
Elogio del nuovo disordine mondiale.
Sul numero di questo mese di Limes potete trovare anche un mio pezzo dal titolo “Elogio del nuovo disordine mondiale”. Insieme a molti autori importanti ed interessanti, potrete trovare un approfondimento dedicato proprio ai nuovi equilibri del potere mondiale… fate un salto in edicole e …buona lettura!
L’attuale situazione internazionale desta in molti preoccupazione e sorpresa: non esiste un ordine mondiale, stiamo scivolando verso l’anarchia internazionale e questo fa temere l’approssimarsi di nuove guerre, sino all’esplosione di un nuovo grande conflitto mondiale.
Passi per la preoccupazione: in effetti c’è un allargamento delle aree di scontro con archi di crisi di migliaia di kilometri, dalla Libia all’Afghanistan, dalla Siria all’Ucraina e forse l’Estonia, dalla Corea alle isole Senkaku-Diaoyu che potrebbe allungarsi sino alle Paracel; per non dire dell’iperterrorismo. In effetti il timore di una escalation che porti ad un conflitto generalizzato è plausibile.
Quello che, invece, è strano è la sorpresa della quale ci sorprendiamo. L’ordine mondiale è sempre stato pensato come equilibrio fra Stati, ma, con l’avvento della globalizzazione neoliberista ci è stato spiegato che gli stati nazionali erano solo una reliquia del passato destinata a rapida scomparsa, che, comunque, dovevano astenersi da qualsivoglia politica economica, che non fosse nell’ambito della più stretta ortodossia mercatista, Nello stesso tempo è iniziata una frenetica delocalizzazione di gran parte della manifattura dai paesi occidentali a quelli di Asia, Africa ed America Latina, che ha modificato fortemente il Pil di quei paesi consentendo loro una spesa militare senza precedenti. E tutto questo ha provocato un marcato riallineamento dei rapporti di forza fra i diversi paesi. Quanto alle sconclusionate avventure degli Usa nei paesi mediorientali e della loro misera conclusione non è neppure il caso di dire.
E, date queste premesse, perché mai sarebbe dovuta andare diversamente? E’ andata come era logico che andasse.
L’idea che la globalizzazione sarebbe stata un’epoca di stabile ”ordine mondiale”, nonostante il deperimento degli stati nazionali, si basava essenzialmente sulla convinzione che di Stato ne bastasse uno, quello Usa, di cui tutti gli altri sarebbero stati solo pallide agenzie locali. Molto successo ebbe chi (Negri) parlava di un mitico Impero acefalo di cui gli Usa erano solo il principale braccio esecutivo, non si capisce al servizio di quale cervello, una sorta di Impero-processo che superava definitivamente l’ordine westfalico verso non si sa bene cosa. E c’era anche chi (Huntington) parlava, con maggiore realismo, di un ordine mondiale fondato su sette o otto modelli di civiltà, raccolti intorno ad una nazione guida, ma pur sempre basato sull’egemonia occidentale, se non proprio americana e basta.
Ma le cose non sono andate in questo senso e la realtà si è dimostrata molto più fantasiosa dei progettisti del nuovo ordine mondiale.
L’esperienza storica dimostra che, quando emerge un credibile disegno egemonico, si forma una coalizione dei soggetti più deboli (o comunque di quanti se ne sentono aggrediti) contro di esso e, non di rado, la coalizione vince. Watterloo, Stalingrado, Verdun ecc. stanno lì a dimostrarlo.
E’ accaduto anche questa volta, prima con la Comunità di Shanghai, a guardia dello spazio strategico cino-russo, e poi con la formazione del Bric, che alleava una ex grande potenza in via di ripresa (la Russia) con tre emergenti (Cina, India, Brasile), e cui, poco dopo, si aggiungeva il Sud Africa. Nasceva così l’embrione di un incerto ordine mondiale basato su una sola grande potenza ed un certo numero di grandi potenze regionali.
La prima era l’unica in grado di intervenire in ogni angolo del pianeta, grazie alle sue 745 basi militari, alle sue 7 flotte ed al predominio satellitare, ma le altre in grado di difendere militarmente il proprio spazio strategico. Per di più la globalizzazione moltiplicava i piani di scontro rendendoli insieme interdipendenti (economia, finanza, guerra cognitiva, soft power, guerra coperta, iperterrorismo ecc.) e la stessa dimensione spaziale acquisiva tre nuove sfere (sottosuolo marino, cyber spazio e spazio satellitare) per cui la difesa del predominio assoluto, in ogni dimensione e su ciascun piano di scontro, comporta costi proibitivi e questo rende sempre più imperfetto quel predominio unilaterale che sembrava destinato a durare a lungo nel tempo.
Negli interstizi di questo ordine ineguale, si inserivano man mano nuovi attori di minore peso (Indonesia, Messico, Turchia, Egitto, Arabia Saudita, Argentina, Venezuela, Vietnam, Pakistan, due Coree eccetera), ma che iniziavano a giocare in autonomia una propria partita nella sfera di appartenenza.
Nello stesso tempo, i pilasti delle alleanze occidentali iniziavano ad indebolirsi, mostrando vistose crepe: l’Unione Europea, priva di un progetto strategico di sé, iniziava a naufragare con il riemergere dei protagonismi nazionali, la Nato andava perdendo senso, sotto i colpi dell’unilateralismo americano voluto da Bush e poi solo parzialmente smentito da Obama, nel Fmi iniziava a sentirsi la pressione dei nuovi soggetti (Cina in testa) e fra Usa ed Europa iniziavano a manifestarsi i sintomi di una guerra commerciale e monetaria. E il mondo ha iniziato a dividersi in tre aree, così come lo descrive la copertina del libro di Di Nolfo: quella verde del blocco occidentale (Usa, Ue, Australia, Giappone), quella gialla dell’area Bric (India, Russia, Cina, Brasile, cui aggiungeremmo il Sud Africa ed i paesi intermedi fra Russia e Cina) e quella viola, che definiremmo “della turbolenza”, che include l’America Latina ispanofona, l’Africa, i paesi islamiche e singole aree asiatiche come il Vietnam. Il tutto in un equilibrio precario pronto a far pendere un piatto della bilancia o l’altro.
Inizialmente la sfida degli emergenti venne taciuta o avanzata con grande timidezza, tanto che, ancora nel 2012, Kupchan poteva illudersi che il predominio americano, vuoi per i rapporti di forza militari, vuoi per quelli finanziari, non era destinato ad affievolirsi, per cui l’odine mondiale sarebbe rimasto lo stesso ancora per un tempo indefinito e che eventuali sfidanti potevano al massimo sperare ciascuno di ottenere un rapporto preferenziale con gli Usa.
Ma le cose non sono andate in questo modo e la presidenza Trump è solo una brusca accelerazione su una traiettoria precedente, che vede gli Usa come unica super potenza, ma assediata dai suoi sfidanti e con un rapporto di forse sempre meno favorevole.
[…]
Contrariamente a quello che la teoria delle relazioni internazionali ha sempre sostenuto, non sempre il peggior pericolo di guerra viene dall’anarchia internazionale, Qualche volta è proprio l’Ordine a generare il massimo disordine.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, disordine mondiale, limes

Paolo Selmi
“Qualche volta è proprio l’Ordine a generare il massimo disordine.”
Professore buongiorno!
Mai frase fu più vera. A maggior ragione se, da un po’ di tempo a questa parte, la politica a stelle e strisce è stata concepita secondo la strategia del “creative chaos”. Libia e Siria sono state le due vittime eccellenti. Non riesco a stabilire un controllo diretto? Muoia Sansone con tutti i filistei (fuori da casa mia, ovviamente). E’ una strategia criminale, un olocausto che produce milioni di vittime inermi in una guerra del tutti contro tutti orchestrata ad arte e finanziata nell’ombra (vedi armi NATO con imballo bulgaro trovate ad Aleppo ovest, piuttosto che le migliaia di jihadisti che, qualche giorno fa, hanno provato a sfondare ad Hama (e che percepiscono usd 350 al mese pagati, ovviamente, da qualcuno)). Quando non è sufficiente, ci mettono lo zampino anche loro: ultimamente, peraltro, con successo; mi riferisco alla “mossa del cavallo” con cui si sono presi la base aerea di Tabqa (e su cui ho scritto un pezzo raggruppando lavori difficilmente reperibili in italiano https://byebyeunclesam.wordpress.com/2017/03/27/gli-yankee-e-la-mossa-del-cavallo-qualcuno-a-washington-usa-il-cervello/).
Ora i “curdi” hanno cominciato ad attaccare anche la diga di Tabqa, assicurando tutti che lo avrebbero fatto con “armi leggere”: risultato, foto di crateri più grossi di quelli lunari, ingegneri che, leggevo ieri sera, danno per imminente il crollo della diga senza lavori di ripristino che richiederebbero almeno due giorni di tregua… ma il caos creativo è al lavoro, e Raqqa se la fa in mano e comincia ad evacuare. D’altronde, l’importante è prenderla, anche con due metri di acqua… che importa?
Una nota sul Giappone: è ascrivibile all’Occidente tanto quanto la RPC, anzi, ancora meno. L’Autore di quel diagramma, probabilmente nell’ansia di rimpolpare le fila di un Uccidente (più che occidente) in necessità di reclutamento (finora gli è riuscito solo ai curdi dell’YPG, e non senza sorprese), ha lavorato un po’ di fantasia.
Grazie per il pezzo e
buona giornata!
Paolo
Gaz
Grazie ai caossini poco creativi e molto distruttivi la Russia si è installata stabilmente nel Mediterraneo e in nord Africa: a Washington e a Lutezia siedono dei geni.
Paolo Selmi
Proprio dei geni della lampada, Gaz! 🙂
Tentare di togliere di mezzo i russi dal mediterraneo è stato un grave errore… per il semplice fatto che nel Mare di mezzo è impensabile, da Gibilterra alla Guerra di Crimea, dalla crisi del Canale di Suez … di nuovo alla Crimea, che nessuna potenza imperialistica non consideri il metterci il becco una massima priorità. Per di più, si accontentavano anche di poco, erano lì buoni buoni in Libia e in Siria, non facevano male a nessuno da più di mezzo secolo… e ora invece ci becchiamo anche la Kuznecov in crociera, che muoverla costerà più di tre Costa Concordia messe insieme, inchino compreso! E, visti gli articoli isterici e russofobici che la accompagnano da quando alza l’ancora sul Baltico a quando l’abbassa a Tartus… fa quasi più scalpore della Wanda Osiris! D’altronde, non è un caso che il blogger russo che ha fatto più rumore dei recenti manganelli in salsa “fanette e foje”, faccia di cognome “Naval’nyj”, ovvero “navale”. Tutto torna…
Ciao!
paolo
Gaz
Ciao Paolo.
A volte nella politica internazionale sono in ritardo e ci capisco poco.
L’Italia dimagrita sanziona la Russia e subisce i dazi, ma nello stesso tempo accetta una cambiale nato più pesante per contare di meno e avere impegni più gravosi.
Palazzo Chigi, sede vacante (Gas)
Gaz
Ammetto che quando di mezzo si profilano questioni militari ci capisco ancor meno.
Paolo Selmi
Caro Gaz,
penso che ormai, per capirci qualcosa della politica estera italiana, occorra abbandonare del tutto le nozioni di razionalità e interesse nazionale. Il buon Katasonov, settimana scorsa, pubblicava una rassegna di articoli (basta cliccare sui link, sono tutti in inglese) con cui “celebrare” il sessantesimo dei trattati di Roma. Rassegna dal titolo emblematico: “Per i sessant’anni del progetto americano di Europa Unita” (http://www.fondsk.ru/news/2017/03/26/60-let-amerikanskomu-proektu-edinaya-evropa-43722.html). Notando, peraltro come, se si eccettuano i progetti di egemonia totale tipo “Otto von Bismarck-Shonhausen per l’unità germanica si annette mezza Europa” (Sfiorivano le viole, Rino Gaetano), in realtà i popoli e le politiche degli ultimi secoli fossero tutt’altro che “europeisti”. Comunque, a parte quest’ultima considerazione, la cosa che lascia scioccati è il totale appiattimento sulle posizioni NATO, da un lato, e la totale, supina, accettazione delle nefaste conseguenze di tali posizioni, dall’altro. E pensare che sia i cinesi che i russi, prima di questa calata di braghe totale di inizio secolo, avevano pensato a noi come riserva valutaria alternativa al dollaro (euro) e come elemento di mediazione fra loro e USA. Prima di realizzare che eravamo solo una loro colonia. Ciao!
Paolo
Gaz
@Paolo Selmi.
Oh nostro Paolo,
come si faccio a scrivere che la stupidità è il criterio razionale di guida che ci sta portando dritti verso tensioni molto tese?
Se uno va a sfrugugliare gli orsi nelle loro tane, cosa si aspetta ?
VOTE halfAnus for U.N. Secretary General !
Paolo Selmi
Caro Gaz,
e mentre noi seguiamo i diktat di Washington e ci tiriamo tafazzate immani sugli attributi, gli altri vanno avanti. Lasciamo stare, per una volta, il racconto autobiografico di giorni lavorativi passati ad aprire pratiche di contenitori in arrivo contenenti, letteralmente, il mondo. Discorsi già fatti. Ti riassumo in breve le ultime provenienti dalla Terra di mezzo, dove della democrazia se ne infischiano e procedono a passi da gigante sulla strada dell’ennesima ristrutturazione capitalistica guidata dal partito-stato. Fonti: il buon Victor Pirozhenko del gruppo di fondsk.ru con questi due lavori http://www.fondsk.ru/news/2017/04/01/globalizacia-po-kitajski-na-sluzhbe-nacionalnoj-innovacionnoj-ekonomiki-43754.html et
http://www.fondsk.ru/news/2017/03/08/kitaj-nacelilsja-na-tehnologicheskij-proryv-43646.html)
il primo, peraltro, ha quasi tutti i richiami ipertestuali che rimandano a notizie in inglese. In sostanza, in Cina si sono divisi i compiti: a copiare borse e magliette, basta un cinesino scafato col suo palmare alle fiere (quella del mobile si sta aprendo ora a Milano e immaginati le scene agli stand: no foto, grazie e tutti i cinesini che ci provano… fosse ancora vivo Nanni Loy, altro che specchio segreto!). Per le produzioni hi-tech, il partito-stato promuove “joint-ventures” con gli stessi cervelli che qui non trovano nessuno che li finanzi: venite da noi, oppure, restate pure lì, voi ci mettete il cervello – e ne date possibilimente un po’ anche a noi – e noi i soldi, quanti ne volete… gli investimenti nel settore sono cresciuti di un 18% e hanno portato a una crescita del settore alta-tecnologia del 12% (a fronte di un “modesto” – si fa per dire – 6% di crescita dell’intero comparto industriale). Dove non arrivano i funzionari, troppo interessati a come spendere in patria e ad accumulare all’estero i proventi delle percentuali richieste per il “disturbo”, arrivano organizzazioni multinazionali come questa (https://www2.deloitte.com/cn/en/pages/about-deloitte/articles/about-deloitte.html). Infine, un’ultima considerazione su questo settore e sulla “fine del lavoro”. Quante Italie fa, in termini di abitanti, la Cina, VENTI? Bene, in Cina ci sono oltre 40 zone industriali interamente dedicate allo sviluppo della robotica, distribuite in 20 “province” (leggi mini stati grandi come l’italia se non di più), con un produzione 2016 di complessivi 72400 robot industriali (+34,3%). Dove li mettono, loro i disoccupati? Ma guarda, non si pongono neanche il problema. Ci sono sempre migliaia di container da riempire di porcherie che stingono e si restringono dopo un lavaggio, o “imitazioni” delle stesse borse che producono SEMPRE loro per conto dei nostri capitalisti, la linea “ombra”, diciamo. Poi crescerà il settore dei servizi, dove impiegare per lo stesso piffero e paffero gli ex-operai. Dovranno, infine, rimediare ai danni che i settori “avanzati” producono, e anche questo richiede manodopera (a basso costo). Abbiamo quindi il funzionario e l’oligarca a braccetto alla fiera del lusso di Shanghai, o a escogitare insieme il modo di traghettare un po’ di capitali alle isole del caimano, nome che ben gli si addice, lo scienziato occidentale che realizza il suo sogno e intanto li riempie d’oro, e – per esempio – il contadino che MANUALMENTE, e sempre per lo stesso piffero e paffero, impollina i fiori a uno a uno sugli alberi da frutto, visto che le api hanno il brutto vizio di schifare l’aria sporca, e loro sono conciati così anche nelle campagne (http://www.huffingtonpost.com/entry/humans-bees-china_us_570404b3e4b083f5c6092ba9 per chi volesse, consiglio la visione del film MORE THAN HONEY https://m.youtube.com/watch?v=UyhjrtDKAn4 dove questa scena è stata filmata…)
Nel frattempo, Renzi va in California a “imparare”… e noi continuiamo a tagliarci le gambe da soli con strategie di corto respiro che, è vero, sono WIN-WIN, nel senso che fanno vincere due volte loro.
Ciao!
Paolo
Gaz
@Paolo Selmi
Grazie, caro Paolo per i tuoi contributi che, grazie alla tua posizione e il tuo sguardo, consentono di gettare luce da un punto di vista fattuale e superiore, rispetto alle carte dell’ufficialità nostrana paludata e bugiarda.
I giganti si muovono a tutto campo e i nostri ( la netiquette vale anche per me) nanerottoli vivono sulla luna.
In Europa di rilevante c’è che:
.. the defence secretary, Michael Fallon, stressed that … had repeatedly referred to the question of Gibraltar. “We’re going to look after Gibraltar. Gibraltar is going to be protected all the way because the sovereignty cannot be changed without the agreement of the people of Gibraltar” …
.. il ministro della difesa M. Fallon ha ripetutamente sottolineato in riferimento alla questione di Gibilterra che:” difenderemo Gibilterra. Gibilterra sarà protetta in tutti i modi, perchè la sovranità non può essere cambiata senza l’accordo del popolo di Gibilterra”.
A Malta, Irlanda, Scozia, Galles, ma anche in Kenya … sarebbero d’accordissimo.
Paolo Selmi
D’accordissimo Gaz… si spellerebbero le mani dagli applausi! 🙂
A questo proposito, i valenti scienziati dell’ACME non tarderanno a scoprire che le Colonne d’Ercole, sin dall’antichità, erano affidate in custodia a un druido, dal cui lignaggio discendono sia Re Artù che Paul Mccartney. E ” the people of Gibraltar” questo lo sa da millenni. 🙂
Ciao!
Paolo
Gaz
A Paolo Selmi.
Caro Paolo, quest’ultima tua è sottilissima 🙂
Eppur la chimerica non fu presa, fintanto che non vi si misero da ogni dove.
Ancor prima dei Romani l’Europa, in parte, è stata unita culturalmente.
Sui caossini qualche domanda avrei da farla alla sfinge J.Major, tardo tardissimo epigono di Churchill ..
napalm51
finché le aggressioni all’occidente si limitano a qualche malato di mente, ubriaco, armato di coltello o emarginati dediti a furterelli e spaccio armati di coltello, camion, mitra, bomba chi siede nei cda delle banche o multinazionali; che glié frega??
Aldo S. Giannuli
ecco un altro che non ha capito niente di quel che scrivo
napalm51
direi di no! Chi crede che chi comanda attualmente in occidente, sia messo in pericolo da poteri autoritari come russo, cinese, arabo o ‘a da’ venì , i quali sono conniventi non alternativi poi l’orticello di casa è un altro discorso, non ha capito i segni sociali che si manifestano.
Uno per tutti : la gente emigra non fa opposizione. Poi se qualcuno crede che la propria opinione sia oro colato perché viene pagato, viva nell’illusione.
Giovanni Talpone
Mi limito a osservare che è proprio il grande disordine mondiale in crescita che ci obbliga a risolvere le “guerre di secessione” europee in senso federalista, e non la fedeltà a ideali dolciastri. O diventiamo vaso di ferro, o andiamo in cocci.
Gaz
@ G. Talpone
Nella forma: per diventare vaso di ferro dovremmo comunicare in 27 lingue?
Giovanni Talpone
In realtà ne bastano tre o quattro che molti capiscono: inglese, francese, spagnolo, tedesco. E comunque è sempre meglio che essere irrilevanti e colonizzati in 27 lingue diverse.
Gaz
.. non è stato un caso che Adenauer De Gasperi e Schuman si comprendessero perfettamente in politica: parlavano la stessa lingua.
Herr Lampe
Bell’articolo. Forse ricompro un numero di Limes dopo anni. Forse.
andrea z.
Il periodo che va dalla caduta del Muro di Berlino alla crisi finanziaria del 2008 ha rappresentato un’occasione unica per costruire, sotto la guida del vincitore della Guerra Fredda, un mondo fondato sulla pace e sul benessere.
Purtroppo, gli USA si sono dimostrati non all’altezza dell’impresa, o meglio la sua classe dirigente si è fatta trasportare dall’avidità e dal delirio di onnipotenza e ha portato il blocco occidentale in un caos finanziario, miltare e geopolitico completo.
Gli USA sono un Paese sommerso di debiti, ostaggio di un’elite di banchieri senza scrupoli e aggrappato al dollaro, moneta degli scambi energetici, per sopravvivere come grande potenza.
Mentre il mondo si avvia a diventare multipolare, i pianificatori del Nuovo Ordine Mondiale, come David Rockfeller, appena morto, i Rothschild, i Warburg e le altre grandi dinastie, stanno assistendo alla fine dei loro progetti.
Il sogno di una società dominata da un sottile strato di grandi ricchi non è però destinato a scomparire, ma verrà a breve riproposto da una nuova generazione di dominatori, provenienti dalle aziende della Silicon Valley e degli altri poli informatici.
Sarà un progetto molto più sofisticato del precedente, basato non solo sulla forza militare e mediatica, ma anche sulle nuove tecnologie: dal denaro digitale manipolato da banche digitali agli algoritmi di controllo fino ai microchip sottopelle.
Solo il fine ultimo sarà lo stesso: una docile massa di sudditi al completo servizio di pochi detentori del capitale e della tecnologia.
https://www.che-fare.com/potere-algoritmi-societa/
Gaz
Sarajevo, Danzica, Seoul ?
Gaz
Spero nella corposità dell’omissis qui non trascritto.
Lorenzo
Buon contributo. Gli articoli di politica internazionale di Giannuli sono quelli cognitivamente più validi, essendo liberi dal desiderio di orientare il proscenio politico.
Purtroppo non ho ancora trovato il tempo di leggere il nuovo Limes e quindi non posso commentare. Dico solo che la formula “l’ordine genera il massimo disordine” è una formulazione un po’ a effetto per dire che la disgregazione degl’imperi in decadenza produce forze centrifughe proporzionali alla vastità del costrutto.
La causa di questa decadenza? C’è un limite alla liquidità che gli aggregati umani possono sopportare prima di liquefarsi essi stessi. E questo limite viene raggiunto prima dagli aggregati politici che da quelli economici (che è uno dei motivi per cui si cerca forsennatamente di ricondurre la politica all’economia). Bauman parlava di liquidità dove avrebbe dovuto parlare di liquefazione.
foriato
“C’è un limite alla liquidità che gli aggregati umani possono sopportare prima di liquefarsi essi stessi.”
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Ottimo riassunto della liquefazione fascista: Schiere troppo serrate, ammassamenti di maschioni gai e briosi nel loro punto di massima virilità gonfia di entusiasmo… ay! Doveva proprio succedere. Io avevo un camerata, mai troverò uno miglioooor…
https://www.youtube.com/watch?v=QcpuOxM-mGY
Gaz
Brano di rara inespressività. Può provocare l’attaccamento di alcune parti anatomiche alla cadrega su cui siete seduti. Leggere attentamente le avvertenze. Non somministrare ai bambini sotto i 12 anni.
Riccardo M
Non ho letto l’articolo ma qui mi sembra che manchi l’oggetto del contendere, ovvero il controllo delle fonti energetiche fossili e dei loro canali di trasporto. Da questo punto di vista le avventure militari degli Usa nei paesi mediorientali, non sono state per niente sconclusionate, hanno avuto al contrario buon fine nell’inserirsi tra il China Belt e le risorse di gas russe, oltre ad assicurare le riserve della regione. Unico neo per gli USA, la presenza russa in Siria che gli dà lo sbocco sul Mediterraneo, ma questo ci può stare in una situazione poteri multilaterale come l’attuale, come ben dice Giannuli, e poi gli USA hanno pur sempre recuperato gran parte del sud America nella loro sfera di influenza (se mai l’avevano perso).