Breve la vita felice dell’Euro…

Non credo di dover elencare le mie “medaglie” nella battaglia contro l’Euro, posso solo dire che il primo articolo contro la moneta unica lo scrissi su “Liberazione” nella primavera 1997 e da allora sono sempre stato critico (se non ostile) di questa geniale trovata della moneta unica. Però, un po’ di equilibrio ci vuole sempre.

Diversi interventi hanno criticato la mia affermazione per la quale sino al 2008 ho parlato di “innegabile successo dell’Euro” che, invece sarebbe stato un fallimento sin dall’inizio. Tutto sta a capirsi sui termini. Se per successo si intende il raggiungimento degli obiettivi strategici della moneta (concorrenza al dollaro come moneta di riferimento internazionale, convergenza delle economie nazionali ecc.) sicuramente questo non c’è stato, ma è anche vero che sarebbe fuori di luogo attenderselo, perché questo avrebbe richiesto parecchi anni.

Io parlo di successo prima del 2008 in riferimento a questi dati:

-sostanziale stabilità della moneta e inflazione molto contenuta anche nei paesi (come l’Italia), che avevano abitualmente una inflazione superiore alla media degli altri paesi europei (anche se la tendenza al calo dell’inflazione, per l’Italia, era già iniziata da un ventennio)

-dopo una prima fase sfavorevole in cui l’Euro, nel cambio con il dollaro, perse circa il 25% del valore iniziale, poi risalì (anche grazie a quella solenne cantonata degli americani che fu la guerra contro Saddam) per restare stabilmente sul valore fra 1,25 ed 1,29 sul dollaro sin oltre il 2008

-soprattutto, l’Euro ebbe successo dal punto di vista della credibilità sui mercati finanziari, come dimostra il fatto che tutti i titoli pubblici europei (compresi quelli di Italia, Spagna e persino Grecia) pagarono interessi bassissimi per tutto il periodo in questione, al limite del rendimento negativo, perché i mercati immaginarono (illudendosi!) che l’emissione in Euro valesse come garanzia solidale dell’Eurozona nei confronti del debito di ciascuno, come se all’adozione della moneta unica corrispondesse una sorta di messa in comune del debito.

Sappiamo che dopo non è andata così, che i paesi debitori netti sperperarono quell’occasione, che le premesse del disastro c’erano già dall’inizio… tutto quello che volete, ma non c’è dubbio che l’operazione, sul breve periodo, abbia funzionato alimentando l’euforia degli europei che si convinsero del successo dell’operazione. Mi sembra difficile contestare questi dati di fatto.

Questo, in parte risponde anche a chi mi ha contestato il rapporto fra crisi del debito pubblico europeo e crisi bancaria del 2008. Mai detto che l’origine iniziale della crisi del debito pubblico europeo sia stata quella del 2008: il debito pubblico europeo è cresciuto dagli anni ottanta in poi per effetto della particolare crisi fiscale dello Stato. Da un lato, infatti la spesa corrente ha continuato ad essere dimensionata sulla base di uno stato sociale avanzato alimentato da un forte gettito fiscale, dall’altro il gettito è andato riducendosi per effetto della mobilità dei capitali sancita dalla fase neoliberista, per cui i grandi capitali sono “emigrati” alla ricerca del fisco più “economico”. Questa è la base, ma la cosa si è protratta per decenni alimentata da un debito che pagava interessi assai bassi, poi è arrivata la crisi bancaria che ha inciso in due modi: direttamente ed indirettamente. Direttamente per via dei salvataggi bancari che hanno trasferito all’erario le perdite del capitale privato (in particolare è il caso inglese ma non solo). Ma soprattutto indirettamente, vuoi per le continue emissioni di liquidità che non hanno fatto altro che alimentare lo stesso debito per via degli interessi, e poi perché questo ha spezzato l’incanto europeo dei bassi interessi per tutti. D’improvviso (già nel tardo 2009) ci si è accorti che c’erano paesi come la Grecia che non avrebbero mai potuto ripagare il debito accumulato e, di colpo, interessi che, sino a pochissimo tempo prima, si aggiravano intoro al 2 o 2,5% si sono impennati e la Grecia si è ritrovata a pagare interessi demenziali sino al 17%, la Spagna (che però ha uno stock di debito abbastanza contenuto) ha raddoppiato il carico degli interessi, ma, soprattutto l’Italia si è ritrovata a fare i conto con uno spread impazzito (e, magari nel novembre 2011 c’è stata qualche pietosa manina che ha aiutato a gonfiare la tempesta). Dunque, un rapporto fra crisi bancaria e crisi del debito pubblico esiste.

E veniamo al terzo punto, l’ostilità nei confronti dell’Euro ha sviluppato un immaginario che ha due punti base connessi: la colpa della crisi economica è solo dell’Euro, per cui, se ci decidiamo ad uscire dall’Euro i nostri problemi sono risolti. Mi dispiace ma le cose non sono così semplici.

Per quanto, lo ripeto ancora, io sia un convinto oppositore dell’Euro e pensi che esso abbia aggravato la situazione, non sono affatto convinto che tutte le disfunzioni della nostra economia possano essere messe sul conto dell’Euro. E’ il più generale ordine economico mondiale, basato su una scellerata finanziarizzazione di tutto. Dunque, anche dissolto l’Euro, la fetta più grossa dei problemi resterebbe, anche perché poi dobbiamo anche capire che si fa del debito accumulato.  Ma anche se l’Euro fosse il nostro unico problema (e così non è) non ne consegue affatto che una uscita, magari unilaterale, sarebbe la fine dei nostri guai. Su questo conviene essere chiari soprattutto da parte di chi –come il sottoscritto- sostiene la fine dell’Euro: non si tratta di una mossa indolore o poco rischiosa. E’ una scelta che avrà costi sociali ed umani pesanti e con il rischio di romperci le ossa, ma restare dentro è anche peggio.

Mettiamola così: siamo al sesto piano di un palazzo in fiamme e con le scale impraticabili. Possiamo restare dentro, ma con la certezza matematica che tutto ci crollerà in testa e resteremo schiacciati sotto le macerie, se pure non finiremo arrostiti o asfissiati molto prima. Oppure possiamo lanciarci giù con discrete probabilità di centrare il telone di salvataggio e cavarcela con un po’ si slogature e molti ematomi. Voi che fareste? Inutile dipingerci la realtà color di rosa, il modo meno traumatico è quello di arrivare ad una uscita concordata da questa situazione premendo perché cresca la consapevolezza dei termini reali del problema.

Aldo Giannuli

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Aldo Giannuli

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Comments (55)

      • Che uscirne con le ossa rotte dal euro è ottimistico, penso che l’effetto sarà peggiore del crollo delle TT, più che altro perché nessuno organizza una strategia di uscita dal euro, né un risanamento economico serio che non sia taglio alle pensioni e alla spesa sociale. Tutti pensano che prima o poi, a furia di privazioni, vi sarà una rivolta dal basso. Difficile non perché la popolazione è troppo vecchia o troppo inconsapevole, ma perché una rivolta senza una via di uscita non porta a niente )-: altrimenti la Grecia sarebbe molto più simile alla Syria )-: ma questo si continua a ripeterlo ormai da un po’ troppo tempo )-:

  • Stavolta siamo d’accordo Aldo, ma purtroppo temo tanto che rimarremo schiacciati tra le posizioni estreme.
    Proprio perchè convinto che la crisi sia dovuta alla globalizzazione e che l’euro l’abbia soltanto accentuata, non credo all’uscita concordata, perchè in questo caso rimarremmo nell’ordine attuale delle cose e quindi soggetti alla globalizzazione. Ci vuole un atto unilaterale che includa l’uscita dall’euro come uno dei punti fondamentali della lotta alla globalizzazione.
    Lasciamo ai sostenitori dell’euro come unico ed assoluto male l’ipotesi dell’uscita concordata, se si accettano condizioni che ci sarebbero imposte dagli USA, direttamente o tramite altri stati compiacenti, quest’uscita non risolverebbe quasi nessun problema, perchè è la globalizzazione il vero male da combattere.

    • Non sono sicuro di interpretare correttamente il post, tuttavia non credo di aver capito in che senso possa esserci un capitalismo non globalizzato e/o finanziario.

      Va bene non essere teleologici ad ogni costo, ma la tendenza spontanea manifestata in qualche secolo di storia mi pare sia quella.

      Per chiarire: la prospettiva a là Bove, per chi si ricorda il dibattito del 2001, non mi ha mai persuaso molto.

  • Caro Prof. Giannuli,

    continuo a non essere d’accordo. Il punto principale del mio dissenso riguarda l’interpretazione della parola successo.
    Perché mai dovremmo definire tale il raggiungimento di una bassa inflazione, un cambio forte sul dollaro e tassi di interesse bassi. Affronto i tre temi separatamente

    – Bassa Inflazione. Innanzitutto un’inflazione troppo bassa non è affatto un bene né indice di salute dell’economia, quindi non è chiaro come questo possa essere preso come un dato OGGETTIVAMENTE positivo. Ad ogni modo come lei ha già ricordato l’inflazione era in calo un po’ dappertutto. I fenomeni iper-inflattivi dai quali l’euro avrebbe dovuto difenderci non erano affatto un pericolo concreto.
    Per contro negli anni d’oro della moneta unica
    l’inflazione nell’EZ è stata sì mediamente bassa, ma nient’affatto omogenea. In particolare la Francia è riuscita a seguire il monito della BCE di un inflazione al 2% mentre in Germania si è rimasti ben sotto questi livelli e nella periferia invece l’inflazione si è alzata sensibilmente grazie al credito facile ottenuto con la “credibilità dell’euro”.
    L’Euro da questo punto di vista è stato sempre e solo un fallimento. Avrà forse ridotto in generale l’inflazione nell’eurozona ma A) non è detto che questo sia stato un bene B) non ha aiutato i tassi di inflazione a convergere nelle economie dotate della stessa moneta, cosa dagli effetti ben più gravi rispetto a un inflazione moderatamente alta.

    – Il discorso sul cambio proprio non lo capisco sinceramente. Dove sta scritto che un cambio “forte” porti benefici all’economia. Anche qui siamo prigionieri della logica “one size fits all”. L’euro forte non è affatto forte per la Germania data la sua produttività anzi è sottovalutato. Di contro è ipervalutato per le economie mediterranee.
    Il produttore italiano/spagnolo/greco/portoghese (ma anche Finlandese come possiamo vedere ora) contento di avere una moneta forte con cui comprare le materie prime ci mette molto poco tempo a rendersi conto che i suoi prodotti costano troppo al momento della vendita e che subisce una concorrenza spietata dai grossi gruppi industriali esteri.

    – Bassi tassi di interesse sul debito pubblico. Bene siamo tutti contenti di poterci rifinanziare a tassi bassi ma questo vantaggio è inscindibile rispetto alle problematiche commerciali indicate prima. I tassi bassi hanno permesso a tutte le economie europee di ridurre il debito pubblico, embé?
    Peccato che contemporaneamente la struttura produttiva del paese veniva soffocata dall’apprezzamento continuo del tasso di cambio reale (a causa delle dinamiche inflattive Germania vs. Periferia).
    Il debito pubblico è un problema di crescita e la crescita all’interno dell’euro nei paesi periferici può essere garantita solo attraverso il debito PRIVATO estero. Quando i nodi vengono al pettine a causa di un qualsivoglia shock esterno (2008) i capitali smettono di arrivare i tassi si alzano e ci si ritrova in mutande.

    Detto questo sono d’accordo sul fatto che non basti rimuovere l’euro per risolvere i problemi economici dei paesi Europei. Questa però è condizione necessaria. E’ un po’ ridicolo prendersela con la iperfinanziarizzazione dell’economia e dire che i primi anni dell’Euro sono stati un successo. La moneta unica è PRECISAMENTE un modo per garantire ai capitali finanziari di viaggiare indisturbati senza rischio di cambio, insomma lo strumento supremo della finanziarizzazione. La crescita nell’area euro (che lei ha definito un successo) dal 2001 al 2008 è PRECISAMENTE dovuta al grande afflusso di capitali nelle economie periferiche, è stato cioè un risultato effimero della libera circolazione dei capitali. Insomma l’euro è la finanziarizzazione, condannare la seconda ma non il primo è un atto di equilibrismo logico.

    • ……La moneta unica è …….lo strumento supremo della finanziarizzazione….
      E’ informato dell’esistenza del dollaro, di Wall street, dei subprime ecc.?
      Le segnalo in proposito un’interessante lettura: http://www.associazionelatorre.com/2014/08/dal-petrodollaro-al-petroyuan/
      Se poi sentisse il desiderio di approfondire ulteriormente, le segnalo Bagnai che, quando ancora non pensava di diventare presidente del consiglio, scriveva cose faziose ma interessanti http://www.costituzionalismo.it/articoli/406/.
      Infine, se assetato di conoscenza dovesse ritenere di andare oltre Goofy ormai preda di delirio autocelebrativo, potrà leggere Limes 7/2015 pagg. 191 e ss.

      • E lei dà credito a cose del genere?: “… Economicamente, il primato del dollaro deriva dal “signoraggio”, la differenza tra costo per la stampa del denaro e il suo valore …”
        Anche Lannutti ha smesso da un pezzo di dire fesserie di questa natura.
        Sa qual è il costo della stampa del danaro? Zero, e non da ora.
        PS: E’ sicuro di avere ben capito l’articolo di Bagnai nel quale scriveva cose così faziose da essere condivise dalla quasi totalità degli economisti (anche mainstream) del mondo?

      • Pierluigi non mi ha letto o comunque se lo ha fatto non ha elaborato quello che ho detto. La finanziarizzazione è semplicemente la circolazione dei capitali libera e indisturbata. Che le piaccia o no Wall Street e il dollaro rimarranno lì dove sono con o senza Euro, a meno che lei non disponga di uomini e mezzi per far partire una rivoluzione socialista negli USA. La domanda è un’altra come possiamo opporci all’eccessiva finanziarizzazione dell’economia rimanendo nell’Euro. Se c’è una possibilità di arginare questo fenomeno (al livello nazionale) è abbandonare l’architettura ultra-liberista europea di cui l’Euro è la chiave di volta.
        Se vogliamo combattere la finanziarizzazione con l’euro, la BCE indipendente e il trattato di Maastricht…

        • @Antonio
          ……La moneta unica è …….lo strumento supremo della finanziarizzazione….
          Questo lo ha scritto lei e non c’è molto da elaborare.
          Quanto al fatto che Wall Street e il dollaro rimarranno lì dove sono con o senza Euro sembra un’affermazione di Fukuyama….
          In ogni caso Lei, differenza di altri commentatori, sembra pensante e, perciò, le rinnovo l’invito a meglio documentarsi.
          Scoprirà che la finanziarizzazione dell’economia è diventata la colonna portante del potere USA e che la stessa può essere arginata solo creando alternative al dollaro ed a Wall street.
          Diversamente, continueremo a finanziare le guerre americane consentendo agli USA i profitti del signoraggio.
          Inoltre, poichè …. lo scopo dei privato dei più esperti investitori è passare al prossimo la moneta cattiva …continueremo a subire una tirannia che si manifesta attraverso lo spaccio di titoli tossici come i subprime.

    • Sono d’accordo e aggiungo che è assolutamente vero che il debito pubblica italiano si è formato in gran parte negli anni 80, ma è anche vero che fino a quando non è apparso l’euro, con i vari trattati a fargli da corollario (vedi il famoso 3% di Maastricht), non è mai stato un problema ingestibile. Certo, nel 92/93 Amato fu costretto a svalutare pesantemente la Lira, con annessa tassa sui c/c, ma se confrontiamo quella manovra con quella che ha fatto Monti nel 2012, possiamo renderci conto di quanto un cambio flessibile sia di gran lunga preferibile alle politiche di austerità fiscale e di svalutazione salariale imposte dal cambio fisso. Aggiungo che negli anni successivi ad un svalutazione di più del 20%, l’inflazione non andò oltre il 6%. Ciao.

    • Ben detto!
      Non c’è niente da fare, c’è un sacco di gente che pensa che l’Europa Unita (USE: Unione Sovietica Europea) sia un’eccezione, oppure addirittura un ostacolo, alla “globalizzazione-finanziarizzazione” o come diavolo volete chiamarla. E che questa la si deve battere a livello mondiale. Ma che dico mondiale! Interplanetario! Ma che dico interplanetario! Galattico!
      e così, nel frattempo, nell’attesa della rivoluzione Universale protelaria, ci teniamo la nostra iperglobalizzazione su scala continentale.
      I tedeschi ci sono sempre maestri, fin dai tempi di Johan Sebastian Bach, anche in materia di satira:
      http://leprechaun.altervista.org/Public/Germania-Grecia.html

    • Ottimo intervento. Sottoscrivo al 100% quanto scritto da Antonio.

      Purtroppo il Prof. Giannuli – che è, per tutto il resto, un raffinato analista – sembra avere l’ossessione del debito pubblico tipica di un avventore medio da bar.

      Si scherza, naturalmente Prof…

      Ma – scherzi a parte – come si spiega che il Giappone ha un debito pubblico superiore al 200% e se ne frega beatamente (ed è, peraltro, considerato una delle economie più solide del mondo)? Come può avvenire questa magia, Professore? Le suggerirei di approfondire questo dettaglio di politica economica (se non vuole leggere Rainhart e Sbrancia, articolo che le ho già suggerito a suo tempo). E badi che la leggenda de “l’insostenibilità del debito pubblico” è un tassello fondamentale nel mosaico dell’ideologia e della propaganda neoliberista.

      Il debito pubblico è sempre sostenibile finchè c’è una Banca Centrale a sottoscriverlo. Il problema non è quello del debito pubblico, dunque. La “crisi fiscale dello Stato” di cui Lei parla è proprio cominciata da quando, nel 1980″, è stato impedito (statutariamente) alla Banca d’Italia di monetizzare i titoli emessi dal Tesoro.
      Dunque, mi ripeto, il problema non è lì. Si VUOLE dare l’impressione che sia lì perchè questo è il metodo con cui hanno preso in giro i cittadini per decenni, convincendoli un poco alla volta che smantellare il Welfare (“che non possiamo più permetterci, perchè lo Stato non ha soldi”) sia cosa buona e giusta.

      • be sai, quando il debito pubblico ti mangia 4 o 5 punti di Pil solo per pagare gli interessi e, quindi, devi esercitare una pressione fiscale bestiale per farvi fronte, c’è poco da essere ossessionato: sei alla corda dell’impiccato

        • E basta co sto debito pubblico. Il debito pubblico è un problema di crescita (cit. Keynes). Il punto (se si vuole ridurre il debito pubblico e non è detto che sia strettamente necessario o comunque non nei tempi imposti dalla BCE) è far crescere il PIL più del debito, e questo udite udite in una fase di depressione si può fare anche spendendo a deficit.
          Niente di strano eh, Date un’occhiata a questo post di uno di passaggio
          http://krugman.blogs.nytimes.com/2015/09/15/keynesianism-explained/?module=BlogPost-Title&version=Blog%20Main&contentCollection=Opinion&action=Click&pgtype=Blogs&region=Body&_r=0

          Quindi la tassazione bestiale è una scelta politica, per di più sbagliata, non un accidente inevitabile come un temporale.

          Se siamo preoccupati degli interessi, be’ non ce lo ha ordinato mica il medico di finanziarci sul mercato esponendoci ai ricatti delle agenzie di rating. Una bella banca centrale dipendente dal Tesoro che acquista lo stock di titoli invenduti a un tasso prestabilito e via andare.

          Ad ogni modo se siamo preoccupati della sostenibilità del debito pubblico (che in uno stato sovrano dovrebbe essere SEMPRE sostenibile) di certo non possiamo che concludere che dall’euro bisogna uscire. Il sistema in cui siamo crea una spirale deflazionistica, via austerità, che non fa altro che far aumentare il peso del debito in termini reali, e distruggere la crescita.

          Proprio per questo dall’euro comunque si uscirà. Il punto è farlo il prima possibile per limitare i danni. Ogni giorno che passa la situazione si aggrava

          • mi sa dire come si fa a pagare interessi parri a 5 punti di Pil senza ricorrere a una tassazione di quel livello o senza tagliare pbrutalmente la spesa? Si può sempre aumentare il debito, ma poi gli interessi crescono ancora-

          • No Prof. non stiamo dicendo banalità da Bar. In un economia depressa cercare di ridurre il debito è pura follia. La spesa per interessi la si riduce facendo aumentare il PIL non tagliando la spesa. Il debito pubblico Italiano è un po’alto ma non è di per se un problema finché c’è una struttura produttiva in Italia. Interroghiamoci poi se la scelta di finanziare il proprio debito sul mercato togliendo alla banca centrale il potere di essere acquirente residuale sia sensata.
            La storia ci insegna che dopo il divorzio il debito e i tassi di interesse sono aumentati. Forse è il caso di fare valutazioni più serene e meno “per sentito dire”.

          • senta un po’ ma secondo lei questa della crescita del Pil per sconfiggere il debito, è una idea nuova? Ma le pare che non ha ho benm presente? Solo che mi deve dire come si fa, tenendo conto delle basi di partenza e magari fare anche due conti. Forse ci scrivo un pezzo

          • Caro Professore,
            il problema del debito pubblico in Italia nasce dal fatto che questo debito è denominato in una valuta che il governo italiano non ha potere di emettere. Il livello del debito pubblico in un economia sovrana non dice gran ché sul suo stato di salute.
            Il debito pubblico è di fatto uno strumento per tutelare i risparmi dei cittadini contro l’inflazione. Lo stato per finanziare la spesa corrente potrebbe anche “stampare moneta” (creando inflazione in una situazione di piena occupazione). Invece di stampare moneta prende soldi a prestito dai cittadini corrispondendogli un interesse che in media è uguale al tasso di inflazione, tutto qui.

            Chiaramente il problema oggi come oggi si pone visto che il nostro governo non può stampare moneta (e ne avremmo bisogno). Gli euro necessari per ripagare gli interessi possono venire solo dalla tassazione. Quindi il governo è costretto a aumentare le tasse che riducono i consumi che riducono i redditi che alla fine riducono il gettito. Insomma la storia dell’euro è segnata e si conclude PER TUTTI presto o tardi con il default.

            Se pensiamo che il problema di questo paese sia il debito pubblico (e non lo è) a maggior ragione non possiamo considerare “buono” il sistema attuale, basti pensare che Il debito pubblico italiano è AUMENTATO rispetto al PIL in seguito alle geniali inidicazioni di Bruxelles.

            Se vogliamo ridurre il debito pubblico l’unica possibilità che abbiamo è generare un tasso di crescita e di inflazione decenti ben lontano dall’insensato
            “2% or less” della BCE. Come si fa? Be stimolando i redditi con poliche di deficit spending volte a attivare le risorse inattive. Krugman docet, ma anche il buon senso.

            Nessuno stato sovrano può essere insolvente Prof. e comunque l’Italia non correva questo rischio neanche nel 2011 come poi confermato dalla commissione europea.
            Oggi lo dice persino Giavazzi che la finanza pubblica con la crisi non c’entra nulla. Aggiorniamoci

          • E andiamo su. Cito Giavazzi perché persino un sostenitore di quella castroneria dell’austerità espansiva tutto spesa pubblica improduttiva e stato ladro si è convertito alla logica economica. Non discutiamo solo per distorcere gli argomenti dell’interlocutore

        • Scusi Professore,

          ma che gli interessi debbano essere pari a 5 punti di PIL e/o che debbano essere versati ai mercati (cioè agli investitori istituzionali privati) non è un dato di natura, ma un assetto istituzionale PRECISAMENTE VOLUTO. È proprio questa la radice del problema.

          Se la banca centrale tornasse ad essere uno strumento del potere esecutivo sarebbe lo Stato SOVRANO a decidere autonomamente il tasso d’interesse reale da pagare ai sottoscrittori dei suoi titoli (emessi nella valuta che lo stesso Stato ha il potere di emettere incondizionatamente). Peraltro, se per ipotesi non si trovassero sottoscrittori privati per un DETERMINATO titolo a un DETERMINATO tasso, gli interessi sui titoli sottoscritti dalla banca centrale verrebbero retrocessi all’erario.

          Esempio: il Tesoro decide di raccogliere 1 miliardo pagando un interesse reale negativo pari a -0,5, allora con un inflazione all’1% emette titoli con una cedola dello 0,5% di interessi. A questo punto si convoca un asta con gli investitori istituzionali: “qualcuno è disposto a sottoscrivere questi titoli a tassi così bassi? No? Solo in parte? Signori, sottoscrivete i titoli che volete sottoscrivere e arrivederci alla prossima, che quello che rimane invenduto lo sottoscrive la mia banca centrale alle condizioni determinate da ME (sottointeso, NON da voi) è stato un piacere fare affari con voi”. Questo era quello che avveniva prima del 1981 anche in Italia.

          Il punto è proprio che se i tassi sono alti è esattamente perchè si è lasciato (con un atto di volontà politica) ai “mercati” il potere di deciderli. È questo il nodo centrale che Lei sembra non vedere.

  • Professore, la rappresentazione secondo la quale chi vuole l’uscita dall’euro pensa che con ciò verranno risolti tutti i problemi è a dir poco semplicistica. Passi chi la sostiene per finalità polemiche o per incapacità di pensiero complesso, ma che la usi lei è deludente.
    Per (quantomeno tentare di) risolvere i problemi l’uscita dall’euro è una condizione SOLO necessaria, ma NON sufficiente.
    Così come buttarsi dal sesto piano di un edificio in fiamme privo di altre via di fuga è una condizione necessaria per salvarsi, anche se non sufficiente (occorre centrare il telone).

    • Ben detto. Anche se forse Giannuli non intendeva proprio dire una cosa del genere, seppure l’espressione generale sia stata un po’ ambigua (o se vogliamo, infelice) in proposito.
      Segnalo che in Francia il povero Jacques Sapir è oggetto di una vergognosa campagna diffamatoria da parte di sedicenti “sinistri” (ultimo Mamère, che non è Ma Mère, sia chiaro).
      Lo accusano di sostenere che tutto si risolve uscendo dall’euro, oppure/e anche di essere “pro Putin”. Perché per essere di sinistra, bisogna adottare le attitudini di Reagan, ovviamente.
      Segnalo una cosa strana. Un economista “si sinistra” francese in un suo blog (non faccio il nome per carità di patria) se n’è uscito con un lungo articolo dove diceva cose del genere su J.Sapir. I due si conoscono personalmente, e il tizio si definiva amico e consenziente a molte cose che J.Sapir dice.
      Ho scritto un post dove gliene dicevo quattro, compreso il fatto che sostenere una cosa del genere a proposito di J.Sapir era sintomo di malafede, tanto più da parte di uno che afferma di conoscerlo e di condividerne in parte le idee.
      Ebbene, non è sparito il mio commento (cosa che sarebbe stato un banale episodio di censura) ma il tizio ha ritirato anche tutto il suo lungo post! Ma non credo proprio sia stato merito mio.
      Cosa sta succedendo?

      • Sì, penso anch’io che il prof Giannulli non intendesse dire una cosa del genere.
        Ma proprio perché è il tipo di rozza semplificazione che viene artatamente usata dagli euristi per esclusive finalità propagandistiche, (gli episodi che citi a proposito di Sapir [Sapir!!] ne sono la conferma), si tratta di un’affermazione che non andrebbe mai lasciata passare: l’immaginario collettivo – notoriamente incapace di pensiero complesso – è ghiotto di semplificazioni, e questa in particolare è specialmente benvenuta.

        • Io noin dico che quanti propongono l’uscita dall’Euro siamo tutti convinti miracolisti, anco una larga fetta è consapevole della difficoltà della cosa e dell’aspressa della risdalita, dico che c’è un’ala che si illude che basti uscire dall’euro.

          • Non nego a priori l’esistenza, dico solo che personalmente non ne conosco neanche uno. Tanti ne parlano, ma nessuno li cita. E questo lascia l’impressione che si tratti di uomini di paglia.

  • Buonasera Prof.Giannuli,
    seguo sempre con molto interesse il suo blog, e questo articolo mi porta a chiederLe:
    l’uscita dall’euro, oltre ad avere costi sociali ed umani pesanti, non sarebbe un errore strategico, geopoliticamente parlando, in un mondo che si avvia a diventare multipolare, con attori geopolitici a livello continentale?
    Non potrebbe essere una mossa strategicamente più saggia cercare di unire le politiche fiscali almeno di tre stati (Germania, Italia e Francia) e cercare una maggiore integrazione, anche per affrontare le sfide che ci attendono (come la crisi dei rifugiati) ?
    Grazie

  • Caro Aldo,
    sviluppi tue tesi.
    Il primo assunto si riassume nell’affermazione per la quale sino al 2008 vi sarebbe stato un “innegabile successo dell’Euro”…. mentre successivamente, per usare parole tue, …. la storia è ostinata e, anche se con ritardo, presenta sempre il conto che è venuto con la dèbacle dei debiti sovrani di Grecia, Portogallo ecc……….
    Motivi affermando che …io parlo di successo prima del 2008 in riferimento a questi dati:
    1. sostanziale stabilità della moneta e inflazione molto contenuta;
    2. favorevole rapporto tra Euro e dollaro, stabile sul valore fra 1,25 ed 1,29 sul dollaro sin oltre il 2008;
    3. credibilità sui mercati finanziari.
    Se parli di successo prima del 2008 se ne deve desumere che, secondo te, successivamente al 2008 l’inflazione ha preso a galoppare, il rapporto €/$ non è più favorevole, s’è persa la credibilità sui mercati finanziari.
    Non mi pare .
    Infatti:
    1) l’indice ISTAT dei prezzi al consumo pubblicato lunedì 14 settembre 2015 segna ad agosto 2015 segna +0,2% su luglio e +0,2% in un anno;
    2) l’aumento del rapporto Euro e Dollaro non è, necessariamente, indice di “innegabile successo dell’Euro” in quanto l’eccessivo apprezzamento della valuta europea ha reso, nel recente passato, meno competitivi i prodotti europei sul mercato mondiale. Conseguentemente al QE il rapporto €/$ è calato e le esportazioni ne hanno tratto beneficio.
    Mai sentito parlare di svalutazione competitiva?
    3) negli ultimi anni il 25% circa delle riserve valutarie sono in Euro e la percentuale di riserve in dollari è calata dal 70 al 60 %. Inoltre gli interessi sui titoli di stato europei (Grecia a parte) hanno toccato i minimi storici (ad es. 0,011 –dicesi zerovirgolazerouno – sui bot annuali ad agosto 2015).
    E questo fa dell’Unione la seconda potenza finanziaria mondiale.
    Altro che potenza mancata!

    Conseguentemente, a smentita delle tue elucubrazioni, anche dopo il 2008 l’inflazione è rimasta molto contenuta, il rapporto €/$ è attualmente perfettamente funzionale ad un’economia che trasforma ed esporta anche in considerazione del crollo del prezzo del petrolio, la UEM continua ad avere piena credibilità sui mercati finanziari come testimonia sia la quota di riserva valutarie mondiali in € che i bassissimi interessi pagati sui titoli dell’eurozona.

    Il secondo assunto è inerente al …… rapporto fra crisi del debito pubblico europeo e crisi bancaria del 2008. Mai detto che l’origine iniziale della crisi del debito pubblico europeo sia stata la crisi del 2008. La crisi bancaria che ha inciso in due modi:
    direttamente ed indirettamente.
    – direttamente per via dei salvataggi bancari che hanno trasferito all’erario le perdite del capitale privato (in particolare è il caso inglese ma non solo).
    – indirettamente, vuoi per le continue emissioni di liquidità che non hanno fatto altro che alimentare lo stesso debito per via degli interessi, e poi perché questo ha spezzato l’incanto europeo dei bassi interessi per tutti.
    Dire che la crisi bancaria ha inciso direttamente è un’inaccettabile semplificazione.
    Sarebbe infatti il caso di considerare che solo da poco le maggiori banche europee sono soggette alla vigilanza BCE e che successiva alla crisi è anche Basilea III che ha introdotto criteri prudenziali per i rischi di mercato, per il rapporto di leverage massimo e, quindi, per i nuovi standard di dotazione patrimoniale e per i requisiti di liquidità.
    Precedentemente la vigilanza era esercitata dalle banche nazionali e non si prestava la dovuta attenzione agli standard di cui sopra.
    La precedente vigilanza e la precedente regolamentazione del settore bancario sono state quindi concause determinanti dell’esplosione del debito privato e delle bolle immobiliari e, quindi, ma solo in ultima battuta, della crisi bancaria.
    Per fare un esempio, la bolla immobiliare spagnola è stata in grande misura finanziata dal Cajas, le casse di risparmio spagnole, quasi tutte sotto controllo politico.
    Al politico della città fantasma a 70 km da Madrid, con agganci nel CDA della Cajas locale, non sarà sembrato vero far finanziare la costruzione di nuovi quartieri dormitorio in barba a tutti i criteri di ragionevolezza relativi ai rischi di mercato, al rapporto di leverage ed ai requisiti di liquidità.
    Quando i quartieri dormitorio sono rimasti invenduti è scoppiata la crisi e lo Stato ha dovuto ripianare il default della Cassa di risparmio.
    Perchè un fenomeno del genere sia sistemico è necessario che il governo centrale sia favorevole a sostenere la crescita per il tramite del settore immobiliare che, per sua natura, è al riparo dalla concorrenza globale.
    E quindi anche le banche nazionali hanno chiuso un occhio, ma anche tutti e due, sugli squilibri del sistema, in questo condizionate dalla politica.
    La riprova che gli squilibri conseguenti al boom del credito abbiano poco a che fare con l’Euro viene dalla GB, che pure è fuori dall’Euro, dove il sistema bancario è saltato per le stesse identiche cause e dove, come in Grecia, Spagna o USA, è intevenuto lo Stato.

    Quanto all’apporto indiretto che la crisi bancaria avrebbe dato alla crisi del debito pubblico ti prego di chiarirti in ordine alle……… continue emissioni di liquidità che non hanno fatto altro che alimentare lo stesso debito per via degli interessi …..
    Conclusivamente, e questo è un passo avanti rispetto alla trash economy tanto in voga, affermi di non essere ……. affatto convinto che tutte le disfunzioni della nostra economia possano essere messe sul conto dell’Euro. E’ il più generale ordine economico mondiale, basato su una scellerata finanziarizzazione di tutto….
    Ma allora possiamo rasserenarci!
    L’alternativa non è, come paventi con pessimismo iettatorio, buttarsi giù dal sesto piano o bruciare….
    Basta proporre un referendum per uscire dall’ordine economico mondiale….

    • Andiamo per punti.

      1) Siamo lontani dagli obbiettivi di inflazione ottimale, il QE ha inondato di liquidità le banche ma queste non immettono il denaro nel circuito economico, risultato: siamo nei dintorni della deflazione (una parte d’Europa è tecnicamente in deflazione, l’ Italia quasi)…..e sappiamo che alla lunga questa situazione rende il debito esplosivo oltre ad erodere, dopo averlo inizialmente accresciuto di poco, il potere d’acquisto dei salari.
      Di una bassa inflazione con un’alta disoccupazione me ne faccio poco.

      2) La svalutazione dell’euro ha avvantaggiato sicuramente anche l’Italia, ma soprattutto la Germania che vede variare le proprie quote di export, non potendo più contare, come ha fatto per molti anni sulla forte domanda di beni durevoli interna alla UE, sfrutta l’euro debole per espandere i mercati extra UE. In ogni caso, una crescita del PIL italiano così bassa in corrispondenza di condizioni congiunturali tanto favorevoli (petrolio a 40 $ al barile, euro “basso”) ridimensiona l’effetto di questa svalutazione competitiva. Correre i 100 m in discesa non ci rende poi così veloci.

      3) Rendimenti dei titoli di stato bassi finchè vuoi, ma fintanto che ci saranno differenziali di tassi di interesse nell’ UE esplosioni dello spread saranno sempre possibili……ed inoltre i soldi devono finanziare l’economia reale e non rimanere nei caveau di banche (quelle italiane) che hanno comunque 200 miliardi di crediti inesigibili e quasi altrettanti deteriorati.

      Ti ricordo che la GB ha svalutato la sterlina del 25 % all’indomani della crisi, monetizzando il debito, e questo è certamente servito per sgravarsi da una bella fetta dell’onere: le banche inglesi avevano la pancia piena di titoli subprime, esattamente come molte banche tedesche, queste ultime per “coprirsi” dalle perdite maturate oltreoceano hanno rapidamente detto alle banche greche, spagnole, italiane “I want my money back now ” e da lì è partito tutto……..poi le banche nazionali hanno dovuto mettere una toppa e così il debito privato è diventato – oplà – debito pubblico aumentando – a braccio – del 10 % in pochissimi anni ( un paio), quando negli anni 90′ si era riusciti anche a ridurlo (Governo Prodi).
      Sulla solidità delle banche italiane ho parecchi dubbi……fortunatamente la mossa di creare una bad bank è fallita, chissà perchè ?…….

      Al governo abbiamo dei dilettanti, rimpiango Romano Prodi, la sua saggezza ed il suo superiore potere contrattuale in Europa…….rispetto alle moine di queste belle statuine renziane che ci hanno fatto ingoiare una riforma del mercato del lavoro che ci riporta direttamente all’800′.

      • Finalmente qualcuno che, perlomeno, cerca di ragionare.
        1) assolutamente d’accordo sul fatto che siamo lontani da un’inflazione ottimale e sulla pericolosità della deflazione.
        Tuttavia il QE lo stesso è appena partito e, quindi, mi sembra prematuro trarre conclusioni (a meno di non voler essere jettatori).
        Negli USA, comunque, il QE ha funzionato ed oggi la disoccupazione è al 5,1% che, in un’economia di mercato, significa piena occupazione.
        Probabilmente, quando ti riferisci a banche che non immettono il denaro nel circuito economico, fai riferimento al LTRO, programma finalizzato a sostenere il settore bancario ed a contrastare la crisi dei debiti pubblici.
        2) Che la crescita del PIL italiano sia così bassa pur in corrispondenza di condizioni congiunturali tanto favorevoli (petrolio a 40 $ al barile, euro “basso”) dà la misura di quanto fosse grave la situazione economica italiana dopo 10 anni di Berlusconi.
        Che la Germania si avvantaggi maggiormente della svalutazione competitiva è tutto da dimostrare e, comunque, mi devi spiegare che senso ha quest’invidia penis …
        3) Aldo giustamente osserva: be sai, quando il debito pubblico ti mangia 4 o 5 punti di Pil solo per pagare gli interessi e, quindi, devi esercitare una pressione fiscale bestiale per farvi fronte, c’è poco da essere ossessionato: sei alla corda dell’impiccato
        E’ vero che le banche italiane hanno 200 miliardi di crediti inesigibili e quasi altrettanti deteriorati ma è anche vero che l’Italia è l’unico paese europeo che non ha aiutato il settore bancario non potendoselo permettere causa un debito pubblico già ipertrofico.
        Questa, in uno alle regole di Basilea III, è forse la principale ragione della lentezza della ripresa italiana.

        • Suggerirei, in merito all’economia americana, di leggere il blog di A. Mazzalai: fatti alla mano si smentisce la vulgata di un’economia americana in “ripresa”. Il link a questo studio (http://icebergfinanza.finanza.com/2015/08/20/e-ufficiale-il-quantitative-easing-e-un-bluff/) dimostra come il QE non sia affatto servito a rilasciare l’economia. I QE servono solo ad inondare di soldi le borse e le banche. Punto. Il Giappone ne sa qualcosa.
          La malattia infantile del piddino di dare la colpa a Berlusconi! Le responsabilità di Prodi non sono inferiori a quelle di Berlusconi, e forse anche maggiori perchè lui era consapevole (la ricorda la frase: “…ma un giorno ci sarà una crisi…”).
          La Germania ha accresciuto le sue esportazioni sia nell’EZ che extraEZ, grazie alla svalutazione: l’Italia l’ha aumentate extraEZ ma le ha ridotte NELLA STESSA MISURA nell’EZ. Ergo: la Germania ci fa cornuti e mazziati perchè ci ha legato mani e piedi.
          Delle banche italiane tutto il male si può dire tranne che giocassero con i derivati come gli “stupidi di Francoforte” (definizione di un operatore di borsa americano della Deutsche Bank). Tranne MPS tutte le banche italiane si erano tenute alla larga, in patria, dalle fregature che possono dare solo chi certi strumenti li ha creati.

          • Tu sei quello che citava a sproposito Bagnai senza neanche averlo letto.
            Oggi sei devoto di Mazzalai.
            Ma chi è Mazzalai?

    • caro Pierre, il tuo ottimismo panglossiano riesce sempre a stupirmi.; non proverò a rispondere a tutte le tue osservazioni perchè vado di corsa, ma proverò ad esprimerti alcuni angosciosi quesiti che la lettura del tuo intervento mi ha suscitati:
      a. ma se la perdita di valore nei cambi è un successo per una moneta, perchè abbiamo lasciato la lira che era un capolavoro: si svalutava ogni due per tre e siamo andati avanti così con le esportazion? Dunque, a che ci è servito il monetone crucco orribilmente stabile ed aggressivo (sino ad un passato recente)? Semmai sarebbe stato il caso che la Germania adottasse la lira!
      b. a me hanno sempre insegnato che segnale di buona salute di una economia è una leggera inflazione, ben controllata, mentre l’assoluta stabilità è sintomo di una economia stagnante. Ora poi quello che si profila è la deflazione ed allora: che il segreto della felicità stia nella deflazione?
      c. ma se le magnifiche sorti e progressive dell’euro sono certezza di Vangelo, perchè fa tanta paura il default ellenico?
      d. lungi da me paventare alternative iettatorie… ma cosa è questo odore di carne bruciata che si sente?

      • Caro Aldo,
        da molto tempo il copione delle nostre dispute prevede che tu, le rare volte in cui sei a corto di argomenti, rispolveri l’ottimismo panglossiano attribuendomelo e che io replichi insinuando una tua passione per la materia insegnata da Pangloss.
        Questa volta, però, mi sembra diversa.
        Ti invito infatti a riflettere su quanto sia diventata frenetica la vita moderna.
        Non rispondi alle osservazioni perchè vai di corsa e ti limiti ad esprimere alcuni angosciosi quesiti ….
        Il mio intervento, però, è un taglia-incolla di interventi relativi al post del 12 settembre – La grande potenza mancata: l’Europa – anch’essi rimasti senz’alcun commento da parte tua.
        E’ quindi dal 12 settembre che convivi con l’ansia delle domande che il mio intervento suscita….
        Sarà quest’ansia la causa delle allucinazioni olfattive di cui soffri?

  • A Cucinotta
    E se la globalizzazione non fosse il male da combattere? Se essa così come è stata concepita e attuata fosse semplicemente destinata al disastro? Non sarebbe allora il caso, unilateralmente, di approntare difese atte a evitare di essere precipitati nello stesso baratro? Difese che per essere efficaci non potrebbero certo rimanere nell’angusto ambito del monetarismo e dell’economia e di più non dico.

  • Il professore ha ragione nello scindere l’euro dalle cause originarie di questa crisi.
    La crisi nasce dal debito privato, oggi lo ripetono in coro anche schiere di bocconiani convertiti (al buon senso) che al tempo predicavano la folle e autocontraddittoria ricetta dell’austerità espansiva. L’euro interviene come “moltiplicatore della crisi”, perchè impedisce le più logiche modalità di aggiustamento degli squilibri, squilibri indotti idalla crisi innescata dal ritiro dei capitali “generosamente” prestati dalle banche del Nord a quelle del Sud Europa. Con l’euro è possibile solo la svalutazione del lavoro, la deflazione salariale, perchè se qualcuno spera che la Germania aumenti i salari e riduca il suo surplus della bilancia commerciale……beh, può stare fresco.
    Prima arriva la crisi e poi l’euro dà il suo contributo esiziale.

    • Salvo il fatto che la crisi del debito privato in Ue, con le sue forme *specifiche* (non è vero che in regime di globalizzazione ogni paese è mondo), è proprio dovuta all’euro. La “crisi lehman brothers” (tanto per dire: uno ha la casa piena di barili di dinamite, e se tutto salta se la prende col fiammifero) avrebbe avuto un impatto ben diverso se non si fosse creata quella disomogeneità (scusate: asimmetria) che l’euro ha creato in un posto dove non avrebbe dovuto mai esistere.
      Ma il problema fondamentale dell’euro non è nemmeno questo: è che una moneta eterodiretta ammazza la democrazia ed è uno strumento di dominio, che passa per il comperarsi le classi medio-alte del paese dominato.
      Date un’occhiata al ruolo del Franco CFA (oggi € CFA) nel controllo che la Francia esercita dal 1945 fino ad oggi incluso sulle sue ex colonie africane.
      http://blogs.rue89.nouvelobs.com/rues-dafriques/2015/05/14/un-ministre-t-il-le-droit-de-dire-tout-le-mal-quil-pense-du-franc-cfa-234557
      http://www.monde-diplomatique.fr/2014/11/MBAYE/50931
      E così, la “classe digerente” africana si può comperare appartamenti a Parigi.
      Quel simpaticone di Bokassa ne era pieno.
      Chi protesta viene tacitato. Con le buone, s’intende.

      I cosìddetti “costruttori dell’Europa” sapevano benissimo costa stavano facendo.

      • Hai toccato una nota dolente: “Ma il problema fondamentale dell’euro non è nemmeno questo: è che una moneta eterodiretta ammazza la democrazia ed è uno strumento di dominio, che passa per il comperarsi le classi medio-alte del paese dominato”.
        Giustissimo ricordarlo, de temps en temps.
        Alla fine, dietro le disquisizioni tecno-economiche, si perde di vista il punto a mio avviso dirimente: il ruolo che ha il Sistema-euro nell’avanzato progetto generale di svuotamento delle istituzioni democratiche, e se questa prospettiva ci sta bene o no.
        La Grecia in questo senso è un caso di scuola che pare già dimenticato. Eppure non occorre avere particolari sensibilità costituzionali per capire che tutta la costruzione è in conflitto con la nostra Carta…
        A volte ho la sensazione che le diatribe su euro-sì/euro-no, basate solo su mere argomentazioni economiche – per quanto importanti esse siano, hanno la finalità di distrarci dall’affrontare questo vero nodo della questione.

  • Scusi professore, ma il terzo successo dell’euro è stato proprio uno dei principali disastri: con tassi tutti uguali è venuto a mancare ai mercati il segnale della rischiosità dei paesi con economie meno solide, così le banche del nord hanno prestato senza ritegno ai cittadini del sud. Spagna e Irlanda sono andate in crisi con livelli molto bassi del debito pubblico, è stato quello privato ad innescare la miccia. Questi neoliberisti d’accatto inneggiano al mercato ma poi cercano in tutti i modi di eliminare i sistemi che servono al mercato per autoregolarsi, e uno è proprio la differenza dei tassi di interesse.

    • verissimo, ma questo dice solo che quel “successo” (sul momento fu certamente tale) conteneva le premesse del disastro, non era ancora il disastro. Se i governi dell’area Med avessero usato quella occasione per ridurre il debito anzicchè espanderlo, la cosa sarebbe stata diversa le pare?

      • I governi dell’area Med hanno praticamente tutti ridotto il debito PUBBLICO dal 2001 al 2008 (in Grecia è rimasto stabile) tranne il Portogallo, dove il debito era comunque insignificante. Il punto non è mai stato il debito pubblico. Ormai lo hanno detto tutti: BCE 2013, Giavazzi 2015,

  • Caro Aldo,
    aggiungo un p.s. circa la credibilità sui mercati finanziari.
    ….. Il caso recente più emblematico è il programma Omt annunciato nel luglio 2012 da Mario Draghi. Con questo programma la Bce si è in pratica impegnata a sostenere i valori titoli di Stato dei paesi europei in difficoltà ma nella pratica non è mai stato utilizzato. E’ stato sufficiente l’annuncio per stroncare la speculazione su Btp, Bonos etc. Se è una banca centrale è credibile, le parole valgono spesso più dei fatti…..
    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-09-14/cosa-fanno-banche-centrali–e-quelli-lungo-termine–214506.shtml?uuid=AC3L2ox&nmll=2707#navigation

  • Anche perchè sollecitato da Herr Lampe e da Paolo Federico, ai quali tento di rispondere, riintervengo, anche se l’impresa non è semplice e mi costringe a non essere conciso anche se risponderò schematicamentre subendo i rimproveri del nostro ospite.
    Devo partire da lontano.
    Malgrado ogni sforzo opposto, un fronte noeuro compatto non può esistere. Esso è diviso sull’analisi della crisi globale, sulle sue cause e sul suo stato attuale, come del resto questo stesso dibattito mostra.
    La crisi nasce da molto lontano, già negli anni settanta, quando i capitalisti si rendono conto che la corsa del PIL partita dal dopoguerra si è ormai arrestata strutturalmente, e per difendere i loro profitti si affidano ad una crescita delle attività finanziarie, che subiscono un’accelerazione quando nel 1998 Clinton abroga ogni vincolo all’attività bancaria, permettendo il rimescolamento tra attività commerciale e quella di investimento.
    L’euro all’intenro di questo progetto complessivo, è soltanto una parte del progetto, coerente con esso, ma con sue caratteristiche peculiari. Dire così che addirittura l’euro ha la responsabilità sul sorgere della crisi sarebbe fare ciò che fa il lupo quando si lamenta con l’agnello che beve nello stesso fiume ma più a valle.
    La peculiarità dell’euro, che è ciò che mi fa aderire al fronte noeuro, è il fatto di legare le amni e i piedi della nazione coinvolta lasciando campo libero ai nostri assalitori per farci fuori.
    Tuttavia, la mia analisi è che i fattori di crisi nel corso di questi anni non solo non siano stati eliminati, ma siano addirittura aumentati.
    Mi riferisco ad esempio al rapporto tra l’ammontare totale delle attività finanziarie e il PIL mondiale che cresce pericolosamente sopra il valore dieci. In questi anni, i governi stoltamente invece di assecondare il processo di fallimento delle banche, le hanno puntellate con i vari QE, in modo che la liquidità aggiuntiva a disposizione delle banche permettesse loro di onorare le scadenze dei titoli, con la conseguenza mi pare inevitabile che ciò si traduca soltanto in un postergare il momento del fallimento.
    Inoltre, credo che ci siano in giro opinioni completamente difformi sullo stesso stato dell’economia USA. A me pare che, come conferma la decisione di ieri della FED di non aumentare i tassi di interesse, incomprensibilmente definita prudente dai media, mentre essa è rishciosa e nello stesso tempo disperata, la situazione è molto precaria, in cui quindi le formule utilizzate dagli USA non funzionino, tanto da temere l’impatto sulla crescita di un’operazione sui tassi.
    Io credo quindi che ci troviamo in presenza di una crisi epocale del capitalismo che sembra ormai condannato implacabilmente ad autodistruggersi, e che quindi dovremmo attrezzarci per una simile situazione. Cosa posso dividere con un altro noeuro che pensa che basterebbe imitare le politiche economiche degli USA per uscire dalla crisi? Collaboriamo pure per uscire dall’euro, ma non incorriamo nell’errore di considerare l’opzione euro sì/no come un discrimine sufficiente ad individuare un’area politica.
    Rispondo ora più specificamente a Herr Lampe. Io non seguo la terminologia marxista che identifica il capitalismo come sistema economico basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione. Seguendo Polanyi, io identifico un sistema socioeconomico chiamato società di mercato, basato sulla mercificazione di tutto e sulla competitività globale.
    Questo sistema va distrutto perchè porterà all’estinzione dell’umanità, o almeno di ogni forma di civiltà umana. Tuttvaia, credo che attività imprenditoriali private siano del tutto compatibili, una volta che il potere torni al popolo e che quindi l’economia sia sottoposta alla politica e quindi quando saremo in un’economia pianificata.
    Quindi, io sostengo che bisogna finirla con l’attuale sistema economico, e quando parlo di lotta alla globalizzaizone, intnedo certamente anche superare il sistema della società di mercato. Quindi concordo, non può esistere un capitalismo non globalizzato, come non può esistere un a politica autenticamente ambientalista inun sistema di società di mercato.

    A Paolo Federico, dico di concordare anche con lui. La globalizzazione porterà presto ad un big bang finanziario che rishcierà di coin volgere anche il denaro, col rischio di dovere almeno provvisoriamente tornare al baratto. Dico appunto che bisogna attrezzarsi, uscendo da subito da questa giostra di dementi che è divenuta la finanza globale, tornando a forme strette di sovranità, controlalndo ai confini il flusso di capitali, merci e persone.

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