
Quale didattica della Storia? Abbasso il manuale!
Mi capita spesso di discutere, anche animatamente, con i miei colleghi su come si debba insegnare la storia nell’AD 2016, che non è come dire 1923 (anno della riforma Gentile). Che ci sia un declino delle facoltà umanistiche, non solo in Italia ma in tutta Europa, è fatto tanto evidente da non dover essere dimostrato e la storia non fa eccezione.
Non si tratta solo di cattedre soppresse, finanziamenti tagliati, orari scolastici ridotti, ma investe proprio l’interesse degli studenti per la materia: basti vedere le cifre degli immatricolati ai corsi di laurea di Storia, il numero dei tesisti di scienze politiche, lettere, economia ecc che scelgono una tesi in storia ecc.
In parte, questa disaffezione si spiega con il “vento” culturale presente che esalta le scienze matematiche o naturali, o, al massimo l’economia e deprime tutte quelle umanistiche presentate come inutile erudizione (ne abbiamo detto). Ma in parte questo dipende anche dal modo in cui insegniamo la storia che annoia i ragazzi (giustamente, aggiungo io). E il punto è che noi siamo rimasti al modello segnato dalla riforma Gentile (di cui riparleremo), che, per la storia, è: nozionistico-passivizzante, disciplinare, analogico, ossessivamente cronologico, evenemenziale, eurocentrico, a dominante politico militare e precettiva. Mi spiego meglio.
Il modello gentiliano immagina (non solo per la storia) la trasmissione del sapere come quella di un bagaglio di nozioni su cui solo dopo la fine del ciclo di studi (università compresa) una piccola parte dei neo laureati si applicherà per scopi di ricerca ed allo sviluppo di questa o quella disciplina, mentre gli altri si limiteranno ad applicare le nozioni apprese al proprio ambito lavorativo o al massimo per un uso personale a fini di intrattenimento. Ovviamente, questo metodo individua lo studente come puro ricettore non interagente: allo studente non si chiede di appassionarsi alla (o alle materie) che studia, ma di assimilare passivamente le informazioni trasmessegli. Gli serviranno dopo, per ora si limiti ad essere diligente. La motivazione allo studio viene dal valore culturale immaginato, non solo come elemento di promozione sociale, per la conquista di lavori più apprezzati e remunerati, ma come elemento gerarchico di comando: chi più sa, più sale nelle gerarchie sociali a cominciare da quella dello Stato e della politica, che più delle altre chiedono conoscenze storiche la cui figura retorica regina è l’analogia. Ne consegue che lo strumento per valutare e motivare lo studente è quello disciplinare espresso dalla promozione/bocciatura e, più in particolare, dal voto che esprime il suo valore intellettuale inteso soprattutto come adeguamento alle regole di apprendimento richieste dal modello sociale.
E proprio in quanto l’analogia assume funzione chiave, la strutturazione del corso di studi deve essere cronologica e rigidamente tale, senza concessione alcuna né alla comparazione né ad un taglio concettuale che viene al massimo ammesso in funzione servente allo schema cronologico e come mera descrizione di questo o quell’aspetto della società romana, feudale o altro. In questo quadro non è affatto valorizzata la dimensione causale ed esplicativa, in omaggio alla prescrizione dello studiare la storia “per come è andata”, affastellando date e nomi senza nessuna particolare enfasi sui processi. Ed, ovviamente, questo rende inutile un approccio interdisciplinare, in particolare alla dimensione sociale. La dominante resta quella politico-militare, dove per politico si intende l’assetto puramente statale (o della formazione o trasformazione degli stati, come per la Rivoluzione Americana, Francese, Risorgimento ecc.), accompagnata da una dimensione ideologica (giusto il rapporto con la filosofia il cui insegnamento, in genere, è affidato allo stesso docente di storia) e ad un sommario elenco di fatti militari mai spiegati se non con categorie indeterminate come il “genio” militare di questo o quel condottiero ed il valore sul campo di battaglia degli uomini talvolta mossi dall’adesione ad una qualche causa.
Quanto all’abito di osservazione esso non può che essere la storia europea e la stessa scansione delle epoche (antica, medievale, moderna e contemporanea), come osserva Goody, riproduce le tappe dell’ascesa dell’Europa nel Mondo, come affermazione del Progresso e della naturale superiorità dell’homo europeus. Donde deriva anche la dimensione precettiva dell’insegnamento della storia che indica quali valori custodire.
Questo è lo schema di base che ancora regge l’insegnamento, salvo occasionali innesti, negli ultimi trenta anni, di storia sociale e culturale (storia di genere, dei giovani, dei consumi, del sindacato…) innesti peraltro del tutto inutili perché, per ragioni di tempo nessuno riesce a toccare quei capitoli. Altra innovazione parziale è stata quella delle microstorie che esalta la dimensione ultra analitica della materia (che delizia la storia dei birrai di Mantova, del Psi di Peretola e dell’assedio di Gambettola nel 1515!). L’unico risultato è stato quello di aumentare il peso (ed il costo) del manuale che resta ancora oggi l’oggetto di culto di tanto docenti ed il modo infallibile per fare odiare la materia agli studenti ai quali si chiede sostanzialmente di ingurgitare e digerire quello che c’è scritto in quelle pagine. Più il resoconto delle studente interrogato sarà fedele alle pagine del manuale e più il voto sarà alto.
A volte, nella mia torsione complottista, penso che esista una Associazione Segreta per l’Odio della Storia (Asos) cui aderisce, ovviamente in segreto, la maggioranza dei docenti di storia di ogno ordine e grado, che si dedicano, con libidine e metodo, allo scopo di fare dei loro studenti odiatori militanti della materia.
Tutto sommato, lo schema gentiliano, pur nel suo furioso classismo e nazionalismo ha funzionato a suo modo riuscendo a fondare un sapere storico condiviso, base delle letture di età adulta, funzionale a stabilizzare il senso di identità nazionale, utile a selezionare una classe dirigente formata sull’asse letterario-filosofico. Cosa criticabile quanto si vuole ma che ha avuto una sua coerenza e che ha raggiunto i suoi scopi. Ma, nell’anno di grazia 2016 ci serve ancora questa storia? A me sembra che ci serva come un manuale di astrologia in una base spaziale.
Io credo che la prima cosa da fare sia quella di organizzare il falò di tutti i manuali che ci sono in giro, possibilmente mettendoci sopra i relativi autori. Poi lo smantellamento impietoso di tutto questo impianto metodologico. Noi abbiamo bisogno di un metodo interattivo con gli studenti chiamati a partecipare, dove il metodo precedente era passivizzante, un metodo trans disciplinare dove quello vigente è mono disciplinare, comparativo dove l’altro è analogico, concettuale dove l’altro è nozionistico ed ossessivamente cronologico (ma preservando l’uso della cronologia), processuale dove l’altro è evenemenziale, esplicativo dove l’altro è precettivo e moraleggiante, globalizzante dove questo è eurocentrico.
E magari ci torneremo su per articolare meglio il discorso.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, crisi scienze umanistiche, crisi università italiana, didattica della storia, digital humanities, manuali di storia, metodologia storica, odio per la storia dei giovani, riforma gentile

Marco dei monti
Maledetto Asos!
Dove trovo “la storia dei birrai di Mantova, del Psi di Peretola e dell’assedio di Gambettola nel 1515”? Che cosa pensa della “Storia d’Italia’ di Gervaso-Cervi-Montanelli?
grazie
ilBuonPeppe
A proposito della storia d’Italia di Montanelli & c, io l’ho trovata molto interessante e ben fatta, a tratti anche divertente.
Però va tenuto presente che quando l’ho letta ero appena uscito dall’Asos. Oggi, a distanza di oltre dieci anni, forse avrei un approccio più critico.
Marco dei monti
Allora siamo in due, è confortante.
Puo’ aiutarmi Lei a rintracciare “la storia dei birrai di Mantova, del Psi di Peretola e dell’assedio di Gambettola nel 1515”, (in quale libro sono contenute? Di quale autore?) Aldo Giannuli ha il potere di incuriosirmi, …’tacci sua. Buona serata.
Aldo Giannuli
quelli sono solo esempi di fantasia per non mettere titoli vedi di colleghi che darebbero identificabili
marco dei monti
Peccato, mi aveva messo l’acquolina in bocca. Si accettano in ogni caso consigli per buone letture. Grazie.
ilBuonPeppe
Io sono stato fin da piccolo, e per molto tempo anche dopo l’uscita dalla scuola, un fedele membro dell’Asos. Solo molto più tardi, superata la quarantina, ho rivisto le mie posizioni e ho cercato di colmare il vuoto che mi ero, almeno in parte, auto-inflitto.
Il problema è che si è comunque costretti ad affidarsi ai manuali, per di più procedendo un po’ a caso. C’è un’alternativa?
Paolo Selmi
Buongiorno Professore!
Svuotare le cantine aiuta a pensare e non solo… Testo recuperato due anni fa e gelosamente conservato: Mario Lodi, Cominciare dal bambino, Torino, Einaudi, 1977. Ne ho trovato un passaggio sulla rete: “L’alternativa culturale e pedagogica a questi testi scolastici reazionari e stupidi non è un libro di testo migliore, con contenuti oggettivi, ma una scuola diversa dove non si studi per il voto e dove l’apprendimento non sia fondato sulla memoria in funzione dell’interrogazione e dell’esame, ma sul ragionamento critico. Tale atteggiamento sarà strettamente legato con l’esperienza del giovane e prenderà in esame i problemi del ragazzo e del suo ambiente sociale. Così si abituerà a leggere le pagine del libro vivo e vero degli uomini e della natura, a mettere in relazione fra loro gli eventi e a scoprirne cause ed effetti, a rendersi conto del suo ruolo di protagonista del mondo in cui vive.” (da “Perché no ai libri di testo”).
I contenuti di questo testo, insieme a quelli di Gianni Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Torino, Einaudi, 1973, sono di facilissima lettura e forniscono contributi importanti da riscoprire, nonché stimoli a ulteriori approfondimenti (come per esempio i lavori di Vladimir Propp e di Lev Vygotskij, comodi comodi nella loro traduzione in italiano).
PS Nel primo lavoro, Lodi esamina in modo molto disincantato il degrado della scuola di allora, funzionale alla società di classe di cui essa stessa era (ed è tutt’ora, forse peggio di allora) emanazione: a essa oppone la costituzione di gruppi e movimenti dal basso, isole, esperienze in grado di coordinarsi fra loro, espandersi e crescere; allora era già difficile, ma si faceva, riuscendo a ottenere risultati concreti: oggi, sarebbe il modo migliore per farsi licenziare dai presidi/direttori padroni della “buona squola”. Una domanda si ripropone, a oltre cent’anni di distanza: “Che fare?”
GherardoMaffei
Noto con piacere che viene citato uno dei più grandi filosofi italiani del novecento.Giovanni Gentile,fu il fondatore della enciclopedia Treccani, un grande riformatore della scuola, uomo di notevole spessore culturale, di onestà intellettuale intemerata La sua riforma della scuola è storica, nessuna altra è stata pari alla sua.Figlio di una epopea piena di geni in tutti i settori non solo culturali,ma anche nel campo scientifico, basterà citare Ettore Majorana, .Alla sua memoria è legata quella del gappista Bruno Fanciullacci, che scaricò un caricatore in faccia all’inerme docente, al grido di “uccido l’idea non l’uomo! “(sic)) La Storia inesorabilmente sta rendendo giustizia ad una epopea nazionale, durata pochissimo, che un Editore ha definito una “estate di San Martino” nell’era attuale della glaciazione, scesa in occidente.La Storia è in crisi,non per il metodo sbagliato, ma perché chi la insegna principalmente non è all’altezza del compito,Gli studenti prediligono altre materie, poiché siamo in piena totale decadenza, è meglio dedicarsi a far denaro o trasferirsi all’estero. Ergo perché i giovani dovrebbero studiare la storia- patria che dimostra la pusillanimità delle popolazioni che abitano questa espressione geografica denominata Italia.In conclusione gli storici che come gli definiva il leader sovietico Nikita Krusciov sono gente pericolosa,la smettano di ingannare i giovani e di fare i cortigiani del potere. La Storia deve essere “sine ira et studio”.
Gaz
Benedetto Croce fu Ministro della Pubblica Istruzione nel primo governo Mussolini. Successe a Benedetto Croce che lo fu nell’ultimo di Giolitti e portò avanti il progetto di riforma scolastica di quest’ultimo di impronta neoidealista ed elitaria, funzionale per la preparazione di una futura classe dirigente. In seguito alla crisi Matteotti, Gentile si dimise.Nel 1925 la riforma Gentile fu ritoccata e vi via fascistizzata dai Ministri Casati, Fedeli, Belluzzo .. Nacque l’associazione degli insengnati fascisti, l’Opera Balilla, l’Associazione della scuola fascista ..
Nella sua orignarietà la riforma Gentile è duranta un’estate di San Martino.
Tale non definirei un ventennio.
Gaz
Errata corrige al primo rigo: Giovanni Gentile al posto di Benedetto Croce.
francesco cimino
L’Asos esiste! Ed è stata forse tale loggia a far associare storia e filosofia: da tempo credo che sarebbe meglio semmai associare storia e letteratura. Affinché anch’io possa dare un piccolo contributo alla lotta alla cospirazione, vuole farmi un esempio di cosa intende per ricorso all’analogia come principale figura retorica nell’insegnamento della storia? Vorrei riconoscere i sabotatori da come si esprimono.
Saverio
Francamente, professore, avendo aiutato i nipoti a studiare, il limite dei manuali oggi adottati è la loro eccessiva semplificazione che genera inevitabilmente conformismo.
Ma dal punto di vista didattico sono pieni di riferimenti interdisciplinari, di proposte di approfondimento, di richiami multimediali ecc. Non è questo il punto.
I “mei” manuali di storia erano il De Rosa e il Villari, testi tosti (scusi il gioco di parole) ma di assoluto rigore scientifico che purtroppo gli studenti odierni, rincoglioniti dai social, non sarebbero manco in grado di comprendere, men che mai studiare. E se ne accorgono all’università, dove pure, fra l’altro, hanno spezzettato gli esami perchè altrimenti i rincoglioniti piangerebbero di fronte alla mole di libri da studiare che noi avevamo.
I docenti dovrebbero fare “didattica per competenze” ma, avendo una certa dimestichezza con l’argomento, non sono in grado di farlo, nè, francamente, avrebbe un senso.
I vecchi programmi (e i vecchi metodi) sono andati bene per decenni, hanno sfornato fior di scienziati, letterati, artisti. Se oggi non funzionano è proprio per questa paranoica ricerca dell'”interazione” che produce solo maleducazione, analfabetismo e passività.
Provi a far studiare i suoi studenti come noi dovevamo, metta il filo spinato fuori dalle aule per impedire ai genitori di metter naso a scuola, faccia chiudere a chiave cellulari, tablet e idiozie assortite in armadietti all’ingresso delle aule e vedrà come torneremo a sfornare fiori di scienziati, artisti e letterati!
Ugo Agnoletto
Quando si parla di storia abbiamo vari problemi,
Comincio ad elencarne un paio.
1) quale punto di vista assumere e quali fatti privilegiare
2) come considerare le guerre. E’ normale l’ostilità tra gli uomini? E le guerre da cosa nascono? Da conflitti sociali? Che posto ha la sete di potere, l’avidità, il pregiudizio? Conviene fare le guerre?
Cosa significa popolo, nazione, stato, individuo, religione, guerra, ecc.?
In altre parole voglio dire che è necessaria la consapevolezza di quello gira nella nostra mente perché inevitabilmente partiamo dando per scontate tante, tantissime cose.
Mirko g. s.
A me la storia piaceva tantissimo e fino al ginnasio andavo molto bene. Il mio testo alle medie era Impegno ed era fatto molto bene, introducendo le motivazioni che spingevano i soggetti a prendere le d3cisioni che presero. Al ginbasio non ricordo il nome ma parimenti il manuale spiegava determinati retroscena spesso economici fondamentali per andare al di là di una storia di fatterelli di sentimenti e di morali. Ho letto alle medie il Villari relativamente al periodo giolittiano che mi parve scritto molto bene e che era tutt’altro che noioso sperando poi di incontrarlo al liceo ove purtroppo acchiappai il Desideri che n9n esito a definire carta igienica. Io penso che manuali buoni ci sono e sono perfettibili perché bambini e ragazzi sono sufficientemente maturi per capire che il denaro e il potere ha mosso la storia più del patriottismo e della cavalleria.
andrea z.
I manuali e lo studio della Storia sono visti spesso con sufficienza, eppure quali sono i libri più censurati, vietati e manipolati in una dittatura?
Basta pensare ai manuali che si studiavano nei regimi comunisti.
Ma anche in democrazia assistiamo a distorsioni degli avvenimenti storici: basta pensare allo sbarco in Normandia, spacciato come il momento decisivo in molti manuali dei Paesi filoamericani, mentre ormai è assodato che nel Giugno del ’44 i Russi avevano già stravinto la guerra contro Hitler e che l’operazione militare è avvenuta per impedire ai sovietici di occupare l’intera Europa.
Un conoscente che ha studiato in Francia mi ha detto che i manuali di Storia di quello Stato sono assurdi, perchè l’idea che li anima è che il progresso dell’umanità sia stato solo opera dei francesi, con qualche piccolo apporto delle altre nazioni.
Insomma, i manuali di Storia hanno a che fare con il potere, sono spesso oggetto delle sue attenzioni, perchè formare i ragazzi con certe convinzioni è uno dei presupposti del suo mantenimento.
Giovanni Talpone
Amavo la Storia e odiavo i manuali di allora (al Liceo Scientifico) perché lasciavano infinite domande senza risposta, o con risposte autoreferenziali (perché Cesare è sbarcato in Britannia? Come arrivavano a Roma le spezie? Perché l’Impero Romano d’Oriente è sopravvissuto mille anni dopo quello d’Occidente?) Appurato che i miei docenti, non solo non avevano risposte, ma spesso non capivano neppure le domande, ho lasciato perdere e ho cercato di fare il comunismo. Anche lì ho incontrato dirigenti che non capivano le domande. Ora che sono anziano, mi interesso amatorialmente di preistoria, che studio esclusivamente su testi di lingua inglese. Li preferisco, perché gli autori dichiarano apertamente le cose che non sanno o che non capiscono.
Gaz
Già i pre anglisi non si facevano …. loro e fastidiavano i romani di franza. Le spezie arrivano più o meno come oggi arriva la Cosco-C. Shipping via India-Mar Rosso. Poi avveniva il trasbordo via terra. Sono state ritrovate monete romane lungo tutta la rotta in India, Cina e persino Giappone. Il problema via terra era costituito dai Parti (Iran) che allora come oggi seguivano la stessa politica estera. La via terrestre era problematica. In pratica il commercio era appaltato agli indiani, i quali erano gelosissimi dei loro segreti nautici. Secoli dopo, qualche occidentali li fece parlare con l’alcool … I Bizantini furono investiti marginalmente dalla einvasioni barbariche e quando ebbero a che farci li convinsero per lo più con le buone a lasciar perdere .. erano bizantini fin nelle ossa.
Lorenzo
La questione sollevata da Giannuli può affrontarsi in termini strutturali o in rapporto alle contingenze attuali.
In termini strutturali: avendo tanto lavorato all’estero sono arrivato alla conclusione che l’approccio nozionistico italiano, dominato dalla lezione frontale e dall’attenzione verso gli -ismi, ha una sua coerenza e una sua dignità, portatrice (come tutto) di vantaggi e svantaggi. In Germania ad es. domina un approccio diametralmente antitetico, dominato dal metodo seminariale, in cui l’insegnante si sforza quasi esclusivamente di trasmettere una tecnica di analisi del testo o di elaborazione dei dati. Ne risultano studenti capaci di rapportarsi alle fonti e dotati di capacità critiche, che però sanno poco degli argomenti che studiano e niente di temi generali. E’ un approccio meno soporifero, ma anche più gracile e meno adatto all’università di massa. Migliore? Peggiore? Semplicemente diverso.
In termini storico-contingenti: qui ha già detto tutto Saverio. Che si prediliga questo o quell’approccio l’attuale adorazione dell’interattività, della multimedialità, della creatività dell’allievo ecc. ecc. ha il solo orizzonte di abbassare il livello dell’insegnamento in modo da adattarlo alle aspettative di una gioventù totalmente deresponsabilizzata cresciuta davanti alla televisione e al telefonino. Qualsiasi riforma nel senso desiderato da Giannuli – che nei testi liceali comincia a essere la triste realtà – sfocerebbe immancabilmente in un aggravemento della situazione.
I sinistri ne saranno contenti, si sta realizzando l’ideale sessantottino (e marcusiano) del superamento del principio di prestazione nella chiacchera e nella socializzazione promiscua.
Davide Amerio
Concordo con l’analisi di Giannuli. Uscito dalle superiori massacrato dal famoso Camera & Fabietti come manuali di storia, apprezzai il primo anno di Università (purtroppo non proseguita) il testo più recente delle scuola superiori adottato, come ripasso, per l’esame di storia. Una rivelazione. Giusto riscoprire la materia alla luce delle interazioni con altre discipline che esaminano le vicende umane sotto differenti profili. Credo l’importante siano due aspetti: cercare di capire il perché degli accadimenti e sviluppare una mente critica. Ciascuna teoria, di qualsivoglia disciplina, si presta a essere confutata, aggiornata, modificata. Il limite della nostra società è la convinzione delle idee che rigettano il dubbio. Ma solo chi “dubita” esercita davvero la facoltà del pensiero. Avere una generazione di “dubitatori” è assai scomodo per chi vuole gestire il potere in esclusiva. Meglio, per loro, un asettico nozionismo, una rigida preparazione tecnica e pratica per avere bravi tecnici operosi che pensano il meno possibile e si adeguano ai parametri sociali imposti.