La grande potenza mancata: l’Europa.
L’adozione dell’Euro fu un’operazione molto più politica che economica: la Germania aveva la concreta possibilità di coronare il sogno della riunificazione, ma questo incontrava molte diffidenze di americani, inglesi e russi.
La Francia dette la garanzia politica, nel solco di quell’asse franco tedesco che dal 1963 regge l’intera costruzione europea, ma, in cambio chiese l’adozione della moneta unica, per un’Europa unita, pacifica e mercantilista.
L’abbiamo detto molte volte: l’Euro avrebbe dovuto far concorrenza al dollaro, diventare la locomotiva che avrebbe portato all’unità politica e far convergere le economie dei singoli paesi europei in un modello più o meno simile per tutti.
Da questo nacque l’azzardo di una pluri-Stato che escluse dai trattati istitutivi la possibilità di recedere dal patto. La ratio era evidente: una moneta, anche se appartenente a più Stati, non è l’”Hotel del libero scambio” e la possibilità dei componenti di uscire avrebbe suggerito l’impressione di una moneta provvisoria, alla quale i mercati finanziari avrebbero attribuito scarsa credibilità. Considerazione giusta, ma più che un progetto di ingegneria monetaria, si trattò di una sorta di atto di fede che tutto sarebbe andato sempre bene.
La scelta aveva un evidente punto debole di partenza: assemblava economie troppo diverse e senza un potere centrale che redistribuisse le ricchezze per riequilibrare la compagine. Sarebbero state possibili due scelte: o stati divisi ciascuno con la propria moneta, manovrabile secondo le esigenze di ciascuno, o centralizzare stato e moneta, compensando gli squilibri attraverso la redistribuzione. La via prescelta fu quella più a rischio: stati separati e moneta unica. E subito le condizioni del patto (debito al 60% del Pil, disavanzo di bilancio contenuto al 3% ed inflazione al 3%) vennero disattese.
Di fatto, l’ alternativa era: dare pieni poteri alla Bce, liquidando ogni regola democratica, o indebolire il patto di stabilità, riducendolo ad una dichiarazione di intenti. Prevalse la seconda scelta.
A complicare le cose venne anche la decisione di permettere ad alcuni membri della Ue (essenzialmente il Regno Unito) di non aderire alla moneta, ma consentendogli non solo di restare nell’Unione, ma anche di far parte della Bce. Ne derivava un complicato intreccio fra Ue e Eurozona che si sommava alle altre difformità dell’Unione come l’appartenenza alla Nato di alcuni ma non di altri. Si cercò di dare inizio all’Europa politica con un “trattato istitutivo” della Ue che avrebbe dovuto averle il ruolo di Costituzione: venne clamorosamente bocciata nei referendum che ne seguirono. Quella architettura barocca e incoerente non convinceva nessuno perché rifletteva il caos concettuale che metteva insieme monarchie, repubbliche presidenziali, repubbliche parlamentari, stati federali, unitari, regionali, sistemi bipartitici e sistemi a pluralismo polarizzato, paesi di common law e paesi di tradizione codicistica. I giuristi ci misero del proprio con un fuoco artificiale di sciocchezze del tipo “diritto non statale”, “Unione non statale” e persino “Costituzione senza Stato” (che sembra lo statuto della bocciofila). L’unione era più di una alleanza ma meno di una federazione, più di una unione doganale ma meno di una confederazione, una unione monetaria di cui alcuni facevano parte e altri no, ma tutti conservavano la propria riserva aurea, i cui componenti non perdevano la sovranità mentre l’Unione diventava un soggetto “quasi sovrano”: una “dialettica dei distinti” senza sintesi possibile.
Dopo quelle bocciature l’unione politica dell’Europa divenne solo una vuotissima espressione liturgica. L’Euro, dato il suo innegabile successo sino al 2008, restò l’unico collante. Gli europei non credevano più all’unione politica, ma ritenevano conveniente una moneta “forte” che garantiva stabilità: i paesi più deboli potevano accedere al mercato finanziario a prezzi molto bassi (che non avrebbero mai avuto da soli), i paesi forti, come la Germania, potevano approfittare della stabilità monetaria per sostenere le loro esportazioni verso i paesi del sud Europa e tutti potevano illudersi che questo stato di cose potesse continuare indefinitamente. L’Europa dei banchieri aveva sepolto definitivamente l’Europa politica.
Ma la storia è ostinata e, anche se con ritardo, presenta sempre il conto che è venuto con la dèbacle dei debiti sovrani di Grecia, Portogallo ecc. e il trattato che non prevede nè uscite volontarie nè allontanamenti forzati diventa un problema in più.
Il problema si pone su due piani: quello operativo immediato e quello di lungo periodo da affrontare dopo aver superato la tempesta.
Allo stato attuale, il rischio evidente è quello del default di uno o più stati dell’Eurozona e, in questo caso la sopravvivenza dell’Euro sarebbe a forte rischio. Ma una fine dell’Euro porterebbe con sè anche la fine della Ue, di cui resterebbero solo una serie di trattati inservibili. E se anche si trovasse il modo di far uscire un paese prima del suo default, si stabilirebbe un precedente che potrebbe essere imitato da altri e questo avrebbe conseguenze sugli interessi per i debiti degli altri partner, perchè tutti i titoli diverrebbero a rischio, se i mercati dovessero avere la sensazione di una uscita della Germania dalla moneta unica, per non pagare i costi di una inflazione causata da una eventuale emissione eccessiva di liquidità. E qui riaffiorano antiche lesioni mai superate.
Berlino non ha saputo essere la capitale d’Europa, ma ha avuto la forza di impedire che potesse esserlo Parigi. Il risultato è stato una Ue che non è stata in grado di essere soggetto politico e, tantomeno, grande potenza. Barry Buzan, anni fa, riteneva Europa e Cina le uniche due grandi potenze in grado di porre una candidatura allo stato di super potenza entro una ventina di anni, ma l’Europa si è sottratta al compito.
Nei primi anni del secolo, Berlusconi, in una delle sue uscite estemporanee, propose l’ingresso della Russia nella Ue e l’allora Commissario europeo Romano Prodi bocciò l’idea con la motivazione che, in questo modo, l’Europa sarebbe diventata una superpotenza. Quello che, evidentemente era escluso programmaticamente. Ma, nel grande gioco della globalizzazione, chi non si costituisce come polo d’attrazione subisce fatalmente l’attrazione degli altri e rischia lo smembramento. L’Europa di oggi è in questa condizione, almeno sinchè non riprenderà un credibile progetto di unificazione politica e militare del continente indipendente da ogni alleanza.
Aldo Giannuli
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Gherardo Maffei
L’Europa è da tempo agonizzante,il ciclo è già dalla metà del novecento che è chiuso, spetta solo di esalare il rantolo finale.L’alluvione di allogeni in atto, è il colpo di grazia alla tempia, sparato da chi comanda il plotone di esecuzione: i vincitori del secondo conflitto mondiale, per essere chiari. I punti di riferimento per me validi per comprendere la porcilaia Europa attuale, sono ad esempio il capolavoro di Oswald Spengler “Il Tramonto dell’occidente” scritto agli albori del novecento, tradotto in italiano da J. Evola, dove già allora si parlava della rivolta delle popolazioni di colore.Mentre vi è ancora chi si ostina a leggere la storia, con la lente di ingrandimento, del nipote del rabbino di Treviri.Merce avariata, scaduta,fallimentare, letale oltre che suicida, buona per la pattumiera della storia.
Post Scriptum. Il premio Nobel scopritore del DNA, egregio professore è stato ammutolito, perché ha osato dire la verità, comprovata da millenni di storia, dalla biologia, dalla eugenetica.Non moriamo idioti!
ilBuonPeppe
“L’Euro, dato il suo innegabile successo sino al 2008”
Dipende da cosa si intende per “successo”. Se parliamo della percezione che ne aveva la massa dei cittadini europei allora è vero: quasi tutti pensavano (anche io) che l’euro fosse uno strumento valido, che ci avesse protetto da tanti problemi e così via.
Se lo guardiamo sotto l’aspetto più tecnico invece, l’euro è stato un fallimento dalla sua nascita. Ha cominciato a produrre squilibri addirittura prima che venisse introdotto, fin da quando si sono avviati i percorsi di allineamento dei cambi (per noi dal 1996). Squilibri che nel 2008 hanno cominciato ad esplodere.
Se volessero, oggi c’è un solo modo per salvare l’UE: uno smantellamento concordato dell’area euro. Non lo faranno. Finirà male.
Giovanni Talpone
Assolutamente d’accordo su tutto. Aggiungo però un punto: se la Sinistra non si schiera per la Federazione, non solo renderà risibili le proprie critiche ai comportamenti delle altre superpotenze, ma avrà anche rinunciato a fare seriamente i conti con se stessa e la propria storia. Infatti, parallelamente alla lotta per la Federazione Europea, dovrebbe avvenire anche la nascita di un vero Partito della Sinistra Europea (con fusione di strutture, gruppi dirigenti ecc.) e non un semplice cartello di partiti di sx nazionali. Ma ciò obbligherebbe a una grande discussione europea sulle socialdemocrazie, l’esperienza “eurocomunista”, i dissidenti di sinistra dell’ex Europa dell’Est, i movimenti ecologisti, le sinistre cristiane (cattoliche e protestanti), le nuove iniziative che stanno sorgendo fra i giovani e in internet, e altro ancora. Se questa occasione non sarà colta, l’emarginazione delle varie sinistre nazionali sarà inevitabile e storicamente giusta.
Saverio
Aldo, non ci si metta anche lei! La dèbacle dei debiti sovrani è la conseguenza, come lucidamente ammesso dallo stesso vice-presidente della BCE, dei crescenti squilibri nelle bilance dei pagamenti tra Germania e suoi satelliti ed i c.d. PIGS favoriti proprio dalla moneta unica.
Non alimenti anche lei l’idea, fasulla, che il debito pubblico abbia qualcosa a che fare con la crisi!
Antonio
Caro Prof. Giannuli,
Mi duole constatare che anche in questo blog (che apprezzo molto) siamo prigionieri del
solito equivoco che inquina il dibattito e le menti “di sinistra”. Questo equivoco è quello secondo il quale la situazione di depressione in cui ci troviamo oggi nasce esclusivamente da un’errata gestione della crisi del 2008.
Riprendendo le sue parole:
“L’Euro, dato il suo innegabile successo sino al 2008, restò l’unico collante.”
No No No e poi no. L’Euro non è mai stato un successo, esso va visto come sistema. L’euro che vediamo oggi è lo stesso che vedevamo nel periodo 1997-2008. La depressione di oggi non ci sarebbe senza l’Unione Monetaria e l’Unione Monetaria
aveva in nuce le cause della crisi.
Mi spiego. Qual è il patto che siglano i paesi mediterranei per entrare nell’ EMU? Tassi di interesse “tedeschi” sul debito pubblico a fronte della perdita della sovranità monetaria.
La perdita della sovranità monetaria però priva gli Stati di qualsiasi strumento per contrastare il ciclo economico. Ottenendo in dote una moneta “tedesca” i paesi dell’EZ vengono inondati da merci e soprattutto capitali tedeschi.
Il denaro costa meno di quanto fosse mai costato prima e il settore privato ne abusa facendo salire inflazione e debito PRIVATO, gonfiando bolle in settori non esposti alla concorrenza estera (IMMOBILIARE). Il debito PUBBLICO diminuisce, o rimane stabile o è insignificante dappertutto (tranne in Germania) fino al 2008 grazie ai tassi bassi, a prova del fatto che il problema della crisi attuale NON è mai stato di finanza pubblica.
D’altra parte questo sistema crea una spirale di continua perdita di competitività dei paesi periferici dove i prezzi aumentano molto più velocemente che in Germania. Nei gloriosi anni dell’Euro vediamo quindi una crescita nei paesi più arretrati (in Italia comunque asfittica) DROGATA dai capitali esteri e quindi non sostenibile nel lungo periodo.
Quando nel 2008 i capitali smettono di arrivare per una perdita di fiducia generalizzata avviata dalla crisi Lehman, i nodi vengono al pettine. A quel punto ci si rende conto che gli Stati sono COMPLETAMENTE privi di spazio di manovra per far ripartire la propria economia perché sono impossibilitati a stimolare i consumi interni.
L’Euro non è una buona idea finita male per l’avidità di qualcuno. L’euro è una pessima idea frutto di un ideologia liberista-mercantilista. Chi l’ha archittetato lo sa e anzi vedeva il naturale sorgere delle crisi come un opportunità per comprimere welfare e diritti dei lavoratori in nome della competitività.
david cardillo
Professor Giannuli, quanto Lei scrive è indubbiamente condivisibile, ma non ritiene che il momento storico più opportuno per dare vita ad un’Europa realmente unita, da Lisbona a, perlomeno, Bucarest, fosse negli anni immediatamente successivi al secondo dopoguerra, così che fungesse da Terza Posizione, rispetto tanto al fronte bolscevico quanto a quello plutocratico, e che in tal modo al modo, all’umanità sarebbero stati risparmiati i lutti e le sofferenze generate dalla contrapposizione tra i due blocchi durante la guerra fredda? Cordialità.
Gaz
L’Europa è agonizzante da quasi un secolo. L’occidente è al tramonto della sua civiltà. La storia si è suicidata. Spengler è morto et requiescat in pacem.
Non per sapere i fatti suoi, ma lei Maffei come sta, si sente bene ?
Herr Lampe
Non sono sicuro di aver inteso. Secondo il buon vecchio Mammarella il processo che ha portato infine alla Ue è stato fin da principio – e con tutti gli alti e bassi del caso – un obiettivo strategico degli Stati Uniti.
Mi rendo conto di averla fatta troppo semplice, perché gli attori sono stati molti e contraddittori (anche rispetto a se stessi) ma il testo lo conoscerà meglio di me, quindi non mi dilungo.
La domanda quindi è semplice: lei condivide questa tesi, almeno nelle sue linee essenziali?
Pierluigi
Caro Aldo,
un dubbio atroce mi tormenta….
Considerando quante volte hai scritto contro l’Euro inizio a temere che la sindrome di Maffei che ossessivamente cita “Il Tramonto dell’occidente” ti abbia contagiato, sia pure in versione noeuro.
Per dare sostanza alla tesi ripeti stancamente la solfa dell’aver assemblato economie troppo diverse senza un potere centrale che redistribuisse le ricchezze per riequilibrare la compagine.
Eppure certo non ti sfugge che anche l’Italia mette insieme economie molto diverse e che oltre 150 anni di storia unitaria ed almeno 50 di redistribuzione delle ricchezze (!?) hanno generato soltanto parassitismo al Sud ed il conseguente rancore che legittima i baluba della Lega.
Altro esempio di economie diverse con redistribuzione del ricchezze era la Jugoslavia: non c’è bisogno di ricordare come è finita.
Non credo necessario fare altri esempi per dimostrare quanto la mancanza di una redistribuzione delle ricchezze NON sia un vulnus per l’Unione ma, anzi, evita parassitismo, speculazioni politiche e guerre più o meno civili.
(Ed hai riflettutto sul fatto che, non essendo l’Italia formata da aree economiche ottimali, se uscissimo dall’Euro il Meridione non avrebbe ragione di adottare la stessa valuta delle regioni settentrionali?)
Altro assunto è che …. L’Euro, dato il suo innegabile successo sino al 2008, restò l’unico collante. …… L’Europa dei banchieri aveva sepolto definitivamente l’Europa politica.
Ma la storia è ostinata e…. presenta sempre il conto che è venuto con la dèbacle dei debiti sovrani……
E quindi, fallita l’Europa politica, è venuta meno anche l’Europa monetaria e non ci resta che pensare a come uscirne.
E questa è la vulgata populista con quel pizzico di ragionevolezza che dà più sapore.
Ma sei sicuro che l’Europa sia oggi la grande potenza mancata?
Commentatori cinesi ad altissimo livello parlano degli USA come del primo impero finanziario della storia e ricordano come LA NASCITA DELLA MONETA UNICA MINACCIA IL PRIMATO DEL DOLLARO (LIMES 7/2015, pagg. 191 e ss.).
Ed infatti, nonostante l’aperta ostilità da parte degli USA e delle agenzie di rating, negli ultimi anni il 25% circa delle riserve valutarie sono espresse in Euro e la percentuale di riserve in dollari è calata dal 70 al 60 %.
E che gli yankee non vadano tanto per il sottile te lo dice la fine di due signori….
Indovina chi aveva adottato l’Euro come valuta per il pagamento delle commesse petrolifere?
E sai cosa è successo al direttore del FMI che aveva proposto un paniere di valute che sostituisse il dollaro?
Conclusivamente se l’impero oggi è finanziario, chi è al secondo posto se la passa male?
Gherardo Maffei
Vengo citato a sproposito con intenti ridicolizzanti, o chi come fossi in preda alla malattia.Semplicemente faccio notare che l’attuale fase di totale decadenza (Kali Yuga in sanscrito) in cui i vermi divorano il cadavere putrefatto del vecchio continente, ovvero della porcilaia- occidente che include anche gli USA, fu abbondantemente preannunciata già nel novecento, da autorevoli studiosi della morfologia (intesa come la intendeva Oswald Spengler) della storia. Ovviamente per comprendere ciò è necessaria una “rivoluzione culturale”: una vera e propria operazione di igiene mentale. Buttate nella pattumiera i libri di Karl Mordechai (alias Marx) e con essi la sub cultura liberale,ma soprattutto ogni superstizione giudaico cristiana, che sono la vera malattia letale che ci affligge.Studiate autori alternativi come René Guénon,, Julius Evola, l’economista Werner Sombart, aprite le pagine dei libri di Celine, il più grande scrittore francese del novecento, infine dopo, solo dopo, siete autorizzati a darmi dell’ossesso.
Gaz
Dio è morto, Marx è morto … e anch’io oggi non mi sento molto bene! W. Allen.
Maffei non l’ha ricordata, ma è pure permalosetto. E per fortuna non ho scritto Giulius Ebola…
🙁 mi dedicherò all’hockey su ghiaccio
Lorenzo
Io credo che il grosso della crisi sia causata dalla finanziarizzazione del capitalismo e dalla globalizzazione che ci ha espropriati dell’industria trasferendola nei Paesi dell’ex-terzo mondo – che adesso fanno concorrenza a quel poco che è rimasto in loco.
L’euro, come disse non ricordo più quale dirigente della dittatura europeista, era stato concepito per un regime di vacche grasse. E io sospetto che in quel contesto avrebbe potuto funzionare e anche adempiere agli scopi unificanti che i suoi fondatori gli avevano attribuito. In un contesto di crescita e di benessere, non avvelenato dall’esplosione del debito (in larga parte creato per nascondere agli occhi del gregge il dirompente processo di impoverimento in corso consentendogli di comprare a credito), la crisi del sud non avrebbe acquisito una portata esplosiva, e sarebbe stato tanto più facile per i politici del nord far accettare al loro elettorato una politica di trasferimenti.
Proprio come senza la rapace aggressività della plutocrazia statunitense, che ha iniziato e perduto una guerra dopo l’altra lasciando ogni volta un panorama di guerre civili permanenti, con la perfida Albione a reggergli il moccolo, sarebbe stato assai più semplice per i principali potentati europei individuare una linea di politica estera comune. Mentre la sinistra (per ridere) teneva dietro al nuovo padrone o belava litanie pacifiste, io esultai davanti alle guerre petrolifere statunitensi, perché vi scorgevo la premessa per un devastante indebolimento dell’impero. Quello stesso impero che ha creato la dittatura europea e la tiene in piedi, non solo colla sua influenza, ma colla sua sola esistenza bilanciante e moderatrice.
A mio avviso è fuorviante discutere l’euro fuori dal contesto dell’impero mondiale statunitense e del capitalismo terminale imposto al suo interno. Lo si fa per restringere l’argomento e anche perché la sinistra – per ridere – non gradisce vedere le devastanti responsabilità della globalizzazione.
Vincenzo Cucinotta
Secondo me, non ha senso alcuno dividersi tra due tesi opposte su come gli USA si pongano e e si siano posti rispetto all’evoluzione delel forme di cooperazione e di aggregazione europea.
Qui, come sempre, vengono a sovrapporsi interessi differenti e talvolta perfino opposti.
In Europa, sono sempre esistiti due distinti partiti, l’uno del tutto prono agli USA, e l’altro che, non potendo comunque ignorare il potente alleato, ha sempre tentato di introdurre elementi che permettessero all’europa di distinguersi dagli USA, ma anche qui non avrebbe senso pensare che ci sia stato qualcuno cheabbia lavorato nella UE attivamente contro gli USA. Se si dice contro gli USA, si tende non del tutto succube agli USA.
Ciò dovrebbe portare all’ovvia conclusione che la storia dell’europa è sempre influenzata da questi interessi in parte divergenti, come del resto avviene sempre in politica.
Detto questo, trovo anche stavolta “sguaiata” la reazione dei noeuro, a cui tra parentesi aderisco anche io, nel tentativo che non può che risultare vano, di dire che la crisi dell’euro è endogena e comincia sin dalla sua adozione.
I fatti sono duri a morire, malgrado i nostri sforzi dialettici, e ci dicono che sino al 2008 i danni dell’euro non si vedevano, come ci dicono anche che la crisi indotta dai mutui subprime negli USA sia la vera ed unica scintilla che ha causato la crisi economica che ancora è presente su tutto il globo.
Certamente, l’euro era sbagliato sin dall’inizio, ma scusatemi, chi se ne frega, il problema non sta nelle sue doti intrinseche, ma in ciò che ha causato in presenza di una crisi così profonda, tant’è che i varii economisti che hanno guadagnato fama e visibilità dalle loro posizioni noeuro, non se n’erano accorti, fino non al 2008 , ma addirittura fino al 2011. Ammettiamo almeno che la cosa non era così ovvia e scontata se tali geni acclarati ed acclamati come tali non avevano ancora capito niente di niente.
Quindi, come dice anche Lorenzo, finchè la barca va, anche l’euro puà andare bene, ma quando c’è bonaccia di vento , se uno c’ha i remi, si difende, se uno li ha buttati in acqua, non ha speranza alcuna, tutto qui, non eravamo attrezzati ad una situazione di crisi.
Questo mi pare ancora un ottimo motivo per abbandonare al più presto l’euro, ma dovremmo farlo con la consapevolezza che vedo che altri non manifestano, che l’abbandono dell’euro è solo una parte della storia, solo un primo passo verso una differente politica economica.
La pretesa di attribuire ogni male al solo euro ha purtroppo come contropartita il pensare che il suo abbandono abbia proprietà taumaturgiche, così che a parole tutit si dicono concordi nel sostenere che ci vorranno molte altre iniziative economiche e finanziarie, ma il dibattito riguardo a quali siano questi passi ulteriori sta a zero, anzi qualcuno si spinge fino al punto di dare del traditore a chi chiede di ampliare l’area del dibattito come fomentatore di divisioni che non ci possiamo permettere.
Questa tesi è davvero strampalata, come se bastasse tacere su ciò che ci divide per essere più uniti, come se si adottasse come metodo di pulizia l’accumulare la polvere sotto il classico tappeto.
Io invece ho chiara la situazione che si verrà a determinare dopo l’abbandono dell’euro, gli avversari a partire dagli USA, useranno carota e bastone riuscendo agevolmente a disgregare un fronte incollato con la saliva, sarà per loro un gioco da ragazzi.
Se finissimo una buona volta di reagire istericamente a chi chiede di approfondire il panorama post-euro, non sarebbe una cosa positiva ma io direi anche vitale?
Roberto B.
Sono d’accordo e aggiungo anche un’altra considerazione, oltre alla mia convinzione che l’abbandono della moneta unica non sarebbe consentita al singolo Paese.
Mi pare che questa discussione sia oramai divenuta obsoleta e stucchevole.
Pare che non ci si renda conto che abbiamo gli euro in tasca ormai da 15 anni, che diverranno inevitabilmente 16 e, anche nell’ipotesi di decidere l’uscita stesso domani, dovremmo tenerceli almeno fino a tutto il 2017.
Intere generazioni di giovani, compresa mia figlia di 25 anni, non hanno conosciuto altra moneta, tantomeno la liretta da noi tanto rimpianta.
Siamo tutti più o meno d’accordo e consapevoli che sarebbe comunque un nuovo e forse peggiore bagno di sangue, anche senza considerare la guerra aperta che ci verrebbe fatta da mezzo mondo.
E, almeno per qualche anno, precipiteremmo in una crisi ancora peggiore dell’attuale.
I ragazzi non lo capirebbero e non ce lo perdonerebbero.
Che fare quindi? Intanto, anche se può sembrare contraddittorio, suggerisco di tenere comunque il referendum e votare per l’uscita, sperando di smuovere un po’ le acque e riuscire ad ottenere qualche minimo aggiustamento.
Poi, non ci resta che sperare che proprio quei giovani di cui ho parlato riescano in qualche modo a raddrizzare le cose nei prossimi 5-10 anni. Impossibile? Non credo: a giudicare da quello che vedo e sento in casa mia, loro sono già oltre. E in fondo stiamo parlando del loro futuro ed è auspicabile che abbiano le energie e le capacità per costruirselo.
Mentre sto scrivendo mi trovo a Singapore, dove negli ultimi 4 giorni ho potuto vedere e capire cose che non avevo messo a fuoco prima.
Se avessi spazio e questo fosse il mio blog, ci scriverei sopra un pezzo. Ma non è così, perciò mi fermo qui.
Vincenzo Cucinotta
Ma che c’entra quello che scrivi con ciò che ho detto io? Possibile che io mi sia espresso così male da poter essere interpretato nel senso che addirittura io starei per continuare con l’euro?
Caro Roberto, non condivido nulla di ciò che dici e mi spiace di essere stato totalmente equivocato.
Roberto B.
E’ legittimo, questo è uno spazio di confronto delle opinioni, mi pare.
Ma per rispondere nel merito, quello che ho capito dal tuo intervento non è una posizione favorevole al mantenimento dell’euro.
Se non ho letto male auspichi di poter ragionare serenamente e senza isterismo sul dopo euro.
Ed è su questo che concordo e su questo ho risposto di conseguenza. Lasciando da parte inutili barricate, io non vedo nessun dopo-euro. I motivi li ho già espressi e non sto li ad annoiare ripetendoli. Piuttosto, avrei gradito una confutazione motivata su quanto ho scritto.
O per lo meno, un ipotesi di scenario possibile sul dopo-euro, magari spiegando anche come e quando arrivarci ad un dopo-euro.
Ok, prendo atto e chiedo venia per il frainteso. Per il resto, ci sarà tempo e modo di argomentare, magari anche con i contributi del prof. e degli altri interventori.
Cordiali saluti.
Cinico Senese
Prof, ti sei iscritto alle Brigate Kalimera? perchè da qualche post stai usando le loro argomentazioni buoniste alla sVentola Boldrina : l’euro è buono, solo che è stato usato male, se facciamo la Federazione Europea l’euro diventa buono e arrivano soldi per tutti.
Aldo Giannuli
non ho affatto detto euesto:cosa te lo fa pensare?
Lorenzo
Vorrei aggiungere un’osservazione che (in mezzo a tante sciocchezze) emerge continuamente dai giornali tedeschi: non si può andare avanti all’infinito col capitalismo anglosassone del debito. Altrimenti continueranno a venir fuori bolle colossali. Qui è difficile dargli torto. Il debito è il rimedio – provvisorio e quindi solo apparente – per l’immiserimento reale indotto da finanziarizzazione e delocalizzazioni. E’ stato così per la capacità di consumo del gregge ed è così anche per le nazioni. Immaginiamo di riavere una valuta nazionale e di poter contrarre ulteriore debito. In pochi anni lo stesso schizzerebbe dal 135 % al 170 (livello greco), al 200 (livello giapponese) e oltre per un – diciamo – 1% in più di crescita. Quanto reggerebbe la situazione, anche con la banca d’Italia sotto controllo statale?
La verità è che il capitale e l’industria sono volate via nel corso degli ultimi 25 anni portandosi appresso il benessere costruito nell’arco dei 70 anni precedenti. Nel disinteresse di classi politiche totalmente corrotte e asservite, e di una popolazione mediatizzata, svirilizzata e inebetita. Il debito è il medium che è servito a indorare la pillola e nascondere la situazione. Dopo il 2008 anche quello è arrivato al limite e ci avviciniamo al tracollo. Che non conviene a nessuno e che tutti cercano di rimandare per vivere in dulci jubilo qualche anno di più. Ecco cosa c’è dietro alla grande paura di uscire dall’euro constatata da Cucinotta. Ecco perché, nel dibattito pubblico, si continua a danzare intorno ai problemi di fondo. Ciascuno spera che il peggio tocchi a qualcun altro e tira a campare.
Un popolo degno di questo nome potrebbe anticipare la rottura nella speranza di gestirla meglio. Espropriando il debito e cercando di rilocalizzare l’industria. Ciò equivarrebbe a un’entrata in guerra, come ce ne sono state tante nella storia. La libertà e la dignità hanno un prezzo. Che un’umanità degenerata non si sogna di pagare.
Nota sulla Germania: è il Paese che è riuscito a ritagliarsi un suo limbo nell’inferno della globalizzazione (ai dannati il limbo sembra un paradiso). E lo difende facendosi forte del fatto che le regole euriste sono state liberamente sottoscritte da chi le ha volute sottoscrivere. Ora non so quanto senso abbia dare addosso alla Germania perché è riuscita a volgerle a proprio vantaggio. Per farlo ha anticipato di 15 anni lo smantellamento del proprio stato sociale e il gregge ha accettato tutto con disciplina teutonica. Che poi al momento del crack riesca a conservarsi nel suo stato privilegiato, colle banche e gli enti locali ingrommati nei crediti inesigibili rifilatile dal conquistatore anglosassone, è un altro discorso. Chi vivrà vedrà.
Gherardo Maffei
Ci si spacca il capello in quattro, come dei legulei di provincia sulla questione dell’euro. Meri tatticismi, al pari dei bonzi indù, che passano la vita ad osservarsi l’ ombelico e che non guardano la foresta che brucia attorno. Dopo quasi un secolo di intossicazione “sterminazionista” , adesso ci toccherà per un lungo analogo periodo l’intossicazione “immigrazionista” ove la foto del bimbo annegato ci verrà propinata ad ogni piè sospinto.Io invece ricordo che sotto lo sguardo compiaciuto dei coloni israeliani, che dall’alto delle colline circostanti, mentre bevevano coca cola e mangiavano patatine fritte, muniti di binocoli osservare uno dei più potenti eserciti del mondo, sterminare in quindici giorni quattrocento bimbi palestinesi a Gaza. Ma di loro nessuna foto è mai stata pubblicata. C’è poco da fare dell’ironia, c’è poco da buttarla in gazzarra, o in Gaz,. L’Europa sarà un inferno con l’euro o senza l’euro.
Gaz
.. buttarla in Gaz .. Ottima battua, mi ha fatto sorridere. IO non ci avevo mai pensato.
Lorenzo
Ben detto. Un’umanità con un minimo di palle una volta individuato il nemico lo combatte, non passa il tempo dietro a una tastiera a discettare sulle remore post- di qui e post- di là. In questi dibattiti dei sinistrati ci sono 30 anni di Tsipras e Rifondazioni varie.
Qualcuno ha scritto “almeno per qualche anno, precipiteremmo in una crisi ancora peggiore dell’attuale. I ragazzi non lo capirebbero e non ce lo perdonerebbero.” Alla gioventù di oggi servono 30 anni di guerre che le restituiscano la dignità e la ferocia della disperazione, fra quello che perde le gambe al fronte e quello che si vede morire la mamma di influenza perché mancano gli antibiotici.
All’insipida massima cartesiana “penso dunque sono” bisogna sostituire quella, legata al contesto esistenziale, “penso dunque ho dei nemici; ho dei nemici, dunque penso”.
“Penso perché ho dei nemici. Penso, dunque non sono (non sono sicuro); perché sono minacciato dal mio simile. Mi penso, dunque sono doppio, io e ciò o colui che viene pensato. Penso, di conseguenza (perciò) ho dei nemici. Il nemico nasce dal fatto che io ne acquisto coscienza; lo genero come Dio padre genera Dio figlio. Penso il mio nemico, dunque non siamo due, ma uno solo. Il pensare crea nemici, i nemici pensano – ergo existant qualitate qua hostes” (Carl Schmitt).
Gaz
Perdindirindina di tutti i mortaretti nucleari e tric e trac atomici !
Liaeo
Caro professoree, la stimo molto ma non riesco a trovare interessanti queste osservazioni a corto raggio. Piuttosto, non capisco perche’ Tsipras, che ha avuto in mano il destino dell’Euro, abbia prima preparato un piano di fuga da questa moneta, abbia contrastato le richieste della EU, abbia addirittura fatto svolgere un referendum e infine si sia tirato indietro abbassandosi le braghe. Che abbia cambiato idea e’ certo. Incerto e’ se questo cambiamento derivi da una sorta di ripensamento o da un fattore esterno. Lei che ne pensa?
Roberto B.
Mi scusi Maffei, ma che ci azzeccano Israele ed i bambini palestinesi ammazzati dagli israeliani con il ruolo mancato dell’Europa e, soprattutto, con la questione euro?
Che poi a voler essere onesti e umanitari fino in fondo, si dovrebbero anche ricordare i tanti morti israeliani, bambini e non, uccisi dai palestinesi.
La guerra è questo: si muore da una parte e dall’altra. E Israele è in guerra permanente, fin dalla sua nascita.
Rifiutare la guerra (e io la rifiuto), vuol dire proprio rifiutare distruzione e morti ammazzati, a qualsiasi colore e etnia appartengano.
Lei, mi perdoni, e’ uno strano miscuglio di incongruenze: disapprova il cosiddetto “buonismo”, ma quando le fa comodo caccia dal cilindro i poveri bambini ammazzati dai cattivi ebrei.
Perché chiaramente lei ce l’ha con gli ebrei, non con gli israeliani. Se Israele non fosse un Paese a maggioranza di religione ebraica, lei non farebbe gli stessi ragionamenti.
Mi sbaglio?
Gherardo Maffei
Non sono il solo ad uscire dal seminato. Tutti coloro che intervengono, si concedono ampie riflessioni e non si attengono solo al nocciolo della questione indicata dal titolare del blog. Sulla questione dell’euro ci si comporta esattamente come chi guarda il dito che la indica e non la luna. Voglio ribadire che euro o non euro l’Europa sarà un inferno. La megera tedesca Merkel, a cui è già stato conferito il premio Kalergi, sta attuando il piano Kalergi, vale a dire la sostituzione degli indigeni europei con una fiumana di allogeni extra europei. La fine dell’Europa, fu sancita nel 1945, ove non fu sconfitta la sola Germania,l’ ultima trincea europea che la difendeva , ma l’Europa intera. Ciò premesso il popolo tedesco venne praticamente evirato mentalmente, tanto da affidare la propria fine ingloriosa,con una resa incondizionata agli invasori mai vista in Germania prima d’ora, ove orde di asiatici e africani, vengono accolti trionfalmente, da una cancelliera femmina!. In politica nulla avviene per caso. Euro o non euro l’Europa della Merkel sarà un inferno!
Gaz
Da ultra ottagenuario, tra poco novantenne, mi permetto di inviare un contributo filmico di un filosofo della scuola partenopea, a me caro.
https://www.youtube.com/watch?v=NRiz7onITF4
Diego
Che l’avvento dell’euro sia stato un successo prima del 2008 è stato negato da una sfilza di economisti tra cui anche qualche premio nobel….l’euro è responsabile dell’esplosione dei debiti privati nei paesi periferici ( Grecia Portogallo Irlanda) nonché della bolla immobiliare spagnola. Prima del 2008 si stava semplicemente preparando il disastro che sarebbe seguito.
Quanto all’Italia, l’avvento dell’euro è stato catastrofico sin dall’esordio. Proprio perché siamo (eravamo) il maggior competitor della Germania nel settore industriale, che è un settore molto sensibile alle variazioni del cambio, essendo i prodotti industriali tutti commerciabili a livello di scambi internazionali, contrariamente al settore dei servizi. Un economia come la Francia ad esempio, con un settore terziario molto più importante del nostro ha retto meglio, nei primi anni, l’impatto dell’euro.
Grecia Spagna Portogallo e Irlanda invece sono cresciute, ma in maniera del tutto “artificiosa” a causa dell’afflusso massiccio di capitali bancari dalla Germania reso possibile grazie all’euro che metteva a riparo dal rischio di svalutazione dei capitale investito.
Pierluigi
@Diego
Mi sembra il caso di sfatare la vulgata per la quale ….l’euro è responsabile dell’esplosione dei debiti privati nei paesi periferici…..
Solo da poco le maggiori banche europee sono soggette alla vigilanza BCE.
Successiva alla crisi è anche la riforma prudenziale (Basilea III) per i rischi di mercato, per il rapporto di leverage massimo e, quindi, per i nuovi standard di dotazione patrimoniale e per i requisiti di liquidità.
Precedentemente la vigilanza era esercitata dalle banche nazionali e non si prestava la dovuta attenzione agli standard di cui sopra.
Ciò è stata concausa determinante dell’esplosione del debito privato e delle bolle immobiliari.
Per fare un esempio, la bolla immobiliare spagnola è stata in grande misura finanziata dal Cajas, le casse di risparmio spagnole, quasi tutte sotto controllo politico.
Al politico della città fantasma a 70 km da Madrid, con agganci nel CDA della Cajas locale, non sarà sembrato vero far finanziare la costruzione di nuovi quartieri dormitorio in barba a tutti i criteri di ragionevolezza relativi ai rischi di mercato, al rapporto di leverage ed ai requisiti di liquidità.
Quando i quartieri dormitorio sono rimasti invenduti è scoppiata la crisi e lo Stato ha dovuto ripianare il default della Cassa di risparmio.
Perchè un fenomeno del genere sia sistemico è necessario che il governo centrale sia favorevole a sostenere la crescita per il tramite del settore immobiliare che, per sua natura, è al riparo dalla concorrenza globale.
E quindi anche le banche nazionali hanno chiuso un occhio, ma anche tutti e due, sugli squilibri del sistema.
La riprova che gli squilibri conseguenti al boom del credito abbiano poco a che fare con l’Euro viene dalla GB, che pure è fuori dall’Euro, dove il sistema bancario è saltato per le stesse identiche cause e dove, come in Grecia, Spagna o USA, è intevenuto lo Stato.
Ed anche la Germania, non a caso, si è opposta alla vigilanza BCE sulle Sparkasse.
io
Alle volte, guardando un po’ al passato recente, vedo di fronte due modelli di evoluzione per l’Europa. Da un lato quello federale, che comporterebbe una cessione di sovranità su alcuni temi fondamentali ad una struttura sovranazionale, ancora da creare. Oggi le decisioni vengono prese a livello di Stati. Come già scritto in altri post, fa un po’ sorridere pensare che per una decisione quale quella di imporre sanzioni alla Russia, per fare un esempio, anziché il Governo federale americano si dovessero riunire 50 stati con 50 governatori a votare per questo. Se non fa sorridere per il caso europeo, significa che la distanza per l’edificazione di uno Stato federale é abbastanza lontana. L’altra tendenza che vedo, come modello gestionale, é simile a quella del comunismo sovietico (al netto dell’ideologia, intendo come modus procedendi). Ci sono gli Stati nazionali, certo, ma l’obiettivo é quello della diffusione dell’europeismo nei Paesi satellite rispetto a quello che costituisce il motore della locomotiva, un tempo l’URSS ora la Germania. Per fare questo ci si appoggia a governi guidati da partiti europeisti come un tempo erano i vari partiti comunisti. Non mi pare un modello di per se vincente perché presuppone l’assenza di opposizioni o la marginalità delle opposizioni nazionali. Cosa diversa é invece far partecipare i movimenti di opposizione in strutture federali e renderli minoritari democraticamente senza escluderli dal gioco politico. Sono solo riflessioni di passaggio ispirate dall’articolo