Che succede nella Ue, se la Scozia esce dalla Gran Bretagna?

Milano, 14 settembre. Nei prossimi giorni sarò assente. I pezzi che usciranno questa settimana sono stati scritti dunque il 14 settembre e potrebbero risentire di alcuni cambiamenti delle situazioni in corso.

Giovedì dovrebbe aver luogo l’atteso referendum per l’indipendenza scozzese ed i sondaggi propendono per un furioso testa a testa. Vedremo come finirà. Se dovesse affermarsi con nettezza la tesi unionista (con uno scarto di almeno 8-10 punti percentuali) la questione sarebbe chiusa. Ma se la tesi indipendentista dovesse essere sconfitta per pochi voti, il problema sarebbe destinato a riproporsi dopo breve tempo e, pertanto si aprirebbe un periodo molto complesso di grande instabilità. Ma qui facciamo l’ipotesi che, per poco o per molto, vincano i si all’indipendenza: quali conseguenze avrebbe la cosa?

Lasciamo da parte le conseguenze interne di cui, magari, torneremo a parlare nel caso di vittoria dei si. Limitiamoci a prendere in considerazione gli effetti sulla Ue. Da un punto di vista giuridico si aprirebbero una serie di problemi senza precedenti. In primo luogo, perché non è previsto il caso di secessione di uno dei componenti; si potrebbe procedere come per la richiesta di adesione di un qualsiasi altro stato: si decide all’unanimità, per cui il no di uno solo blocca tutto. Ma è facile prevedere, in questo caso, l’alta probabilità del no di ritorsione inglese e quello quasi certo spagnolo, in funzione di blocco delle richieste dei catalani e delle altre minoranze interne. E’ però facile prevedere che gli scozzesi rivendicherebbero di essere già membri della Ue e, pertanto, chiederebbero di non essere considerati come un nuovo sopravveniente, ma da subito membri per continuità con la situazione precedente. Come decidere sul criterio: all’unanimità o a maggioranza? Sarebbe forte la spinta a congelare la cosa per qualche tempo, ma contemporaneamente esploderebbe la “grana” spagnola. Per la verità, Madrid non ha riconosciuto il referendum che i catalanisti vorrebbero svolgere a dicembre, ma una vittoria degli scozzesi renderebbe molto difficile resistere alla pressione e, in questo caso la vittoria dei si pare ancora più probabile, almeno a giudicare dalle strade di Barcellona invase dalla valanga di manifestanti. Il punto è che dopo i catalani verrebbero quasi certamente i baschi, ed umori separatisti potrebbero spuntare rapidamente in Galizia e Navarra. Peraltro anche in Inghilterra agli scozzesi seguirebbero altri: irlandesi del nord, gallesi forse Cornovaglia. Ed anche in Francia potrebbero ridestarsi gli umori separatisti di corsi e bretoni, per non dire dell’Italia dove già la Lega sta agitando il tema per Veneto, Lombardia e (undite udite!) Salento. Si aprirebbe un processo a catena di cui sarebbe difficile vedere la fine, con il rischio di uno spezzatino generale.

La cosa più sensata sarebbe quella di stabilire dei criteri generali e decidere caso per caso: un conto sono Catalogna e Scozia, che hanno tutto un retroterra storico di rivendicazioni di indipendenza, che hanno caratteri culturali molto ben definiti  ed un contenzioso economico preciso; ma se qualcuno solleva il problema del Salento c’è solo da ridere. Ed anche per il Veneto non è cosa che si possa sostenere decentemente (a parte il fatto che, sin qui, i veneti hanno votato maggioritariamente partiti unionisti) sul presupposto che prima c’era la Serenissima. Con questo criterio, anche Parma, Piacenza e Guastalla potrebbero avanzare richieste del genere; ed il ducato di Benevento dove lo mettiamo? E di Seborga, che venne annessa senza neanche il plebiscito, ne vogliamo parlare?

Va benissimo il diritto all’auto determinazione dei popoli, ma vogliamo stabilire prima cosa è un popolo e cosa non lo è? La provincia di Mantova, il quartiere Bovisa e, se volete, condominio di via Alfieri 23 sono popoli? Se facciamo passare il criterio per il quale si dà seguito a referendum per l’indipendenza di qualsiasi porzione di popolazione ed in qualsiasi momento, rendiamo decidibile l’appartenenza ad uno stato di qualsiasi gruppo di cittadini ed in ogni momento, per cui se gli abitanti della provincia di Isernia ritengono che la pressione fiscale dello stato italiano è eccessiva, si dichiara indipendente, senza per questo escludere un ritorno in condizioni più favorevoli. Ma, in questo modo, ad esempio, come ci si dividono gli oneri pregressi (titoli di debito pubblico, pensioni, debiti della Pa ecc. ecc.), come si regolano i processi in corso, come si riorganizzano polizia e forze armate ecc. ecc.

Lo Stato non è una costruzione di mattoncini Lego che si fa e si disfa a piacimento. In fondo, è per questo che esiste un articolo della nostra Costituzione, il 5, che proclama la Repubblica una ed indivisibile ed un articolo del codice penale commina pene molto severe per chi attenti all’unità nazionale. L’errore fu fatto nel maggio 1997 quando si permise la manifestazione in cui la Lega proclamò l’indipendenza della Padania: siamo d’accordo, fu una  buffonata senza seguito, ma su certi argomenti non si devono permettere neppure le buffonate, per cui la manifestazione andava proibita e se la si fosse fatta lo stesso, tutti i dirigenti e parlamentari della Lega andavano arrestati in flagranza di reato e processati per direttissima, la manifestazione sciolta, anche a costo di caricare con la massima durezza i partecipanti. E forse oggi non sentiremmo più parlare di Lega. Come vedete sono sempre piuttosto chiaro.

Tornando all’asse principale del nostro ragionamento, una vittoria del Si in Scozia (o domani in Catalogna) obbliga l’Unione a decidere su questa delicatissima materia. Anche perché la cosa si complicherebbe sia per la partita del debito pubblico sia, nel caso spagnolo, per l’appartenenza all’Eurozona. Peraltro, ricordiamo che l’Inghilterra non fa parte dell’Eurozona, però siede nel Board della Bce: che facciamo, associamo anche la Scozia? O espelliamo sia Londra che la Scozia? Anche se, da un punto di vista giuridico, l’Inghilterra resterebbe erede dei trattati di adesione firmati come Gran Bretagna, da un punto di vista di fatto, non solo la Scozia sarebbe uno stato diverso, ma anche la stessa Inghilterra non sarebbe più la Gran Bretagna.

La tentazione potrebbe essere quella di chiudere la porta a tutti e proclamare che le unità che hanno aderito alla Ue sono indivisibili e non vanno riconosciuti nuovi stati sorti dalla secessione di uno di essi. Ma rischierebbe di essere una soluzione del tutto controproducente: tutte le minoranze nazionali che aspirano all’indipendenza e con un seguito effettivo, si schiererebbero immediatamente contro la Ue, accelerandone il processo di decomposizione e, soprattutto il Parlamento di Strasburgo andrebbe diventando via via sempre più ingovernabile.

Si apre un capitolo molto difficile, quello che mette in causa la funzione dello Stato nei processi di globalizzazione e non a caso la partita di apre in Europa, dove lo Stato-Nazione è nato e dove non si riesce a trasformarlo in altro se non nel pasticcio istituzionale della Ue.
Ci torneremo ancora su.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (32)

  • Professore bisogna operare dei distinguo a mio parere. Liquidare la storia della Serenissima,con gli esempi dai lei citati, che altro non sono che dei beceri localismi o campanilismi, è fuorviante. Poi da uno storico del suo calibro,invocare la repressione,con la carcerazione dei vertici della Lega, che conta tra le proprie fila numerosi parlamentari ( e per il passato con l’attribuzione di dicasteri importanti con l’ottimo Roberto Maroni) consiglieri regionali,sindaci assessori, è una caduta di stile inaspettata. Questa sua versione forcaiola con annesso il ruolo dello sgherro non la rendono credibile.Vogliamo tornare agli anni di piombo? Vogliamo tornare alla criminale richiesta di messa fuorilegge del MSI di Almirante come ai bei tempi? Creò solo dei martiri, con l’esito di rinsaldare lo zoccolo duro del MSI attorno ala sua dirigenza.Una risposta repressiva contro l’autonomia del popolo sudtirolese fu tentata anche nel passato, prima dal fascismo, poi anche nel dopoguerra.I risultati furono che i sudtirolesi, ottennero la tanta autonomia agognata, rendendo la regione una delle più prospere della penisola.Professore non si mettono le manette alle idee, la repressione non stronca i movimenti antagonisti, crea martiri e miti.Forse è molto meglio ricorrere ai metodi del suo illustre conterraneo Aldo Moro.Rammento uno slogan tracciato per le vie della capitale:” la repressione non ci uccide, ci moltiplica”.

  • […] http://aldogiannuli.it/nuovotest/2014/09/europa-scozia-gran-bretagna/ Condividi:TwitterFacebookGoogleMi piace:Mi piace Caricamento… Questo articolo è stato inserito il martedì, 16 settembre 2014 alle 3:43 ed etichettato con europa, giannuli, referendum, reologia, reologia sociale, reologiasociale, rheology, scozia, social, social rheology, sociale, socialrheology e pubblicato in europa. Puoi seguire tutte le risposte a questa voce con il feed RSS 2.0. « 1914: l’arte di ripensare l’epoca del grande conflitto europeo […]

  • Cito: “E’ però facile prevedere che gli scozzesi rivendicherebbero di essere già membri della Ue”

    Dato che GB è da sempre con un piede fuori dalla UE, una facile previsione potrebbe non essere così facile.

  • Buongiorno prof. Giannuli,

    quando la Lega fece la “dichiarazione d’indipendenza della Padania” mio nonno, che all’epoca era vivo, disse: “non bisogna fare niente contro questi imbecilli, non bisogna trasformarli in martiri”. Credo che la storia gli abbia dato ragione: i leghisti hanno successivamente inanellato tutta una serie di sconfitte elettorali e alla fine si sono ridotti a trafficare diamanti in Tanzania per sopravvivere. Peraltro non avevano iniziato bene: avevano debuttato con la maxitangente Enimont.
    La libertà di dire cretinate non si nega a nessuno. Altra situazione sarebbe stata se qualche sindaco o giunta avesse dichiarato l’indipendenza dell’istituzione che amministra: in questo caso la violazione della Costituzione e delle leggi in vigore sarebbe stata evidente, e la magistratura non potrebbe in certe circostanze esimersi dall’intervenire.
    Saluti,
    Marco

  • Mi viene un pensiero prima di tutto: si constata continuamente la debolezza degli Stati nazionali, ormai inadeguati a regolare il potere dei grandi gruppo industriali e finanziari.
    Senza essere tra quanti pensano che il potere di questi gruppi sia di per sè negativo, mi pare chiaro che la situazione sia squlibrata in favore di questi ultimi.
    Le secessioni ovviamente vanno nel senso di accentuare ulteriormente questa situazione: che potere avranno mai la Scozia, la Catalogna o la Vallonia di fronte alle mega-corporation (che seguono il trend opposto, tramite continue fusioni e acquisizione) ? Che potere avranno mai di fronte alla Cina o agli USA ??

    Mi sembra veramente una fuga – quasi infantile – dalla realtà. Un rincorrere i “bei tempi antichi” (senza curarsi di verificare che siano mai effettivamente esistiti) – che per certi versi fa venire in mente anche il revanchismo islamico di questi ultimi decenni.
    Finiamola di giocare per favore.

  • Il prof. Giannuli, unico tra i commentatori (mi pare che sia il solo, ma d’altra parte gli capita spesso), ha centrato pienamente il problema: non è la Scozia o il Regno Unito, Sean Connery o la regina. È l’UE: una costruzione artificiale che, prodotta sulla teoria istituzionale ed economica e ben poco sulla pratica, non considera la storia passata per crearne una da zero e si basa, perciò, su una serie di contratti che non hanno diritto di recesso. Per sfuggire al giudizio del popolo, per paura dei popoli e della storia, è stata costruita su trattati con su scritto “indietro non si torna”.
    Ne è risultato un perfetto mix delle ispirazioni politiche dei due super-stati antecedenti: l’URSS, con la sua pretesa di rappresentare l’inizio della storia, e gli USA, l’unica democrazia al mondo che la cui costituzione non dice che la “sovranità appartiene al popolo”. Guarda un po’, quell’indicazione i democraticissimi (massonissimi) “padri fondatori” non ce l’hanno messa apposta.

  • gentile prof giaunnuli, niente da eccepire sul suo intervento sino a un certo punto, poi surtroppo sulla stretta analisi “materialista” subentra un imprescindibile rigurgito meriodionale o sarebbe meglio dire mi consenta il termine in maniera assolutamete non offensiva “terrone”, , purtoppo è così prima di essere marxiani,marxisti, siistrati o siistrorsi si è appertenenti a un certo gruppo etnico e si sa il tribalismo è duro da perdere, con stima ecordialità makno

  • Caro aldo,
    L argomento centrale dovebbe essere ” l’euro e la sua fine”, la domanda da porsi
    “Come prepararci”.
    infatti le tensioni cosiddette antieurcopeiste, indipendendiste, scissioniste e simili rendono evidente la distanza (da sempre esistente) fra il progetto politico europeo ( unione sociale ed economico- fiscale ,in primis) da molti sperato e propagandato e la realtà .
    la moneta unica è destinata a saltare comunque. Noi siamo impreparati.
    la Scozia sta cmq meglio.

  • So di poter sembrare vagamente fuori tema e lapidario , ma a mio avviso la soluzione ( già da molto tempo ) sarebbe espellere subito l’ Inghilterra da UE e prendersi un po’ di tempo per valutare un eventuale ingresso della Scozia

  • Caro Aldo,
    contrariamente a quanto scrivi, il diritto di secessione è stato introdotto dal Trattato di Lisbona (art. 50 TUE): “Ogni Stato membro puo’ decidere, conformemente alle proprie regole costituzionali di ritirarsi dall’Unione.”
    Se vincesse il si’ e la Scozia diventasse effettivamente uno stato indipendente (ma aspettiamo giovedi’…), dovrebbe poi negoziare la propria posizione con l’UE, decidendo se restare o uscirne. Mi pare più probabile che cio’ avvenga con l’Inghilterra.
    Caro saluti,
    Alessandro

    • caro Alessandro, hai ragione, ma siccome originariamente il diritto di recesso nei trattati istitutivi nonm venne previsto e non lo è ancora per l Euro, non è stata prevista alcuna modalità attuativa, per cui, di fatto, l’art 50 del trattato di Lisbona è lettera morta.

  • La repressione non sempre moltiplica, è un luogo comune affermare questo. Certe cose per salvare la democrazia, bisogna anche reprimerle. L´affermazione può sembrare dura, per chi non è democratico. È comunque una vera possibilità per esempi modello di società democratiche, le quali vengono messe in costante pericolo, da coloro che, la democrazia la disconoscono e da coloro che sono soggetti ai più biechi e nefasti nazionalismi. Il Prof. Aldo Giannuli ha ragione ,per quanto riguarda la problematica Lega e Nazione italiana.

  • @Alessandro + Professore

    Il “diritto di recesso” per questi trattati internazionali è solo un falso pretesto.

    Lisbona, come qualsiasi altro trattato è comunque vincolato, come nel caso italiano, all’art.11 Cost. che è fonte “di ordine superiore”, così come tutte le norme di rango costituzionale che tutelano i diritti fondamentali, incomprimibili per definizione, ovvero i primi 12 articoli.

    Le norme UE, a partire dalla stessa moneta unica, sono ab origine contra costitutionem, in quanto il trattato a matrice ordoliberale è fondato sulla forte competizione tra stati, presupposto contrario a tutte le costituzioni antifasciste che sono fondate sul Lavoro. I trattati e la moneta unica, per costruzione (come notava già Carli nei primi ’70 dopo aver letto il Rapporto Werner) pretendono il ritorno alla concezione dell’economia (neo)classica del lavoro come lavoro-merce. Infatti, come predevano i vari Monti, Prodi, Padoa-Schioppa e sociopatici vai, i trattati e, in particolare, la moneta unica, impongono la “svalutazione interna” per mantenere “l’investimento politico” di quel “sogno” de noantri chiamato Europa.

    Quello della “mancata previsione nei trattati” è solo terrorismo propagandistico.

    Semplicemante, ad ora, non c’è la volontà politica.

    Consiglio vivamente la lettura di “Euro e (o?) Democrazia costituzionale”, del costituzionalista Luciano Barra Caracciolo.

  • Professore mi stupisco che lei, assieme ad altri, liquidate il fenomeno politico della lega nord, con poche battute di scherno. Guardi che anche all’esordio del nazifascismo, i loro due capi erano oggetto di derisione, soprattutto Hitler, salvo poi che lo scherno e la derisione nei suoi confronti, si trasformò da un ghigno di scherno in uno di terrore al suo cospetto.Poi per quanto riguarda gli scandali finanziari della lega,non facciamo gli ipocriti, tutti i movimenti politici, fanno ricorso a quelli “occulti”. Stalin da giovane rapinava le banche per finanziare il partito bolscevico.Ma era in sintonia con Bertold Brecht, il quale asseriva che tra il rapinare e il fondare una banca, quest’ultima è la cosa peggiore. Concludo notando con piacere che lei non si offende se le ricordano le sue origini “levantine”, purtroppo non tutti sono al pari suo.

  • Caro professor Giannulli, ogni comunità politica e istituzionale è un costrutto artificioso che si fabbrica una propria mitologia fondativa. L’attuale stato unitario, nato attorno alla mitologia risorgimentale e proseguito attorno a quella resistenziale, non fa eccezione alla norma.

    Non si vede per quale motivo e sulla base di quali discriminanti i secessionismi dovrebbero legittimarsi sulla base di tradizioni storiche preesistenti: ogni “legittimità” altro non è che un pregiudizio aggregativo.

    Non c’è infine bisogno che Le ricordi che non c’era uno degli Stati che furono distrutti e incorporati nell’attuale costrutto unitario (al quale rimanevano per blasone, tradizioni e radicamento storico incommensurabilmente superiori) che non fosse dotato di costituzione o statuto rivendicante, al pari dell’attuale costituzione repubblicana, un analogo principio di unità e indivisibilità.

    • Lorenzo: ma certo, so perfettam,ente che ogni comunità politica e istituzionale è un costrutto artificiale che si fabbrica una propria mitologia fondativa. Vuole che lo ignori o che non sappia che anche altre costituzioni postulano la propria indivisibilità? Questo però non risolve il problema che io le ponevo: sino a che punto è decidibile l’appartenenza ìad un o stato da parte di una qualsiasi parte della popolazione, su una qualsiasi parte del territorio ed in un qualsiasi momento?
      Ci pensi

  • Buongiorno sig. Germani,

    l’argomentazione “non facciamo gli ipocriti, siamo tutti ladri” è la stessa che Craxi portò in tribunale per difendersi. Ed è tanto più ipocrita e vergognosa quanto sottende che l’onestà non esiste. Non è proprio così, vede: se a lei l’onestà non piace, o non le interessa, o non la ritiene importante (ed ecco perché vota Lega), questo non vuol dire che gli onesti non esistano. Capisco che le sia difficile crederlo, ma l’onestà c’è ed è un valore. Del M5S può dire tutto il male che vuole, ma mi dimostri che è un soggetto politico che si è finanziato in maniera illecita: il M5S ha, con poco denaro, raggiunto un consenso elettorale che Salvini non si sogna nemmeno la notte. E senza giri sucidi di diamanti in Tanzania.

    Si rilegga “La casta” di Stella e Rizzo. Troverà vergognosi esempi di politici leghisti che si sono riempiti le tasche con aumenti di stipenti, finanziamenti, auto blu ecc. Il peggio della partiticrazia. E io dovrei sacrificare la mia vita per fare la secessione del Nord per poi trovarmi governato da vermi del genere?
    Saluti,
    Marco

  • ZZgianfranco d’atri

    A banche e industriali quanto conviene l’€?

    Quando diverrà insostenibile(?), non è una questione di lasciare a casa le persone senza lavoro o privare il lavoro dalla sicurezza (intendo continuità, retribuzioni giuste, ecc.. ), quali saranno i parametri di degrado inaccettabili? Siamo sicuri che è sufficiente la reazione sociale(?), in Grecia non è stato sufficiente. Allora perché prepararsi perché cambiare? I referendum che propone la lega sul fiscal compat a questo punto sono l’unica azione politica seria in quella direzione, nonostante azioni del genere per certi personaggi sembrino demagogia.

  • Professore, sono sicuro di ciò che affermo (ovviamente sempre da “studente” a professore… ma ho avuto la fortuna di confronti “diretti” sul tema con emeriti della Corte)

    Le norme di diritto internazionale NON possono essere sovraordinate NON tanto a quelle di rango costituzionale di per sé, chiaramente, ma bensì a quelle che tutelano i DIRITTI FONDAMENTALI, ovvero i primi 12 articoli che poi sono direttamente e RIGIDAMENTE immodificabili a causa del art.139 Cost.

    Questo è pacifico: non è un caso che anche l’art.11 sia compreso nel primo capitolo.

    Poiché l’Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione di controversie internazionali, è disposta a LIMITARE (non cedere!) la propria sovranità a condizione di PARITÀ con gli altri Stati, favorendo la cooperazione tramite organizzazioni internazionali finalizzate alla PACE (non alla “forte competività” commerciale tra stati).

    PARITÀ che adottando un sistema di cambi fissi, per pacifiche leggi macroeconomiche (anche nelle teorie neoclassiche promosse dai vari Friedman e Rogoff) non può essere strutturalmente rispettata: le economie più forti (generalmente ad inflazione più bassa) asservono quelle più deboli (ad inflazione più alta).

    L’affermazione che mi ha dato in risposta è, con tutto il rispetto, palesemente scorretta: una cosa è la Costituzione “primigenia”, come la chiamava Mortati, un’altra sono le norme introdotte in seguito a revisione costituzionale.

    Questo però dovrebbe essere diritto costituzionale “elementare”: esiste una fonte di ordine superiore che deriva dal potere costituente e poi “a scendere”… un’altra cosa è il “potere costituito” e le norme imposte de facto a causa dei meccanismi “di difesa” non adeguati, a partire dal necessario intervento “incidentale” della Corte, ecc…

    L’impatto del diritto internazionale è LIMITATO dall’art.11. Stop.

    I costituzionalisti lo hanno chiamato “eurostrabismo”: ovvero tanta l’ideologia sull’europeismo che la precomprensione (cit. Gadamer) dei Trattati – (e, diciamolo pure, con un po’ di ignoranza verso i fatti macroeconomici che non ha consentito la pronta tutela di quella che viene chiamata “costituzione economica”, rigida anch’essa) ha fatto sì che ben poche voci si siano levate dai giuristi. (Chi si accorse dell’impatto sovversivo sulle Costituzioni furono, paradossalmente, i banchieri centrali e gli economisti in genere: da Carli a Baffi, da Caffé a Graziani)

    A questo punto, cosa Le devo dire?

    Se il problema “sono i debiti pubblici” e le norme di diritto internazionale prevalgono indistintamente su quelle di rango costituzionale… be’, io getto la spugna.

    Se Lei crede di “usare” i suoi interventori solo ad uso “sondaggistico” e non li ritiene, nel loro piccolo, adeguati come interlocutori per un confronto ed eventuale profitto reciproco, non posso non manifestare un disappunto anche di carattere ideologico e valoriale.

    Con immutata stima.

    http://orizzonte48.blogspot.it/2013/02/focus-3-redux.html

  • @Lorenzo

    Paragonare la Costituzione del ’48 con quelle pre-unitarie ha senso solo per chi vuole smantellare gli Stati nazionali. Le Democrazie costituzionali sono esse stesse fondanti di ben altro.

    Il problema della sovranità non è tanto la questione “nazionale” di per sé o il territorio su cui esercitarla.

    L’ovvio problema è il conseguente impatto sulla sovranità popolare.

    Il “quale popolo” è sempre e solo un finto problema: sono le leggi economiche che forgiano gli Stati. Rosa Luxemburg, 1905, quando manifestava il dissenso verso progetti di integrazione federalistica dell’Europa.

    Il problema è sempre e SOLO COME e CHI esercita la sovranità.

    Gli argomenti che portate sono inifluenti, come la stragrande maggioranza degli argomenti che arrivano da sinistra da quarant’anni: buoni solo a deviare il dibattito dalla lotta di classe.

    Saluti.

  • @ Giannulli: semplicemente non esistono criteri di legittimità che consentano di valutare la secessione o la permanenza all’interno di uno Stato. Ogni giudizio normativo è puramente arbitrario; nel momento in cui gli si attribuisce cogenza intrinseca diventa un pregiudizio.

    L’unica cosa rilevabile è il dato di fatto attinente all’esistenza di spinte centrifughe o centripete rispetto a una data comunità politica, e gli equilibri politici e istituzionali da esse generati.

  • Egregio Marco, non ho mai votato lega,sono un “cane sciolto”. Ciò premesso lungi da me difendere la corruzione e la disonestà. Purtroppo il bipide umano è naturalmente portato ad entrambe. Per il passato proprio su questo blog ho invocato, per contrasto al fenomeno naturale della corruzione, l’applicazione della “disumana”pena di morte.Solo il terrore della ghigliottina o del plotone di esecuzione può arginare il fenomeno umano della corruzione.Ho citato l’esempio della lega poiché sia lei che il professore avete sottovalutato ma soprattutto ridicolizzato il fenomeno indipendentista.Ribadisco il precedente storico del nazifascismo che al suo esordio i benpensanti credevano di poter liquidare con il dileggio.All’inizio della carriera politica di Hitler, nessuno lo aveva capito e preso sul serio.Questo è un errore scusabile in lei, ma imperdonabile da parte del professore Giannuli.

  • Caro Aldo,
    aggiungo un dettaglio, sicuramente poco significativo, a titolo di curiosità.
    E già successo che uno Stato, anzi che una parte di stato, lasciasse la CEE (non si parlava ancora di UE).
    Correva l’anno 1985, e la Groenlandia, che fa tuttora parte della Danimarca, decise con un referendum interno di lasciare la CEE.
    Più che con la Scozia, mi pare probabile che possa succedere nel 2017 con il Regno Unito (o quello che ne resterà). Cari saluti,
    Alessandro

  • Lo so, una grave lacuna, non parlavo di regole, parlavo del vulnus che ha l’Europa nell’avere in seno una succursale degli USA visto che UE e Usa hanno interessi non solo diversi ma assolutamente incompatibili.

  • Sob!!! che occasione sprecata di dare uno scossone all’Unione Europea affiché nasca il nucleo federale!!!!

    Abbiamo perso un’occasione di riforma dell’assetto istituzionale dell’Unione Europea, non solo del Regno Unito.

    ::::::

    Dopo il referendum… tutti in kilt

    La Scozia indipendente è una Scozia pro Europa e pro Euro. Perché noi europeisti dovremmo averne paura? Se vinceranno i Sì starà semplicemente iniziando ad accadere ciò che porterà alla formazione degli Stati Uniti d’ Europa… L’ANALISI DI STEFANO GOLFARI

    La battuta/ “Edimburgo – Londra incollate con lo Schotch” di Benedetta Cosmi
    Giovedì, 18 settembre 2014 – 15:30:00

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    MA I CITTADINI RISCHIANO LA STANGATA – Secondo l’Institute for Fiscal Studies (Ifs), una Scozia indipendente soffrira’ all’inizio di un ‘fiscal gap’ pari quasi al 2%. Per compensare la perdita per l’erario, prosegue l’Ifs, Edimburgo potrebbe essere costretto ad aumentare dell’8% la tassa sui redditi o incrementare l’Iva del 7%. In alternativa, la Scozia potrebbe ridurre la spesa pubblica del 6% o tagliare i servizi pubblici dell’8%. “L’indipendenza puo’ avere i suoi costi, per quanto essi debbano ancora essere dimostrati, ma ha anche i suoi benefici”, osserva Joseph Stiglitz, il premio Nobel che fa parte della squadra di consulenti economici del fronte indipendentista.

    Di Stefano Golfari

    Paura di una Scozia indipendente? Anche no. La Scozia indipendente è una Scozia pro Europa e pro Euro. Perchè noi europeisti dovremmo averne paura? Se vinceranno i Sì a nord del Vallo di Adriano starà semplicemente iniziando ad accadere ciò che porterà (speriamo) alla formazione degli Stati Uniti d’ Europa: meno potere ai singoli stati, più potere alle nazionalità regionali omogenee per cultura, economia, geografia. In più se il ciclo delle disgregazioni necessarie inizia dal Regno in cui la fede europea è la più ambigua e la più ingannevole che c’è, ovvero il Regno inglese, ben venga: non ci potrebbe essere inizio migliore.

    La secessione scozzese è una secessione progressista, aperta al futuro e alla globalizzazione democratica contro l’ isolazionismo inglese. Appunto: non possiamo continuare a ospitare nel Club Europa un membro che sviluppa politiche monetarie, finanziarie, militari in modo del tutto indipendente (o coordinato con i cugini USA). Lo strappo storico della Scozia, prima ancora dei problemi scozzesi, ripropone il problema inglese: è Europa il Regno Unito? E la domanda sarà poi da trasferire a tutti i paesi no-euro: possiamo continuare a discutere di Europa e di Euro con chi vive e commercia fuori dai confini dell’Euro? per quanto tempo potremo ancora reggere monete, regimi fiscali, statuti del lavoro, sistemi di wellfare diversi e competitivi in un’area che si dice unita? Unita da che?

    Un paese con un regime fiscale più vantaggioso del mio, con un mercato del lavoro più allettante con la possibilità di giocare sulla svalutazione competitiva che io non ho più, beh! E’ un mio pericolosissimo concorrente. Altro che Unione. Ma le cose non possono cambiare fino a che avremo Vertici europei composti da Stati grandi e grossi e da Ministri incaricati di difendere ciascuno l’ interesse nazionale proprio. La questione alla fine è banale: i singoli ministri dell’ economia, degli esteri, della difesa e i Premier dovrebbero iniziare a cedere il proprio potere politico a un governo europeo globale e democraticamente eletto. Ma, banalmente, nessun politico cede potere di sua spontanea volontà. In questo empasse forse ci soccorre la Storia: la secessione scozzese con quel tanto di ribellione al potere centralista della piazza finanziaria di Londra, è la chance di far entrare nell’ Euro un pezzo nobilissimo dell’ attuale U.K.. Il confronto/scontro con la Sterlina e tutto ciò che rappresenta, sarà la sfida, la leva, che il destino – speriamo – metterà in mano ai “Costruttori d’Europa”.

    E sarebbe una accelerazione provvidenziale: quello che si sta vedendo nei fuochi di guerra che divampano a Est (con la Germania a giocare un ruolo tutto suo nella partita a scacchi con Putin), a Sud (con la Libia devastata anche e soprattutto da quello che fu l’intervento unilaterale – ed elettorale – di Sarkozy), e a Sudest soprattutto (l’incredibile attendismo europeo e americano che ha permesso a poche decine di migliaia di fondamentalisti di proclamare il Regno Islamico e la terza guerra mondiale), racconta con tutta la forza possibile che l’ Europa delle Nazioni è un prodotto oramai scaduto, tossico, pericoloso. L’unica Europa che serve è un’Europa più forte: e per un’ Europa più forte ci vuole una Inghilterra più debole.

    http://www.affaritaliani.it/affari-europei/tutti-in-kilt180714.html

  • Mi spiace per Barroso, ma uno che disse che, se si staccasse dalla Spagna, la Catalogna non potrebbe entrare nella UE, non ha alcuna credibilità nel parlare di “Unione Europea forte e unita” ; la UE invece è ancora divisa, non è una federazione e la Gran Bretagna continuerà a remare contro l’integrazione politica della UE. Sarebbe stato utile dividere la Gran Bretagna, per incentivare la nascita degli Stati Uniti d’Europa, anche se non molto presto. Infatti, statti europei più piccoli sarebbero probabilmente più propensi a federarsi, degli stati attuali ancora gelosi delle loro vecchie prerogative internazionali, tra cui il diritto di veto al consiglio di sicurezza per quanto riguarda Francia e Gran Bretagna.

    E non ci sarebbe stata alcuna grave conseguenza con l’indipendenza della Scozia, ma sono state paventate dai solidi gretti conservatori.

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    Referendum Scozia, la comunità internazionale sollevata dal ‘No’: “Evitate gravi conseguenze”

    Il primo ministro scozzese Alex Salmond (reuters)
    Scongiurato il distacco della Scozia dal Regno Unito, che avrebbe creato un precedente rilevante per numerosi altri movimenti indipendentisti, diversi stati nazionali tirano un sospiro di sollievo. Barroso: “Il risultato è positivo per un’Europa unita, aperta e più forte”

    19 settembre 2014

    EDIMBURGO – E’ un sospiro di sollievo comunitario quello della comunità internazionale dopo l’esito del voto scozzese. Il primo ad essere soddisfatto è Il premier britannico David Cameron. Uscito a Downing Street poco dopo le sette (ora italiana) appena avuti i risultati elettorali, si definisce “felicissimo” e rinnova il proprio appello all’unità nazionale: “Uniti siamo migliori”, commenta, definendo il referendum “un passo di democrazia che andava fatto”. Poi chiama in causa anche le richieste di maggiore autonomia del Galles e Irlanda del Nord. Le voci del Regno Unito. Come quelle dei cittadini inglesi. “Milioni di voci” e dovranno essere ascoltate nel dibattito sulla devolution” precisa il premier.
    Referendum Scozia, la comunità internazionale sollevata dal ‘No’: “Evitate gravi conseguenze”

    Sconfitto anche nel suo stesso distretto, il primo ministro scozzese e leader indipendentista, Alex Salmond, cerca un lato positivo. “Abbiamo stupito Londra. Accetto il verdetto del popolo e invito tutti gli scozzesi a fare altrettanto. Ma il nostro messaggio è stato forte”. Londra, continua Salmond, non potrà non ascoltare.

    Soddisfatti anche il primo ministro del Galles, Carwyn Jones, e quello dell’Irlanda del Nord, Peter Robinson. Come riporta la stampa britannica, Jones è “felice” del voto: “Insieme costruiremo un nuovo futuro costituzionale per il Regno Unito”. Robinson usa il termine “deliziato” e anticipa che avrà un incontro con il suo omologo gallese per discutere le implicazioni.

    E’ un giorno decisivo. Il pericolo di un precendente storico e le reazioni a catena che avrebbe causato in caso di una vittoria indipendentista, è scongiurato, e nettamente. Al di là dei possibili effetti a livello amministrativo, politico ed economico, il distacco della Scozia dal Regno Unito avrebbe dato una spinta ad altri movimenti indipendentisti. Uno sviluppo che diversi stati nazionali guardavano con apprensione e sospetto. Primo fra tutti, a essere sollevato oggi è il governo spagnolo che guarda soprattutto alla sfida secessionista domestica della Catalogna. In un video diffuso oggi, il premier conservatore Mariano Rajoy si congratula con “i cittadini scozzesi che hanno ieri deciso in maniera chiara e inequivoca di continuare a far parte del Regno Unito e della Unione Europea”. Secondo il leader del Partido Popular, “hanno evitato le gravi conseguenze economiche, sociali, istituzionali e politiche che avrebbe comportato la separazione”.

    Nonostante la vittoria del ‘No’ anche il governo della Generalitat è soddisfatta dell’attitudine del primo ministro britannico, David Cameron, che ha autorizzato la consultazione plebiscitaria. Il vicepresidente catalano, Joana Ortega (CiU), in un messaggio su Twitter annota: “Non mi spiego per quale ragione democratica non possiamo fare come la Scozia. Vogliamo parlare, ascoltare, discutere e decidere”.

    Sul fronte europeo il presidente del Consiglio della Ue, Herman Van Rompuy dice “rispetto e accolgo positivamente la scelta espressa dal popolo scozzese. Sono contento che il Regno Unito rimanga assieme, come detto questa mattina dal primo ministro Cameron”. Mentre il presidente uscente della commissione, Josè Manuel Barroso, definisce il ‘No’ all’indipendenza una decisione “buona per l’europa”. “Accolgo con gioia la decisione del popolo scozzese di mantenere l’unità del Regno. Il risultato è positivo per l’Europa unita, aperta e più forte che sostiene la commissione europea” si legge in una dichiarazione. L’esecutivo comunitario, conclude Barroso, “continuerà a impegnarsi in un dialogo costruttivo con il governo scozzese nelle aree di sua competenza, che sono importanti per il futuro della Scozia, e in particolare le politiche di crescita e occupazione, energia, cambiamento climatico e ambiente, e la ‘smarter regulation'”, ovvero il miglioramento delle normative Ue per renderle più efficaci.

    La Germania affida il commento al portavoce del governo Steffen Seibert: “Auspichiamo un Regno unito forte
    in Europa, c’è stata una chiara decisione contro l’indipendenza” aggiunge, “perfettamente democratica”, che il governo tedesco “rispetta”. “La nostra collaborazione” con il Regno unito “rimane forte e stretta come prima”.

    http://www.repubblica.it/esteri/2014/09/19/news/scozia_referendum_reazioni-96141142/

  • Si sarebbero creati i presupposti per un’ Unione Europea con uno stato membro europeista in più ed uno stato membro antieuropeiesta più piccolo e meno influente.

    Occasione perduta!

    A me pare evidente che il problema è che mentre gli stati europei sono nati con degli atti di pura forza militare la federazione europea può nascere solo democraticamente.

    Ma alla stragrande maggioranza degli europei non gliene può sbattere di meno, perché non c’è solidarietà.

    Allora ci vorrebbe un’iniziativa dei singoli governi, ma il punto è che nessuno di loro vuole far perdere la personalità internazionale al proprio Stato. Per i politici è meglio essere governanti o parlamentari di uno stato indipendente (anche solo dal punto di vista formale) che non di uno stato federato: per esempio, l’Italia, nella Federazione Europea, sarebbe come la Florida; dal punto di vista del diritto internazionale sparirebbe e sarebbe come il Kerala.
    e il punto è che sarebbe anche giusto: nella questione dei marò in India, si è visto appunto che l’Italia conta quanto lo stato federato indiano del Kerala.

    Il governo Indiano si sarebbe dovuto interfacciare direttamente con l’Unione Europea, che però non è ancora uno stato con un governo vero e proprio.

    Quindi è stata persa un’occasione di riforma dell’assetto istituzionale dell’Unione Europea, non solo del Regno Unito.

    Paradossalmente, una Scozia indipendente sarebbe servita per un’Europa più unita. Se gli stati della UE si dividono in stati più piccoli e meglio governabili, poi questi nuovi stati sarebbero più propensi a unirsi politicamente in una federazione: gli Stati Uniti d’Europa.

    Ecco perché avrei voluto che vincesse il sì all’indipendenza per la Scozia, e che poi sia la volta della Catalogna, della Corsica, dell’Occitania, della Bretagna, della Baviera, della Sardegna, ecc ecc…. 😛

    http://www.independentscotland.org/

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