Un altro spostato: l’eccidio di Tolosa
Dopo gli eccidi di Utoya, Firenze e Liegi un altro matto solitario che spara sulla folla ed ammazza un rabbino e tre bambini.
Torno a chiedermi: sono solo matti? So che molti lettori reagiranno male, mi accuseranno di essere un dietrologo se non peggio (e, naturalmente, qualcuno sarà anche abbastanza maleducato, ma io non censuro mai alcun commento per cui passeranno anche loro, anche se, per principio, non rispondo ai tangheri), ma credo che dobbiamo porci qualche domanda. Con una premessa per capirci: le ipotesi sono ipotesi e le analisi sono analisi, anche se fra le due cose c’è un nesso e spesso le ipotesi preparano le analisi: per fare le analisi ci vogliono dati certi e sufficienti, quando questi mancano si procede per ipotesi (è un procedimento scientifico abbastanza normale), l’importante è sapere non dare per verità acquisita quello che è solo una ipotesi da testare. Le ipotesi possono anche essere molto azzardate, non è questo ciò che conta: ci sarà poi tempo per vedere se sono del tutto infondate, se hanno colto qualche elemento interessante o hanno centrato l’obbiettivo ed è normalissimo che ci sia una certa percentuale di ipotesi fallite -sarebbe troppo bello il contrario-, ma anche le ipotesi falsificate (e qualche volta ad esserlo non sono solo quelle azzardate, ma anche di quelle molto ben fondate che, però , non reggono alla prova finale) non sono affatto inutili, sia perché restringono il campo, sia perché contribuiscono ad acquisire indirettamente elementi utili. Quindi niente di male se si fanno ipotesi e le si dichiara come tali e, magari, si cerca di valutare il margine di rischio che comportano. Poi se qualcuno ha un metodo scientifico migliore da proporre lo faccia: l’Umanità gliene sarà grata, anche perché, da secoli, nessuno è riuscito a trovare di meglio che procedere in questo modo.
In attesa di essere illuminati da qualche grande scienziato, procediamo umilmente con l’unico metodo che conosciamo.
Primo punto: formulare il problema e individuarne i termini.
In meno di un anno si sono verificati quattro episodi di strage in Europa. Considerato che le stragi sono avvenimenti –per fortuna- piuttosto rari, considerato l’arco di tempo assai ristretto (8 mesi circa) sorge la domanda: “si tratta di una pura casualità o ci sono nessi da indagare e, nel caso affermativo, di che natura sarebbero questi nessi?”. E di qui: “siamo di fronte ad una nuova strategia della tensione?”
I quattro episodi accadono ciascuno in un paese diverso di Europa, hanno protagonisti abbastanza diversi per nazionalità, età, estrazione sociale, collocazione politica. Peraltro, se per i primi tre casi è facile parlare di patologia mentale, nel quarto caso, abbiamo di fronte quello che potremmo definire, piuttosto, un “terrorista individuale” che ha agito con una sua razionalità politica (per quanto aberrante essa sia).
Anche le vittime sono (relativamente diverse fra loro): giovani socialdemocratici norvegesi, immigrati senegalesi, ebrei francesi, pacifici cittadini di Liegi.
Dunque casi per molti versi dissimili fra loro. Quel che farebbe propendere per la casualità, per cui, pur essendo le stragi in genere avvenimenti abbastanza rari, ne sono accadute diverse in un breve periodo per puro caso. Può darsi, ma ci sono anche somiglianze ricorrenti che rendono meno probabile la casualità:
a-in tre casi le vittime non sono indiscriminate ma individuate come appartenenti ad un particolare gruppo politico o sociale (Utoya, Firenze, Tolosa) mentre questo dato non appare così chiaro nel caso di Liegi (a meno di non pensare che l’attentatore ce l’avesse con gli abitanti della città in quanto appartenenti ad una comunità dalla quale si sarebbe sentito escluso).
b- In tutti i casi il gesto rivela un odio totale per le vittime che non è detto possa essere spiegato solo con accessi di follia individuale, potendo anche considerarsi come una sorta di ricaduta di atteggiamenti da “guerra totale” o di annientamento
c-in tre casi (Firenze Tolosa, Liegi) l’azione si conclude con la morte dell’autore (due suicidi, uno ucciso)
d-in tutti i casi la tecnica è quella del cecchinaggio (nel caso di Utoya anche con l’uso di esplosivi) che ricordano molto da vicino quelle tecniche di “guerra tra la folla” di cui si parlò molto al tempo della dottrina sulla “guerra rivoluzionaria”
e-in almeno tre casi (Firenze, Tolosa, Liegi) si sarebbe trattato di persone con precedenti di vario tipo (psichiatrico o politico) per cui erano noti alle forze di polizia e sorvegliati, ma questo non gli ha impedito di trovare le armi di cui avevano bisogno ed, in qualche caso, si è trattato di una vera e propria armeria.
f-in diversi casi l’episodio si è verificato in un momento politico delicato (Italia a ridosso della crisi di governo, Belgio in un passaggio delicato dell’eterna crisi di governo, Francia elezioni politiche)
Dunque, ce ne è abbastanza per cercare spiegazioni di ordine non casuale, anche se è evidente che mancano elementi tali da trattare il problema in termini di certezza e tocca spingersi sul terreno delle ipotesi. C’è un primo ordine di spiegazioni “non casuali” ma di tipo “oggettivo”: i nessi sono da cercare nel particolare momento che viviamo che miscela odi etnico-razziali e crisi economica più che in una matrice soggettiva comune. In questo senso andava un articolo di Adriano Sofri a novembre (di cui abbiamo parlato) e, più o meno sulla stessa lunghezza d’onda si è collocato un intervento web di Annamaria Rivera. Ipotesi più che plausibile, con elevato grado di probabilità di essere esatta: la crisi spinge a comportamenti esasperati (ad esempio in Grecia c’è una impennata di suicidi) d’altro canto c’è un terreno preparato da circa venti anni di veleni xenofobi e di problemi dell’immigrazione mal gestiti, dunque una “precipitazione chimica” dei sue elementi ha ottime probabilità di ottenere effetti simili a quelli di cui parliamo. Questo non spiegherebbe le troppe similitudini nella tecnica degli attentati, ma anche questo può avere una spiegazione di tipo “oggettivo”: la sindrome imitativa per cui, se il giornale dà notizia di un tale che si è buttato dalla Tour Eiffel, è molto probabile che nelle settimane successive altri faranno la stessa cosa e nello stesso modo.
D’altro canto, gli attentatori di Liegi e soprattutto Firenze, presentano sintomi di squilibrio reale, per cui la sindrome imitativa (rispetto al primo caso, quello di Utoya) potrebbe benissimo essere la spiegazione del loro gesto. Questo però va meno bene nel caso di Tolosa dove abbiamo di fronte un guerrigliero esperto, non uno psicolabile spinto da pulsioni imitative. Ma Tolosa lasciamola per un attimo da parte.
Dunque delle spiegazioni non casuali ed oggettive ci sono e coprono una buona parte degli elementi su sui abbiamo appuntato la nostra attenzione.
Adesso poniamoci un problema nel problema: valutato come molto probabile (ma non sicuro) che la spiegazione di questi episodi sia da cercare nel particolare clima sociale e politico che arma la mano di soggetti psichicamente deboli, questo basta a spiegare tutto o si tratta solo delle condizioni oggettive delle quali qualcuno ha approfittato operando in una o più occasioni, per fare qualche operazione (a proposito: si chiamano “operazioni di intelligence” o “politiche” non complotti, il termine complotto lasciamolo alle chiacchiere fra analfabeti al bar dello sport).
Sia chiaro che qui stiamo muovendoci su una lastra di ghiaccio molto più sottile della precedente, con margini di rischio molto più alti. Quindi ragioniamo sapendo di stare facendo ipotesi azzardate che possono essere facilmente smentire in tutto i in parte, disponendo di dati di conoscenza ancora troppo limitati.
I punti più inquietanti che ci spingono a prendere in considerazione questa ipotesi sono: l’eccessiva facilità con cui questi soggetti si sono procurati le armi ed hanno preparato la loro azione (meno male che li sorvegliavano!), i diversi punti oscuri delle ricostruzioni, per cui c’è sempre qualcosa che non convince ed il tempismo politico di questi attentati. In particolare il caso di Tolosa c’è chi sostiene, con qualche dato di fatto attendibile:
1-l’attentatore era nella lista nera dei super controllati dei servizi americani, a suo tempo comunicata agli altri servizi. E a che serve tenere uno nella lista dei super controllati, se poi riesce a fare quello che ha fatto Mohammed Merah?
2-Merah sembra fosse “coltivato” dai servizi francesi che speravano di farne un proprio infiltrato per cui, come dice il “Foglio” si tratterebbe di una “operazione di intelligence finita male”
3-Merah aveva un livello di vita molto dispendioso con continui viaggi in medio oriente, acquisto di armi ecc e non si capisce da dove prendesse i soldi
4-Sembra che l’uomo avesse rapporti non occasionali con ambienti jiadisti
Dunque, l’ipotesi del fondamentalista islamico che si è fatto da solo e che ad un certo punto ha deciso e fatto la strage tutto da solo non convince molto.
Peraltro: in un primo momento la polizia aveva parlato di un suicidio dell’attentatore che si era volontariamente gettato nel vuoto da una finestra sfracellandosi al suolo, dopo, invece, la polizia ha ammesso di aver abbattuto Merah con colpi sparati alla testa da tiratori scelti (ma non si era detto che lo volevamo vivo?). Infime, il punto più scabroso di tutti: ammesso che l’uomo abbia deciso in perfetta solitudine di fare quell’ignobile mattanza, come mai decide di farlo proprio in G
Francia a cinque settimane dal primo turno di presidenziali che vedono il presidente uscente in forte affanno? Tutto è possibile, ma, insomma, la coincidenza merita d’essere rimarcata.
Insieme al caso di Utoya, quello di Tolosa è il caso con più aspetti politici inquietanti.
Dunque, le spiegazioni “oggettive” fanno certamente parte di una ricostruzione complessiva possibile, ma non sembrano del tutto soddisfacenti e l’ipotesi di qualche mano “occulta” ha dalla sua parte diversi elementi per essere presa in considerazione. E si tratta di una ipotesi che si sfiocca in due sotto-ipotesi:
a-tutte le stragi hanno un’unica regia e puntano ad un risultato preciso (questa sarebbe l’ipotesi classica della “strategia della tensione”)
b-siamo di fronte ad un misto di situazioni diverse in cui un episodio è il gesto solitario di un folle, un altro è l’esecuzione di un’operazione decisa da una centrale terroristica (magari di destra o jiadista), un altro è il frutto di una azione coperta di un servizio segreto. E magari in qualche caso si sovrappongono più mani.
Il primo tipo di ipotesi è il più debole sia perché ci sono troppo pochi elementi per sospettare ciò in modo fondato, sia perché riesce difficile individuare con esattezza un movente che possa spiegare il tutto. Comunque, per correttezza, tutte le ipotesi con non siano al di sotto di una soglia minima di plausibilità, vanno prese in esame. Qui il dato da cui partire è che queste stragi concentrate nel tempo si verificano in paesi diversi (quindi è sotto la soglia di plausibilità una pista “nazionale) però tutti dell’area Euro. Dunque, la logica sottostante potrebbe essere quella di una destabilizzazione socio politica finalizzata alla destabilizzazione della moneta. Ci si può lavorare per capire cosa ci sia di vero tanto nella linea principale di ragionamento (se qualcuno ha interesse e sino a che punto a destabilizzare l’Euro; il che sembra meno probabile di quanto poteva apparire in autunno) e su quella secondaria (se davvero ci siano nessi fra quella strategia e queste stragi).
A questo punto, direi che si tratta di una ipotesi che – pur meritando attenzione- non è molto promettente.
Più promettente puo’ essere la seconda sotto ipotesi che suddivide i singoli casi. Può anche darsi che la stessa mano abbia potuto operare anche in un paio di casi, ma ogni caso farebbe un po’ storia a sé stante ed, al massimo, l’eventuale intervento di qualche servizio di intelligence potrebbe aver sfruttato la copertura offerta dalla coincidenza con gli altri casi (una sorta di “nebbia di guerra” oggettiva nella quale qualcuno ha cercato di affogare anche la sua operazione). Non è da escludere neppure una “sovrapposizione” di mani diverse in uno stesso caso: ad esempio a Tolosa potremmo trovarci di fronte ad un caso di azione terroristica di un gruppo jiadiststa consentito (o forse anche stimolato) dai servizi francesi ad uso interno. Ad Utoya potremmo trovarci davanti ad una operazione di quel particolare mondo a cavallo fra internazionale nera e xenofobia non specificamente fascista. Qui potrebbe essersi inserito qualcuno che ha interesse ad infiammare il nervo della convivenza fra immigrati ed europei, magari solo con lo scopo di guadagnarsi un ruolo di maggiore rilievo: in fondo anche i servizi hanno il problema di difendere il proprio posto di lavoro “stimolando la domanda” dei propri “prodotti” sul mercato. Ognuno si procura il lavoro come può e con i mezzi consentiti dal proprio livello morale e, quello dei servizi, è spesso molto basso.
Scusate il cinismo di questa frase, ma, forse è il modo migliore per capirsi.
Insomma c’è da lavorare ancora molto e non è il caso di dare per chiusa nessuna ipotesi. Salvo che per le piste lapalissianamente inconsistenti, la decisione di abbandonarle o meno può essere presa solo dopo un certo percorso di indagine. In fondo, le indagini si fanno proprio per questo e la sicumera di chi dà per scontato qualcosa a monte dell’indagine, è sempre una dimostrazione di stupidità, sia che lo si faccia per sostenere una ipotesi sia che lo si faccia per dichiararne sbagliata un’altra.
Aldo Giannuli
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Il pendolo di Foucault e il generatore di Kelvin
Casseri, che si occupava di occultismo e teorie fasciste, campi che mi provocano l’orticaria, prima di morire ha accusato di plagio, con argomenti che non appaiono palesemente infondati, Umberto Eco, per “Il cimitero di Praga”, romanzo storico su occultismo e servizi segreti. Eco in precedenza aveva scritto “Il pendolo di Foucault”. Il pendolo di Foucault, comune nei musei di storia naturale, appartiene a quella classe di esperimenti fisici affascinanti, dove un apparecchio rilevatore di estrema semplicità svela la presenza di grandi forze naturali. Eco, “la pietra di Pappagone della cultura italiana” nella definizione di Marcello Marchesi, non si è fatto scappare il sottile senso del meraviglioso che emana dall’esperimento del fisico francese.
Il prof. Giannuli, nel considerare il caso Casseri e gli altri simili avvenuti in pochi mesi, ci ricorda giustamente che il metodo scientifico parte dalle ipotesi, e che qui siamo su “thin ice”. A volte si sa così poco che occorre un lavoro preliminare alla formulazione di ipotesi. Davanti a questi strani casi di “pazzia politica” credo che la prima ipotesi debba essere quella generalissima e altamente astratta di una black box: l’ipotesi che esistano dei meccanismi per produrre questi fenomeni, dei metodi a noi sconosciuti. Abbiamo cioè un problema di ingegneria inversa: data una scatola nera con certo output, cosa c’è dentro? Per tentare risolvere un simile problema occorre studiare, prima di formulare ipotesi specifiche.
Se avessi il compito e il potere di indagare su queste schifezze – e se gli uffici del servizi non volessero confidarmi cosa sanno su queste cose – chiederei per es. ad uno storico del terrorismo e dei servizi come il prof. Giannuli di riscrivere una storia del terrorismo in Italia impostandola sotto il profilo della manipolazione dei terroristi neri e rossi da parte dei servizi. Di quali mezzi, di quali leve, di quali analisi, di quali risorse, di quali espedienti si sono serviti per le operazioni false flag? Quanto vi è stato di spontaneo, quanto di pilotato, quanto la mano dei servizi è intervenuta direttamente, e soprattutto, quali sono state le forme miste negli atti di terrorismo ?
Inoltre chiederei a uno psichiatra esperto di metodi di condizionamento mentale una relazione sulle tecniche psicologiche, farmacologiche, organizzative, con le quali si possono ottenere dati comportamenti. Nel frattempo leggerei, cautamente e con scetticismo, la letteratura corrispondente a quella delle due relazioni. Quindi cercherei di incrociare le due fonti, nella speranza di trovare un appiglio di una qualche consistenza che permetta di fare luce, o di formulare un’ipotesi, sul principio, o sui meccanismi, sui quali si basa il funzionamento della scatola nera che oggi sembrerebbe avere preso il posto delle operazioni degli Anni di piombo. (Chiederei anche i motivi e i mandanti di alcuni comportamenti ad alcune istituzioni dello Stato, e della città dove abito).
Può darsi che le sconcertanti notizie sui casi di strage, e forse anche quelle su alcuni tragici suicidi, rispecchino la nostra ignoranza e minorità rispetto ad alcune moderne tecnologie del potere, davanti alle quali siamo come dei primitivi davanti a un accendino, o a una radio. Può darsi che questi fatti terribili siano la forma estrema e rara di metodi di condizionamento e manipolazione diffusi, che più spesso prendono forme meno intense; si dovrebbe studiare l’esistenza di altre forme mirate ma meno cruente o incruente; ad esempio, esiste oggi, io ritengo, un pesante “mobbing di Stato” (commissionato, come altri delitti dell’Italia repubblicana) teso a condizionare chi ne è oggetto; fino a considerare le forme che sfociano nel condizionamento ideologico e culturale di massa coi media, “banale” forse, ma non da sottovalutare, viste le follie collettive cui storicamente può portare e sta portando.
Riguardo a ciò, nel brainstorming, o nel libero inventare, sui numerosi diversi attrezzi che ipoteticamente potrebbero stare nella scatola nera, si potrebbe immaginare tra i tanti anche qualche analogo psicologico del generatore di Kelvin; un apparato, la cui spiegazione si può trovare su internet, che è un altro di quegli oggetti scientifici che sono sbalorditivi per noi laici, per la semplicità con la quale ottengono effetti di larga scala. Nel generatore di Kelvin si riesce a produrre grandi differenze di potenziale, anche superiori ai diecimila volt, facendo gocciolare l’acqua da due taniche in due secchi, col solo fare passar le gocce attraverso due collari metallici collegati per via incrociata all’acqua dei secchi. Fino a che scoccano scintille tra gli elettrodi montati sui due secchi; inaspettatamente e come dal nulla agli occhi degli astanti, che pensano a qualche dispositivo elettrico nascosto che invece non c’è.
La generazione di alti voltaggi con mezzi elementari si trova non di rado in elettrostatica; e non è da confondere con una generazione sostenuta di corrente elettrica. L’accrocco comunque mostra, per metafora, come a volte bastano mezzi minimi e ingredienti in sé leciti e insospettabili per evocare potenti forze naturali; come disponendo in un certo sapiente ordine oggetti semplici e comuni e lasciando andare le cose sia possibile creare il fuoco con l’acqua; come con delle innocue goccioline, goccia a goccia, si può ottenere un accumulo energia, fino a che alla fine non è che il vaso trabocca; ma parte una forte scarica elettrica; che in alcuni casi potrebbe incendiare del combustibile che qualcuno potrebbe avere messo a distanza utile.
M
…e che dire di un incrocio tra le due ipotesi: si è lasciato fare la mattanza per tenere, in un momento di difficoltà sistemica in cui si chiede molto ai “sudditi”, alta la tenzione, allo scopo di lasciare aperta la via alle leggi speciali, all’uso istituzionalizzato della forza.
Lorenzo Adorni
Condivido pienamente.
Massimo Copetti
Aspettavo questo intervento, metodologicamente ineccepibile. Anche io sono molto perplesso sulla facilità di cui godono personaggi simili, schedati e controllati da anni, nel procurarsi le armi.
Sono inoltre convinto che per compiere atti del genere ci vuole professionalità, perchè è al poligono che si impara a sparare, non sui siti del White Power o della jihad. Sareste veramente in grado di preparare e mettere in posa in due autobombe, quindi dirigervi su di un’isola armati di armi automatiche fino ai denti e tenere in ostaggio centiaia di persone per ore, uccidendone a decine? O di uccidere tre militari in un agguato, e a distanza di pochi giorni comparire in scooter in pieno giorno, sparare senza sbagliare un colpo, quindi scomparire nuovamente nel nulla? E tutto questo da soli?????
Più che le nostre stragi degli anni Settanta, questi episodi mi ricordano l’attività della Uno Bianca e della coeva banda operante in Belgio. Vicende, anch’esse, con molti punti oscuri e aspetti inquietanti. L’unica certezza è che gli assassini erano professionisti altamente preparati, non certo giovani brufolosi deviati da videogiochi violenti e facebook.
GA
Boh io non capisco cosa ci sia di strano per un cittadino, francese, di origini algerine certo, con la passione per i viaggi, in particolare viaggi verso paesi, ricordiamolo, ferreamente nostri alleati, come Pakistan e Afghanistan, paesi peraltro ricchissimi di storia.
Si è vero questo cittadino aveva precedenti, era controllato dai servizi, forse, ma quanti ce ne sono, poi certo la casualità delle presidenziali, è vero, lo so, Sarkozy la volta scorsa aveva scelto di dare fuoco alle Banlieux, si certo era in affanno e adesso sta risalendo nei sondaggi.
Certo si la sua presidenza è stata fallimentare e l’occasione per distrarre l’opinione pubblica sembrerebbe avvantaggiarlo, poi certo tutto il mondo conservatore europeo si sta mobilitando in favore di Sarkozy, no beh si ci sono interessi in gioco immensi… i nuovi trattati europei… lo smantellamento delle classi medie, una democrazia un po’ più muscolosa… ma poi dai… si sa, oggigiorno le armi le trovi dappertutto, chissà le avrà comprate su ebay… e consegnate in quei pacchetti dove non c’è scritto niente e la polizia non se ne sarà accorta… mica si puo controllare tutto no? Un conto uno che c’ha la piantina di marjuana… quello è reato grave… ma per qualche mitragliatore, fucile, bombe a mano… massù….
Eccidio di Tolosa: ancora un altro matto? | FiascoJob Blog
[…] aldogiannuli.it […]
Nicola Mosti
INELUDIBILE OT!
Udite udite cosa va affermando l’illustre ideologo del PD Ivan Scalfarotto, a proposito del presunto anacronismo della battaglia sull’articolo 18 (attenzione, ‘anacronismo’ è un aggettivo sull’utilizzo del quale occorre pagare le royalty a D’Alema, altrimenti lo può adoperare soltanto Egli):
“In questo secolo non c’è più spazio per una contrapposizione tra capitale e lavoro. Possiamo crescere e prosperare solo se coloro che lavorano e coloro che offrono lavoro saranno in grado di diventare un sistema integrato, efficiente e nel quale ciascuno può trovare mutue occasioni di sviluppo e di successo“.
Forse non occorre un fine politologo per spiegare all’impresentabile Scalfarotto che si tratta di un concetto già ben espresso diversi decenni or sono in questa forma:
“Chi dice lavoro, dice borghesia produttiva e classi lavoratrici delle città e dei campi. Non privilegi alla prima, non privilegi alle ultime ma tutela di tutti gli interessi che armonizzano con quelli della produzione e della nazione”…
…Ebbene, questo era il discorso pronunciato in Parlamento il 16 novembre 1922 da tal Benito Mussolini ed era il manifesto ideologico del ben noto “Corporativismo Fascista”.
Non ho altre parole.
aldogiannuli
Bravo Scalfarotto, hai ragione: non c’è spazio per la contrapposizione fra capitale e lavoro! Giusto! Vaglielo a dire ai capitalisti.
Poi facci sapere chi ti hanno risposto
Nicola Mosti
Lo so, è un link di Dagospia che fa riferimento al “Foglio” (burp! – conato di vomito). Tuttavia, apre interessanti spunti di riflessione ed è comunque un altro tassello a sostegno della tesi critica
rispetto all’ipotesi del lupo solitario.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/il-jihadista-della-porta-accanto-alleliseo-altro-che-lupo-solitario-la-versione-delleliseo-vacilla-37205.htm#Scene_1
In fondo, come ogni volta, occorrerebbe porsi l’annosa domanda: “CUI PRODEST?”
Beh, se non fosse per la ridicola gestione del caso (ai limiti di un “sospetto dilettantismo”, direi), rientrerebbe tra i classici della strategia tesa a radicalizzare lo scontro fra culture (ebraico-cristiana vs islamica).
Ale
L’articolo di Giannuli è interessantissimo.
Escludendo il caso di Tolosa, che è un caso per certi versi a parte, non mi pare tanto inverosimile Ipotizzare che: vengono schedati da una struttura transnazionale gli individui psicolabili da inserire nella categoria “dormienti” ossia in un database del quale servirsi quando le condizioni (politiche, economiche, sociale) esterne lo esigono. Questo per i primi tre casi.
Per il caso di Tolosa, vale la pena leggere quanto riportato ad esempio nel sito
http://www.disinformazione.it/francia_tolosa.htm
(naturalmente andrebbe verificata l’attendibilità della fonte, e delle informazioni riportate)
Si può fra l’altro leggere che
“… Ecco cosa scrive il quotidiano italiano “Rinascita”, che cita parti della biografia del giovane ed aiuta a far capire il perchè della sua azione folle. «Mohamed Merah, lavorava per i “barbouzes” francesi – gli agenti segreti d’Oltralpe – da anni e, in particolare, è stato tra i miliziani del ‘liberatore’ di Libia Belhadj, il terrorista salafita agli ordini delle intelligence atlantiche di Obama, Cameron, Sarkozy ed Henry-Levy. … “E’ stato in Israele, in Siria, in Iraq e in Giordania”, scrive il quotidiano che cita un ufficiale Americano. Una bella domanda: “Ma che ci faceva in Israele questo Merah?” Ce lo avrebbe potuto spiegare al Merah, anzi ci avrebbe pure detto perchè ha scelto proprio una scuola ebraica per quel suo ultimo gesto folle. E se non fosse stato nemmeno un gesto folle. Se fosse stata una operazione? … Il quotidiano italiano “Il Foglio” scrive addirittura che il suo contatto nei servizi francesi avrebbe discusso con lui quando era assediato nell’appartamento e cita come fonte la rivista francese Le Point. …”
Va anche osservato che il governo francese (così viene riportato dai media) ha smentito che Mohamed Merah aveva contatto con i servizi !!! Ma quando mai dei servizi segreti ammettono pubblicamente – soprattutto in una circostanza come questa – che la persona in questione fosse in contatto con loro e/o addirittura al loro servizio?!?
Lorenzo
La dietrologia è una scienza con basi filosofiche, che nulla ha a che fare con il complottismo. La dietrologia ha il compito di studiare e cercare di comprendere ciò che sta al di là di quello che vediamo e che non possiamo cogliere, cercando di dedurlo da ciò che possiamo vedere. Peraltro, è una tecnica utilizzata dai servizi segreti per avere informazioni da fonti aperte.
Per quanto riguarda i quattro casi, sono d’accordo che siano tutti sospetti, per il momento in cui avvengono e per la coordinazione.
Ci sono da notare due cose che Giannuli secondo me dimentica. 1) in norvegia c’è stata la bomba al ministero, oltre la strage dei giovani socialdemocratici 2)la norvegia non è un paese euro.
Inoltre non si può non osservare che Oslo e Tolosa hanno forti similitudini, così come Liegi e Firenze. Sembrano piuttosto due stateghi diversi e contrapposti.
Metto alcuni altri indizi,peraltro pubblici. In Norvegia c’erano ben tre problemi sospetti: 1)è un paese petrolifero 2)la corona norvegese negli ultimi mesi è diventata un rifugio per i capitali in cerca di sicurezza 3)la norvegia voleva riconoscere i palestinesi
Su Tolosa appare sospetto appunto che questo estremista islamico abbia tranquillamente fatto tappa in israele per poi entrare e uscire dall’afghanistan senza problemi. Per questo, tendo a pensare che i fini non fossero solo interni, ma che rientri appunto in un gioco più internazionale.
aldogiannuli
faccio ammenda di essrori e distrazioni.
Possibilissimo che il gioco sia internazionale ed, anzi, qualche elemento emerso in questi mgiorni lo farebbe pensare, ìperò mi sembra un po’ presto per imboccare questa strada eswcludendo le altre.