Dopo Bin Laden: che succede se….?
Vi diamo appuntamento a martedì per il commento dei risultati delle elezioni amministrative!
Cappuccino, brioche e intelligence n°28
La morte di Bin Laden è come quel colpi che mettono in moto tutte le bocce, facendole urtare fra di loro: occorre aspettare che i rimbalzi finiscano per poter capire, appunto “a bocce ferme”, cosa è successo.
Vediamo un po’ nel merito iniziando da Al Quaeda che, sembra, si stia dando un nuovo capo. Stando a quello che si legge in giro, la scelta sarebbe fra il “falco “ Al Zawahiri ed il “falchissimo” Abu Yahya Al Libi.
Il primo –egiziano- era il braccio destro di Osama, come si sa, ed era l’ideologo del gruppo. Il secondo -libico- molto più giovane (48 anni) altro ideologo, reso famoso da una rocambolesca evasione dal carcere afghano di Bagram. Però non si sa se sia vivo ancora.
Ma alcuni parlano anche dello yemenita-americano Anwar Al Awlaki, dell’egiziano Saif Aladel e persino dell’americano Adam Gadhan. Uno più falco dell’altro. La colomba era Osama! Il punto è che, chiunque diventi il capo, avrà due problemi davanti: impedire che il colpo psicologico della morte del capo carismatico frantumi l’organizzazione ed accreditarsi come suo degno erede. Sia per l’una che per l’altra cosa è necessario un colpo spettacolare che dimostri che Al Quaeda non è affatto vinta e può andare avanti. Ma non è detto che la cosa sia semplice: i servizi segreti di tutto il mondo sono in super allarme e qui non basta un botto da 50 marines uccisi in una discoteca. Ci vuole qualcosa di paragonabile all’ 11 settembre: uno dei problemi della società dello spettacolo è che tutto deve essere gridato, esasperato, amplificato: dopo le Twin Towers, un attentato da trenta morti diventa un petardo bagnato. E, possibilmente, deve essere un attacco contro un obiettivo americano (bisogna pur vendicare il capo).
Qualcosa di enorme come una diga che viene giù provocando migliaia di morti o un attentato ad una centrale nucleare (che, fra oltre che i morti, avrebbe l’effetto di rinforzare la spinta all’uscita dal nucleare, dopo Fukushima, con l’ulteriore impennata del prezzo del petrolio). Ma non è detto che l’attacco debba avvenire sul territorio degli Usa, può trattarsi anche si una ambasciata, di una base militare, di una portaerei in qualsiasi parte del Mondo. Se fossi lo sceneggiatore di un film d’azione penserei ad un aereo imbottito di tritolo che si schianta su una portaerei, a un attacco batteriologico contro una base americana o in una metropolitana di New York o magari un attentato al Papa (che non è americano, però assicura una immensa eco mediatica ed è un obiettivo relativamente meno protetto).
Ma certe cose si vedono al cinema, nella realtà un colpo del genere esige lunga preparazione e deve fare i conti con forti reti di protezione. Di fatto Al Quaeda non dispone più del fattore sorpresa che aveva 10 anni fa ed ha poco tempo a disposizione. Un attentato spettacolare fra un anno e mezzo potrebbe segnalare la rinascita del gruppo, ma di mezzo potrebbe esserci una devastante dinamica centrifuga. Sembra che lo stesso Bin Laden, in caso di sua cattura e morte, abbia raccomandato ai suoi di tralasciare per un certo periodo la lotta ai “crociati ed agli ebrei” per concentrarsi sull’epurazione del mondo islamico. La cosa ha una sua logica: al di là delle proclamazioni propagandistiche, il gruppo (o chi gli sta dietro e lo usa come suo braccio militare) non ha come suo obiettivo l’abbattimento del “Satana americano” quanto, piuttosto, la conquista della leadership del mondo arabo-islamico ed usa la lotta agli Usa come vettore di propaganda a questo fine.
Pertanto, può darsi che questa pausa consigliata da Osama sarà quello che Al Quaeda farà, ma, in queste condizioni, una scelta simile potrebbe significare un processo di decadenza inarrestabile. Anche perchè nelle rivolte in atto nel mondo arabo, Al Quaeda è nettamente ai margini.
Staremo a vedere cosa faranno i successori di Bin Laden.
Per gli Usa, che hanno il vantaggio dell’iniziativa, le cose sono parzialmente più semplici: devono decidere se mettere all’incasso il risultato ed uscire dall’Afghanistan, accontentandosi di mantenere qualche base (e dopo accada quel che accada, ne sono fuori) o se devono restarci puntando ad una improbabile “vittoria finale”. Se decidono di uscirne devono farlo velocemente, per non restare di restare “agganciati” da qualche iniziativa dei nemici.
Piuttosto i problemi degli Usa si pongono con il Pakistan. Come si sa, Islamabad riceve copiosi aiuti dagli americani (ed ha chiesto ulteriori aiuti per 7,5 miliardi di dollari) ma nel Congresso si sono levate molte voci che reclamano di troncare ogni aiuto agli “amici dei terroristi”.
A giudicare dall’aria che tira, gli aiuti presto si inaridiranno ed i rapporti fra Usa e Pakistan diverranno assai gelidi. E questo mette in moto una serie di dinamiche di non poco conto: un Pakistan “mollato” dagli Usa sarebbe spinto ad appoggiarsi sempre più alla Cina e, per converso, questo spingerebbe l’India verso gli Usa. Pertanto, questo farebbe ulteriormente salire la temperatura –già molto alta- dei rapporti indo-pakistani e, di riflesso fra India e Cina. Non è detto che questo dispiaccia a Washington. Anzi: cosa di meglio, in prospettiva, che una bella guerra fra India e Pakistan che tiri dentro la Cina? Si tratta di tre potenze nucleari e pensate a quanti vantaggi: il sorpasso asiatico sull’Occidente sarebbe rinviato di almeno un secolo, gli Usa vedrebbero ipso facto risolto il problema del loro debito, potrebbero vendere armi a tutti prima e fare grassi affari con la ricostruzione dopo. Davvero una bella soluzione di tutti i problemi americani.
Aldo Giannuli
afghanistan, aldo giannuli, futuro al quaeda, osama bin laden obama, pakistan, usa
leonardo spagnoletti
Analisi di scenario assai acuta e suggestiva, come sempre.
Mi chiedo però se, tenuto conto del materiale rinvenuto ad Abbottabad, non ci sia da attendersi qualche ulteriore colpo agli altri leader di Al Qaeda.
Sembra che la CIA abbia tratto profitto dal fallimento dell’11 settembre, si sia riorganizzata, e abbia preparato assai bene, anche sul campo, il blitz che ha portato all’uccisione di Bin Laden.
Non mi meraviglierei di altre iniziative del genere, a breve.
Massimo
Dalla sua analisi emerge la premessa della realtà dell’uccisione di Osama Bin Laden ad Abbotabad il 1° maggio; mi permetto di avere forti dubbi sulla veridicità della premessa che piuttosto tendo a considerare come un colpo mediatico costruito ad arte per inaugurare una nuova fase della politica internazionale. L’individuazione delle ragioni alla base del coup de theatre degli americani é cosa più complicata ma un’idea potrebbe essere quella lanciata da Meyssan sul suo sito Reseaux Voltaire; chiudere inscenando la morte del capo la fase di Al Qaeda nemico numero uno e legittimare l’utilizzo delle leve rimaste dell’organizzazione di Osama sul campo in Libia e Siria per rovesciare Gheddafi e Assad.
aldogiannuli
bhe, non è che sia una spuegazione incompatibile con quel che dicevo…
paolo agnello
sono in perfetta sintonia con la seconda parte dell’articolo che parla di quanto avrebbe da guadagnare l’america se scoppiasse una guerra in oriente in quanto al primo è vero che esiste al qaeda ed è vero che “esisteva” bin laden(che secondo me è ancora vivo)e che bisogna trovargli al piu presto un sostituto per ragioni politiche/militari pero non penso che un gruppo come il loro abbia potuto organizzare un’attentato cosi grande come l’11S…credo di più all’ipotesi che sia stato un attentato MADE IN USA!!!!P.S.mi fa piacere vedere gente come lei o come il sig Travaglio che attraverso i vs articoli cercano di risvegliare le menti di un popolo ignorante e credulone come noi italiani!!!
paolo agnello
dimenticavo…potrebbe spiegarmi come ha fatto a vincere Obama il premio nobel alla pace se al 2º giorno dal suo mandato come presidente degli stati uniti ha attacato l’Afghanistan???