Fallimento dell’Euro: perché?

La fine dell’Euro non è più fantascienza, ma una ipotesi considerata nel campo del possibile (anche se deprecata) da tutti i politici europei e dai banchieri di tutto il Mondo. Non è detto che finisca necessariamente così, ma tutti pensano che possa accadere. O perché ne esca la Grecia, avviando un processo a catena, o perché ne esca la Germania, facendo perdere senso a tutta l’operazione e spingendo tutti a tornare all’ovile della moneta nazionale. Nessuno più esclude che questo possa accadere. I presupposti ci sono tutti e anche il più sprovveduto capisce che:

a-la Grecia non sarà mai in grado né di restituire il suo debito né di pagare gli interessi che man mano si accumulano, in una dinamica  di ammortamento negativo

b-che il Portogallo non è in condizioni migliori

c-che il sistema bancario spagnolo non è in grado di reggere la pressione dei mercati internazionali
d-che l’Italia, forse, può sostenere il peso degli interessi alle scadenze, a condizione che la tempesta dello spread non superi certe soglie, forse potrà restituire qualche frazione del suo debito svendendo il suo asset, ma, comunque non sarà mai in grado di raggiungere la mitica soglia 60% sul Pil, perché, nel frattempo, la politica di austerità farà crollare il Pil, azzerando ogni miglioria

e-che il sistema bancario francese è troppo esposto con Grecia, Spagna, Portogallo ed Italia, per cui  la crisi è destinata a rimbalzare su di esso

In queste condizioni, questo gruppo di paesi è tecnicamente fallito e si tratta solo di vedere se, con qualche giochino finanziario si riesce a prendere tempo o no; e pare che di tempo ormai ce ne sia davvero pochino: diciamo al massimo 5 o 6 mesi. George Soros è stato anche più drastico parlando di 3 mesi oltre i quali l’Euro perderà la fiducia dei mercati finanziari e crollerà (S24 3.6.12 p. 7).

Da un punto di vista finanziario la situazione non ha speranze perché non ci sono le condizioni strutturali per uscire dalla trappola: le banche hanno la pancia piena di titoli di stato inesigibili (oltre ad ogni altro tipo di spazzatura) e  gli Stati non sono in grado di invertire la tendenza che li ha travolti. Soros ha ragione a sostenere che la crisi europea, prima ancora che finanziaria è fiscale: in questo ventennio si è creata una enorme bolla di denaro finito nei paradisi fiscali della stessa Ue (a cominciare dall’Olanda o dall’Irlanda di qualche anno fa) o appena dal di fuori (si pensi alla Svizzera), Questa massa di denaro, alla ricerca di bassi prelievi, è fuggita proprio dai paesi che oggi hanno un alto debito, anche perché hanno compensato con il debito il gettito fiscale mancante.

Ma il fallimento dell’Euro è qualcosa di ben più profondo. La scommessa era che  la moneta unica avrebbe creato convergenza fra le economie di diversi paesi ed avrebbe fatto da traino al processo di unificazione politica. Non si è verificata né l’una né l’altra cosa. Le economie dei diversi paesi dell’Eurozona sono rimaste quali erano, anzi, i vantaggi della moneta unica, che consentiva anche a paesi tradizionalmente deboli e ad alto rischio finanziario, come appunto la Grecia, di piazzare i propri titoli di debito ad interessi bassissimi, ha incoraggiato la politica dell’indebitamento crescente, senza attuare alcuna riforma economica. Chi ha tratto i vantaggi maggiori è stata la Germania che ha potuto esportare massicciamente nei paesi vicini ed, alla fine, il differenziale fra i diversi paesi è rimasto lo stesso, quando non è ulteriormente cresciuto. Sinché le cose sono filate lisce nell’economia mondiale, il problema non si è posto, ma quando la crisi ha iniziato a mordere si è rotto il giocattolo e la moneta unica, non governata da nessuno Stato, è diventata una camicia di forza che tiene tutti in sofferenza.

Quanto all’unificazione politica, va detto che dopo la demenziale proposta di “trattato istitutivo” (detto anche “Costituzione”) della Ue -e la sua sonora bocciatura nei referendum di Francia, Danimarca ecc.- semplicemente non se ne è parlato più. Il punto è che gli stati non si inventano e non bastano le più spericolate acrobazie giuridiche a farli esistere. L’Europa, come nazione non esiste nella coscienza degli europei che, volenti o no, continuano a sentirsi prima di tutto tedeschi, francesi, danesi, spagnoli, olandesi ecc. E’ vero che sono sempre esistiti Stati pluri nazionali (dalla Cina all’Urss, dalla Svizzera alla Spagna) ma si è sempre trattato di stati  con un gruppo nazionale dominante che ha affermato la sua come lingua dello Stato e considerato gli altri come “minoranze nazionali” più o meno garantite e riconosciute, ma sempre marginali. Non era e non è questa la situazione dell’Europa, dove nessuno è in grado di porsi come nazione dominante. Né la cosa è risolvibile in modo negoziale: le alchimie giuridiche per cui la Ue è qualcosa di più di una alleanza, ma qualcosa di meno di una confederazione, non è uno Stato, ma assorbe funzioni statali come la moneta, ha un Parlamento comune che emana direttive che poi devono essere recepite dai parlamenti nazionali ecc. non ha incantato nessuno. Quello che veniva fuori erano testi indigeribili di 6-700 articoli ciascuno con una selva di commi e sotto commi, che descrivevano un processo decisionale farraginoso, lento ed incoerente. E, infatti le bocciature referendarie sono fioccate, mentre in molti paesi (compresi Italia e Germania) non ci si è neppure preoccupati di fare un referendum.

Le burocrazie degli stati nazionali  (sicuramente poco vogliose di vedersi declassate rispetto allo Stato confederale) hanno colto la palla al balzo per annacquare sempre di più il processo di unificazione politica di cui si è poi smesso di parlare. Con il risultato che, quello che doveva essere un momento transitorio (la moneta senza Stato) è diventato definitivo e tutti hanno pensato che, in fondo, andava bene così. E così, invece, non va affatto bene, come la crisi sta dimostrando. Questa situazione di una moneta sospesa nel vuoto e non  governata, ma che, anzi, vorrebbe governare gli Stati, è un assurdo politico ed economico, prima che giuridico, che è arrivato al capolinea.

Oggi le alternative secche sono due: o il debito dei vari paesi membri viene assunto dalla Ue in quanto tale e si va rapidamente ad un’unione politica (cioè ad uno Stato europeo), o la moneta salta in aria. Puramente e semplicemente: non ci sono alternative. In astratto, la soluzione più auspicabile sarebbe la prima, ma, personalmente non ci credo affatto: se l’unione politica non si è fatta in tempi favorevoli, quando il vento soffiava nelle vele dell’Europa, non si capisce perché dovrebbe riuscire ora che la crisi accentua tutti gli egoismi nazionali, con un ceto politico di mezza tacca in ciascuno dei paesi membri, dopo la raffica di fallimenti sul piano della politica estera (dove mai l’Unione è riuscita a parlare con una sola voce), in una situazione sociale difficilissima. Qualcuno pensa che sono proprio le asprezze della crisi a poter fare il miracolo, costringendo gli europei a fare per forza quello che non sono riusciti a fare per amore. Certamente la situazione richiederebbe una soluzione del genere, ma avere bisogno di 1000 talleri ed avere 1000 talleri non è la stessa cosa, avrebbe detto, più o meno, Kant.

D’altra parte, le condizioni strutturali per l’edificazione di un “Io” collettivo europeo continuano a non esserci per la mancata unificazione linguistica e culturale del continente. Tutto quello che può venir fuori da un processo forzato di unificazione sarebbe una buro-tecnocrazia centralizzata e totalmente priva di qualsiasi legame con la base popolare, un orrendo pasticcio antidemocratico assai poco auspicabile. Ma in ogni caso, anche questo appare come un disegno del tutto velleitario.

Ed allora che si fa? Semplicemente non resta che prendere atto del fallimento politico dell’operazione Euro e cercare di guidare il processo di  scioglimento dell’Eurozona attraverso una exit strategy concordata. E magari farlo prima che salti tutto in aria, con costi ben peggiori da sopportare.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (48)

  • tutto da condordare, ma pongo un quesito: negli ultimi 22 anni abbiamo pagato il coso dell’euro, pagato caro, con tasse per entrare e disoccupazione, mancata concorrenza e soprattutto diminuzione del potere di acquisto dopo. adesso chefacciamo? usciamo dall’euro, paghiamo uno scotto altissimo e poi? fra 5-10 anni rifacciamo la moneta unica e giù ancora a pagare? chi governa il cambiamento?

  • Eppure secondo me è vero che, senza l’unione europea, i singoli stati europei, nel perseguire i loro interessi particolari, rischiano di essere nuovamente attirati dentro ad un vortice di conflitti che, alla lunga, rischiano di diventare armati.

    Mi rendo conto che, spesso, questo suona un tantino retorico. Ma secondo me c’è molto di più che mera retorica.

  • Condivido totalmente l’articolo.
    Aggiungerei che probabilmente sono più preoccupato di lei dei contraccolpi politici delle varie querelles sulle scelte economiche comuni. In particolare, dovremmo smetterla di prendercela sempre con la Germania, non è una cosa che può fare bene alla pacifica convivenza nel continente (anche perchè, io insisto col dire che la crisi è stata importata da USA e UK, non è nata nell’eurozona, e non è stata creata certo dalla Germania, la Merkel ha soltanto risposto in maniera pedestre approfondendo una crisi che non si era mai chiusa).
    Dicevo sul mio blog, che un divorzio consensuale è sicuramente preferibile a una convivenza forzata e litigiosa.
    Rimane comunque aperto il problema della crisi, quella scoppiata nel 2008 e dovuta al mare di cartaccia che transita per i mercati finanziari. Chiusa l’esperienza dell’euro, rimane tutto intero il problema di come risolvere il problema del debito privato, quello del sistema bancario, che è così alto che non può essere risolto per la via finora seguita soprattutto negli USA e nel UK di aumentare la liquidità, porterebbe a un’inflazione vertiginosa, col rischio di finire in un’economia di baratto.

  • Parole sacrosante. Il problema è alla radice: la mancanza di un minimo comun denominatore che avrebbe potuto costituire da elemento identitario collettivo, premessa per la creazione di un’entità federale da tutti riconosciuta. Un’identità europea non è mai esistita; volendo inventarla dal nulla avremmo dovuto individuare un precendete storico auto-legittimante. Ma i precedenti storici (l’impero romano, il Sacro Romano Impero, Napoleone, per non parlare del nazi-fascismo tra 1941 e 1943) si sono sempre basati sul dominio di una componente etnico/nazionale (latina, tedesca, francese) o religiosa (cattolica) sulle altre, di conseguenza sarebbero stati impresentabili.
    Forse avremmo potuto ottenere qualche risultato migliore ragionando in termini militari. Partendo cioè dalla creazione di un esercito continentale, che avrebbe dovuto assorbire i paesi NATO e dell’ex Patto di Varsavia. Solo allora avremmo avuto lo strumento per esercitare un ruolo autonomo in politica estera.
    Il problema di fondo – identitario e giuridico – sarebbe rimasto insoluto, ma l’unione basata su due pilastri, esercito e moneta, anzichè su di uno solo, sarebbe oggi almeno un po’ più solida.
    Ma i governanti europei, per i quali la sudditanza alla NATO è stata garanzia di carriera, avrebbero mai avuto la forza e la dignità sufficienti per percorrere una strada del genere?

  • d’accordo, tranne quando si dice che a guadagnarci è stata la Germania. un cambio fisso tra Germania e resto d’Europa è certamente un vantaggio per le esportazioni tedesche, quindi per i profitti delle aziende che esportano e per l’occupazione, ma è anche uno svantaggio per i lavoratori tedeschi, che percepiscono salari reali inferiori. il contrario si può dire per i paesi mediterranei, come l’Italia, l’Euro ha si avuto effetti (parzialmente) negativi sulla bilancia dei pagamenti, ma ha abbassato di molto i rendimenti sul debito pubblico, con risparmi di decine di miliardi di euro l’anno, sarebbe poi da chiedere a Berlusconi e compagnia cosa si sia fatto di quegli ingenti risparmi

  • non credo alla possibilità di una guerra in Europa. a parte che la fine dell’€ e della struttura burocratica dell’UE non significa la fine della cooperazione continentale, ma poi, una guerra tra chi e perché? l’opinione pubblica accetterebbe? e chi partirebbe per il fronte? perché una cosa è “combattere” contro dei talebani male armati, altro contro un esercito europeo. oltretutto le spese militari di tutti i paesi UE sono in costante diminuzione, quelle per MBT (carri armati), tipica arma da battaglia campale sono praticamente a zero, se si trovano compratori si vendono e la ricerca è ferma da decenni.

  • mah, di solito il percorso è: moneta iper svalutata; fine della classe media e di chi vie con redditi fissi o ha dei risparmi; aumento della popolazione militare e paramilitare; colpo di stato autoritario; riarmo; guerra contro il nemico. e intanto sanzioni, restrizoni della libertà di circolazione, della libertà di stampa, e delle libertà personali in genere, oltre a un aumento della tensione sociale che rende tutto ciò digeribile. tutto questo non succede in pochi giorni, ma in svariati anni, ovviamente, ma una caduta dell’euro in questa situazione non finirebbe in un siamo tutti amici come prima, ma rispolvererebbe dei contrasti sociali dovuti alla forte presenza nazionalista in europa, ed è facile che le colpe vadano tutte ai tedeschi, dato che in effetti sono loro che comandano e hanno la responsabilità di ciò che fanno. oppure pensate che l’economia globale renda le cose differenti rispetto a prima? d’altra parte, qual’è l’altra regione del mondo in cui sono concentrati i debiti terrestri? e cosa faranno i brics quando si accorgeranno che la crisi economica gli impedirà di crescere ulteriormente? come se lo finanziano il mercato interno? già oggi la loro crescita si è arrestata. insomma, qua non si tratta di crollo dell’euro, ma di fine della globalizzazione e probabile crollo del capitalismo con probabili guerre che scoppiano di qua e di là. credo che ci sarà ben poco spazio per un’uscita concordata. se si considera poi che i guru dell’uscita dall’euro sono grillo e berlusconi, economiacamente siamo a posto

  • @Stefano
    In effetti, ad oggi l’ipotesi di un conflitto bellico intraeuropeo sembra fantascienza, ma purtroppo questo continente ha nella sua storia conflitti frequenti e sanguinosi, e dobbiamo sempre guardarci da allevare rancori tra una nazione e l’altra.
    Se arriviamo alla conclusione che condividere una moneta e tutto ciò che ad essa segue, è contro i nostri interessi, troviamo che i nostri partners si comportino in maniera non leale, facendo i propri interessi nazionali in maniera scoperta ed eccessiva, meglio divorziare, e farlo col sorriso sul viso, come constatazione di una divergenza di interessi.
    Vedo svilupparsi invece le solite polemiche tra un europa mediterranea stracciona e fannullona e un nord laborioso e profittatore che ci vuole alla fame.
    Il livello della polemica è basso, ma proprio per questo rischia di innescare odii da cui ci dobbiamo guardare con grande attenzione, perchè sarà facile per il fascistello di turno attribuire ogni colpa dei disagi economici allo straniero.
    Mai sottovalutare questo genere di pericoli.

  • Vincenzo sono d’accordissimo sul non allevare rancori e odio, ciò che invece sta facendo, incautamente e colpevolmente, la stampa europea, o quantomeno italiana, greca e tedesca. Questo a prescindere dalla guerra, che vedo più impossibile che improbabile.

    per rispondere a Vincenzo e Giandavide, non sono d’accordo con una visione deterministica o ciclica della storia. l’Europa del 2012 è tutta un’altra storia rispetto a quella del 1939, e non solo per l’integrazione economica, ma anche per la comunicazione, che grazie alla diffusione di lingue comuni, specie l’inglese, di internet, di schenghen rende un italiano molto più “vicino” a un austriaco di quanto non lo fosse cinquant’anni fa. la fiducia della popolazione nella classe politica è così bassa che non affideremmo a loro neppure un accendino, figurarsi la nostra vita o quella dei nostri cari. oltretutto una guerra che scopo avrebbe?

  • @stefano se l’euro crolla la comunicazione te la sogni, dato che necessita di hardware, e non ce lo potremo permettere, dato che l’euro varrà poco e che quando la produzione cala si alzano pure i prezzi, mentre qualsiasi hardware tendea ragginungere l’obsolescenza nel giro di un pao di anni (nel senso che si scassa) a cosa serve la guerra? mah, a cosa sono servite le guerre mondiali?… e comunque anche pensando che per i prossimi dieci anni non saremo organizzati per una guerra, è molto facile invece che le frontiere vengano in parte chiuse e shengen abolito, dato che esiste prevalentemente per garantire gli scambi economici. e qua stiamo parlando di un’europa meridionale tagliata duori dal mercato per svariati anni e a fare i conti con la carenza di cibo, e un’europa settentrionale che se la passerà peggio ma senza problemi di alimentazione.
    mah il fatto è che quando una popolazione è sufficientemente ricca, e relativamente istruita, con un sistema democratico produce più ricchezza ed è un migliore investimento. una popolazione povera che non ha un apparato produttivo che non ha bisogno di figure quadro e che non ha una classe media invece è da sempre preda di autoritarismi di vario tipo, dato che rende di più così. infatti non parlo di ricorsi storici: è un pò come se stai una notte al freddo e poi ti viene il raffeddore… anche perchè chi poterbbe fermare un’ondata autoritaria? ferrero? in italia mancano gli strumenti critici per difendersi da situazioni del genere. non ci siamo difesi da berlusconi, e ce lo siamo tenuti per 20 anni credendo che fosse il nuovo, e oggi siamo punto e daccapo. che fiducia hai negli italiani? io pochissima. grillo e berlusconi ci dimostrano che basta un imbonitore qualsiasi che parla alla pancia e non alla testa perchè l’italiano si lasci condure nelle situazioni più stupide

  • L’europa dei popoli non è mai nata. Si è creato invece un organismo finanziario e privato come la BCE che avrebbe dovuto arginare ipotetici attacchi voluti dai detrattori dell’UE. Sono convinta che in tutto questo tempo a guadagnarci sia stata frau Merkel che ha trasformato all’interno dell’euro zona la Germania in una super potenza, che in vista della sua solida economia detta legge cercando di asservire gli stati europei per trasformarli in granducati o colonie al suo diretto servizio. Se così non fosse la Merkel per recuparare gli interessi sul debito oltre i suoi confini, non se ne uscirebbe con affermazioni di inviare ispettori all’interno delle zone in difficoltà per commissariare gli stati. Non credo che a frau merkel convenga rompere il giochino. La sua è una strategia per vendere cara la pelle dell’orso, tenere tutto sotto il suo stretto controllo e organizzare le singole economie a seconda delle esigenze della germania. Credo che questa marachella l’abbia subdorata lo stesso obama attualmente minacciato e compresso dal potere economico dei tedeschi. Sarebbe meglio uscire fuori dall’euro se questi sono i presupposti. Il randagismo umano per via della povertà ormai lo viviamo negli stati sotto scopa, il prossimo passo saranno i laeger

  • 1: la comunicazione se la possono permettere gli egiziani e gli iraniani, figurarsi gli europei. l’obsolescenza dei computer dopo (2 anni? esagerato, diciamo 5) è una questione di marketing o che riguarda una ristrettissima nicchia di professionisti, o videogiocatori, per l’utilizzo medio i nostri computer sono molto sovradimensionati.

    2: uscire dall’euro non è un gran problema per l’Italia, anzi, e non aspettarti una svalutazione disastrosa, il nostro deficit della bilancia dei pagamenti è ridottissimo, si parla di una svalutazione nell’ordine del 20%, i cui effetti sarebbero immediatamente: rilancio dell’export e bilancia in pareggio, diminuzione del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti per le merci prodotte all’estero, e un rilancio dell’occupazione.
    perché dovrebbero abolire schenghen, chiudere le frontiere e abolire gli scambi economici? ci sono paesi UE che non adottano l’euro, vedi Regno Unito o Danimarca ad esempio, eppure non vi sono limitazioni di sorta, la storia di un’Europa meridionale tagliata fuori dagli scambi economici (un embargo?) è fantasia pura, se poi diciamo affamata questa è ancora più fantasiosa, dei pigs solo l’Italia è importatore netto di cibo, e nessuno, per alcuna ragione smetterebbe di venderglielo, se anche vogliamo darci quest’ipotesi assurda si può sempre comprare da Ucraina, Nord America o Australia, quindi, ancora una volta, il problema non si pone. non ci sono popolazioni povere e affamate in Europa né ce ne saranno, i poveri, Portogallo e Grecia sono comunque molto più ricchi di quanto non lo fossero anche quindici-venti anni fa, e hanno comunque da mangiare. l’ondata autoritaria sta crescendo ora, con questo sistema, perché è facile accusare gli altri delle nostre sventure, è bene dare un motivo in meno per lamentarsi.

  • svalutazione del 20%? mi sa che hai letto delle favole, dato che in questi casi si arriva a una svalutazione del 60-80% del valore della moneta, dovuto anche al persistere dell’attacco speculativo. il resto è conseguente e trovo che lo sostieni in modo abbastanza apodittico. sia per la fiducia che hai nel fatto che si trovi cibo, sia per quanto riguarda la diffusione di internet, sia per quanto riguarda la popolazione media italiana, che siamo così vecchi che non serve nemmeno molto per controllarci…
    e le affermazioni apodittiche vanno bene per il prete, non per le discussioni. per me sei libero di credere quello che vuoi, figurati, c’è gente che dice anche che il mondo finirà quest’anno, e non usa argomentazoni molto diverse dalle tue. per il resto sono anch’io d’accordo con antonella quando parla della tendenza nazionalista tedesca che vuole raggiungere il dominio sul resto d’europa, e al momento sembra di starci riuscendo: non ci manda (ancora) in un campo di concentramento, ma farà si che lavoreremo per mantenere la loro economia…

  • Se non son riusciti a decidere in 3 anni che fare di uno staterello come la Grecia, figuriamoci se decidono in pochi mesi se fare l’unione politica bancaria fiscale – come oggi cianciano sui giornali. Sicchè l’unica via è la seconda che dici: contrattare una exit strategy dall’euro con la massima riduzione del danno per i popoli nazionali e in particolare i piccoli risparmiatori. Si, perchè fino ad ora, tutti gli interventi EMS EFSM LTRO etc. sono stati fatti coi soldi dei contribuenti per salvare le banche INSOLVENTI. Quindi c’è il fondato pericolo che l’uscita dall’euro ce la facciano pagare a noi, per salvare il culo alle banche, con la scusa che esse detengono i risparmi e i bonds sovrani. Le banche insolventi devono essere fatte fallire. Questa è la soluzione capitalistica e del sistema del mercato.
    Resta l’amaro in bocca: che l’italietta ha avuto l’occasione storica di sistemare i conti pubblici abbattendo il debito e riformando la spesa pubblica, avvantaggiandoci degli effetti positivi dell’euro (difesa dalle speculazioni contro la liretta, bassi interessi sul debito) e invece l’abbiamo buttata nel cesso. D’altra parte ogni popolo si merita il proprio destino che si costruisce con le proprie mani.

  • Il fallimento politico dell’operazione Euro concepita nel 1989-92 deriva dal ritardo di circa 10 anni nella sua realizzazione. Il progetto Euro nasceva in un ambiente geopolitico mondiale diverso da quello attuale e in un momento fortemente espansivo dell’economia e della finanza occidentale. Dal 2001 in poi tutto è cambiato, ma non il progetto Euro che si è trovato inadeguato a sostenere le nuove sfide. L’unico grande paese dell’UE che lo aveva capito era il Regno Unito. Le leadership politiche continentali hanno commesso un gravissimo errore quando nel 2009 non hanno sostenuto la candidatura di Tony Blair alla presidenza dell’Unione europea, promuovendo, invece, soggetti insipidi e mediocri quali Van Rumpoy, Barroso, e Trichet. La crisi attuale dell’UE nasce, quindi nel 2009, e ha come conseguenza l’irrilevanza politica ed economica di tutta l’Europa (anche della Germania, bontà sua).
    Oggi, il progetto Euro serve sostanzialmente ad evitare che: a) il PIL degli USA decresca (per ogni punto di PIL europeo perso, gli USA ne perdono due) e quindi mettendo in pericolo sia la tenuta egemonica del dollaro sia la rielezione di Obama; b) la Russia veda decrescere ancor più significativamente le proprie riserve che accumula grazie alla dipendenza energetica europea che è pagata in Euro; c) la Cina veda ulteriormente ridursi da un lato la diversificazione delle sue riserve e dall’altro la domanda di beni esportati. Gli avvertimenti di Washington e Pechino su questo sono stati chiarissimi. Esiste, infatti, una convergenza di interessi sino-americana perché la speculazione sul debito sovrano europeo non sfasci il giochino finanziario dell’Euro (forte). Per attutire il costo sociale del mantenimento in vita artificiale dell’Euro, i due grandi paesi, concordano sulla follia delle politiche di austerità pronunciandosi a favore dell’aumento della spesa pubblica e della detassazione delle imprese e del lavoro. Hollande e i vari centro-sinistri sono proprio funzionali a questa volontà delle grandi potenze.

  • i primi a voler uscire dall’euro sono proprio i tedeschi, addirittura i giornali tedeschi parlano di complotti dei mediterranei contro la Germania, non crediamo a certe frottole.

    io non leggo favole, il tasso di cambio di una moneta dipende dalla domanda/offerta della stessa, che a sua volta dipende dalla bilancia dei pagamenti, e poiché il deficit italiano è bassissimo la svalutazione sarà relativamente bassa (relativamente, il 20% non è proprio poco). i grandi investitori e non solo che dovevano lasciare i titoli italiani in euro se ne sono già andati, i pochi rimasti fuggirebbero comunque da un’economia che non cresce. quella del cibo è DAVVERO una favola. dammi una ragione per cui paesi che esportano derrate agricole non dovrebbero venderle all’Italia. perché?

    le mie affermazioni sono razionali, non ottimiste né apodittiche, sono le tue casomai ad essere apocalittiche

  • introduzione a ^Bisogna uscire dall’euro?^di
    Jacques Sapir (ombre corte 2012)
    Diciamo subito, prima di entrare nel merito delle tesi di Sapir, che l’idea di un Patto per la crescita lanciata dal presidente della Bce, Mario Draghi, per rabbonire François Hollande, così come l’idea di un Piano Marshall di 200 miliardi di euro consistente in investimenti infrastrutturali finanziati da una «Banca Europea per gli Investimenti» (Bei), per non parlare dell’idea di rinviare di un anno gli obiettivi di risanamento dei conti dei Paesi in difficoltà, non hanno alcuna possibilità di frenare la caduta in recessione sempre più grave di Paesi come l’Italia o la Spagna. Il patto per la crescita proposto da Draghi non è nient’altro che una proposta di riforme tese a liberalizzare ulteriormente il mercato del lavoro per accrescere la competitività delle economie europee, mentre il Piano Marshall europeo consisterebbe nell’apertura di cantieri infrastrutturali per rilanciare «keynesianamente» la crescita. In entrambi i casi si tratta di misure di medio e lungo termine che nulla possono contro il precipitare della situazione, in particolare l’aumento dei debiti pubblici indotto dalla recessione e la conseguente necessità di proseguire con altre misure di austerità. Dicendo subito no alla domanda di fine dell’austerità uscita dalle urne francesi e greche, il governo della signora Merkel ha di fatto vanificato qualsiasi «Patto per la crescita»

  • l’analisi dell’economista francese – è ricercatore presso l’« Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales» e animatore del «Centre d’Etude des Modes d’Industrialisation» – Jacques Sapir si rivela particolarmente preziosa. In primo luogo, Sapir dimostra come l’euro sia stato concepito sin dall’inizio come una moneta del tutto funzionale agli interessi economici tedeschi e come questo sia stato possibile grazie ad una serie di precauzioni di ordine costituzionale che a tutt’oggi restringono qualsiasi margine di manovra economico-monetaria. Il «compromesso originale» iscritto nel Trattato di Maastricht del 1993 assicura infatti alla Germania il diritto d’accesso senza restrizioni (tariffarie o monetarie) dei prodotti tedeschi ai principali mercati dei paesi vicini, e questo in cambio di un allineamento verso il basso dei tassi d’interesse. «In altre parole, se la Germania otteneva un libero accesso ai mercati dei suoi vicini, in cambio offriva loro la possibilità di indebitarsi a buon mercato per … acquistare i prodotti tedeschi!». D’altra parte, il Tribunale costituzionale di Karlsruhe precisa, sin dalla ratifica del Trattato di Maastricht, che il passaggio alla moneta unica deve avvenire nel quadro di una comunità di stabilità monetaria (che diventa il fondamento della legge tedesca), il che esclude sia la monetizzazione diretta dei debiti sovrani da parte della Bce, sia la creazione degli eurobond tanto di moda di questi tempi

  • Nel primo caso, come si è visto in occasione della «Long Term Refinancing Operation» che ha visto la Bce iniettare mille miliardi di euro nelle banche commerciali per acquistare obbligazioni pubbliche e così ridurre temporaneamente gli spreads di Italia e Spagna, l’obiettivo della stabilità non solo ha rivelato quanto poco la Bce sia una banca centrale (è, di fatto, una banca privata), ma anche come tale operazione sia stata di breve durata e del tutto inefficace.

  • La moneta unica è quindi intimamente legata ad un «modello tedesco» in cui la capitalizzazione del risparmio, le contro-riforme del mercato del lavoro (Hartz IV) del Governo rosso-verde dei primi anni 2000, che hanno generato un «pieno impiego precario» fatto di bassi salari e di austerità assistenziale, la forte specializzazione delle industrie d’esportazione, per la quale era e resta necessaria l’impossibilità di ricorrere alla svalutazione monetaria da parte dei Paesi membri concorrenti, hanno trasformato l’euro in un veicolo di approfondimento degli squilibri interni all’area europea. L’unificazione monetaria non ha affatto prodotto un’unificazione dei meccanismi economici dei diversi paesi, anzi le bilance commerciali non hanno smesso di divaricarsi, consolidando a tal punto l’asimmetria tra paesi esportatori e paesi importatori che neppure un aumento della domanda interna alla Germania, come il ministro delle finanze Schäuble sembra oggi riconoscere come «auspicabile», permetterebbe alla Germania di fungere da locomotiva dell’economia europea.

  • A ciò si aggiunga il fatto, come ricorda l’economista Sergio Rossi, che malgrado le apparenze, in realtà i paesi che formano la zona euro hanno dei sistemi di pagamento separati (chiamato «Target 2») in quanto manca un meccanismo attraverso cui garantire che le importazioni di qualsiasi genere siano pagate realmente e non solo nominalmente. Nonostante abbiano tutte lo stesso nome e che i governi nazionali abbiano ceduto la loro sovranità monetaria alla Bce, i paesi membri continuano di fatto ad avere delle monete eterogenee.

  • Manca cioè una moneta sovranazionale (un «eurobancor», se si vuole) che funzioni da reale veicolo di poteri d’acquisto tra paesi che hanno relazioni di scambio. Ciò comporta l’accumulo di posizioni creditizie da parte della Germania (oltre 500 miliardi di euro) che nel caso di una dissoluzione della zona euro o del fallimento di uno Stato «periferico», comporterebbe una perdita monumentale, a maggior ragione se si persiste con l’attuale sistema dei pagamenti interni alla Unione europea

  • «In effetti – scrive Sapir – ci si può chiedere se il calcolo fatto dai governanti di Berlino, ossia che il mantenimento dell’eurozona costa loro più caro del suo scioglimento, non sia una buona scusa per porvi fine, o almeno per provocare una grave crisi al fine di riconfigurarla secondo i loro desideri, vale a dire senza i Paesi “a rischio”». Bisogna quindi uscire dall’euro? Secondo Sapir sì, in tutti i casi bisogna uscire da questo euro, perché non si lotta contro il capitalismo finanziario senza lottare contro la sua espressione monetaria, ossia contro l’euro. L’idea è quella di passare dalla moneta unica alla moneta comune , che secondo Sapir dovrebbe essere un sistema monetario basato sulle monete nazionali, tra loro legate da parità fisse ma aggiustabili, al quale si aggiunge una moneta sovranazionale che garantisce tutte le transazioni commerciali e finanziarie con i paesi «fuori zona», ciò che implica anche un accordo collettivo sulle limitazioni dei movimenti di capitali e delle operazioni di mercato. Comunque la si valuti, la questione della moneta comune è posta, bisogna lavorare per articolarla su scala sovranazionale, partendo da quel «comune» che sta alla base della nostra Europa..

    http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/in-edicola/manip2n1/20120522/manip2pg/10/manip2pz/323048/

  • Exit strategy intelligente, e per questo poco praticabile dai governi mezza tacca. Salteremo in aria. Quale paracadute si puo’ consigliare?

  • Ciao,
    noi italiani abbiamo ancora difficoltà ad avere un senso di appartenenza unitario alla nostra Nazione, figuriamoci all’Europa. Inoltre ci sono ragioni storiche e sociologiche per cui le popolazioni degli Stati europei non possono esperire un senso di unità e, di certo, euro e mediocri governanti non sono stati d’aiuto. Aveva ragione Aldo, e con lui Pietro Valpreda, quando dichiararono (Aldo spero di non sbagliare) che l’euro avrebbe rappresentato l’unità di banche e poteri forti. Una moneta senza Stato è un organismo senza testa e senza cuore. Non mi pare ci siano i presupposti per uscirne alla meno peggio, ma lo spero. Rimpallarsi i debiti è demenziale e, come chi aveva l’occhio lungo (umano e competente) sosteneva: pochi si sarebbero arricchiti e le masse impoverite. I debiti pubblici generati dalle banche li dobbiamo pagare noi (privati). Gloria alla cecità dei miseri (seppur pingui di denaro inesistente) e a tutti coloro che hanno tirato a campare senza accorgersi di nulla se non quando il loro portafoglio si è assottigliato o svuotato del tutto. Reitero la domanda di Lidia: che fare?
    Saluti

  • Io sono ignorante in fatto di economia monetaria, ma mi domando: non è possibile tornare alle vecchie unità di conto ECU con rapporto di cambio variabile, all’interno di un rilancio industriale e agricolo europeo protetto (almeno da grossi incentivi agli investimenti in aree critiche)con scambi privilegiati all’interno di un mercato unico da 600 milioni di abitanti? La BCE potrebbe sterilizzare una parte del debito dei paesi più esposti, da riassorbire gradualmente o stto forma di rimborsi o sotto forma di parziali incentivi. IL problema della moneta e della conseguente inflazione mi sembra minore, visto che i grossi produttori (Paesi BRIC) hanno bisogno di vendere in Europa e in USA e probabilmente sarebbero disposti a reggere la tenuta dell’Euro. Lo so, il mio è un discorso teorico e grossolano, ma è possibile che la UE nel suo complesso non sia in grado di elaborare qualcosa di meglio? O dovremo assistere alla rovina delle nostre economie, mentre siamo in balia di politici contemplatori del proprio ombelico?

  • Mah…se la coalizione anti-troika dovesse vincere le elezioni greche (cosa tutt’altro che improbabile) io dubito che si risolverebbe tutto con una stretta di mano e con gli auguri al nuovo governo greco da parte dei “partners” europei. Secondo me tornerebbero delle forti tensioni in Europa, dopo molti decenni.

    Ovviamente non sto insinuando che tra un mese (o tra qualche anno) scoppierebbe una guerra in Europa. Sarebbe una sciocchezza evidente!
    Dico solo che si creerebbe una situazione di instabilità che non si vedeva da molto tempo (probabilmente da prima che molti di noi, che commentiamo, fossero nati).

    La Grecia non è un “nemico” molto pericoloso. E’ gestibile (anche se l’innocuità del default della Grecia, secondo me, è tutta da vedere, non potendo sfuggire a nessuno che esiste anche una massa di derivati ad oggi non precisamente quantificabile che potrebbe scappare di mano). Tuttavia, cosa succederebbe se le stesse dinamiche che oggi si vedono in Grecia domani si vedessero in Italia, alla vigilia delle elezioni del 2013 (sempre che ci si arrivi)? L’Italia non è un paese da niente. E la sua posizione strategica (al centro del mediterraneo al centro dell’europa) non può sfuggire a chi conosce un minimo di politica internazionale.

    A quel punto, se le biglie si mettessero in moto (e a volte la Storia accellera brutalmente), ogni previsione, oggi, avrebbe poco senso. Ma una si può azzardare: che le possibità che ci sarebbe uno scenario di tensione sono decisamente maggiori rispetto a quelle di uno scenario di ritrovata stabilità e serenità, all’insegna della cooperazione tra i popoli.

  • Caro Aldo, attendo con concitazione insieme a tanti suoi lettori un articolo di commento sulla diminuzione delle entrate dello stato. Si tratta dell’imevitabile contraccolpo di breve periodo di una lungimirante riforma di cui trarremo i benefici nel medio periodo oppure la diminuzione congiunta del pil e delle entrate, che porta inevitabilmente all’aumento del decifit, porterà i nostri eroi della Bocconi a una nuova manovra correttiva?

  • Ottimo articolo, ma non concordo con la exit strategy dall’Euro. Tutta l’Europa tornerebbe indietro di 20 anni e i paesi del Club Med si ritroverebbero in condizioni finanziarie a dire poco apocalittiche. Facciamo il caso dell’Italia che ci riguarda. Con un debito pubblico di 2.000 miliardi di Euro e un deficit della bilanci commerciali pari al 4% del PIL, con una classe politica impresentabile e un sistema istituzionale sia centrale che periferico sull’orlo dello sfascio, ci troveremmo:
    1) con il ritorno alla lira, un’iper-inflazione disastrosa soprattutto per i cittadini a reddito fisso;
    2) Un deflusso di capitali dall’estero che aggraverebbe l’inflazione di cui sopra e allontanerebbe anche quei potenziali investitori esteri che invece avrebbero scommesso sull’Italia;
    3) Con un prezzo del petrolio tra i 90 e i 110 dollari al barile, la sicurezza energetica del paese sarebbe a repentaglio in quanto la lire sarebbe iper-svalutata rispetto al dollaro USA; si metterebbe a repentaglio, di conseguenza la sicurezza nazionale in quanto la sicurezza dell’approvvigionamento energetico è parte integrante dalla sicurezza nazionale;
    4) probabimente, almeno per due anni prima di un’improbabile stabilizzazione economica, molte imprese chiuderebbero in quanto l’aumento delle materie prime le costringerebbero ad alzare i prezzi dei prodotti finiti, uscendo dal mercato; questo nonostante la svalutazione competitiva che da i suoi frutti a lungo termine e a patto che non sia iper-inflazionistica;
    5) il tasso di disoccupazione si esacerberebbe: scoppierebbero tensioni sociali in molte grandi città, difficilemente contenibili; avremmo un aumento certo del tasso di criminialità; l’insicurezza diverrebbe pandemica;
    6) Molto probabilmente anche alcune istituzioni come ospedali, pronto soccorsi ecc. avrebbero difficoltà a finanziarsi a causa dell’aumento dei costi farmaceutici (anche in questo campo siamo importatori netti), avremmo crisi sanitarie regionali disastrose
    7) potremmo rischiare black-out in molte ore della giornata, con drastici cali della produttività.

    Non vorrei dilungarmi oltre, ma ci sarebbero altri aspetti negativi da esaminare, ma non è questo il luogo, sarebbero discorsi molto ampi, accenno solo al fatto che l’Italia è posta in un’are insulare e peninsulare confinante con l’Eurasia oggi al centro della conflittualità e instabilità mondiale (Egitto, Libia, Tunisia, Israle-Palestina, Iraq, Siria, Iran, nonchè balcani).

    Mi pare ovvio che dobbiamo convincere i tedeschi, in primo luogo, a varare una riforma della BCE (deve fare quello che fanno tutte le banche centrali, prestare denaro agli stati in crisi di liquidità, attenzione in crisi di liquidità, perchè la crisi del Club Med è questo e solo questo; non è una crisi di solvibilità, se avessimo salvato la Grecia oggi l’Europa non sarebbe nello stato in cui si trova). Purtroppo i tedeschi stanno portandoci alla vigilia di un’apocalisse finanziaria che potrebbe sfociare in un’instabilità di tutto il continente Europeo con contagio a tutto il pianeta. Speriamo si rendano conto che siamo sull’orlo dell’abisso. Il vizio d’origine sta nel fatto che la Germania ha voluto che la BCE non varasse prestiti diretti agli stati contraenti: e se il mercato si inceppa chi presta agli stati contraenti? In tutti gli altri continenti le banche centrali, nel caso i mercati si inceppino prestano ai propri stati, anche a tasso zero: questo taglia le unghie alla speculazione e risolve rapidamente le crisi di liquidità. L’importante è fare in modo che una volta risolta la crisi di liquidità gli stati si diano una severa disciplina di bilancio. Solo la BCE voluta così com’è dai tedeschi non ha questa facoltà. E ancora si intestardiscono a non varare una decisa riforma del suo statuto. Follie.

  • Con ragionamenti tecnicistici non si viene a capo della situazione: oltrepassare la falsa unità europea basata sull’economia finanziara della moneta unica è innanzitutto un problema politico (fine della sovranità democratica negli stati nazione europei) e culturale (fine di una concezione dell’uomo-cittadino garante e responsabile verso l’ecosistema planetario).
    Temo non ci si renda conto che tutto questo sconquasso economicistico finanziario abbia radici d’altro tipo: le risorse del pianeta stanno finendo e la gestione dei bisogni primari diviene problematica.

  • Sul tema dell’austerità, dell’Euro e del debito, mi sento davvero di consigliare la lettura del libro di Passarella e Brancaccio “L’austerità è di destra”. E’ di facile lettura e permette di capire, anche per i non economisti, quello che sta succedendo e le varie opzioni che sono in campo.

  • l’euro come moneta comune resterà. Per le transazioni tra paesi europei è molto comodo avere una moneta unica. Però per stati come Grecia e tra poco Italia, allo stato converrà passare a una moneta locale svalutata rispetto all’euro e pagare tutti con questa moneta svalutata: fornitori, cittadini e titoli di stato. In questa maniera lo stato trova automaticamente il suo debito tagliato. Non stò approvando questo, dico solo che avverrà così.

  • pierluigi tarantini

    <>.
    Caro Aldo, quello che scrivi mi fa pensare, più che all’euro, alle segreterie dei partiti ed al porcellum.
    Ergo, gradiamo di più veline, cavalli, maneggioni e quant’altro le segreterie vorranno candidare o i grigi tecnocrati graditi ai poteri forti?
    Forse la vera exit strategy sta nel risolvere questo dilemma cercando una terza via.

  • pierluigi tarantini

    Caro Aldo,
    condivido l’orrore per una buro-tecnocrazia centralizzata e totalmente priva di qualsiasi legame con la base popolare, un orrendo pasticcio antidemocratico assai poco auspicabile.
    Tuttavia ciò mi fa pensare anche alle segreterie dei partiti ed al porcellum.
    Ergo, credi che veline, maneggioni e quant’altro le segreterie hanno sin qui candidato siano più democratici dei grigi tecnocrati?
    Forse la vera exit strategy sta nel risolvere questo dilemma cercando una terza via.

  • Mi scuserete, condivido l’analisi.. ma non condivido affatto, nel modo più assoluto il dogma del “più europa+più bello+più giusto..più più..”

    No! ma dove sta scritto che la scelta migliore per i popoli europei e’ di perdere la propria identità e sovranita’ ?!

    Dove sta scritto che la scelta giusta e scontata per tutti questi popoli e nazioni e’ solo quella di “unificarsi” sotto un unico cappello istituzionale, fiscale, identitario, linguistico ecc ecc ecc ?!!

    Scusate tanto, ma Io sono europeo come sono prima di tutto Italiano: non è che non sono europeo se sono italiano o francese o tedesco.. gli stati sono li’, uniti e confinanti da prima che poggiassero i piedi i primi abitanti.. l’europa siamo noi, nella misura che ci più ci fa star bene: Se europa vuol dire che decidera’ della mia vita, non piu i rappresentanti italiani a roma, ma delle persone nominate da lobbies, banche e cartelli internazionali, allora scusate tanto, ma io questa struttura di europa NON LA VOGLIO e non l’accetterò mai!

    Ognuno a casa sua, con le sue tradizioni, il suo cibo, la sua cultura e le proprie peculiarita’..i particolari e la moltitudine di differenze ci rende ricchissimi! diventare tutti automi consumatori schiavizzati sotto un unica lingua e via discorrendo qualcuno mi spiega perchè dovrebbe essere una cosa tanto bella e buona ?!

    Europa che viene in Italia e paga i nostri ex allevatori e contadini di abbattere il proprio bestiame in cambio di incentivi.. produci meno latte perchè lo fa la germania non piu’ tu! e abbiamo perso tutto un indotto di storia, conoscenza ecc ecc..
    E’ solo un esempio.. ma fa capire tantissimo!

    Gli alimentari che avevano i nostri prodotti, genuini, che facevano lavorare un indotto di persone sono spariti e soppiantati dai centri commerciali francesi, la grande distribuzione… sia maledetto il giorno che l’hanno inventata così com’è.
    cosi prima si mangiava bene, ora importiamo dal’estero..

    Scusate, ma io vorrei tanti stati che mantengono le loro bellezze e particolarita’, si parlino, commercino in modo responsabile e non mercantilista come la germania ha il vizio di fare troppo spesso! ci sia liberta’ di movimenti tra di noi..tutto bello.. pero’ basta distruggerci e suicidarci così in nome di “piu europa e piu’ bello”…

  • Caro Aldo,l’uscita concordata dall’Euro(exit strategy) mi sembra,francamente,contraria agli interessi materiali immediati di milioni di giovani,lavoratori e lavoratrici,pensionati e disoccupati.IL ritorno alla lira equivarrebbe a una perdita annua media per ciascun cittadino pari a 10.000 euro per non parlare dell’effetto deflattivo.Altra cosa e’ l’opposizione alle politiche liberiste della Bce che solo un movimento operaio strutturato internazionalmente con adeguata rappresentanza politica puo’ contrastare.Il dibattito in Grecia e’,sotto questo profilo,molto interessante.Alla prossima,con approfondimenti.

  • Buonasera condivido l’articolo del Dott. Giannulli di cui sono un estimatore avendo letto molti suoi libri. Condivido le analisi storie ed economiche e penso che l’euro così com’è concepito non resisterà.
    La premessa di una sparizione dell’euro mi porta a porre una domanda a tutti voi, che capisco possa sembrare cinica ed utilitaristica, ma è altrettanto vero secondo me che ad un certo punto dobbiamo smettere di parlare di massimi sistemi e cercare una exit strategy anche per il piccolo risparmiatore. Un piccolo risparmiatore anche con una modesta cifra, non parlo di milioni di euro, ma di qualche decina, ha una possibilità di azione, per non vedere svalutati magari del 50% i propri risparmi?? (si badi non parlo di speculare sulla fine dell’euro ma di mantenere più o meno il risparmio). Penso che a questo punto la discussione si dovrebbe sposare sulle possibilità operative alla portata di un piccolo risparmiatore: conto corrente in dollari USA, in dollari australiani, cassetta di sicurezza con contante dentro …insomma chi ha da parte 20 – 30mila euro che può fare per mantenere i risparmi accumulati con il lavoro, quello vero tassato e ritassato fino alla fine???
    Un saluto

  • pierluigi tarantini

    @ Andrea
    La domanda che poni, cosa può fare oggi un piccolo risparmiatore, è la domanda che tanti si pongono ed alla quale nessuno risponde (se non è un interessatissimo promotore finanziario).
    In genere i piccoli risparmiatori, senz’alcuna esperienza, sono portati a fare le cose sbagliate in momenti come questo, dove l’isteria collettiva è in agguato dietro l’angolo.
    Ti consiglio, pertanto, la lettura delle analisi pubblicate da Alessandro Fugnoli su Trend online che, se non altro, hanno il pregio di un approccio meno ansiogeno ai misteri della finanza.

  • Credo che le considerazioni piu’ vantaggiose che ho letto siano quelle riferite ad un’uscita ordinata dall’euro. Molti temono un crollo dell’euro e temono un ritorno alla lira. Pero’ questi signori si bloccano li e non propongono alcuna soluzuione, troppo comido. Molta gente e’ proprio disinformata, perche’ quando accenna all’ uscita dall’euro si ferma a Grillo o a Berlusconi. Io vorrei diure a queste persone di utlizzare altre fonti di informazioni che non siano i giornali e la tv prezzolati. Serge Latouche, Galloni, Savona, Bagnai sono economisti seri che non sono allineati col regime ed hanno affermato che l’uscita dall’euro cosi’ come e’ stato concepito e’ l’unica soluzione. E prima lo facciamo in modo ordinato e meglio e’ . Se invece non interveniamo in tempo allora si che saranno dolori

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