La dimensione Europea del conflitto non è un optional

Molto volentieri pubblico l’articolo di Luciano Muhlbauer che sul suo sito risponde ai miei dei giorni scorsi e di cui però condivido in pieno lo spirito, cioè di tenere vivo ed alimentare un dibattito sull’Europa non solo tra me e lui, ma allargato il più possibile alla sinistra, ai movimenti ed a tutti coloro che in diverse sedi stanno fornendo i loro contributi. Buona lettura! AG

La dimensione Europea del conflitto non è un optional

Il dibattito sull’Europa e sul che fare, anche in vista delle elezioni europee che si terranno il 25 maggio prossimo, è più che mai aperto e nel suo piccolo lo dimostra anche la polemica che si è aperta tra me e il mio amico Aldo Giannuli, il quale ha pubblicato sul suo blog lunedì e martedì due articoli in risposta al mio intervento di settimana scorsa, scritto per MilanoX e intitolato Con Tsipras, senza esitazione, per un’altra Europa.
Ebbene, le sue argomentazioni meritano senz’altro una replica, non per dare vita a un botta e risposta senza fine, cosa che non interesserebbe nessuno, ma piuttosto perché i temi sollevati mi pare appartengano a un dibattito ben più vasto. E poi, io credo nella dialettica e se la nostra piccola polemica servirà per alimentare e allargare il confronto, allora avremo fatto anche una cosa buona e utile. Potete leggere i due interventi di Giannuli sul suo blog cliccando sui seguenti link: Può esserci un’altra Europa? E come? e Concludendo: la lista Tsipras si fa o no?. Per quanto mi riguarda procederò per punti, scusandomi in anticipo per un eventuale eccesso di schematismo, ma molte cose sono già state dette e scritte e mi pare preferibile concentraci sui nodi centrali.

1. La prima domanda, anzi la madre di tutte le domande non è se la Ue sia riformabile o irriformabile, oppure se l’attuale architettura europea e la sua moneta unica siano vicini al collasso. E nemmeno se il Parlamento europeo possa essere strumento di riforma dell’Unione, anche perché in un contesto continentale dove i Parlamenti nazionali sono sempre più svuotati di funzioni e poteri, cosa dovrebbe fare un’istituzione che di funzioni legislative e di potere non ne ha mai avuti? No, a monte c’è un altro quesito, cioè qual è oggi il terreno del conflitto di classe e, di conseguenza, qual è la dimensione in cui costruire e articolare una prospettiva di trasformazione, un programma, una strategia e una soggettività o meglio, una convergenza di soggettività.

Questo credo sia il punto di partenza di ogni ragionamento, perché viviamo in una dimensione non solo continentale, ma mondiale, in cui la globalizzazione liberista non è soltanto ideologia o proclama, ma anche sostanza economica, sociale e culturale. Gli stati nazionali rimangono altamente significativi, certo, perché è quella la dimensione in cui si costruisce la legittimazione politica del potere e sono quelli i livelli che detengono la forza armata e la funzione repressiva. Ma i luoghi del potere e delle decisioni che contano e il “campo di gioco” si trovano altrove e sfuggono alla mera dimensione nazionale. Vale per il capitale finanziario, vale per le transnazionali, vale per l’Electrolux o per la Fiat (pardon FCA), vale per qualsiasi grande istituto bancario, vale per la politica. Il sup Marcos qualche anno fa chiamò tutto questo La quarta guerra mondiale e la definizione mi pare assai calzante.
In un mondo e in un’Europa siffatti si può pensare davvero che la dimensione del conflitto, della lotta sociale e politica, del perseguimento di obiettivi concreti come un salario decente o un reddito sociale e della definizione di modello di società possa essere diversa da quella sovrannazionale? Non è una questione astratta o ideologica, ma maledettamente concreta. In fondo è una questione di efficacia dell’azione sociale e politica.

2. L’Unione Europea è fondamentalmente al servizio del liberismo. Così come si è storicamente configurata con i suoi trattati, cioè con gli accordi tra i governi nazionali, è stata ed è strumento per abbattere frontiere ed eliminare regole per i capitali, innalzare muri per le persone, mettere in competizione livelli salariali diversi, fare dumping sociale, spingere i riluttanti a privatizzare di più e più in fretta. Con la crisi sono poi arrivate le politiche d’austerità e del pareggio di bilancio, che hanno fiaccato una parte del continente e che stanno strangolando interi settori sociali. E con loro sono arrivate le troike, le letterine ai governi, i fiscal compact, i commissariamenti di fatto. Quasi scontato che di conseguenza sia arrivata anche la crisi di legittimità delle istituzioni europee, già in partenza prive di investitura democratica diretta e ora sempre di più identificate come la causa di ogni male.

Oggi questa Europa rischia davvero di collassare e con essa la moneta unica. E anche sulla sua “riformabilità” ho dei sinceri dubbi. Non sta qui, infatti, il punto di divergenza con Giannuli. Il punto di divergenza con lui e con altre forze di sinistra, come il KKE greco, o movimenti “non etichettabili come destra” (per usare la definizione di Giannuli), come il M5S, è che non credo affatto che di conseguenza l’unica strada sia tifare per il disfacimento dell’Ue e della moneta unica, che altro non significa, in assenza di un discorso e di un orizzonte europeo, che ritornare alla dimensione e alle monete nazionali. E se succedesse questo, senza avere in campo un’opzione alternativa di sinistra a livello europeo e una cooperazione di movimenti e forze sul piano continentale, allora mi pare evidente, vista anche l’aria che tira, che la strada sarebbe più che libera per opzioni di destra, che nel ripiegamento nazionale si trovano invece perfettamente a loro agio. Insomma, avere in campo un’opzione europea di sinistra dovrebbe essere una preoccupazione non solo di chi crede che l’attuale assetto istituzionale sia destinato a durare, ma soprattutto di chi crede che siamo ormai vicini al collasso.

3. Ultimo punto, o per dirla con le parole di Giannuli: “la lista Tsipras si fa o no?”. Magari lo sapessi, magari avessi la sfera di cristallo. Comunque, lo sapremo a breve, perché i tempi sono molto stretti e Tsipras venerdì sarà a Roma al Valle occupato. Credo che in quel frangente qualche elemento più concreto ci sarà per forza di cose, in positivo o in negativo.

Per quanto mi riguarda, come ho già scritto, io tifo perché ci sia la lista Tsipras e per quel che vale mi impegno in tal senso. E lo faccio nonostante sia perfettamente consapevole delle contraddizioni, delle difficoltà, dello stato pietoso in cui sono ridotte le sinistre italiane, delle tante autoreferenzialità dei ceti politici di partito e non di partito, dei litigi, degli odi, delle cazzate e delle idiozie. Lo faccio perché Tsipras rappresenta un’esperienza politica concreta e positiva e perché oggi la sua candidatura a livello europeo costituisce una possibilità per costruire convergenze a livello continentale per un’altra Europa.

Non è detto che si riesca, ovviamente. Tanti dicono di sostenere Tsipras, ma mettere i tanti insieme è dura, ci conosciamo. Eppure, per poter funzionare bisogna mettere insieme tutti e fare un’unica lista, aperta e includente. I tempi sono stretti? Ci sono tante firme da raccogliere, grazie a una legge elettorale che penalizza chi non è già in parlamento? Certo, è difficile, ma non impossibile, a patto che la lista non sia un pateracchio, che non respinga le forze dotate di organizzazione, che non dia l’impressione di essere un club privato e, soprattutto, che in giro susciti un po’ di sano entusiasmo.

La lista, anche se riesce a presentarsi e a superare lo sbarramento, poi “si squaglierebbe in venti secondi”. Forse sì, forse no. Io penso che del poi bisogna occuparsi poi e che sarà determinato anche da quello che è successo prima. E magari, facendo delle cose insieme, si riesce a cambiare tutti e tutte e non necessariamente in peggio. Insomma, ci sono tante controindicazioni e tanti pericoli. Ma i tempi della politica raramente seguono i nostri tempi, cioè quelli che noi pensiamo debbano essere i nostri tempi. Bisogna dunque osare, tentare, altrimenti non combineremo mai niente. Io la vedo così.

Per concludere, io sono fermamente convinto che la dimensione europea della lotta e del conflitto sia una necessità imprescindibile per i movimenti sociali, per le organizzazioni dei lavoratori e per le forze che fanno i conti con il livello elettorale e istituzionale. E che dunque sia quello il contesto in cui bisogna agire e costruire, anche al di là delle elezioni europee, che tuttavia nella congiuntura attuale assumono un significato politico di primaria importanza. Per questo vale la pena lavorare perché ci sia una lista Tsipras anche in Italia. Magari ci riusciamo, magari finisce prima di iniziare. Lo vedremo. Comunque sia, anche nella peggiore delle ipotesi, potremo dire di averci provato, invece di arrenderci passivamente a quel che passa il convento, cioè l’astensionismo o il voto al M5S. Nella migliore delle ipotesi, invece, avremo fatto finalmente qualcosa di utile.

Luciano Muhlbauer

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Aldo Giannuli

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Comments (19)

  • A mio parere il problema della dimensione europea non sta soltanto nel sapere se la lista Tsipras sia una prospettiva tecnicamente praticabile, ma soprattutto nel capire perché non esista neppure un obiettivo unificante su cui costruire una lista o un movimento di dimensione europea.

    Come si materializza il problema dell’ Europa attuale e della sua finanza davanti al cittadino comune?

    Mi sembra incredibile che non si riesca a vedere l’obiettivo decisivo per mettere alla prova l’ europa della finanza. L’ Italia si è svenata per salvare le banche francesi e tedesche che avevano in pancia i titoli spazzatura che avevano brillantemente acquistato. Perché non chiedere loro quello che chiedeva la Tatcher all’ Europa: I WANT MY MONEY BACK riferendoci allo spread della disoccupazione che altera nei paesi deboli il mercato del lavoro? Perché non avere una Agenzia sovranazionale di mobilità giovanile garantita o meglio finanziata dagli eurobond, non dagli stati, per riportare la disoccupazione giovanile a tassi più accettabili? Se il disastro delle banche è questione affrontata e risolta dall’ Europa, perché non dovrebbe esserlo la disoccupazione da spread finanziario o da indebitamento ?

    Cosa si vuol proporre al cittadino europeo ? ancora le fumoserie incomprensibili della sinistra?

    Io credo che questo che propongo ora io forse nei prossimi mesi lo potrà proporre lo stesso Monti o lo stesso Letta , cioè gli artefici dell’ Europa di oggi.

    La sinistra in compenso avrà tempo per meditare su identità, decrescita felice, diversità e diritti di nuova generazione.

    Umberto Baldocchi

    Lucca

  • Aspettando la sinistra e la lotta di classe internazionale gli italiani, o meglio gli europei (per non sembrare un nazionalista, come dite voi), muoiono.

  • Oggi il terreno del conflitto di classe è quello della globalizzazione liberista, di cui l’euro (almeno per quanto ci riguarda) è strumento centrale. Motivo per cui, se non si elimina l’euro qualsiasi discorso rimane campato per aria.
    I luoghi del potere e delle decisioni che contano e il campo di gioco si trovano altrove? E chi dice che dobbiamo andare per forza in trasferta? Chi dice che dobbiamo per forza competere con la squadra del ‘ndocavolostan? Mi pare che tutta questa voglia di internazionalismo ci abbia portato più problemi che altro.

    “L’Unione Europea è fondamentalmente al servizio del liberismo”
    Appunto, e ne vediamo gli effetti. Perché mai allora dovremmo tenerci questo obbrobrio?

    “E se succedesse questo [ritornare alla dimensione e alle monete nazionali], senza avere in campo un’opzione alternativa di sinistra a livello europeo e una cooperazione di movimenti e forze sul piano continentale, allora mi pare evidente, vista anche l’aria che tira, che la strada sarebbe più che libera per opzioni di destra, che nel ripiegamento nazionale si trovano invece perfettamente a loro agio.”
    E intanto che la sinistra si ritrova (un passaggio a “chi l’ha visto”, no?), si organizza, si mette d’accordo, costruisce un’alternativa, eccetera, qua si continua a morire (in senso figurato e non) sotto i colpi della crisi opportunamente guidata con gli strumenti forniti dall’euro.
    Spiacente, ma a questo punto le soluzioni intermedie fanno più danno della situazione attuale perché servono solo a rinviare l’inevitabile crollo, continuando uno stillicidio che crea il deserto economico e sociale, e che avrà effetti tanto più gravi e duraturi quanto più viene prorogato.

  • Il punto che l’Autore mi pare non consideri è questo: che la sinistra europea reale (non quella ideale, onirica o marginale) è il principale sostegno e mediatore del consenso politico alle politiche reali della UE reale.

  • @Alessio

    Ottimo

    @ilBuonPeppe

    ** Standing ovation **

    Aggiungo:
    l’internazionalismo NON è di sinistra: sin dalla notte dei tempi fa rima con “imperialismo”. Ma qualcuno ha ancora dei dubbi? Proletari di tutto il mondo unitevi? Sì, in fila in trincea.

    Come era evidente ai padri costituenti la tutela del cittadino lavoratore dagli arbitri del mercato doveva passare necessariamente dallo Stato nazionale.

    La trattativa sugli €urobond serve solo ad allungare il brodo mentre, per la futile demenzialità degli utopisti, gli imprenditori si impiccano e le famiglie dei salariati finiscono in mezzo alla strada.

    «Il capitale nasce internazionale, i lavoratori no» (A. Bagnai, 2012)

  • Mi astraggo dal dibattito, per me un po’ tedioso, sul nome della lista da presentare per essere trombati alle prossime.

    Ma chiedo a tutti:
    “L’Unione Europea è fondamentalmente al servizio del liberismo”
    Invece gli Stati Nazionali sono uno strumento della rivoluzione? (siamo regrediti a una fase precedente a Stato e Rivoluzione? Siamo nel paleolitico… mah).

    “Oggi il terreno del conflitto di classe è quello della globalizzazione liberista, di cui l’euro (almeno per quanto ci riguarda) è strumento centrale.”
    Invece le monete nazionali sgorgano ricchezze dalle fontane accessibili per i precari? Risolvono la fame del mondo, producono reddito per tutti? mah

    Buona Italia a tutti, per me è una parola che non si pronuncia in fascia protetta (come dice il Marchionne imitato da Crozza martedì scorso)… se poi vogliamo coltivarne i frutti… buon appetito.

    • @Que se vayan caro Leon, mi hai convinto! Solo che adesso devi convincere la Merkel che il suo è un atteggiamento da paleolitico. Tu scivigli e poi fammi sapere..
      Quantoo alla moneta nazionale (peraltro potrebbero esserci anche altre soluzioni: non pensare che l’alternativa è necessariamente Euro/Lira) : dalla moneta nazionale non sgorgano ricchezze ecc… certamenmte, però la manovra sulla moneta nazionale consente di svalutare il debito, per esempio, oppure di sostenere le esportazioni… Insomma, basta studiare un po’ di economia per saperlo; a proposito di studiare economia….

  • sull’argomento mi sembra illuminante l’intervento di Lucio Magri il 13 dicembre 1978 sull’entrata dell’italia nello SME (il primo esperimento di cambi fissi fra le monete europpe… il papà dell’euro…. lo trovate qui http://www.camera.it/_dati/leg07/lavori/stenografici/sed0383/sed0383.pdf). la serena lucidità con cui viene descritto il percorso e la logica del funzionamento dell’unione dimostrano che la sinistra (quando ragionava da sinistra) lo sapeva bene che si trattava di un passo da non fare e sono quello che chiederemmo alla sinistra oggi e che significano rinuncia a quella che è un’unione forzosa, discriminatoria e strumento di dominio del capitale…ops ma questo lo dice anche Luciano… e allora che ci facciamo con questo regime fascista… proviamo a prendere due seggi alla camera dei fasci? ma dai buttiamolo giù e riproviamo a fare un 1946 troviamo la forza e le idee…
    l’applicazione della moneta unica a zone economicamente differenti è lo strumento principe dell’attuale dominio nel continente e la sinistra deve appropriarsi del tema dell’abbandono dell’euro e ragionare sulle strategie di uscita e su oosa fare dopo e non su come evitarlo… c’è una letteratura economica sull’argomento, ci sono possibilità di trasformare questo evento certamente duro in una riappropiazione di vita, di spazi democratici e nuove forme di convivenza… direi che va superato l’internazionalismo velleitario e forse riletta con un po’ di attenzione l’economia perchè in giro è tutto un volar di balle e belle parole (propaganda si diceva una volta)… chi frequenta questo blog forse non farebbe male a dare un’occhio anche a http://goofynomics.blogspot.it il blog di Aldo e quello di Bagnai sono due ottimi luoghi di pensiero e confronto e sono salutari per ridurre la disperazione e chiedersi “che fare?”…

  • per qualsiasi rapporto internazionale vanno risolte alcune questioni come l’idioma, è noto che siamo tutti poligloti, la logistica, tutti disponiamo di un divano dove ospitare eventuali rappressentanti, la condivisione delle informazioni e delle analisi, il tempo, come formulare una agenda che permetta condividere lavoro/’ricerca del lavoro’, assemblee, riunioni di aparato, ecc…
    la dimensione impone strutture già esistenti a livello locale che dialoghino tra loro, (-:. 3° e 4° internazionale a qualcuno ricorda qualcosa .:-). con questo non voglio dire che sia sbagliato non pensarci e provare a vedere chi altrove ci sta. tranne un blog tedesco segnalato in queste pagine io non conosco altri blog simili di altri paesi europei e che non vengano segnalati nemmeno nel sito di appelloalpolpolo.it è indice di come siamo lontani da una possibile lista unitaria europea. è bene parlarne … nemmeno i sindacati, che negli ultimi trettanni hanno fatto anche progetti internazionali, riescono trovare possisioni unitarie su specifiche aziende multinazionali (e avrebbero ragione di porsi questo problema).
    oltrettutto penso che alcuni credano che nell’internazionalismo ci sia la soluzione a un problema, ed è una pozizione sbagliata che cerca di allontanare il problema. nell’internazionalismo c’è la condivisione di un medessimo problema, se va bene altrimenti la somma. Poi ci sono problemi di ordine nazionale e di ordine internazionale ed è bene non fare confuzione, altrimenti i lavoratori dell’elettrolux non avranno molte difese.
    é la rappressentanza nel territorio che permette di confrontarsi e condividere opinioni, risorse, forze con altre località. in italia i partiti hanno ‘delegato’ alle onlus certi tipi di battaglie, col risultato che tsipras farebbe meglio a parlare con loro se cerca rappressentanza sociale.

    un passo per una rappressentanza della sinistra europea sarebbe un sito dove trovare paese per paese liste, blog, documenti, ecc… ma una cosa del genere costa tempo,denaro(nonostatte un nutrito gruppo di volontariato), volontà(oltre il livello nazionale oggi non si è andati), capacità(poliglotismo, connoscenze tecniche(validità dei documenti), limite delle competenze), disponibilità delle persone)

    non è impossibile ma non è semplice, cmq non si può fare se la molla principale è il protagonismo di prima serata.

  • p.s. la moneta nazionale (se debole) ti difende anche dalle importazioni e contribuisce alla rinascita di un mercati interno dove compri di più quello che fanno da te perchè costa un po’ meno rispetto a quello che devi importare… non lo fa da sola, non lo fa per magia, ma se hai dei governanti che ci pensano e ci lavorano beh qualche chance di riaprire qualche fabbrica, di salvare gli artigiani e gli agricoltori e di riavviare il reddito forse ce l’hai… ribadisco che non ti basta la moneta nazionale … ed è qui che ci vorrebbe la sinistra… ma sicuro l’euro per ciò che è non te lo permette e non te lo permetterà… se poi ci aggiungi il pareggio di bilancio in costituzione…

  • Non avevo il numero della Merkel. Così ho scritto a Soros, che mi ha detto che la lira se la mangia. E Marchionne che ha apprezzato il mio spirito mi ha confessato che aprirà comunque in Cina.
    Cmq il problema è il progetto politico. La moneta non è che uno strumento e se è vero che il progetto dell’euro è ordoliberale, io non capisco quale sia il progetto sociale o progressista che sta sotto alla revivescenza degli Stati Nazionali europei.

    Ps. oggi c’erano i crucchi del Rote Flora in Università e al cantiere. Molto interessanti.

    • Leon: il fatto che tu non capisca il progetto sociale di una uscita dall’Euro (che tu continui a vedere solo come alternativa fra moneta nazionale e moneta comune) dipende dal fatto che non studi l’economia. A proposito, non sarebbe ora…..?

  • se l’ha detto veramente si capiscono tante cose…
    http://www.criticaliberale.it/news/201014
    Tzipras:Renzi? “Un socialdemocratico”
    Pensioni e Welfare? “Non potremo mai più tornare com’era una volta”.
    Stato e nazione? “Sono superati; nell’unione europea non hanno più senso”. L’Euro e il cambio monetario fisso? “Sono imprescindibili, senza di quelli l’Europa cade”

  • mi soffermo per un attimo sulla risposta data a que se vayan: a parte le accuse di insipienza, faccio notare che, anche se fossero tutti incompetenti tranne i no euro, rimane il fatto che non esiste una traducibilità diretta tra un processo sociale e la attuazione politica: ogni idea ha degli interpreti, degli esegeti che configurano delle linee teoriche generali ai casi particolari. in questo caso sappiamo benissimo che sia forza italia, che il movimento 5 stelle che un’armata brancaleone contestualizzata più a sinistra propugnano un’uscita dall’euro. forza italia è decisamente neoliberista, il movimento 5 stelle è pericolosamente ambiguo al riguardo (il che significa di solito essere favorevoli): anche con la presenza di una fascia minoritaria a sinistra è veramente dura pensare ad opzioni di uscita dall’euro da sinistra, e tutto porta a pensare che il “progetto sociale” in questione assuma una conformazione neoliberista in cui i capitali esteri la faranno da padrone in italia.
    saremo tutti idioti che non ci capiamo nulla di economia, ma basta capirci un attimo di aritmetica per capire qual’è il peso elettorale dei due grossi partiti noeuro e la loro collocazione politica.
    poi per il resto sarò pure un compòottista, ma devo dire che il seguente processo mi funziona: le libertà degli stati nazionali ingenerano crisi e sfiducia nell’unione e quindi rinfocolano movimenti nazionalisti che chiedono ulteriori libertà dei singoli statiche causeranno ulteriori crisi. direi che abbiamo davanti un circolo “virtuoso” che tende ad autoalimentarsi. non credo di potere rompere il meccanismo con le mie single forze, ma non mi vedrete mai correre come un criceto tra degli ingranaggi disposti da altri.

  • Rispondo un’ultima volta, non nel senso di mettere la parola fine ed avere ragione, ma per non monopolizzare e trasformare in un duello quello che dovrebbe essere un dibattio… i duelli in genere poi se li continuano a leggere solo i partecipanti… ancora una volta l’uscita dall’euro non è la panacea di tutti i mali, non risolve la contingenza (un po’ più che una contingenza) liberista ma ti permette di avere più opzioni di manovra… Magri già lo scriveva che il cambio bloccato scarica sul lavoro qualsiasi aggiustamento di competitività e quindi tagli di salario e di diritti (qui come in Germania, le ottima riforma Hartz no?).
    L’italia già la mangiano senza lira, se guardate le acquisizioni di aziende… la differenza forse non sarà apprezzabile per Marchionne ma per le piccole e medie imprese forse si perchè per queste imprese la miglior difesa è un buon fatturato (anche centrato sul mercato interno) e non una quotazione borsistica e quindi forse con una moneta nazionale riesci a governare meglio quello che è il tessuto profondo della economia italiana (perchè si tratta di economia italiana e non europea)…no euro significa anche non necessariamente fiscal compact e quindi forse la possibilità di spingere con la spesa pubblica. No euro significa anche non avere tutti questi soldi per acquistare prodotti rivenienti da aree con moneta più forte (meno import) e quindi chissà mantenere alcune produzioni qui (il nostro problema non è la Cina al momento, ma l’export tedesco in quanto con l’euro anche i tedeschi esportano soprattutto nell’erurozona… a noi)… questi sono tutti forse e sono i forse dove io credo si dovrebbe annidare la sinistra perchè si tratta di fare scelte economiche oltre l’uscita dall’euro (come usare il debito pubblico, come tassare, quali accordi internazionali, che politiche energetiche… etc) di sicuro si possono fare scelte diverse da quelle per cui spingerà la destra se mai si uscisse… uscire ora dall’euro significa anche ripensare l’europa, ripensare gli strumenti economici ed i poteri… se questo non è possibile direi che allora anche restare non avrebbe senso… non siamo più forti dentro che fuori…

    e chiudo: nazione e nazionalismo non sono la stessa cosa… fra nazione e nazionalismo c’è scuramente una relazione ma non stiamo parlando di una equivalenza dipende da quanto vogliamo continuare ad abbandonare concetti neutri o nostri ad avversari politici in cerca di legittimazione.

  • La lista, il cui nome sarà scelto attraverso una consultazione on-line, sarà comunque fortemente collocata a sinistra, tanto che “i parlamentari eletti entreranno nel gruppo Gue”, quello della Sinistra europea che raccoglie i partiti comunisti del Vecchio continente, annuncia questa mattina in conferenza stampa Guido Viale. “Una scelta obbligata”, rimarca Spinelli. Scelta che però potrebbe creare problemi ai rapporti con Sinistra ecologia e libertà che, alla fine del Congresso, aveva deciso di aderire all’iniziativa ma con qualche distinguo poiché il leader Nichi Vendola aveva allontanato l’ipotesi di confluire nel Gue considerandolo “un passo indietro e una deriva estremista”. Intanto Spinelli e Viale, due dei sei promotori della Lista Tsipras rilanciano l’appello: “Per un’altra Europa ma non fuori dall’Europa. Dunque cambiare l’Europa in modo radicale ma restandoci dentro. Cambiarla dicendo ‘no’ all’austerità partendo dalla cavia dell’austerità, cioè la Grecia”. A breve saranno scelti anche i nomi dei candidati. La lista è aperta al contributo di chiunque ma, come più volte precisato, non saranno candidati politici che hanno avuto cariche nazionali o regionali negli ultimi dieci anni. “Noi abbiamo detto fin dall’inizio che non intendiamo fare accordi di vertice con partiti in campo”, spiega ancora Viale disponibile però ad aiutare i militanti di Sel nella raccolta delle firme. La lista però dovrà essere “ apartitica e unitaria, non ha senso presentarsi con tre liste diverse altrimenti si perde”. L’elettorato? Non solo i ‘grillini’, non solo la sinistra radicale ma anche il mondo delle astensioni.

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