto piacere vi presento un nuovo collaboratore del sito: Sami Al Maradni: benvenuto e buona lettura! A.G.
Il 2018 è terminato da alcuni giorni, senza smettere di regalare colpi di scena agli interessati di geopolitica del Medio Oriente.
Da ultimissimo, l’annuncio del presidente americano Trump di voler ritirare quei 2000 soldati del suo esercito schierati nel nord-est della Siria (oltre a 7000 dall’Afghanistan, importante segnale per i negoziati tra Kabul e i Talebani), che negli ultimi 3 anni hanno addestrato e coordinato le milizie a maggioranza curda delle Syrian Democratic Forces al fine di arginare la minaccia del Daesh, che si è via via ritirato sul fiume Eufrate verso il confine con l’Iraq e dove ancora resiste nella sua striscia lunga appena 15 km. Nessun ritiro in vista invece dall’Iraq, dove Trump ha regalato per Natale una visita a sorpresa al contingente americano; per lui è importante dimostrare maggior accortezza rispetto al predecessore e mantenere comunque una presenza geostrategica rilevante.
Il conseguente rinvio dell’imminente operazione militare turca da parte del presidente Erdogan, che ha come obiettivo la legittima messa in sicurezza dei restanti 400 km di confine con la Siria a Est dell’Eufrate, sotto il controllo delle SDF dominate però dal gruppo YPG, che come viene troppe volte sorvolato, non ha mai rinnegato i suoi legami col PKK di Öcalan, nota organizzazione terroristica che la Turchia già combatte in prima linea da svariati decenni nell’Iraq settentrionale, dove si nascondono le sue basi.
Il fallimento della tanto auspicata formazione della commissione costituzionale da parte dell’inviato ONU per la Siria Staffan De Mistura, che lascia il suo incarico dopo 4 anni e mezzo con scarsissimi risultati sul piano politico. La palla passerà dal prossimo 7 Gennaio al norvegese Geir Pedersen, che dovrà fare i conti con il continuo rifiuto del governo siriano di accettare la lista proposta dall’ONU di esperti siriani non politicamente affiliati, da aggiungersi alle liste di governo e opposizione.
La scelta di iniziare il piano di pace dalla scrittura di una nuova Costituzione per la Siria (gli altri 3 punti del piano sono la transizione politica, le elezioni e la lotta al terrorismo) è avvenuta nel Febbraio 2018 alla conferenza di Sochi, dopo che l’ultimo round di colloqui del 2017 a Ginevra finì con un nulla di fatto per il rifiuto del governo di Damasco di un dialogo diretto con la controparte e della sua insistenza sul dossier del terrorismo aggiunto in lista proprio da quest’ultimo, con l’opposizione invece aperta al confronto ma focalizzata sulla transizione.
L’uscita del Qatar dall’OPEC, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, dove l’influenza saudita è sempre troppo forte e le relative decisioni chiaramente molto favorevoli all’alleato americano, sempre attento a far sì che il prezzo del petrolio resti basso (in chiave domestica e anti-iraniana) nonostante questo causi non pochi problemi alle economie dei paesi membri, che pare si siano ora decisi di tagliare la produzione per l’anno venturo per aumentare l’entrata dei petrodollari. Il Qatar, che già subisce molte conseguenze dall’isolamento dei paesi vicini del Golfo iniziato nel Giugno 2017, ha deciso dunque di concentrarsi sulla produzione di Gas Naturale Liquefatto di cui detiene il primato mondiale. Probabilmente i tempi sono ora maturi per la creazione di una OPEC del gas, coinvolgendo in primis la Russia e possibilmente l’Iran: questo trio possiede quasi la metà di tutte le riserve del pianeta.
Sono stati proprio i rapporti del Qatar con l’Iran, giudicati troppo cordiali, a scatenare l’irritazione dei paesi del golfo, spinti indirettamente dagli israeliani attraverso gli americani a condannare chiunque tenti di ridare un ruolo economico attivo all’Iran nella regione, colmato però da quest’ultimo con interferenze politiche, militari e soprattutto sociali in Iraq, Siria e Libano (l’asse verso il Mediterraneo).
L’uscita degli USA dall’accordo sul nucleare e l’introduzione di nuove sanzioni a Tehran sono l’ultimo passo formale del confronto fra Israele e Iran, che nel frattempo si pizzicano sul terreno siriano, con scandite incursioni israeliane su obiettivi di Hezbollah e basi iraniane (l’ultima nella notte del 26 Dicembre) che gli americani chiedono di smantellare quanto prima come parte del processo di pace della Siria e come una delle condizioni per la revoca delle nuove sanzioni.
In questo momento la pacificazione della Siria, dopo quasi 8 anni, pare sia finalmente diventata la situazione più auspicata nella regione (non più solo dai siriani stessi) e ogni mossa degli attori dell’area pare abbia sinceramente questo obiettivo finale, soprattutto coloro che ospitano più rifugiati (Turchia, Libano, Giordania e in Europa la Germania).
Trump sa benissimo quanto sia importante il ruolo che può giocare in questa fase e il ritiro delle truppe dopo la prossima sconfitta del Daesh può diventare un importante segnale verso l’accelerazione di questo processo. Per i suoi trascorsi nella regione gli Stati Uniti sono i protagonisti più diffidati e l’annuncio del ritiro dalla Siria potrebbe incoraggiare i paesi più coinvolti a organizzare anche la propria di exit strategy.
Che le forze straniere illegalmente presenti sul suolo siriano come quelle americane debbano lasciare la Siria è fuori questione, ma anche l’impegno militare per russi e iraniani non sarà sostenibile a oltranza ed una volta garantiti i propri interessi nel paese dovranno rientrare, lasciando spazio agli altrettanto gravosi lavori di ricostruzione. Su questi non vi è dubbio alcuno che dovranno per forza di cose avere finanziamenti dall’Europa e dai paesi del Golfo (Arabia Saudita in primis, su diktat di Trump), che avranno a loro volta specifiche condizioni da far rispettare al governo siriano (per certi investimenti la moneta americana è indispensabile, per quanto “generosi” potranno mai esseri russi e cinesi). Intanto gli Emirati e il Bahrain hanno riaperto le proprie ambasciate a Damasco.
Restando sul tema Siria, chi potrà aiutare Trump a garantire gli interessi strategici americani azzerando il costo umano è proprio la Turchia, che negli ultimi 2 anni insieme a russi e iraniani ha raggiunto i risultati più concreti nel complicatissimo conflitto siriano, scongiurando momentaneamente anche l’offensiva di Assad sulla regione di Idlib, l’ultima roccaforte dei ribelli dove si aggiunge però la problematica presenza di Tahrir al-Sham (ex al-Nusra, ex al-Qaeda) e che solo gli 007 turchi potrebbero presto risolvere senza un’ulteriore battaglia su larga scala.
Senza dimenticare la membership NATO della Turchia, quest’ultima si appresterà nei prossimi mesi a gestire la sconfitta definitiva del Daesh, a proteggere i propri confini e ad evitare che il YPG utilizzi le armi americane per portare avanti un nuovo disastroso conflitto magari in chiave indipendentista, nel quale l’esercito siriano, che sogna la riconquista militare del 100% del territorio, non si farebbe scrupoli a entrarvi; sono stati già segnalati anzi degli incontri fra rappresentanti di Assad e ufficiali del YPG per un compromesso che consegnerebbe al governo siriano il controllo delle principali città delle regioni sotto il suo controllo insieme ai giacimenti petroliferi, in quello che dovrebbe essere un tentativo di scoraggiare la Turchia da un ingresso a gamba tesa. Anche se in queste ore l’esercito siriano si sta muovendo verso la periferia di Manbij (primo obiettivo turco), Assad non potrà andare oltre ad una mera guerra psicologica, fintanto che saranno USA e Turchia a gestire direttamente il territorio coordinando il cambio di guardia; la Russia ha accolto positivamente la decisione di Trump e le buone relazioni fra Putin ed Erdogan faciliteranno l’intesa sul regolamento di quella parte di territorio (una delegazione turca è giunta a Mosca il 29 Dicembre).
Come purtroppo sta ancora insegnando l’Iraq, il Daesh riesce a colpire a macchia di leopardo senza necessariamente avere un territorio da amministrare e potrebbe in qualunque momento di caos riprendere la sua vecchia tattica di guerriglia.
C’è da dire infine, che l’unità dello Stato siriano è sempre ribadita a gran voce dalla comunità internazionale e dalle risoluzioni ONU che solo gli Stati sovrani e i rispettivi eserciti possono aiutare a garantire, nella speranza che le milizie curde accettino semplicemente un posto al tavolo dei negoziati sulla nuova Siria senza pretese irrealistiche, ma ottenendo magari una legittima e meritata autonomia a livello regionale sul modello iracheno.
Gli USA, ma anche tutti gli altri, non potrebbero che aiutarli solo in questa direzione, con tanti ringraziamenti per i servizi resi nella guerra al sedicente califfato, che se non altro è valsa la loro stessa sopravvivenza, ricordandoci sempre che YPG, YPJ, PYD sono tutte sigle con una chiara ideologia politica, che in quanto tale non rappresenta certamente l’opinione di tutti i curdi siriani. E’ importante dunque che si creino condizioni tali da non lasciare più alcuna scusante ad Assad per non entrare seriamente nel merito della risoluzione diplomatica del conflitto, dando finalmente il diritto ai cittadini siriani di ogni fede ed etnia a determinare democraticamente il proprio futuro, costato 8 anni di attesa e troppo sangue.
Gaz
Semplice. Le vecchie volpi del Cremlino stanno portando a passeggio le colombe Trumpiane, innalzando il prezzo della contropartita da ottenere per il ritiro americano, minimizzando la partita passiva con gli USA e Israele. L’abbraccio con l’Arabia&friends non pare essere molto gradito a Washington … e Israele è in grado di badare da “solo” all’Iran.
Erdogan è stato mandato avanti, lasciando gli altri in un cono d’ombra.
La strategia russa è chiara: (far) sfilare uno ad uno gli attori presenti e, possibilmente, essere persino richiesti di occuparne il posto.
Non occorre essere bravi per sapere che tra poco sentiremo cantare il Gallo .. cedrone. Non chiedetemi quante volte.
Proverà a tirare fuori qualcosa di inesistente dal cilindro. Forse proverà ad allearsi col diavolo, pretendone l’esclusiva, perchè se lo fanno gli altri è cosa brutta e ingiusta, mentre solo per lui è cosa buona e giusta. Proverà forse a replicare in sedicesimo l’accordo Sykes-Picot , ma questa volta non c’è un’Italia da prendere in giro. Assad figlio ha già pronunciato molti No. Uno in più non gli costerebbe troppo.
Più semplicemente i Turchi, – sempre loro sotto i riflettori- agiranno sulla Germania, vaso di coccio tra vasi di ferro, per “convicere” Macron a ritornare a casa. Si avrebbe un attore in meno.
Certo, se la Farnesina non fosse sede vacante da lunghi anni … sarebbe (stata) tutt’altra storia.
Gaz
In altri termini, il futuribile “baratto” russo-americano tende a ripristinare lo status quo ante nell’intera regione. In fin dei conti potrebbe essere la soluzione di compromesso accettata/bile da (quasi) tutti.
Gli scontenti -se tali voglionore- stareci proveranno un’altra volta, .
Gaz
O.t. .. ma non tanto.
Di Maio, immischiandosi negli affari interni della Francia, offre ai gilet gialli la piattaforma Rousseau per coordinarsi. Non è un buon motivo essere stati definti “lebbra” da Macron per commettere lo stesso errore.
Macron fa rispondere a muso duro e per sovrappiù, come ritorsione, fa passare l’accordo naval-militare ex Stx-Fincantieri, attraverso le Forche Caudine della Commissione, grazie alle per nulla indipendenti autorità anti trust tedesca e francese, avendo pure la faccia tosta di dire che non è una ritorsione.
Tralascindo gli aspetti diplomatici, interni ed internazionali della vicenda, c’è da chiedere a Di Maio di non occuparsi di esteri.
Se almeno avesse imparato la metà delle cose dai francesi …
Se almeno sapesse gestire e sfruttare a vantaggio dell’Italia il venir meno della parola francese … sia pur in modo tarfesco …
Non ricordo chi fu che disse che il Di Maio impara presto …
Gaz
Immancabile è arrivato l’assit di Junker, secondo il quale Macron è stato eletto per attuare il programma promesso, ma anche per sottintendere che le concentrazioni cantieristiche (finnico) tedesche vanno bene, quelle italiane no.
Il Di Maio, sa come si ricambia pan per focaccia?
Sa come si fa (fare) e di cosa è fatta la focaccia?
Può esistere un ministro del niente ?
Gaz
O.T. .. ma non tanto.
Il (brutto) affare della ritorsione franco tedesca sui cantieri ex Stx e sui cantieri finlandesi comprati dai tedeschi sta ad indicare un modus operandi contrario all’Italia, non tanto perchè ha un governo giallo verde, ma in quanto Italia.
Ieri fascisti, traditori, comuninisti, democristiani, mafiosi, sfatigati, maccheroni, berlusconiani, oggi lebbrosi (cioè da isolare), ma sempre ed in ogni caso Italia.
E’ il nord Europa contro il sud Europa. Questa storia non ha più nulla che vedere con i Padri fondatori.
L’ascesa dello stellone della Merkel in ambito europeo è in linea di continuità con questo schema, secondo cui ci sarebbe un nord teutonico virtuoso e un sud mediterraneo abominevole di Pigs, ma sappiamo tutti che si tratta di una mistificazione per drenare risorse verso il nord. A tanto bisogna aggiunger le tensioni Est- Ovest.
A ben vedere, ieri come oggi, sono questioni che non rigurdano direttamente l’Italia, ma in cui viene trascinata in modo opaco in qualità di stato (reso e resosi) vassallo.
Il fallimento del progetto politco europeo è palese, tra un Macron che minaccia guerre e sfaceli in Europa e una Merkel che di seppellire il cadavere dell’Europa non ne vuole sapere, perchè conviene alla Germania e ai suoi satelliti.
La Brexit, per la quale ho pregato in latino, è il primo scricchiolio di palazzo Carlo Magno, Re antilongobardo/antiitalico, artefice della disunità politica della Penisola. Bisogna essere un po’ fessi per accettare una siffatta intitolazione. Tanto valeva chiamarlo più eslicitamente Palazzo Clemansò
o De Gol (qui si scrivono così, perche se loro chiamano Platini “Platinì”, io posso fare altrettanto).
Quanto e quando conviene all’Italia l’uscita dall’euro e l’Italexit?
Dove sono gli interessi principale e futuri dell’Italia?
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E’ di ieri la notizia della cattura di Battisti.
Più di ogni altra notizia, parla da sola, non ha bisogno di commenti.
Credo di aver scritto di politica estera (perdonatemi il termine pomposo) tanto.
Sarebbe ora che il testimone passasse ad altri.
Gaz
Per tutta la Prima Repubblica il Viminale è stato appannaggio della DC: che io ricordi mai si è visto un ministro degli Interni in divisa; mai è venuto meno pubblicamente alla grammatica minima penale. Non ricordo neppure un Guardasigilli avventurarsi in impegnative dichiarazioni sul prestigio internazionale dell’Italia.
C’è qualcuno che sull’affaire Battisti possa spiegare ai due ministri che il Brasile ha con la Francia un confine più lungo di quello italo francese ?
Gaz
O.t.
All’arrivo di Battisti a Fiumicino, il ministro Salvini ha usato il termine “comunista” come un insulto.
Sbaglia per tantissimi motivi storici e politici. Ne indico solo qualcuno dei meno importanti.
Se il nonno è stato comunista, allora era giusto, e persino lecito, intervenire e interferire dall’esterno nella politica interna, quasi che il voto degli elettori valesse zero.
Non solo. Oggi, per gli stessi motivi di ieri, sarebbe lecito interferire nel governo dei c.d. barbari, lebbrosi, improbabili etc. etc. ?
Ministro Salvini, non sia autolesionista inconsapevole.