Dong Feng 21: solo propaganda o si fa sul serio?
Sin dagli anni sessanta, chi si è trovato in condizioni di inferiorità, nel confronto in mare con una task force ostile presente in acque che ritiene di propria influenza e non ritenga sufficienti i suoi sottomarini ed aerei per riequilibrare il rapporto di forze, ha pensato di trovare una soluzione nei Missili balistici anti nave (in gergo Absm). Questa è la condizione classica delle grandi potenze continentali (come Russia e Cina) nei confronti di quelle che dispiegano una marina particolarmente potente (come gli Usa).
Il problema si è posto in particolare dagli anni sessanta, con l’aumento della presenza di portaerei nella flotta americana, che ne è arrivata a contare ben 13. Ma, un sistema Absm è un apparato piuttosto complesso che necessita di un efficiente sistema di avvistamento satellitare in grado di segnalare tempestivamente la posizione delle unità nemiche e di trasmettere immediatamente i dati a terra. Ovviamente, occorre anche un efficace sistema di protezione del proprio sistema satellitare. Peraltro, tale apparato deve essere in condizione di funzionare 24 ore su 24, con qualsiasi condizione atmosferica e con piani di emergenza in grado di funzionare anche in caso di abbattimento o “accecamento” dei satelliti.
Poi ci sono difficoltà legate ai tempi di reazione ed al rischio di errori, che potrebbero innescare conseguenze incalcolabili; e ci sono complicazioni legate al potenziale esplosivo che, se eccessivo, rischierebbe di creare problemi di peso, se scarso, di non essere efficace.
Ma, il problema maggiore è legato al fatto che i missili balistici descrivono una parabola, per cui, una volta lanciati, cadono in un punto determinato il che va bene con i bersagli fissi, ma le unità navali non lo sono e, una nave lanciata a 30 nodi (un nodo equivale ad un miglio nautico all’ora, pari, a sua volta a 1,852 Km/h) e che può procedere in ogni direzione, è un bersaglio quasi impossibile da centrare, anche in tempi assai brevi e con la migliore accuratezza sulla definizione della sua posizione di partenza. Si potrebbero usare missili con una testata capace di manovrare durante la traiettoria (Manowering Re-entry Vehicle MaRV), quindi non balistici ed in grado di riorientarsi.
Il che, però, pone altri due tipi di problemi: l’identificazione, nell’ultimo tratto, del bersaglio da colpire (il che esige sistemi sofisticatissimi di avvistamento e di trasmissione dei dati) ed, in secondo luogo, come evitare che il missile si disintegri per effetto degli stress aerodinamici determinati dalle correzioni di rotta. Il punto va spiegato: in campo aeronautico ed aerodinamico, il “mach” designa l’unità di misura della velocità di un corpo immerso in un fluido che offre una sua resistenza (nello specifico, in aria), in rapporto alla velocità del suono in quello stesso fluido. In condizioni normali e ad una temperatura di 20°, un mach corrisponde a 1.242 km/h. Ovviamente, più è elevata la velocità del corpo in movimento, maggiore è la resistenza dell’aria e l’attrito cresce al massimo in caso di variazioni di rotta. Si consideri che un missile del genere viaggia a velocità superiori a 10 mach, cioè oltre i 12.000 km/h.
Sin qui, l’unico missile del genere è stato il Pershing che, però, poteva operare solo piccole rettifiche di traiettoria, utile quindi a correggere molto limitatamente il punto di impatto, il che, nel caso del Pershing era un problema relativo, perché si trattava di un missile a testata nucleare. Ma con la potenza limitata di un esplosivo convenzionale, questo non ha alcuna efficacia pratica.
I cinesi si cimentano con il problema sin dagli anni sessanta ed hanno prodotto missili Absm di varia generazione, poeticamente chiamati Dong Feng (“vento dell’est”), l’ultimo della serie, il 21, attraverso una accorta combinazione delle caratteristiche di un missile balistico e di uno manovrato, otterrebbe l’effetto di una ben maggiore capacità di modellare la traiettoria nella sua fase finale. E questo attenuerebbe il rischio di disintegrazione. Attenuerebbe, ma non eliminerebbe. Va detto che lo studio dei nuovi materiali (dal grafene ai nuovi polimeri, dalle ceramiche speciali ai derivati dei lantanoidi) sta avendo sviluppi velocissimi, ma non sembra che i cinesi siano in testa alla corsa. Per quanto, mai dire mai.
Ovviamente, i dati tecnici a disposizione sono scarsi: non si sa quasi nulla del sistema di guida, ben poco sui materiali impiegati per reggere gli stress determinati dalle correzioni di rotta e neppure si sa bene quale sia il potenziale esplosivo, se è tale da danneggiare fortemente una portaerei o se solo di metterla fuori combattimento per qualche tempo.
Ovviamente, potrebbe anche trattarsi di un bluff propagandistico e le uniche foto satellitari che si conoscono mostrano un’esercitazione nel deserto del Gobi, conclusa con successo, ma su una piattaforma fissa, il che non vuol dire molto.
L’unico modo per sapere quale sia l’effettiva pericolosità del missile sarebbe quello di dargli a distanza di tiro una portaerei americana in movimento e vedere cosa sanno fare i cinesi. Dubito, però, che gli americani si presterebbero all’esperimento ed è plausibile che cerchino altre strade più tradizionali e meno costose per ottenere i dati mancanti e simulare al computer un attacco del Df21. In ogni caso, gli americani sembrano molto preoccupati e non sono tipi da impressionarsi facilmente. Anche la stampa militare occidentale, anche se con varietà di toni e di accenti, sembra dell’avviso che la cosa vada presa molto sul serio, anche se l’ipotesi del bluff non è del tutto esclusa da nessuno. Ma forse la verità sta nel mezzo: ad esempio la capacità di aggiustamento del tiro potrebbe essere maggiore di quella dei Pershing, ma minore di quella che si lascia intendere o, forse, la gittata essere ben più ridotta di quella vantata, o altro ancora. In ogni caso, se l’arma dovesse essere anche solo in parte all’altezza delle aspettative, le conseguenze geopolitiche non sarebbero piccole.
Circa la gittata massima, le valutazioni oscillano fra i 1.500 ed i 2.700 Km. La valutazione più realistica sembra essere verso il basso, ma, anche se si trattasse di 1.500 km, non sarebbe poco ed assicurerebbe il controllo di un braccio di mare ben più vasto della stretta difesa costiera o poco più.
Questa arma si integrerebbe poi con un dispositivo di tutto rispetto che include una portaerei in servizio ed una in costruzione, una discreta schiera di incrociatori di ultima generazione ed una squadra aerea crescente sia in numero che in qualità di combattimento. Di fatto, l’inviolabilità delle acque di influenza cinese appare un traguardo non più remotissimo, a meno di forti investimenti americani per ricostituire il differenziale dei rapporti di forze che sta velocemente calando.
E le conseguenze regionali sarebbero ancora più rilevanti: Taiwan, Vietnam e Giappone avrebbero di che preoccuparsi, dato che, in circostanze particolari, nelle quali gli Usa fossero seriamente impegnati altrove e non in grado di efficace contrasto con le forze di scenario presenti, una rapida azione cinese verso Taiwan, le Paracel o le Senkaku, diventa una ipotesi da valutare realisticamente.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, cina, df21, dongfeng 21, guerra, missili, russia
Pierluigi Tarantini
@Aldo
Negli anni ’60/70 si paventavano le capacità degli SSN russi.
Oggi lo spauracchio sono i cinesi.
Ma 1500 km sono niente al fine del controllo delle rotte.
E poi, mica esistono solo portaerei e navi di superficie.
Ergo, potrebbero dedicarsi alla pesca con la paranza ma resterebbero comunque a secco.
Non vedo conseguenze geopolitiche.
Però si possono fare buoni affari con la paura.
Paolo Federico
Le bombe atomiche non si possono usare: esse sono la migliore garanzia contro se stesse.
Una piccola guerra atomica in una lontana landa desolata, avrebbe conseguenze devastanti e durature per tutto il pianeta. E chi ha le bombe atomiche questo lo sa bene.
Premesso questo, ritengo gli Usa dotati di un esercito convenzionale semplicemente stellare rispetto a qualsiasi antagonista, non perché io sia un esperto in armamenti (al contrario), ma perché nelle ultime guerre combattute hanno dimostrato di poter annichilire in pochi giorni una intera nazione con una frazione della potenza convenzionale che possiedono.
Pierluigi Tarantini
errata corrige: SSM
Federico Franchina
Caro Prof., molto interessante il suo commento. Pare tuttavia legittimo porre una domanda.
Lei accenna alla complessità del sistema missilistico di “nuova generazione” ed alla necessità di una completa interfaccia con i sistemi di guida e controllo satellitare proprio al fine di conferire il tanto desiderato “valore aggiunto” alla tecnologia sviluppata. Ciò detto e fermo restando che il Dong Feng 21 certamente rappresenta una mai sopita attenzione per la geopolitica vecchio stile (il riferimento è alle teorie di Mcakinder), non crede comunque che, è mia opinione, l’elemento capace di far la differenza sia oggi l’aspetto della cybesecurity? Voglio dire, sempre considerando il dominio cyber come servente rispetto agli interessi geopolitici, forse l’aspetto più innovativo e capace di fare la differenza non è più tanto l’aspetto tecnologico quanto il controllo del mondo cyber che incide, sia a valle che a monte, sul risultato operativo.
Grazie ed una buona giornata.
mezzo pensante
annichilire come hanno annichilito l’Iraq?
mezzo pensante
il punto è che gli USA negli ultimi decenni non hanno mai dovuto scontrarsi con potenze mondiali (o anche regionali) ma hanno sempre e solo combattuto guerre asimmetriche.
affrontare un’azione cinese, che cmq i cinesi non intraprenderebbero a cuor leggero, non sarebbe cosa semplice.
l’infallibilità dell’esercito americano è un mito già sfatato da tempo e a tutto questo è da aggiungere la relativa debolezza politica della governance americana dei tempi recenti. l’opinione pubblica americana mal tollera guerre dall’altro capo del mondo.
Paolo Federico
L’Iraq purtroppo è stato annichilito, così come è stata annichilita la Serbia e praticamente senza nessuna perdita tra gli americani.
Sorte assai diversa è toccata ai russi con i ceceni:hanno subito perdite pesantissime.
Se si parla di potenza di fuoco, questo è.
Altro discorso è considerare la ferocia della conquista, là dove i russi hanno avuto la spietatezza di azzerare un popolo per consolidare la vittoria, gli americani non potendoselo permettere hanno gettato le premesse per una parziale sconfitta.
Germano Germani
Se in Europa vi fu un vero e proprio annichilimento di un popolo intero (ma io preferisco “evirazione”) quello fu fatto ai tedeschi,alla fine del secondo conflitto mondiale.Conseguentemente alla sconfitta della Germania, anche l’intera Europa fu sconfitta (compresi gli anglofrancesi) come protagonisti a livello mondiale, con la fine della egemonia europea sul globo terracqueo, perché la sconfitta della Germania, piaccia o no,fu la fine del vecchio continente a livello internazionale e l’inizio dell’impero statunitense.Ma ripeto fu quello della evirazione mentale cui i tedeschi furono sottoposti, che bisogna prendere in esame.Già il piano di vendetta preparato dal sottosegretario americano Morghentau, che prevedeva la sterilizzazione di massa dei tedeschi e la trasformazione della Germania in un paesaggio bucolico, fu fermata dalla paura dell’URSS dilagante.Comunque sia basti pensare che a Berlino vi sono oggi circa ottocentomila turchi, che dimorano da decenni, nell’antica capitale del Reich, per restare in tema di annichilimento dei popoli. Che poi gli americani non tollerano sterimini di popoli interi, questo è l’ennesima bufala, prodotta dal ministero della propaganda di Hollywood.Mai sentito parlare dell’olocausto dei pellerossa?
Paolo Federico
A Germano Germani
“Che poi gli americani non tollerano stermini di popoli interi, questo è l’ennesima bufala…”
Che non se lo siano potuti permettere voleva significare anche altro.