
Elezione di Trump, crollo democratici: quali conseguenze negli Stati Uniti?
Dell’elezione di Trump dovremo parlare ancora diverse volte, perché è evidente che questa presidenza non sarà una delle quarantacinque che si sono succedute, sarà una presidenza di svolta come quelle di Roosevelt o di Nixon o Reagan, probabilmente peggiorerà le cose noi temiamo in peggio, ma comunque sarà una Presidenza di svolta. E già lo dicono le reazioni che ci stanno facendo assistere a cose mai viste prima.
Manifestazioni di protesta, già all’indomani, con tanto di cartelli con scritto “Not my President”, mentre gli uffici immigrazione del Canada registrano una valanga di domande di trasferimento di cittadini americani; Michael Moore (che non rimpiange affatto la Clinton ed attacca da sinistra i democratici) propone misure straordinarie ed invita a preparare sin d’ora l’impeachement.
Dalla guerra di secessione, Trump è il Presidente più divisivo che gli Usa abbiano mai avuto e sin dalla sua elezione. Per la verità lui sta cercando di mettere acqua fredda nel brodo bollente della campagna elettorale: “Sarò il Presidente di tutti, non chiederò l’incriminazione di Hilary, al confine messicano non costruirò proprio un muro ma mi accontenterò di un muretto, lascerò un pezzetto della riforma sanitaria” ecc. Ma sono sforzi vani, resterà un presidente altamente divisivo per diverse ragioni, la principale delle quali è che il suo blocco elettorale è un cartello dei no destinato a sfasciarsi in breve.
Se taglia le tasse (e questo soprattutto per i redditi alti ed altissimi) cresceranno le diseguaglianze e farà infuriare quelli cui aveva promesso di farle diminuire, se si impegnerà a ridurre le diseguaglianze (figuriamoci!) e aumenterà la pressione fiscale di ricchi e ricchissimi, manderà in bestia questi ultimi. Se riporterà l’industria dell’auto a Detroit, prima si inimicherà il polo auto del sud degli Usa e dopo dovrà adottare dazi protezionistici che scateneranno una guerra economica con i cinesi, ma se non lo farà deluderà proprio quegli stati strappati ai democratici che lo hanno fatto vincere. Ha promesso tutto a tutti ed ora, comunque vada, perderà pezzi per strada.
Soprattutto, per mantenere il tradizionale elettorato repubblicano dell’America profonda, ha vellicato le corde della restaurazione di costume, contro le unioni civili, il riconoscimento dei diritti dei gay, eccetera, con il risultato di scatenare un conflitto di natura antropologica fra città e zone rurali che affianca quello scavato dalla crisi.
Prendiamo il caso della Pennsylvania, strappata ai democratici: nella capitale Philadelphia, vince la Clinton e con largo margine, ma nelle contee rurali vince Trump e con margine altrettanto largo, sino a far pendere la bilancia verso destra. E potremmo ripetere la stessa cosa per altri stati. I democratici vincono nei loro tradizionali feudi delle coste, salvo gli stati della rust belt (Pennsylvania, West Virginia, Ohio, Indiana, e Michigan) dove hanno pesato sia la disaffezione della working class colpita dai programmi di delocalizzazione, sia il passaggio all’astensione della maggioranza dei sostenitori di Sanders. Vice versa, i repubblicani hanno confermato tutti i loro stati e tutta l’America interna si colora del rosso dell’elefantino come al solito.
Tutto sommato, non è Trump ad aver vinto (dato che riprende i soliti 58-60 milioni di voti repubblicani), sono i democratici ad aver perso, lasciando sul campo 6 milioni di voti passati in gran parte all’astensione. Adesso l’ala urbana e raccolta intorno ai diritti civili (che maggioritariamente non ha votato per nessuno dei due candidati) sta radicalizzano la sua posizione.
Ed il carattere divisivo della Presidenza Trump resta: le parole dolci del discorso presidenziale servono a poco.
Gli Usa sono oggi un paese estremamente diviso e perciò stesso, più debole sulla scena internazionale. E’ possibile, anzi probabile, che l’attuale movimento di contestazione di Trump rifluirà in qualche settimana, ma il fuoco coverà sotto la cenere e ad ogni decisione di rilievo, quando si riaffacceranno i motivi del contenzioso, la fiammata si alzerà di nuovo in forme per ora poco prevedibili.
D’altro canto, Trump (e la Clinton sarebbe stata la stessa cosa) non ha gli strumenti per soddisfare la sua promessa principale: uscire dalla crisi e rilanciare disoccupazione e consumi. Si limita a riciclare la solita ricetta neo liberista del taglio delle tasse per i redditi più alti che poi è esattamente la ragione della crisi.
Quanto poi al taglio della liquidità, non si capisce come questo possa conciliare con il taglio delle tasse e con il più alto debito del mondo che costa centinaia di miliardi di interessi all’anno.
Trump non è la svolta, ma solo l’inizio di una svolta che si presenta come un lunghissimo tunnel del quale non si vede dove andrà a sboccare.
Intanto c’è da temere presente anche un altro aspetto: la geografia elettorale degli Usa sembra mostrare tendenze ad articolarsi su uno schema a quattro punte:
– la destra repubblicana più estrema che Trump potrebbe organizzare in un suo partito diverso dai repubblicani (tema affacciatosi in campagna elettorale, quando lo scontro con l’apparato del suo partito aveva toccato punte particolarmente acute)
– il partito repubblicano classico che abbiamo conosciuto: di destra relativamente moderata
– il partito democratico tradizionale
– una nuova tendenza di sinistra che unifica i seguaci di Sanders, i reduci di Occupy Wall Street, alcuni candidati minori di queste elezioni e formazioni minori presenti da sempre (come il Partito Socialista).
Proprio la struttura confederale degli Usa, potrebbe facilitare la vittoria delle nuove formazioni in diversi stati. In questo caso, le conseguenze potrebbero essere sia la fine del bipartitismo e la nascita di un sistema a 4 con eventuali alleanze, sia l’accordo fra i classici partiti repubblicano e democratico, una sorta di unione moderata finalizzata a debellare i nuovi venuti e ripristinare il bipartitismo.
Tutto da vedere, di fatto la geografia elettorale americana non è più scontata come per il passato.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, elezioni stati uniti 2016, geografia elettorale americana, perchè ha vinto trump, perchè hillay clinton ha perso, sanders, vittoria di donald trump

Gaz
La prima volta che ha sentito “fuori gli Stati Uniti dalla Nato” mi son chiesto se fossi desto o dormiente. Forse per una presunta proprietà transitiva si può dire che ” fuori la Nato dagli Stati Uniti” è la stessa cosa, o no?
Ora leggo di un virtuale quadripartismo, oltre l’elefantino e l’asinello.
La prossima notizia, riguarderà la tricologia di Donald?
Si preannuncia un quadriennio movimentato, dove la prima l’ha lanciata in orbita zia Hillary, gran apritrice di barattoli in TV, dicendo che ha perduto per colpa dell’FBI.
P.s. Silvio, regala un lettone a tre morbide piazze a Donald, tanto le altre piazze gli manifestano duramente contro.
ilBuonPeppe
I movimenti di protesta sono, a quanto pare, composti da gente appositamente stipendiata.
La realtà è che gli statunitensi hanno bocciato Obama, che evidentemente anche all’interno non ha fatto ciò che aveva promesso. Ha vinto un altro gruppo di potere: bene.
Ora vedremo quello che farà Trump.
Herr Lampe
A quanto pare? Su quali fonti?
ilBuonPeppe
http://ilblogdilameduck.blogspot.it/2016/11/io-sono-una-trumpiana-di-merda.html
Vedi annunci come questo (ma ce ne sono altri in giro):
http://seattle.craigslist.org/see/npo/5869093530.html
andrea z.
Ha perfettamente ragione quando afferma che le elezioni le hanno perse i democratici. Durante le primarie i sondaggi, probabilmente gli unici fatti seriamente, prima che diventassero strumento di sostegno politico, davano per certa una vittoria di Sanders e una sconfitta della Clinton contro Trump
Il comitato nazionale democratico, anzichè agire da organo neutrale, ha mostrato la sua natura profondamente corrotta e ha dato retta ai finanziatori del partito anzichè alla gente, scegliendo una candidata logorata da innumerevoli scandali e incapace di suscitare simpatie tra gli elettori stanchi di vederla dopo 25 anni di frequentazione delle stanze del potere.
Ormai anche il partito democratico americano necessita di una profonda trasformazione, dopo che per decenni, come è accaduto ai partiti socialdemocratici europei, è stato infiltrato e corrotto dai centri finanziari e dalle multinazionali.
Dai repubblicani è giusto aspettarsi una politica economica favorevole al famoso 1% della popolazione, visto che da sempre il liberismo e il darwinismo sociale sono le sue caratteristiche principali, ma il partito democratico deve tornare ad essere il rappresentante del restante 99%, come è stato per molti anni dopo la seconda guerra mondiale.
Tenerone Dolcissimo
Puo’ essere benissimo che Trump abbia mentito, ma finora ha sempreproclamato di voler curarsi dei lavoaratori e soprattutto li ha frequentati nella campagna elettorale.
Quel che è sicuro è che la Clinton ha schifato i suddetti lavoratori e soprattutto curato gli interessi del famoso 1%
Andrea
Più che il Partito Socialista metterei il Partito dei Verdi di Jill Jestein che ha ottenuto l’1% a questa tornata elettorale. La Stein verso la fine della campagna elettorale aveva chiesto a Sanders di prendere il suo posto.
Massimo GIANNINI
La fine del bipartitismo la vedo dura e non vedo cambiamenti sostanziali della elettorale. Quello che mi sorprende è che nessuno considera le similitudini con il 2000 e le elezioni di Bush jr o prima di Reagan. Non ci sono molte differenze e tra l’altro i dati ci dicono che la popolazione ha in maggioranza votato Clinton cosi’ come allora voto’ Al Gore. Il problema è stata l’astensione (lato democratici). https://docs.google.com/spreadsheets/d/133Eb4qQmOxNvtesw2hdVns073R68EZx4SfCnP4IGQf8/htmlview?sle=true . L’unica differenza che potrebbe sparigliare le carte è la politica estera di Trump, ma non dimentichiamo che appartiene pur sempre al partito repubblicano, quello che ha iniziato tutte le guerre nel 2000-2008.
benito
che gli USA sono in fase di declino galoppante non e’ un modo di dire, ma una chiara realta’ che solo i nostri mediocri governanti europei si ostinano a non voler vedere. Troppe cose lo dicono, e altre pure assai significative non vengono neanche dette. Nessuno per esempio dice che gli USA, da tempo, non hanno piu’ una politica estera perche’ ogni stato confederato fa la sua politica indipendente. Tra le oligarchie che hanno sostenuto la Clinton c’e’ l’alta finanza, tra quelle che hanno sostenuto Trump ci sono le industrie estrattive. Finanza e petrolio confliggono a causa del valore del dollaro e del basso petrolio, la finanza vuole dollaro alto e petrolio basso, i petrolieri, l’opposto. Sulla crisi dei partiti sia democratico che repubblicano, che ne parliamo a fare? Poi come se non bastasse ci sono i conflitti sociali e razziali, e una classe media tartassata. E allora da dove potrebbe venire un’ inversione di tendenza che possa rifare l’ america grande o quantomeno salvarla dall’andamento attuale?
A questo punto le previsioni di Igor Panarin sulla disgregazione degli USA appaiono un pochino meno astruse di quello che potevano sembrare quando furono ipotizzate.
Tenerone Dolcissimo
“gli uffici immigrazione del Canada registrano una valanga di domande di trasferimento di cittadini americani;”
Negli anni novanta, dopo le vittorie elettorali di Berlusconi, Roversi e Siusy Blady annunciarono il loro espatrio. Dopo vent’anni sono ancora qui e non solo: sono anche munificamente stipendiati dalla RAI. Evidentemente neanche come persecutore il Berlusca funziona.
Caro Giannuli, certe manfrine da radical chic lasciano il tempo che trovano.
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“Michael Moore (che non rimpiange affatto la Clinton ed attacca da sinistra i democratici) propone misure straordinarie ed invita a preparare sin d’ora l’impeachement.”
Penso che quella che si dovrebbe preoccupare è proprio la Clinton. Se partisse un’inchiesta sai quanta merda verrebbe fuori?!?!?!? Dalla Libia al Vaticano; dalla Siria all’Ucraina
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“Adesso l’ala urbana e raccolta intorno ai diritti civili (che maggioritariamente non ha votato per nessuno dei due candidati) sta radicalizzano la sua posizione.”
Facciano attenzione con le rivoluzioni colorate. Gli USA non sono l’Italia. Sono milioni di persone armate e indipendenti enon disposte a farsi mettere i piedi in testa. Già uno ha sparato addosso ad una manifestazione. Se si incazzano i boscaioli del Vermont o i metalmeccanici della Pennsylvania sarebbero dolori.
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Il blocco che ha votato Trump è una grande alleanza antiaristocratica. Sarebbe il caso di cominciare a studiare il ruolo delle aristocrazie nella storia e soprattutto le loro connessioni con i movimenti di sinistra
Aldo S. Giannuli
non dire troppe sciocchezze: bastava la prima
Tenerone Dolcissimo
Ne devo dedurre che non siamo di fronte ad una ennesima rivoluzione colorata -stavolta interna-?
Paolo (la sinistra attuale è fascismo )
Il blocco che ha votato Trump è una grande alleanza antiaristocratica. Sarebbe il caso di cominciare a studiare il ruolo delle aristocrazie nella storia e soprattutto le loro connessioni con i movimenti di sinistra (Citazione Tenerone Dolcissimo )
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Io invece sono “perfettamente ” d’accordo. La sinistra mondiale attuale..è al servizio del potere “aristocratico”…
la sinistra mondiale attuale ..è la più subdola e sofisticata forma di fascismo che sia mai esistita. Combatterla è un dovere. Le forze aristocratiche reazionarie ..oggi (da circa 25 anni )per raggiungere i loro scopi hanno indossato “gli abiti di sinistra”. “Oso” dire che paradossalmente ..chi si contrappone a “questa ” sinistra mondiale…è un partigiano.
Paolo (la sinistra mondiale è fascismo )
io sono keynesiano e non liberista …quindi al di sopra di ogni sospetto ..eppure solennemente dico: ben venga Trump (nonostante sia un incognita ).
Sarebbe stata una tragedia per il mondo la vittoria della killary e dell’establishment che le sta dietro (al top la peggior aristocrazia reazionaria di feudale memoria ).
Paolo Selmi
Professore buongiorno!
Parafrasando l’adagio popolare, chi di Soros ferisce…
I soliti malfidenti d’oltrecortina ritengono infatti che, dietro i recenti disordini, ci sia il buon Soros. Vedendo genesi, sviluppo e conclusione delle sue cosiddette “rivoluzioni colorate” sparse per il mondo, e confrontandole con le immagini di corredo che passano i tg circa gli eventi odierni (pensiline spaccate, auto distrutte, colpi di pistola “accidentali”, insomma, veri e propri “riot” da manuale, più che semplici dimostrazioni con cartelli e slogan), il dubbio comincia a venire anche a me. Certo, come dici, a livello di avvertimento, di “what if” intimidatorio… Trump non è Janukovic… per il momento, ma potrebbe diventarlo (resta poi, in ultima istanza, l’opzione “kennedy”, funziona sempre). Comunque, a prescindere dal SE e CHI ci sia dietro, resta il dato di fatto che questi Stati non siano mai stati Disuniti come ora, nella cosiddetta “land of the free”.
Disintegrazioni potenzialmente globali: i cinesi pensano di tenere in pugno il mondo con la maggior riserva di dollari esistente, ma se gli emissori di dollari decidessero un domani di mettere in pratica il “muoia sansone con tutti i filistei”, quindi svalutare, si troverebbero con un pugno si, ma di mosche, e con un pil che, da +7%, andrebbe per la prima volta in territorio negativo con effetti devastanti per un’economia che di socialistico ha sicuramente il rituale a corredo, ma sul resto segue le stesse logiche turbocapitalistiche di un’economia in gran parte finanziarizzata e fuori dal controllo delle autorità centrali. E anche la Cina ha le sue zone “rosse” e le sue zone “blu”, che coincidono – guarda caso – con le zone interne e le zone costiere del Paese. Un bubbone che, se scoppiasse, porterebbe alla deflagrazione di un ordigno micidiale, di una communitas da miliardo di persone e rotti, e alla destabilizzazione di tutte le zone, limitrofe e non, attraversate di colpo da flussi migratori di ogni genere che coinvolgerebbero anche il Vecchio continente, con ripercussioni del tutto imprevedibili. Specialmente ora, che il cosiddetto “soft power” (o ruan quanli (软权力), ruan shili (软实力), ruan liliang (软力量) che dir si voglia… non sono riusciti neppure a dargli una traduzione univoca, come invece accaduto per gli “altri importanti contributi teorici”) non convince più nessuno e ritornano in auge le care, vecchie, dimostrazioni muscolari con flotte e batterie missilistiche spostate alla conquista di isolotti, piattaforme e zone di pesca.
“Lupo non mangia lupo”, recita un altro adagio popolare. Alla fine, si raccoglieranno le macerie seminate qua e là, si metterà una pietra sui milioni di profughi provocati dai “caos creativi” e dalle “guerre giuste”, si ridisegneranno le mappe e l’istinto di autoconservazione fra gli uomini col cilindro, probabilmente, prevarrà, portando a compimento l’ennesimo ciclo di concentrazione del capitale, togliendo di mezzo qualche sedia, nel frattempo saltata, e accompagnandolo con un “compromesso onorevole”, di facciata, fra i restanti “pares” sempre meno tali. Forse, se, nel frattempo, qualche ordigno non sarà scappato di mano a qualcuno. Stiamo in campana.
Un caro saluto
Paolo
Emiliano
Piccola premessa, di quello che Trump farà in politica interna agli USA non me ne importa nulla. Non mi importa di che fine farà l’obamacare, della nomina del giudice costituzionale vacante, del atteggiamento verso il porto d’armi o del (per ora virtuale) muro messicano. E forse non dovrebbe importare nulla a nessuno al di fuori dei confini USA.
Invece mi importa e molto cosa intende fare il presidente Trump con la creatura arabo-americana comunemente detta ISIL o ISIS o DAESH, vorrà Trump vincere la guerra al fianco dei Russi o sarà costretto a cominciare una piccola guerra contro il pentagono e i servizi segreti americani? E manterrà la parola riguardo la NATO cioè obbligare gli alleati a pagare delle quote paritarie all’interno dell’alleanza, anche perchè così gli europei avrebbero a loro volta il diritto di pretendere il veto sulle decisioni di Washington in materia di alleanza atlantica(ma gli europei dopo la seconda guerra mondiale sono inebriati dal dolce sapore della deresponsabilizzazione).
A me interessa solo sapere se Trump metterà un freno alla guerra fredda 2.0, che a differenza della prima guerra fredda è più una invezione di esperti di marketing che un dato storico reale(ma riusciamo ad immaginare Putin che rischia una guerra termo nucleare planetaria per il puro gusto di invadere la Lettonia o la Lituania?).
Ultima considerazione, queste elezioni hanno avuto un profondo effetto catartico, hanno portato alla luce del sole le due anime del partito democratico quella socialista di Sanders e della generazione di giovani arrabbiati che lo hanno votato e l’altra anima, quella nera e reazionaria e intollerante della sinistra liberal. L’anima socialista si è dimostrata moderata, razionale e pragmatica mentre quella liberal sta dimostrando proprio in queste ore di soffrire di una terrificante idiosincrasia nei confronti di tutto ciò che non è approvato dal pensiero unico globalizzante.
Ma in ogni caso è salutare che il mondo stia reagendo e non solo subendo queste elezioni americane. Forse quando gli scioccati dalla brexit e da Trump avranno smesso di stracciarsi le vesti e avranno sbollito la tensione potremo cominciare a vedere retrospettivamente gli ultimi 8 anni di amministrazione Obama-Merkel-Hollande e magari anche senza indugiare sull’autocritica cercare di cambiare rotta.
Riccardo M
Trump si spartirà il mondo con Putin e punto, cominciando dalla Siria che verrà smembrata
Emiliano
Motivo in più per l’Europa di sganciarsi dalla NATO e cominciare a recitare la propria parte nel “grande spettacolo”.
Giovanni Talpone
Vincere puntando sulla “pancia”, e promettere cose incompatibili, almeno all’inizio, dà il vantaggio di fare un po’ quello che si vuole, perché il proprio elettorato non è particolarmente razionale e informato (poi escono i problemi esposti da Giannuli). Quindi, non è certo che il presidente assomiglierà al candidato; ma, supponendo di sì, c’è da chiedersi se l’establishment USA punti ancora al liberismo globale garantito dalla propria forza anche militare (e allora dovrà stoppare Donald, in un modo o nell’altro) o se invece siamo di fronte a un effetivo cambio di strategia generale. In questo secondo caso, vedremo cosa si inventeranno i Renzi d’Europa per fare finta di niente (i Napolitano e i Prodi, per loro fortuna, sono abbastanza anziani da potersi fare dimenticare in silenzio).
Tenerone Dolcissimo
A volerla dire tutta, Putin per intervenire in Siria ha aspettato che l’alleato ASSAD fosse stato quasi buttato a mare dalla rivoluzione colorata e per fare la voce grossa sull’Ucraina che gli pisciassero sulle mura del Cremlino
Non so giudicare come sia, ma finora non ha certo dato l’impressione di essere un attaccabrighe.
Quanto alle due anime della sinistra, pur sapendo che mi attirerò le ironiche bacchettate del professor Giannuli, devo confermare che la vera sinistra è quella della Clinton.
andrea z.
Il totoministri trumpiano prevede Steven Mnuchin, ex Goldman Sachs al Tesoro, il miliardario Wilbur Ross al commercio, il petroliere Harold Hamm all’energia, l’ex lobbista della Exxon, Myron Ebell, all’ambiente.
Non si direbbe l’avanguardia rivoluzionaria di una lotta senza quartiere ai poteri forti americani.
Nel frattempo, il genero di Trump, Jared Kushner è stato inserito nel “transition team”, senza avere esperienze politiche precedenti, scalzando Chris Christie, uomo politico di grande competenza, ma reo di aver condannato, quando era attorney general del New Jersey, il padre di Jared, il sopraddetto genero.
Insomma, iniziamo bene.
Speriamo, almeno, in una politica estera che ci faccia dimenticare i disastri del duo Hillary-Obama.
Forrest
Non capisco dove sta il problema….magari si rivelerà un nuovo Roosevelt (Teddy ovviamente), male che vada non potrà fare peggio di Obama….quanto meno sarà una presidenza più movimentata!
david cardillo
Professor Giannuli, devo porle una domanda seria: per quale ragione, nei confronti del criminale George W. Bush, responsabile dell’infame guerra contro l’Iraq, non c’è stato neanche un millesimo del fuoco di fila che si è avuto nei confronti di Trump? Io non ho nessuna simpatia per Trump, ma non ricordo un simile linciaggio nei confronti di un candidato alla Casa Bianca, malgrado di candidati, in passato ve ne siano stati di ben peggiori, forse cominciando da Killary Clinton. Mi interesserebbe molto conoscere il suo pensiero a tal proposito.
Roberto B.
Forse perchè è stato presidente durante il fatidico 2001, il che gli ha consentito di “portare la guerra fuori dal territorio americano”? E anche perchè ha cessato di esserlo nel 2009, cioè poco dopo aver visto i risultati della sua buona politica (2008, inizio ufficiale della crisi; in realtà cucinata con cura fin dal momento della sua elezione)?
Altri tempi, insomma. Gli americani, specie i neri, si aspettavano miracoli da Obama, ma la montagna ha partorito un topolino e middle-class e working-class si sono confuse e compattate con un unico obiettivo: abbattere chi li aveva messi in queste condizioni, repubblicano o democratico non era importante.
andrea z.
Forse Trump non sarà all’altezza delle aspettative di tutto il popolo americano, ma credo che la sua elezione abbia evitato almeno per il momento uno scontro con la Russia.
Dietro il suo successo c’è sicuramente quella parte dell’elettorato scontento delle politiche economiche del partito democratico, ma anche probabilmente una frattura all’interno dell’establishment USA tra chi voleva espandere l’impero a costo di un conflitto con Putin e chi si è ribellato di fronte al rischio di una guerra nucleare.
Solo così si spiegano gli interventi di autorevoli esponenti dell’FBI all’indomani delle elezioni.
Dev’essere successo qualcosa ai piani alti del potere americano e forse questo scontro tra le due parti dell’elite non è ancora concluso.
Brugial
Supposizioni, teorie, pareri più o meno interessati….. chiacchiere!
I dati certi che conseguono dalla elezione di Trump sono: mercati ai massimi (e i cosiddetti esperti prevedevano un crollo delle borse superiore al 10%), dollaro in netto rafforzamento (siamo passati da 1.12 a 1.06 ca contro euro), il BDI indice dei noli marittimi, cioè dell’andamento del commercio internazionale, salito da ca 800 a 1000, il prezzo del rame, indicatore principe delle prospettive economiche, in rapida salita.
Questa è la realtà: stop!
Lorenzo
Analisi non errata, ma alquanto preconcetta e superficiale. E’ chiaro che per vincere contro un avversario che ha fondi decupli dei tuoi e l’appoggio arrabbiato dei poteri forti e dei media da essi controllati, bisogna fare promesse a destra e manca.
Ma un orientamento strategico Trump ce l’ha: lo smantellamento della globalizzazione e della civiltà della political correctness costruita dal neoliberismo nel corso degli ultimi 30 anni. E’ chiaro che quando si prova a cambiare si imboccano strade altamente divisive. Quale ne sarà l’esito ce lo dirà la storia e non certo Giannuli; al quale, da buon socialdemocratico, la situazione attuale va bene sol di renderla un po’ più sociale, un po’ più redistributiva, in modo da tenerci i diritti di negri, froci e migranti ma aggiungendoci una fetta di welfare per tener buoni gl’italiani.
Per quanto mi riguarda sono il primo a sperare nel fallimento di Trump (come ho sperato nella sua elezione) in forme e modi tali da imbarbarire la situazione civile e politica del conquistatore statunitense. E’ l’ultimo custode dell’inciviltà demoplutocratica e umanista che ci ammorba.
Lorenzo
PS: la vecchia guardia del regime sta cominciando a “riposizionarsi”. Galli della Loggia è diventato un critico della globalizzazione… della serie Lenin che diventa antibolscevico.
http://www.corriere.it/opinioni/16_novembre_15/destra-sinistra-cosa-c-fare-ceb33f6c-aa9e-11e6-952b-c4754eb1c6f0.shtml#
leopoldo
una delle cose + interessanti della elezione di trump sono i costi, i sistema di comunicazione, la scarsa partecipazione popolare ai raduni. Mentre per i democratici, la scelta folle nel loro sistema elettorale, di presentare la Clinton mantenere una pseudo promessa ai tempi in cui il consorte era presidente, addirittura boicottando Sanders.
cmq lo scontro sarà sul posizionamento fiscale delle multinazionali nei rapporti tra stati.
andrea z.
I miliardari sostenitori della Clinton e fanatici promotori della globalizzazione si sono radunati nell’Hotel Mandarin Oriental di Washington per decidere la strategia contro Trump.
Se il progetto di globalizzazione neoliberista sembra sfuggire di mano a quel settore dell’elite americana che l’esperto di geopolitica cinese Qiao Liang definisce una setta di psicopatici pericolosi, in Europa il loro controllo sui governi degli Stati più importanti è ancora ferreo.
Per mandare in fumo definitivamente il loro progetto di dominio mondiale manca ancora un tassello: la vittoria della Le Pen alle presidenziali francesi del 2017.
Quello sarebbe un colpo mortale, quindi da qui all’Aprile del 2017, in Francia aspettiamoci di tutto: dagli scontri di piazza agli attentati false flag.
E anche in USA, come dimostrano le manifestazioni organizzate in questi giorni da gruppi che fanno capo alle Ong dei sopraddetti magnati della finanza, la partita contro Trump è ancora aperta.
Paolo
la partita contro Trump è ancora aperta.(andrea z )
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la partita contro Trump…non è “ancora” aperta…cio che c’è stato sino ad ora ..era la premessa: la vera partita dura , senza esclusione di colpi tra due blocchi diversi dell’establishment …inizia adesso..e non so con quali esiti…ma sta “succedendo qualcosa ” all’ interno del sistema americano…la partita è tutta aperta…