E’ corretto dire che siamo nella “seconda Repubblica”?

Spesso accade di polemizzare fra storici o fra costituzionalisti sulla definizione di “Prima” e “Seconda Repubblica” corrente nell’uso giornalistico. Molti “puristi” sostengono queste definizioni giornalistiche prive di qualsiasi valore storico o giuridico perchè la Costituzione è rimasta la stessa e, dunque, non si può parlare di Seconda Repubblica.
Vorrei sottoporvi qualche considerazione in merito.
1- l’uso di numerare le diverse repubbliche è nato in Francia (e, allo stato attuale, per quel che ne sappia, è sostanzialmente presente solo in quel paese e nel nostro) e -dato che ad ogni “repubblica” è corrisposta una diversa carta costituzionale-  si è finito con il ritenere che sia l’adozione di un nuovo testo costituzionale a sancire il passaggio da una”repubblica” all’altra. Temo si tratti di una interpretazione un po’ ingenua, che non tiene conto di un dato: ogni passaggio è stato scandito, prima di tutto, da eventi catastrofici che hanno causato la fine dell’ordinamento precedente (Bonapartismo e restaurazione per la prima Repubblica. Colpo di stato di Luigi Napoleone e poi sconfitta con i prussiani nel passaggio alla terza. Sconfitta ed occupazione tedesca per il passaggio dalla terza alla quarta. Sconfitte di Indocina ed Algeria e crisi monetaria nel passaggio dalla quarta alla quinta). E’ solo a seguito di queste “biforcazioni catastrofiche” (per usare il linguaggio della complessità) che si determina la necessità di elaborare una nuova costituzione. Dunque, il prius è l’avvenimento politico di cui il testo costituzionale è seguito logico ed è al momento della rottura che dobbiamo riservare la nostra attenzione. E dunque, l’atto formale di adottare una nuova costituzione, non è il dato qualificante del processo, ma solo quello derivato.

2- Una conferma a contrario di quanto appena detto viene dai casi di quei paesi che hanno ripetutamente cambiato costituzione formale, come l’Urss (cost. 1918, 1924,1936, 1947,1977) o la Cina (1954, 1975, 1982) e nei quali il sistema politico è rimasto lo stesso, per cui a nessuno verrebbe in mente di dire che oggi siamo nella “terza repubblica cinese” e che quella di Breznev era la “quinta repubblica sovietica”.
Ugualmente -e pur in presenza di un trapasso di regime politico oltre che costituzionale- nessuno dice che siamo nella “seconda repubblica” polacca o ungherese, preferendo espressioni come “post-comunista” o “di democrazia liberale” o simili.

3- Pertanto non si può dire che ci sia un modo “scientifico” di usare una espressione come “prima” o “seconda” repubblica allo stesso modo in cui distingueremmo due diverse specie animali o vegetali. Il punto è quello di individuare una espressione che corrisponda alla periodizzazione che si propone e che sia la più efficace ed onnicomprensiva.
Infatti, noi distinguiamo nettamente tre periodi nella nostra storia nazionale (liberale, fascista e repubblicano) non tenendo minimamente conto della continuità formale fra il primo ed il secondo periodo, anche se fu proprio in base all’art. 5 dello Statuto che fu possibile al re destituire Mussolini.

4- Veniamo al nostro caso: alcuni suggeriscono di parlare di un primo e di un secondo tempo della storia repubblicana. Altri di repubblica dei partiti e di repubblica post partitica o simili.
Veniamo ai fatti certi; dopo l’esplodere del debito pubblico e della ondata di “Mani Pulite”, si sono determinate queste dinamiche formali:

a- il testo costituzionale non è stato cambiato nel suo complesso, ma lo è stato in alcune sue parti non del tutto secondarie (immunità parlamentare, federalismo) e altre riforme si annunciano sia per la prima (art. 1 e 41 mentre altri vorrebbero introdurre nell’art 2 il diritto alla vita in funzione anti aborto ecc) che per la seconda parte (obbligatorietà azione penale, distinzione fra Pm e magistratura giudicante, competenze e poteri della Corte Costituzionale, poteri e immunità del Presidente del Consiglio e delle altre tre Alte cariche dello Stato).

b- è radicalmente cambiata la legge elettorale

c- la prassi costituzionale è sensibilmente cambiata segnando uno spostamento dei rapporti di forza soprattutto fra Parlamento (ridotto a mera camera di registrazione delle decisioni governative) e Governo e superando totalmente, nei fatti, quella “divisione dei poteri nella centralità del legislativo” che è tutt’ora propria del testo costituzionale vigente; altra rilevante innovazione nella prassi quella che vede il Presidente del Consiglio prevalere nettamente sui ministri e sul Consiglio nel suo complesso, facendone una figura costituzionale diversa da quella  voluta dalla Costituzione, a metà fra il Premier ed il cancelliere. In questo senso è molto rilevante l’introduzione del nome del candidato Presidente del Consiglio sulla scheda elettorale che, di fatto, limita i poteri di scelta del Capo dello Stato.

d- si profila un contrasto crescente fra gli organi di indirizzo politico (Parlamento e, soprattutto, governo) e quelli di garanzia (Corte Costituzionale e Presidenza della Repubblica)

5- Su questo ultimo punto conviene fare una riflessione in più: la Costituzione non precisa con quale maggioranza la Corte Costituzionale debba deliberare sulla conformità delle leggi ordinarie alla Costituzione. Si sottintende che, in mancanza dell’esplicita richiesta di una maggioranza qualificata, sia sufficiente quella semplice. Pertanto, è assai dubbio che sia possibile modificare questo punto con una legge ordinaria, magari fissando a 2/3 la maggioranza richiesta. Ma non è affatto escluso che l’attuale maggioranza, con un colpo di mano lo faccia e non è detto che la Corte Costituzionale sia in grado di bocciare questa norma. Peraltro, la maggioranza ha i numeri per deliberare una riforma costituzionale in questo senso, anche se difficilmente potrebbe raggiungere i  2/3 in modo da evitare un eventuale referendum di ratifica. Di fatto, se ciò accadesse, equivarrebbe ad una trasformazione del nostro ordinamento costituzionale da rigido a flessibile lasciando solo un potere residuale di controllo alla Corte. Quel che equivarrebbe ad una sostanziale liquidazione della Costituzione.

Come si vede, non c’è sempre bisogno di una riforma costituzionale complessiva per mutare di fatto la natura costituzionale di un sistema.

6- Sul piano politico abbiamo assistito a due sostanziali mutamenti connessi: della legge elettorale e del sistema dei partiti.
Anche se il principio della rappresentanza proporzionale non fu inserito nel testo costituzionale (e più per una disattenzione che altro), tutta l’architettura della Costituzione presuppone un sistema elettorale proporzionale, in mancanza del quale decadono o si affievoliscono molti degli istituti di salvaguardia (come le norme sulla revisione costituzionale) e mutano i rapporti di forza fra i diverso organismi costituzionali, soprattutto fra Presidenza del Consiglio e gli altri (come è puntualmente accaduto).
Di fatto, il passaggio al sistema maggioritario ha aperto la decostituzionalizzazione del nostro ordinamento: la Costituzione è restata in vigore in attesa di una riforma complessiva che, per ora, si sta attuando a rate. Tutto questo ha causato, anche nella percezione dei cittadini, l’idea che questa sia una sorta di “Costituzione provvisoria” in attesa di quella nuova e, pertanto, una costituzione flessibile nei fatti.

A questo corrisponde un dato sul quale forse non abbiamo fatto attenzione abbastanza: con le elezioni del 2008, si è formata una maggioranza popolare e parlamentare totalmente estranea allo spirito della costituzione. Lega, An e Forza Italia (poi Pdl) sono tutti partiti nati al di fuori di quello che un tempo era definito “Arco costituzionale”. Dunque, la maggioranza è in mano a forze politiche che non si sentono affatto legate al patto costituzionale vigente e che sono esplicitamente orientate a cambiarlo (che poi siano capaci di farlo è un altro paio di maniche). Ma anche fra le forze di opposizione non mancano orientamenti scarsamente omogenei all’attuale testo costituzionale (i radicali, ad esempio, possono essere definiti omogenei alla cultura della nostra costituzione di democrazia sociale?) o punti di vista confusi e contraddittori.

Peraltro,  i partiti hanno mutato funzioni, modelli organizzativi, cultura politica e persino fisionomia e nome.

7- Infine: noi non siamo nel 1946, ma in un Mondo diverso che pone in termini radicalmente diversi i problemi del diritto. Già nel 1992 la Corte Costituzionale sancì che le norme comunitarie erano sovraordinate rispetto a quelle costituzionali,. Dopo, gli sviluppi della globalizzazione hanno spostato l’asse della produzione normativa dal momento della legislazione a quello dei trattati internazionali, degli accordi privati e della successiva giurisprudenza, tanto è vero che ormai si parla si una nuova lex mercatoria. Anche se questo ha più a che fare con la dimensione del diritto privato e dei principali diritti dell’uomo e del cittadino, che con quella dell’ordinamento dello Stato è difficile pensare che tutto questo non si ripercuota sull’ordinamento complessivo, ridimensionando nel fatti la rilevanza e l’efficacia del testo costituzionale.

Piaccia o no, occorre tenerne conto.

In queste condizioni, è possibile definire il tutto come “superamento della repubblica dei partiti”? E’ vero, ma è anche parziale e, per certi versi equivoco, rischiando di far apparire l’attuale ordinamento come il superamento della “partitocrazia”, intendendo per essa l’elemento oligarchico di un ordinamento democratico. Mentre, al contrario, da questo punto di vista, l’attuale modo di essere del sistema politico esalta la natura oligarchica e partitocratica del sistema (e si pensi alla designazione dei deputati per nomina dei gruppi dirigenti e senza voto di preferenza).

Si può dire “secondo tempo della Repubblica”? E’ una espressione fiacca straordinariamente inefficace. E d’altra parte stabilisce una mera successione cronologica senza qualificazione di merito.

Ed, allora, è proprio così eretico dire “Prima e Seconda Repubblica”?
Magari troviamo un’altra espressione, ma, prima, facciamo il nostro mestiere di storici e misuriamoci con il tema della periodizzazione della recente storia italiana e del suo contenuto. Quando ci saremo capiti, l’espressione verrà da sola.

Aldo Giannuli

aldo giannuli, costituzione italiana, partiti politici, prima repubblica, seconda repubblica


Aldo Giannuli

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Comments (9)

  • in virtù del cambiamento che ha generato quanto abbiamo vissuto e viviamo, lo snodo lo identificherei con il “colpo di stato” mediatico della Legge Mammì (La legge n. 223 del 6 agosto 1990) che raccoglieva i precedenti tre decreti Berlusconi, che modificó lo statuto del sistema dei media. Il secondo snodo, conseguente e rilevante, la bicamerale. Impiegherei pertanto la definizione di ptima e dopo il colpo di stato mediatico.

  • c’è stato anche un grande cambiamento nel versante degli elettori. C’era la classe operaia, impiegatizia, i padroni, i commercianti, ecc. A queste classi corrispondevano i partiti con eccezione della DC che era interclassista. Tutto questo si è sfaldato, anche per il sindacato. I partiti riflettevano anche delle ideologie molto forti.

  • Mi sembra che un non troppo lontano referendum popolare abbia confermato la volontà di mantenere la costituzione e quindi l’attuale assetto statale. Allora la costituzione “di fatto” è solo una abnorme manifestazione di potere politico che disattende la volontà popolare. Questo il quadro. E’chiaro che in futuro una democrazia “mediatica” basata su sondaggi e propaganda non dovrà più esistere, se le figure istituzionali (presidente repubblica, camera e senato e organi costituzionali) saranno molto più attenti al dettato costituzionale anzichè ai rapporti di equilibrio tra partiti. Questo vuol dire no alle guerre, no ai conflitti d’interesse con le pubbliche utilità, no alla privatizzazione selvaggia del patrimonio dello Stato a favore di pochi privati. Sta sorgendo in questi tempi, a dispetto dell’opposizione, un forte moto popolare d’indignazione che se non troverà interlocutori politici validi diventerà ribellismo o inerzia e apatia.

  • Secondo me è sbagliato parlare di Seconda Repubblica. Io proporrei “Degenerazione della Prima Repubblica”.
    Scherzi a parte, nel sistema politico italiano mi sembra sbagliato cercare d’individuare un confine, uno spartiacque, fra due diversi sistemi politici, perché l’attuale sistema non è differente dall’originale, ma ne costituisce semplicemente la degenerazione. Certo, la situazione attuale è lontana anni luce dalle istituzioni che io stesso, con la memoria della mia infanzia, posso ricordare, quando ancora un Presidente della Repubblica si dimetteva se travolto dagli scandali, veri o presunti, invece d’insultare i magistrati. Adesso invece nel Parlamento impazzano gli Scilipoti. Non c’è stato un evento traumatico, come ricordato per la Francia nell’articolo, a segnare questo passaggio. Si è trattato della degenerazione di un sistema idealmente bello, mi riferisco alla struttura del sistema politico che fu concepito con la nostra Costituzione, ma che presenta un grosso limite, limite costituito dalla necessità di avere in parlamento persone che abbiano senso dello Stato.

  • prima ribellismo e poi seguendo il corso naturale del ribellismo:apatia.
    I ribelli non mi preoccupano per nulla,tutto il casino che fanno va sempre a rinforzare lo stato e i poteri repressivi che lo sostengono.
    Come non credo nei regimi mediatici,in realtà i mass media sono cassa di risonanza di precise idee politiche,l’anello di unione tra forze dominanti e masse amorfe di dominati.
    Il problema è il capitalismo finanziario e il colonialismo euroatlantista
    Che sia o no prima o seconda repubblica

  • Parto dal quesito finale posto da Aldo: allora è così eretico parlare di Prima o Seconda Repubblica? Risposta: No. Tuttavia, sono stati i processi reali a determinare un sostanziale passaggio di fase nella storia politica dell’Italia repubblicana. Agli inizi degli anni Novanta, in un seminario con Peppino Cotturri, si discuteva proprio di questo: si può parlare di Seconda Repubblica? L’orientamento di massima era negativo: in sostanza, si faceva prevalere il principio in base al quale, non profilandosi all’orizzonte un potere costituente che ponesse in discussione il potere costituito costituzionale, se la costituzione vigente restava intatta, a rigor di termini, non si poteva parlare di seconda reppubblica. Questo, però, agli inzi degli anni Novanta, quando mani pulite era ancora gli inizi e Berlusconi non era ancora al potere. Oggi, propendo per la definizione di Aldo, proprio in base alle sue osservazioni sia storico-politiche che strettamente costituzionali.Sì, di fatto ci troviamo, usiamola per comodità, nella Seconda repubblica. Se siamo d’accordo su ciò, resta da capire il “quando” si è passati alla Seconda repubblica. Questa non è una questione per addetti ai lavori (roba da storici, insomma), ma strettamente politica, perché sulla base dell’analisi sarà possibile ricostruire una nuova iniziativa d’opposizione che contrasti i processi di concentrazione e verticalizzazione dei processi decisionali. Ora, io penso che il passaggio sia avvenuto nel 1993 (spero di ricordare bene) con l’introduzione del sistema maggioritario. E qui condivdo pienamente l’analisi di Aldo, il quale faceva giustamente notare che l’architettura costituzionale poggiava tacitamente su un principio proporzionale. Saltato quello sono saltati gli equilibri fra i poteri dello Stato e fra questi e gli organi di garanzia. Il passaggio era nelle cose, giacché, dovendosi reaturare il mercato come meccanismo sovrano di allocazione e distribuzione delle risorse, bisognava smantellare tutti quesgli istituti politico-economici che limitavano di fatto l’affermazione del mercato stesso: in altri termini, l’abolizione del Welfare doveva esere accompagnato da un restringimento oligarchico dei poteri decisionali e da un sostanziale riduzione della democrazia partecipata (a cominciare dai partiti di massa, i quali sono di fatto scomparsi e si sono trasformati in comitati elettorali). A questo punto, diventa quasi irrilevante pensare ad una riscrittura complessiva della costituzione, poiché è sufficinete intervenire in alcuni punti cardini (vedi federalismo) per rendere inoperanti gli sitituti più “sovversivi” della vecchia costituzione (lavoro, istruzione, salute, pensione). Sicché, paradossalmente, dovrebbero essere le residue forze genuinamente democratiche e di sinistra a bettersi per un’assemblea costituente, nella quale reimpostare su basi nuove l’ide di uno Stato democratico basato sulla gisutizia sociale su un’equa distribuzione delle risorse.

  • interessante è a questo punto la questione referendaria sulla legge elettorale:
    c’è la proposta di farla tornare proporzionale attraverso tre “correzioni” e una proposta di libertà e giustizia (molto più assennata) per tornare al mattarellum. più assennata in quanto, al contraro dell’altra proposta, è di semplice realizzazione. si abroga una legge e ne entra in vigore un’altra, senza il bosogno di annullare dal rigo 2 al rigo 5 eccetera, cosa che renderebbe l’iter meno sicuro. senza contare che sarebbe più vantaggiosa per alcuni piuttosto che per altri, e che, oggi come oggi, creerebbe una rappresentanza sbilanciata a favore dei partiti di centro, che con meno voti sarebbero l’ago della bilancia.

    trovo che sia una cosa significativa è il dibattito su maggioritario o proporzionale che si sente sempre in questi casi, una cagnara inutile, dato che non c’è una maggioranza politica che si è messa d’accordo su una legge condivisa, ma si preferisce fare delle dotte disquisizioni su cosa sarebbe meglio piuttosto che agire in modo concreto per cambiare le cose.
    io ad esempio in generale preferisco il proporzionale, ma in questo caso, dopo che berlusocni ha distrutto tutto e si deve ricostruire, credo che solo un maggioritario possa consentire di rimediare agli errori di berlusconi. con un proporzionale e fini e casini che governano con chiunque altro credo che lo stato italiano sia condannato a rimanere impelagato nel berlusconismo per sempre. e in effetti si promotori del referendum per modificare il porcellum mi sembrano o dei pazzi, o degli amici di b.
    non la penso così per quanto riguarda zagrebelsky e libertà e giustizia, che mi sembrano invece molto equilibrati e sensati nei loro giudizi

  • Ho una domanda che non va a toccare l’impianto e il senso generale del post, è giusto un dubbio sul punto 5. In che senso un cambiamento della maggioranza richiesta per le decisioni in corte costituzionale renderebbe la nostra una costituzione flessibile? le procedure per ritoccarne gli articoli rimarrebbero piuttosto gravose, ben lontane da quelle della legislazione ordinaria.

    • verisimo, solo che a vigiliare sulla conformità costituzionale delle leggi sarebbe una corte costituzionale nella quale un piccola minoranza potrebbe impedire quasiasi pronuncia e qindi mancherebbe di fatto il giudice-garante dell’ordinamento

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