Facciamo il punto: quello 0,014% che fa la differenza.
Vedo che il dibattito sui risultati elettorali ha –come è prevedibile- suscitato diversi interventi ed uno mi chiede: “Che fare?”. Non so perchè, ma ho l’impressione di aver già sentito questa domanda…
Ma per sapere che fare dobbiamo prima alzare lo sguardo sul campo e fare il punto della situazione.
Anche se elezioni amministrative, queste sono state elezioni con portata pienamente politica e segnano un punto di non ritorno.
In politica i numeri contano, ma i simboli contano ancora di più e, nel nostro caso, la differenza fra un risultato discreto ed una disfatta sta in un miserabile 0,014%: quella piccolissima frazione di voti che avrebbero permesso a Bonino e Bresso di essere elette.
Se ciò fosse accaduto:
a- il centro sinistra avrebbe preso 9 regioni su 13, salvandone due delle maggiori e perdendo solo Calabria e Campania, che erano oggettivamente indifendibili sia per il pregresso governo che per i candidati proposti
b- il successo della Lega sarebbe stato dimezzato e, anche in considerazione del modesto incremento percentuale, non sarebbe parso così travolgente
c- sarebbe venuta in primo piano la pesantissima flessione del PdL ( -3 milioni di voti e -6% sul minimo storico).
A quel punto la cosa sarebbe stata vissuta come una sconfitta politica della maggioranza dopo soli 2 anni dalla sua vittoria alle politiche. Questo avrebbe innescato una faida interna al partito.
Oggi la stessa cosa accade sul nostro versante: quello 0,014% è stato quel piccolissimo spostamento che fa rotolare la pallina su un lato dello spiovente piuttosto che sull’altro.
Ma, ovviamente, questo non dipende solo da errori ed insufficienze dell’ultimo momento: ha dietro anni di insufficienze ed almeno un ventennio di autentiche bestialità.
La sinistra italiana è uscita dalla fine della prima repubblica sciogliendo il Pci -senza nessun vero bilancio della sua parabola- e distruggendo il Psi, il che ha consegnato 4 milioni di elettori al blocco di destra (e magari adesso è più chiaro il perchè di certe riconsiderazioni che ho fatto a proposito di Craxi che non sono piaciute a diversi lettori).
La fine del Pci, avvenuta in quel modo, ha determinato lo scioglimento del suo blocco sociale di riferimento e la sopravvivenza del suo apparato diviso in due tronconi.
Il primo, che dava vita al Pds, ha scelto la strada della totale rimozione, ha scartato la via socialdemocratica per abbracciare acriticamente la svolta neo-liberista ed adeguarsi ai modelli americani di pratica politica.
Il secondo, ha scelto l’arroccamento identitario, privo di qualsiasi reale ripensamento critico ed ha costruito una “trincea” di resistenti che hanno scambiato la coerenza politica con l’eterna ripetizione degli stessi discorsi: Rifondazione Comunista.
Unico risultato apprezzabile di questa doppia deriva è stato il successo della battaglia per l’occupazione: quella dei rispettivi ceti politici.
La cosa è andata avanti, a fasi alterne per venti anni, un po’ perchè la base di partenza era consistente e per sciogliersi ce ne ha messo di tempo, un po’ perchè il sistema elettorale maggioritario contribuiva a congelare i blocchi elettorali.
Ma, alla fine, la storia si è vendicata di entrambi.
L’ex Pds ha fatto piazza pulita di tutto quello che aveva intorno (Psi, Pri, sinistra Dc, verdi, radicali, ecc.) ed ha cambiato sigla altre due volte, ma alla fine si ritrova ad avere più o meno la percentuale dei voti che aveva il Pci da solo, nel momento di massima decadenza ed, in assoluto quattro milioni di voti in meno.
L’ex Pds ha vinto le elezioni politiche due volte conquistando il governo, ma ha lasciato dietro si sè ben poco: non ha neppure tentato di fare la legge sul conflitto di interessi o la riforma del sistema televisivo.
Rifondazione ha dissipato un seguito elettorale di quasi tre milioni di voti in una sopravvivenza priva di alcun risultato concreto e malamente coperta dalla presenza di scena di Bertinotti che, però, non veicolava nessun progetto politico reale.
L’ex Pds ha sistematicamente rimosso il suo passato evitando sempre di fare un onesto bilancio sulle sue sconfitte (da ultimo non c’è stato nessun tentativo di capire il perchè del fallimento del governo Prodi nel 2008). Rifondazione ha costantemente rimosso i processi sociali, politici e culturali che nel frattempo accadevano e con i quali ha rifiutato di misurarsi adeguando analisi e proposte politiche.
Ma la storia non sopporta di essere ignorata e, prima o poi, punisce le rimozioni arbitrarie.
Ora la cambiale è arrivata a scadenza.
Per Rifondazione è arrivata una probabile sentenza di morte: la soglia del 4%, che garantirebbe la sopravvivenza autonoma, è ormai irraggiungibile, è in caduta libera di iscritti ed elettori, è stata battuta da Vendola che si prende la rivincita a meno di due anni dal congresso di Chianciano.
La cricchetta che si vede in via del Policlinico e che vanta il pomposo nome di segreteria nazionale, non pensa neppure a togliersi di torno e medita di rabberciare qualche accordo con Vendola o Di Pietro –e magari con il Pd- per rimediare qualche posto da parlamentare e portare a casa qualche stipendio.
Ma mi sembra troppo tardi anche per questo modesto Tfr per funzionari disoccupati: ormai è facile prevedere che la via più probabile è quella dell’implosione del partito.
E non stanno messi bene neanche quelli del Pd: pur mantenendo l’attuale 25-26% e racimolando un ulteriore 15% di possibili alleati (Di Pietro, Vendola, radicali, resti di Rifondazione e simili) ci fermiamo al 40% o giu di lì. Troppo lontani da ogni possibilità di vittoria: anche nell’improbabilissimo caso che alla congrega si aggiungesse l’Udc ci fermiamo al 45-46%.
E questo nel caso più favorevole.
D’altra parte, un polpettone che va da Buttiglione a Ferrero, da Di Pietro a Bonino, da De Magistris a Cuffaro sarebbe un intruglio immangiabile per chiunque: sarebbe la riedizione peggiorata dell’accozzaglia frontista già fallita nel febbraio 2008.
Ma anche la linea del “partito autosufficiente a vocazione maggioritaria” sarebbe la riedizione di un altro fallimento, quello dell’aprile 2008, ed ancor più oggi tenendo presente la più ristretta base di partenza.
Dunque, come la fa la sbaglia e non ci sono prospettiva di sorta.
Nel frattempo il Pd deve attrezzarsi a resistere tre anni durante i quali, probabilmente, farà strada il progetto secessionista della Lega. Soprattutto, in questi tre anni possono accadere anche tante cose impreviste: quando ci sono circa otto milioni di astenuti “non fisiologici” ed altri quattro milioni di elettori hanno disperso il voto su liste di protesta o che non avevano alcuna probabilità di successo, significa che c’è un bacino pari ad un terzo dell’elettorato reale che, da un momento all’altro, può incanalarsi in una direzione del tutto inattesa. Può tornare ai lidi di partenza, può premiare solo uno dei due contendenti, ma può anche premiare qualche nuovo arrivato che nessuno aveva previsto.
La partita si giocherà in larga parte sulla “bolla degli astenuti”, ma questo presuppone capacità politiche molto diverse da quelle dimostrate sin qui dagli attuali dirigenti della sinistra. Nè si può ridurre la cosa ad un cambio della guardia fra eguali.
Qui non si tratta di mettere Chiamparino o Penati al posto di Bersani o Grassi oppure Agnoletto al posto di Ferrero: sono pelo dello stesso cane. E neppure di immaginare un “salto generazionale” passando la mano ai “giovanotti” come Renzi, Zingaretti, Martina o Vendola (che, peraltro, tanto giovanotto non è più). Qui non serve nessun “Patto di San Ginesio” o del “Midas”2, i problemi sono prima di tutto tre: ricostruire un blocco sociale si sinistra, costruire una nuova cultura politica della sinistra e, più di ogni altra cosa, cambiare le regole di selezione della classe dirigente e di formazione della linea politica. Gli uomini poi li troveremo, ma è l’ultimo pensiero.
Aldo Giannuli, 6 aprile ’10
aldo giannuli, analisi del voto regionali 2010, bonino, bresso, che fare?, cota, futuro politico, lazio, pd, pdl, piemonte, polverini, rifondazione comunista

davide
rifondazione paga la sua politica burocratica amministrativa.Avendo militato in quel partito ,fino all’avvento del disastroso governo prodi 2.
L’abbandono delle tematiche ed istanze reali-lavoro,istruzione,conflitto sociale-per darsi prima al movimentismo da quattro soldi-il famigerato movimento dei movimenti-per poi sostenere la svolta unionista con gli altri maltrainsema.Il sostegno attraverso il voto dei parlamentari al finanziamento della guerra in afghanistan,il bertinottismo che ha distrutto di fatto il partito.
Certo,ora sarebbe anche il tempo di superare queste faccende-lo dico ai compagni dell’estrema sinistra e ai loro discorsi moralistici seppure giusti-e cercare di costruire un soggetto non malato di democretinismo,anti imperialista non alla dick of dog-della serie :manifestare contro il compagno milosevic e sostenere le rivoluzioni verdi,il pacitontìsmo dovrebbe essere liquidato-e puntare su pochissimi,ma chiari temi-che non sono i diritti dei gay,il fantambientalismo-ma:lavoro,salute,istruzione pubbliche e per tutti,diritti alla casa e nazionalizzazione dei settori strategici di comunicazione,trasporto,energia..Meno Marcos,più Putin/Chavez/Morales/e tutti quei leaders :populisti,nazionalisti,bolivaristi,che danno fastidio alle democrazie americanizzate e sioniste.
Smetterla di sostenere quei fantocci disastrosi dell’anti berlusconismo-travaglio e company-essere meno borghesi stile:contessa sapesse…E fare la guerra.Lo scontro e il conflitto alimentano la politica di rottura e cambiamento,il democretinismo ci ha invece tolto dalle pagine della storia,seppure piccola e italiota
Forzutino
Caro Aldo,
la tua analisi, come spesso accade, è del tutto condivisibile. Anche i tre punti che vedi come “ordine del giorno” per ricostruire la Sinistra lo sono. Ho però forti dubbi sul 2° punto: “costruire una nuova cultura politica della sinistra”. Ti pare poco? ti pare che in giro ci sia voglia o personaggi in grado di farlo? pur avendo innanzi 3 lunghi anni… Sono diventato un pessimista cosmico; o forse sono solo un pessimista-oggettivo.
Alessandro
E’ una parabola che si deve chiude. Altrimenti peggio per la sinistra.
ugo agnoletto
mi riservo di leggere con più attenzione, ma sono convinto che sono state determinati nello spostare l’elettorato, anche di poco, gli inviti pressanti del Vaticano in occasioni delle elezioni. Se questo è vero vuol dire che di fatto a determinare la vita politica del nostro paese è il Vaticano, è bastato quel 0,014%. La lega ho ha capito fin troppo bene!
michele
D’accordo su ricominciare a pensare ad una vera proposta politica di sinistra (parola che, per me, qualcosa ancora significa). E butto là una piccola provocazione, visto che scrivo dal profondo Nord, anzi dal verdissimo Veneto: è politicamente sopportabile per un movimento sindacale come la CGIL avere tra i suoi iscritti centinaia (migliaia?) di lavoratori che votano Lega Nord? Certo, dal punto di vista economico è un grosso affare, ha la sua convenienza, ma per quanto ancora staremo a fare politica con la calcolatrice? E’ davvero utile, sul lungo termine? Non sarebbe meglio tirare fuori il dannato Statuto, leggere ad alta voce parole come “solidarietà, diritti delle donne, diritti civili, antirazzismo, sicurezza sul lavoro, assunzioni in regola, etc, etc.” e poi chiedere – gentilmente – a quelli che provano fastidio per queste parole desuete di restituire la tessera?
Troppo azzardata, eh?…..
Eh, lo so, si ingrosserebbe il loro bel sindacato padano, ma forse dopo un po’ le contraddizione verrebbero fuori evidenti, per esempio come giustificare un sindacato che sostiene un governo che distrugge le norme sulla sicurezza nel posto di lavoro?
Vabbe’, forse sto sognando, ma mi sembra impossibile andare avanti così, e se non si cambia a sinistra non so come ne usciremo.
Stradivarius
Il PD puó tranquillamente ottenere consensi nella sacca degli astenuti, ne ha i mezzi. Sia dal punto di vista mediatico che da quello della forza del partito che con un colpo di reni potrebbe invertire la tendenza ed ottenere un consenso tale da far tremare le gambe alla destra!MA VUOLE FARLO?? La domanda sorge spontanea,pensiamoci, il PD è pronto ad abbracciare temi sacrosanti come la raccolta differenziata o le rinnovabili sul modello tedesco?(crea occupazione)… E` pronto a ridurre le spese della politica affinchè a sua volta si possa avere una riduzione delle tasse?… E` pronto a sposare alcune idee che oggi in Italia propone solo(è molto triste)Grillo? Io ne dubito! Perciò la lotta sarà dura e la vittoria del centro-sonistra praticamente impossibile…Noi,ne sono sicuro,terremo botta…speriamo ci seguano in molti perchè se non lavoriamo noi GRATIS non lavora nessuno E LORO SÌ CHE GUADAGNANO…
Giovanni Talpone
Caro Aldo,
completamente d’accordo, ancora una volta. A mio parere, i punti che la sinistra ha disastrosamente evitato di affrontare sono:
1) I conflitti lavoratori-capitale si svolgono (o potrebbero svolgersi) in situazioni molto diverse dalle “tute blu intorno alla Grande Macchina”, ma praticamente è lì (INNSE, Fiat di Melfi…) l’unico contesto in cui sx e sindacato riescono a riconoscere e in qualche modo a rappresentare il conflitto. Tutto il resto è tabù già a parlarne (impiegati, telelavoro, percorsi di carriera, responsabilità professionale, comunicazioni aziendali, responsabilità sociale d’impresa, certificazioni di qualità, rapporti con utenti e consumatori ecc. ecc.)
2) Ripensare il rapporto con le istituzioni statali e locali, dal significato della sovranità nazionale (è ancora in grado di consentire una politica di conflitto con le imprese e la finanza globale?) fino al livello di preparazione anche tecnico-amministrativa che deve avere un candidato della sx (o ci bastano gli acchiappavoti anche se notoriamente incompetenti?)
3) Ripensare la struttura del partito, a cominciare dal ruolo e dalla preparazione del militante, uscendo dal triangolo mortale macchina elettorale-conventicola di militanti-codismo verso i movimenti.
Se ne potrà parlare, ora?
Giovanni