
La Democrazia svuotata
Il blog ufficiale dei Cinque Stelle ha titolato: “la democrazia è sotto attacco“, e con esso il governo. Emma Bonino piange il calpestamento della democrazia e delle istituzioni da parte del governo e Giorgio Napolitano sottolinea come le mosse dell’attuale esecutivo siano senza precedenti, inaudite. Sbagliano tutti quanti.
Sbaglia il Blog delle Stelle perché certe parole andrebbero pesate bene, prima di scavare trincee di odio destinate a rimarginarsi con enorme difficoltà. Tutti in Italia ricordiamo come l’imbarbarimento del dibattito politico abbia avuto un’accelerazione nel contesto della campagna referendaria del 2016.
Non perdonerò mai a Matteo Renzi di aver tentato una forzatura di tale livello, che ha spaccato il Paese e ne ha spaccato la retorica politica. Tra i pronostici catastrofistici dei fautori del Sì in caso di bocciatura della riforma (crollo del Pil, blocco degli investimenti, default) e gli attacchi contro la “deriva autoritaria” si è avviata una spirale discendente in cui siamo tutt’ora intrappolati. Renzi ha pagato giustamente il fio con l’annichilimento politico, ma chi gli è succeduto, di fatto, è figlio dello stesso sistema.
La democrazia rappresentativa ha difficoltà enormi a relazionarsi con i vincoli di natura finanziaria, economica e burocratica che troppo spesso rappresentano un freno indebito all’azione politica. Ma la strada per superare questi vincoli non può essere esclusivamente retorica.
Sbagliano la Bonino e Napolitano, con una grande dose di ipocrisia. Emma Bonino si dispera per l’antipolitica al comando, per la mancanza di rispetto verso le istituzioni del governo. Si può concordare o meno con le sue parole, ma non si può fare a meno di ricordare che lei, Pannella e i Radicali tra il 1992 e il 1993 hanno inaugurato la stagione dell’antipolitica, con i referendum sul maggioritario e la preferenza unica che hanno contribuito a delegittimare i partiti, riducendo nella prassi e nel dibattito mediatico la nostra democrazia a una mera guerra tra bande, sostituendo al tema del buon governo il mito della governabilità, presto tramutatosi nella pratica costante dell’occupazione dello Stato da parte della maggioranza di turno. Risultato: Parlamento calpestato, ridotto a mera fabbrica della fiducia.
E in quanto a Giorgio Napolitano, basterebbe una cronaca del suo comportamento disdicevole da Presidente della Repubblica, le trame coperte per fare e disfare governi dalla caduta di Berlusconi nel 2011 all’ascesa di Renzi nel 2014, per dimostrarne tutta l’ipocrisia. Napolitano ha umiliato il Parlamento più di ogni altro Presidente della Repubblica, e ciò che più si deve riconoscere a Sergio Mattarella rispetto al predecessore è un rispetto per le camere che sembrava essere svanito nei sette anni precedenti.
Vent’anni di voti di fiducia imposti in extremis al Parlamento portano a ritenere l’azione attuale del governo in perfetta continuità con quella dei suoi predecessori. Perry Anderson ha scritto che
“la Seconda Repubblica italiana è un caso di trasformismo in grande scala: non un partito, non una classe, ma un intero sistema che si converte in ciò che voleva abbattere”.
Se la Terza Repubblica è già nata, si può dire lo stesso di lei.
Non c’è da stupirsi se la Lega e il Movimento Cinque Stelle perseverano sulla strada di chi li ha preceduti. Semmai, c’è da constatare come l’assenza reale di un’opposizione renda per loro più facile sfruttare questa condizione di svilimento del Parlamento. Gli antisistema si fanno sistema e ne interiorizzano regole, “valori” e prassi.
La democrazia si fa imposizione ed il dibattito parlamentare viene meno, come viene meno la civiltà della politica. E i partiti di governo questa prassi la consolidano ulteriormente presentando direttamente la manovra a scatola chiusa. L’ennesimo abuso, l’ennesima fuga in avanti, ma nel quadro di un sistema ben consolidato.
Tra i pochi interventi in Parlamento sulla manovra finanziaria che lasciano aperta la speranza su ciò che rimane della classe dirigente del Paese, sottolineiamo le parole dei due più acuti esponenti dell’opposizione. Da destra, Guido Crosetto sottolinea come l’indifferenza verso il rispetto delle regole sia oramai talmente assimilato da venir considerato quasi naturale: “Se domenica una squadra avesse iniziato a giocare la partita non mettendo la palla al centro ma sul dischetto del rigore ci sarebbero 630 deputati qui a stracciarsi le vesti, perché le regole non vanno cambiate. Invece se si infrange la Costituzione ce ne sbattiamo e ci passiamo sopra perché la maggior parte delle persone non ne capisce la gravità“.
Da sinistra, Stefano Fassina ne critica con cognizione di causa i contenuti: “Non era mai accaduto che neanche una Camera potesse entrare nel merito del provvedimento più importante della vita istituzionale e politica di una comunità. La prima lettura a Montecitorio, è stata di “intrattenimento”, mentre era in corso il negoziato con la Commissione europea. Al Senato, è arrivato in zona Cesarini il maxi-emendamento confezionato con Bruxelles: un testo non soltanto ridimensionato negli importi per i principali capitoli di spesa (il cosiddetto “Reddito di Cittadinanza” e “Quota 100”), ma inzeppato di misure aggiuntive, improvvisate, estremamente rilevanti per impatto economico e sociale (dal raddoppio dell’Ires sulle imprese no-profit, al blocco delle assunzioni nelle Pubbliche Amministrazioni, alla possibilità di cambio di destinazione d’uso per la svendita rapida del patrimonio pubblico, al taglio ai fondi per il pluralismo nell’informazione), insieme a una valanga di misure ordinamentali (ossia prive di riflessi di finanza pubblica), “marchette” le avrebbero definite dall’opposizione i campioni del M5S”.
Nelle loro parole, si trasmette un’idea di politica che sembra perduta nel Paese. Perché la democrazia, in questi 25 anni, non è stata né abbattuta né calpestata. Poco a poco, è stata semplicemente sgonfiata. E questo è, forse, un fatto ancora più grave.
Andrea Muratore
aldo giannuli, andrea muratore, crisi parlamento italia, democrazia, giorgio napolitano, guido crosetto, lacrime emma bonino, manovra italia, parlamento

Salvatore Cinque
Complimenti per questo articolo.
Speriamo che la nostra comunità nazionale,più dei politici capisca che la democrazia è un sigillo di garanzia che tutela ognuno di noi
Gaz
Questo governo ha usato malissimo il tempo a sua disposozione per fare una manovra di bilancio diversa. Politicamente è stato fallimentare.
Ha fatto dietrofront ed è sceso a patti col diavolo di Bruxelles. Si è scapicollato direttamente verso l’inferno, senza passare dalle commissioni.
Pur di non andare all’esercizio provvisorio, ha messo la questione di fiducia sulla manovra.
***
Se Salvimaio è la conseguenza, Giorgemma ne è la causa (una delle ).
Discutere chi sia il meno peggio, mi appassiona poco.
Cambiano i nomi, ma persiste l’instabilità/perturbabilità del sistema politico.
Tenerone Dolcissimo
Il buon Gaz è stato più svelto di me.
Ritengo altamente probabile che il generale DI MAIO ed il feldmaresciallo SALVINI abbiano condotto una campagna militare scadente e vadano esautorati come CADORNA all’indomani di Caporetto.
Ma, se il generale DI MAIO ed il feldmaresciallo SALVINI devono essere cacciati per avere combattuto male contro le truppe di occupazione che spadroneggiano in Italia, cosa dovremmo fare a coloro che hanno permesso all’esercito nemico di entrare e spadroneggiare in Italia?
Lorenzo
La situazione è complessa. Il governo è diviso in tre parti: i 5 stelle, Salvini e la quinta colonna eurista capitanata da Moavero e garantita da Mattarella. In più la partita interna si intreccia con decisivi elementi di politica internazionale.
Può darsi che abbiate ragione. Ma credo che per dare un giudizio sensato bisognerebbe essere dentro ai giochi. Vediamo gli sviluppi.
foriato
“Ora che siamo europei, vogliono rinazionalizzarci”
https://elpais.com/elpais/2019/01/02/opinion/1546444727_492746.html
Gaz
… senti da quali pulpiti viene la predica.
Marco
Complimenti Andrea, bell’articolo
Gaz
L’impiastro politico macronesco non induce al giubilo chi pensa che sia meglio avere vicini floridi e amichevoli, piuttosto che confinanti immiseriti e cannibaleschi.
L’idea di detassare i ricchi, nella speranza che costoro comprino più bistecche o investano per aumentare il prodotto del moltiplicatore, risolvendo così i problemi dei poveri, non è più neppure un’arguta bugia, ma solo una menzogna interessata di politica economica, buona per chi non sa neppure cosa essa sia, o per chi è in malafede.
Macron si è condannato da se stesso. Vada per il suo rispettabile profilo ma mandarino cinese, ma la politica richiede altre sensisbilità. Difficilmente i francesi lo rieleggeranno. E inviso e decotto ai più.
La transizione ecologica trufaldina ai danni di coloro che hanno meno, affinchè abbiano ancor meno, ha spezzato l’unità dei ceti che si riconoscevano nello Stato. Il tecnocrate Macron ha ignorato i ceti intermedi. I sindaci amici, cui si appoggia Jupiter, non sono certo l’espressione dell’intero corporatismo politico ed economico, ammesso e non concesso che questo abbia una qualche valenza. Il Presidentissimo ha spaccato la Francia in due, tra chi ha la fortuna di vivere in regioni effluenti e chi ha la mala sorte di vivere alla periferia povera dell’Impero. La linea dura contro i gilet gialli, fatta di arresti in massa, presto si rivelerà in gran parte senza fondamento: la stragrande parte degli imputati sarà assolta, non fosse altro per la difficoltà di provare le accuse. Essa linea ha il solo fine di rinforzare quei politici che approvano ed appoggiano una simile politica. L’idiozia delle politiche colonialiste e anti italiane ha alienato molte simpatie internazionali, isolando di fatto la Francia.
Cosa ha risposto in termini politici ai gilet gialli fin ora? A parte i ministri che hanno dato le dimissioni, si preannuncia una serie di purghe all’interno dell’esecutivo, per sacrificare dei capri, affinchè tutto resti come prima.
Il colpo di genio del cerchio macroniano, quando la prostesta si è fatta più energica, è consistito nel creare un movimento politico contrapposto, vindice delle priorità ecologiche, con l’infelice conseguenza di astrigere l’Esecutivo tra le richieste dei gilet gialli provenienti delle periferie e i neo-verdi iper urbanizzati. Questo spiega, in parte, la mancata congiunzione tra g. gialli e le periferie cittadine fatte di immigrati extra europei.
Il fabbisogno che sarà richiesto in prestiti dal Governo, nella speranza di risanare la Francia, porterà ad un ridimenzionamento della stessa, ad un ripiegamento verso questioni di politica interna ed, infine, ad una trasformazione sociale. E’ facile prevedere che qualche gilet entrerà nelle camere elettive.
Dei movimenti contrapposti ai gilet gialli se ne riparlerà tra una decina di anni, perchè saranno vittime di se stessi: fanno il passo più lungo di quel che la gamba consenta. A Parigi, nelle segrete che sostiengono gli antagonisti dei gilet gialli, sembrano ignorare un concetto fondamentale dell’economia politica: l’innovazione di prodotto .. e la confondono con quella di produzione.
Macron sarà pur un rispettabile mandarino, ma è acerbo come politico. Lui è il problema, non la soluzione. Se si dimettesse, farebbe l’unica cosa politicamente sensata. Ma si sa, è attaccato ai propri giocattoli. Di toccargli la poltrona, non se ne parla neppure.
Se il suo gradimento politico è intorno ad un quarto e la popolazione effluente e circa un terzo, qualche problema politico il Padre degli Dei dovrebbe porselo.
Forse è troppo pretendere da un mandarino.
Tenerone Dolcissimo
L’idea di detassare i ricchi, nella speranza che costoro comprino più bistecche o investano per aumentare il prodotto del moltiplicatore, risolvendo così i problemi dei poveri, non è più neppure un’arguta bugia, ma solo una menzogna interessata di politica economica, buona per chi non sa neppure cosa essa sia, o per chi è in malafede.
++++
Basta intendersi su chi sono i ricchi.
L’idea è nata con Reagan e ha avuto successo. ma lì si sono detassati i piccoli e medi borghesi con effetti altamente positivi.
Gaz
Corrige: E’ facile prevedere che qualche gilet [contrapposto] entrerà nelle camere elettive.
Chiedo venia per l’accento assente sulla “e” (!).
Marco
Sbagliano tutti, dice Muratore dall’alto dei suoi 24 anni.
Tenerone Dolcissimo
Scusa … ma dov’è che manca l’accento?
Silvia
Democrazia svuotata
http://www.libreidee.org/2019/01/mazzucco-vaccini-vergogna-nazionale-e-i-5-stelle-complici/
E non è democrazia svuotata la questione della obbligatorietà di 10 vaccini e il fatto che il ministro della salute votato per modificarla anziché dimettersi stia:
1. Facendo propaganda all’obbligo
2. Permettendo l’immissione di vaccini sul mercato non adeguatamente sperimentati nonostante gravi controindicazioni di cui ampia letteratura e autorevoli fondi scientifiche dimostrano invece gravi rischi e poca efficacia
http://www.libreidee.org/2019/01/i-biologi-vaccini-sporchi-con-diserbanti-e-feti-abortiti/
3. Mettendo a carico del bilancio pubblico anziché delle imprese produttrici il risarcimento di eventuali danni da vaccini
4. Ventilando l’esenzione dell’obbligo alla popolazione tutta
Quali danni di lungo su tutta la popolazione in palese violazione della norme costituzionali e in altrettanto palese sottomissione del potere costituito, ivi compreso M5S) alla potenza delle case farmaceutiche e del loro business. (http://www.libreidee.org/2019/01/vaccini-carpeoro-ai-pm-inquisite-burioni-il-patto-e-illegale/)
La salute dei cittadini è stata venduta alle case farmaceutiche che potranno iniettarci qualsiasi veleno senza controllo, a nostre spese a con risarcimento danni a nostre spese
Siamo messi male
Palma Lavecchia
Una lettura solo per i più intelligenti
‘PRETI E POLITICI
La mafia dell’anima
Osho