Patria o Buitres: la prima volta e’ una tragedia, la seconda, forse, una farsa.
Non c’è dubbio che l’avvio della collaborazione con Dario Clemente dall’Argentina sia stata una coincidenza molto fortuita e positiva, alla luce delle notizie significative di questi giorni dal continente sud-americano. Dopo l’interessante pezzo della scorsa settimana sulla partecipazione di Russia e Cina al sesto meeting BRICS, Dario ci scrive oggi a proposito dello spauracchio del default argentino di questi giorni. Cosa c’è dietro? Buona lettura!
Patria o Buitres: la prima volta e’ una tragedia, la seconda, forse, una farsa.
Dall’Argentina, Dario Clemente.
Gli ultimi tre-quattro giorni a Buenos Aires si sono vissuti con il fiato sospeso: uno spettro cupo ha contribuito a guastare il cielo sopra la capitale. Ha la forma di un avvoltoio e si chiama “default selettivo”, ma nessun aggettivo puo’ attenuare la carica esplosiva del termine, che 13 anni fa ha significato l’inizio di una delle crisi finanziare ed economiche piu’ devastanti nella storia moderna. Il panico si e’ diffuso assieme ai quotidiani mercoledi’ 30 luglio, quando era chiaro che i colloqui diretti tra il ministro dell’economia argentino Axel Kicilof e il mediatore Daniel Pollack, rappresentante di alcuni hedge fund statunitensi, non erano andati a buon fine.
Fino a dissiparsi in qualche modo, seguendo un copione ben collaudato nella storia argentina, con il discorso alla nazione della presidenta di ieri sera. Fuori dalla Casa Rosada infuriava la tempesta, nonostante un pressoche’ totale supporto in questo braccio di ferro finanziario: mentre centinaia di militanti manifestavano il loro appoggio all’esecutivo, i giornali di destra lo attaccavano, arrivando ad incolpare un presunto ritardo dei negoziatori argentini agli incontri come causa del loro insuccesso. Cristina Fernandez de Kirchner ha mostrato pero’ ancora una volta di sapere tener ben saldo il timone.
La sala sta esplodendo di attesa per sentirla pronunciarsi sul possibile default dell’Argentina, ma lei prende abilmente il climax per mano e con dialettica decisa e scherzosa stempera pian piano la tensione. Anzi, di parola in parola si costruisce una impalcatura retorica formidabile. Dopo aver passato in rassegna i successi dei programmi sociali passati e futuri e ripreso uno storico discorso del defunto marito Nestor Kirchner in cui gia’ nel 2004 ammoniva sul pericolo rappresentato dai fondi speculativi, le parole della presidenta sul default sono il via ad un tripudio di grida di sostegno: “Non firmero’ niente che non sia adeguato alla nostra dignita’ di nazione sovrana”.
Un altro default?
La storia, ovviamente, comincia nel 2001. Il debito estero, accumulato fin dagli anni ’50 esplode durante il periodo neoliberista degli anni ’90, fino alla famosa crisi del“corralito”. I bond nazionali diventano carta straccia, inoltre lo Stato sceglie di addossarsi molti debiti privati e di risarcire (al ribasso) i cittadini creditori delle banche. Ne segue il “tango bond”, il debito viene rinegoziato, e rateizzato, con il 93% dei creditori, ma una parte, appunto, resta fuori. Sono i cosiddetti fondi “buitres”, avvoltoi. Vengono accusati di condurre “guerra economica” a paesi in difficolta’, una guerra sporca, senza dubbio. Perche’ la loro tattica, perfino in un mondo con pochi peli sullo stomaco come la finanza, e’ particolarmente ributtante. Acquistano il debito sovrano “in sofferenza”, sottovalutato, di paesi in forte crisi, e ricorrono in tribunale per ottenere la restituzione dell’intero valore nominale dei bond posseduti.
Il gruppo di Paul Singer e altri due fondi speculativi sono i “buitres” della vicenda, ai quali nel 2013 il tribunale federale di New York da ragione, condannando l’Argentina a pagare 832 milioni di dollari un debito originario di circa 50 milioni. Gli ultimi mesi sono quelli di una contrattazione serrata con il giudice Griesa, autore dell’ingiunzione: il debito verra’ pagato, ma si chiede tempo per rateizzarlo. L’urgenza per Buenos Aires e’ infatti sigillare il pagamento dei debiti riguardanti il 93% dei creditori, che hanno sottoscritto gli accordi, fra cui il “Club di Parigi”, evitando che questi possano avvalersi della clausola RUFO (Rights Upon Future Options) e chiedere di piu’ nel caso, ormai scontato, di un trattamento migliore riservato agli hedge funds statunitensi.
Il governo ha quindi intrapreso un strategia chiara: metterli uno contro l’altro. Depositando una tranche di pagamento di 642 milioni ai creditori europei in una banca di New York, l’Argentina sapeva che sarebbe stata bloccata dal giudice Griesa, dando la priorita’ al pagamento (1,3 miliardi piu’ interessi) dei fondi che si sono rivolti a lui, e riuscendo ad ottenere che le pressioni internazionali per un rilassamento della negoziazione della parte “buitres” del debito aumentassero.
Di fatto il giudice ha “liberato” una parte dei fondi, destinati alla spagnola Repsol, dopo la ri-nazionalizzazione della petrolifera YPF nel 2012.
Tuttavia la manovra non ha risolto la situazione, e cosi’ la Kirchner ha dato indicazione di tentare un accordo con i “buitres”, spostando il pagamento all’inizio del 2015, quando la clausola Rufo sarebbe ormai scaduta, una sortita basata sulla manifestazione della volonta’ di non sottrarsi al debito, rappresentata dal pagamento ai fondi europei gia’ fissata con scadenze nel 2015, 2016 e 2017.
Mentre le immagini di un ottuagenario giudice Griesa che presiede le sentenze contraddicendosi in continuazione e senza comprendere gli oratori infiammavano un’ opinione pubblica gia’ indignata dalla vicenda dei fondi speculativi, l’ultima mediazione tra il governo argentino e gli hedge funds falliva.
Il mercato, come al solito, ha detto la sua eloquentemente. Standard & Poor’s, terminati i 30 giorni concessi per pagare, ha declassato il debito argentino da CCC-C a SD, dichiarando di fatto il “default selettivo” rispetto ad alcuni pagamenti in moneta estera, ossia quelli legati alla tranche ferma nella banca di New York. Wall Street e le borse di San Paolo, Santiago de Chile e Madrid registravano ingenti perdite legate a compagnie con interessi in Argentina, aprendo di fatto l’inquietante scenario del secondo default in tredici anni.
Il significato politico interno
La sentenza sui fondi “buitres” riveste un’importanza politica notevole anche sul fronte interno. Costituisce anzi, al netto di un decennio di protagonismo inusitato in tema di diritti civili e programmi sociali, il vero banco di prova del governo, il vero “bilancio” del Kirchnerismo. Ai voti dei settori popolari nell’elezione del 2003 di Nestor Kirchner si erano sommati infatti quelli di una classe media che voleva anzitutto la ripresa economica, uno Stato piu’ solido, chiudere con la disastrosa gestione Menem. La scelta rispetto al debito estero allora fu una tiepida via di mezzo, rinunciando al Fondo Monetario Internazionale ma senza avviare un processo di “audit” del debito per individuarne almeno la parte “odiosa” (sicuramente rilevante) e non pagarla, come ha fatto Correa in Ecuador. Contava sicuramente la dimensione dell’economia argentina, e la volonta’ di non essere considerati “pariah” finanziari dai mercati troppo a lungo. Con l’onda lunga della crisi di inizio secolo, e rappresentandone in un certo senso la fine, che avvera’ tecnicamente con l’ultima tranche di pagamenti nel 2017, ora questi nodi vengono al pettine. Attaccata da sinistra per aver pagato, e da destra per non pagare subito, la leadership Kirchnerista dovra’ giocarsi bene questa partita se non vuole perdere molto del patrimonio politico accumulato in questi anni, anche grazie a come aveva gestito il default.
Il sostegno internazionale
Nonostante tutto, la situazione potrebbe essere migliore di quanto sembri. Il governo argentino del 2014 non e’ lo stesso del 2001. Ha una forza politica e una presenza internazionale incomparabile e, soprattutto, ha i soldi per pagare. Sta cercando di usare questa posizione di (relativa) forza ritrovata per negoziare condizioni di pagamento migliori, ed evitare la clausola RUFO di cui si diceva, rimandando i pagamenti al 2015. Ma, andando oltre il suo interesse particolare, sta anche ponendo al mondo il problema dei fondi speculativi, delle ristrutturazioni del debito sovrano, delle “vendette” dell’Fmi verso chi rinuncia al suo “aiuto”, della giustizia americana e internazionale a senso unico che favorisce sempre i diritti dei privati su quelli dei popoli.
Se Christine Lagarde annuncia che un default dell’Argentina non sarebbe una catastrofe, date le dimensioni della sua economia, altri attori sono, per diverse ragioni, piu’ interessati a sostenere la posizione di Buenos Aires. Il supporto unanime appena incassato alla conferenza Brics, quello del Mercosur e degli altri paesi sudamericani, perfino quello degli altri creditori internazionali e di alcuni settori del governo statunitense che vedono con preoccupazione le future ristrutturazioni del debito sotto l’influenza dei fondi “buitres”. Anche il segretario dell’Onu Ban Ki Moon ha invitato la comunita’ internazionale ad affrontare come questione “cruciale” l’azione dei fondi speculativi “buitres”.
Che oggi riguarda (di nuovo) Buenos Aires ma che domani potrebbe riguardare altri paesi, anche europei, come in passato ha colpito Peru’ e Congo, dove il fondo di Singer e’ riuscito a farsi rimborsare 4-5 volte le somme investite in titoli di Stato.
Cio’ che non deve sfuggire, oltretutto, e’ il dato di fondo per cui l’Argentina il debito di 9,7 miliardi di dollari lo sta pagando per intero, dissanguandosi con versamenti che ammontano a cifre spaventose.
Se nel 2001 fu una tragedia, oggi il “default selettivo” attribuito all’Argentina sembra proprio la “farsa” grottesca di un sistema finanziario predatorio che, proclami a parte, non si e’ in grado di arrestare nemmeno di fronte ai debitori piu’ fedeli dei vari “avvoltoi” occidentali.
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luca parenti
Ottimo pezzo, ma ho paura che il ceto semi colto di sinistra continuerà a ripetere le idiozie che legge sui rispettabili giornali nostrali. Il punto politico infatti è che nessuno si deve azzardare a ricontestualizzare nel nostro ambito le azioni intraprese da quel paese per liberarsi dal giogo del debito. C’è un punto però che meriterebbe una maggiore analisi che riguarda la formazione del debito. Perché il delirio liberista di Menem(lo stesso che ha portato i governi di centrosinistra in italia a svendere il nostro patrimonio industriale), fu anticipato e facilitato dalle politiche avviate dal ministro dell’economia della Junta Militar, quella specie di Nosferatu chiamato Martinez de Hoz. I 30.000 desaparecidos infatti furono necessari per imporre il dominio del capitale straniero sul paese con la classe lavoratrice più combattiva dell’America Latina assolutamente indisposta a cedere al modello liberista dei Chicago Boys. Erano gli anni 70 e il sudamerica fu scelto come terreno di sperimentazione per un modello che sarebbe stato perfezionato al punto di non dover più ricorrere a volgari dittature militari con strascico di palesi violazioni dei diritti umani. Già perché il lavaggio del cervello fatto ai lavoratori ooccidentali e le miserie dei loro partiti di riferimento hanno permesso ai padroni dell’universo di vincere quasi in assenza di avversari, specie in Europa
SantiNumi
Ottimo l’articolo e ottimo l’intervento di @Luca Parenti.
Rimane solo un silenzio spaccatimpani: ma il ruolo degli AGGANCI VALUTARI nelle politiche neoliberiste?
L’Argentina che per due volte sopravvaluta il cambio (agganciandosi al dollaro la prima volta e con una “quota 90” la seconda) prima di farsi radere al suolo (la seconda, poi, in cui trionfa il diritto internazionale “privatizzato” a danno degli Stati)?
Collegamenti con l’EURO e la UE?
Niente da dire sulla “sinistra” che dal Manifesto all’Unità (r.i.p.) ha promosso il mondialismo neoliberista della moneta unica vendendolo come Internazionale dei lavoratori?
Niente?
Il “canguro” prosegue nell’agosto 2014 sia in articoli che commenti?
que se vayan
Mi pare che questa vicenda rappresenti bene il piano su cui si pone la battaglia sul debito sovrano oggi.
Esiste un prblema di legittimità del debito (peraltro non sollevato dall’Argentina, ma da altri come ad esempio Correa in Ecuador), un problema relativo all’indipendenza e alla legittimità degli accordi di default selettivo (che è invece centrale qua), poi altre variabili.
Al centro però è sempre il rapporto di forza che si può costruire. I default selettivi di Brady proposti e gestiti di fatto dal massimo garante mondiale dei fondi creditori (e cioè il massimo debitore mondiale USA) andavano bene, così come quello greco (gestito dal FMI) questo default selettivo non va bene perchè segna un’indipendenza da questi poteri.
Eppure è semre un rapporto di forza economico/politico/sociale e militare quello che sta alla base della contrattazione.
All’inizio del secolo le questioni debitorie si risolvevano con l’occupazione militare (come ai tempi della gunboat diplomacy in Venezuela) negli anni ’80 emerge il concetto di excusable default per rispondere alla decolonizzazione. Da un lato bisogna fare i conti con il fatto che gli Stati divenuti indipendenti cercano di sottrarsi alla morsa del Debito (in questo senso lo storico discorso di Sankara, certo non un potente della terra, ma un capo di Stato carismatico). Dall’altro si intuisce che forse conviene gestire questo problema e stabilire che i default possono essere regolati, purchè sia nel segno di una legislazione internazional la cui giurisprudenza è nelle mani dei tribunali americani e occidentali.
Insomma quando si discute di rifiuto del debito non si parla di una chimera o di un ideologica e ingenua prospettiva, ma esattamente di uno dei temi che segnano maggiormente lo scontro politico/economico/finanziario. Come abbiamo visto mettendo in discussione sia a legittimità dello stesso (Ecuador), sia la funzione arbitrale degli organismi internazionali come FMI (Argentina).
PS In America Latina, continente che fu colonizzato e dove la parola patria può essere pronunciata non senza contraddizioni, ma almeno senza vergogna (cosa che non è lecito fare a noialtri) questa resistenza è possibile solo nel quadro della liberazione continentale e del processo di integrazione della Patria Grande. Alla base di questo processo non è certo la proclamazione di una sovranità “nè di destra, nè di sinistra” e con tratti di malcelato razzismo, come quella che viene propagandata con successo in Europa.
PPS non sono l’avvocato del manifesto, nè un fan sfegatato, ma non mi pare abbia mai promosso la globalizzazione neoliberista, che forse qualcuno confonde con l’internazionalismo, con il movimento No Global o persino con l’interesse giornalistico per i paese esteri.
kthrcds
Ho sempre apprezzato i coniugi Kirchner. Innanzitutto perché Nestor Kirchner pose fine all’impunità per i militari delle dittature Videla-Massera-Viola. Non se ne parla mai, ma Nestor Kirchner fu il primo ad avere il coraggio di opporsi ai militari, di cancellarne i privilegi e di mandarli sotto processo. Questo non andrebbe dimenticato, né andrebbe dimenticato che la situazione in Argentina è peggiorata sensibilmente a partire dal settembre 2011, dopo che Kirchner rispose picche a Lagarde che le comunicava che il Fmi avrebbe raccolto i dati tramite “consulenti privati”, perché riteneva inattendibili i dati del governo argentino sul Pil e tasso di inflazione.
Cristina de Kirchner non si lasciò intimidire e rispose in maniera inequivocabile: «Non solo fu il Fmi a causare la crisi del 2001 e l’insolvenza dell’Argentina […] ma oggi “nel mezzo del più grave fallimento nella storia recente…coloro che furono direttamente responsabili del fallimento dell’Argentina nel 2001, e di quello dell’Europa e degli Stati Uniti oggi, stanno ancora cercando di costringere il mondo ad inghiottire la stessa medicina che diedero a noi per dieci anni e che ci portò alla rovina! Tanta idiozia, tanta testardaggine è inconcepibile. […]
Si sappia, prosegue la Presidente argentina, che “da noi le decisioni sulla politica economica vengono prese nella Casa Rosada ed al Congresso nazionale, all’interno delle nostre istituzioni nazionali” e non in enti di consulenza privata o dettati da enti finanziari stranieri».
Poi c’è stata la questione della nazionalizzazione di Repsol, c’è la contesa con l’UK per la sovranità delle Malvinas, e c’è infine il fattore più importante, ossia che «la Cina sta prepotentemente guadagnando terreno in America Latina,
[…]
la Cina ha un’eccedenza di capitali che continua ad investire in un gran numero di progetti, come le infrastrutture: nel 2010 ha prestato capitali ai paesi latino americani per oltre 35 miliardi di dollari, più di USA, Banca Mondiale e Banca Internazionale per lo Sviluppo messe insieme».
Recentemente si è svolto il summit dei Paesi BRICS a Fortaleza in Brasile con cui «Si pensa di superare il dominio unipolare del dollaro e le vecchie e usurate istituzioni di Bretton Woods. I capi di stato di Brasile, Cina, India, Russia e Sud Africa hanno ufficializzato la realizzazione della Nuova Banca di Sviluppo e del Contingent Reserve Arrangement (CRA), cioè la creazione di uno specifico fondo di riserva monetaria».
Questi, a mio avviso, sono i veri motivi alla base dell’accanimento contro l’Argentina.
A cui bisogna aggiungere, come nota SantiNumi (2 agosto 2014 alle 16:20), “il ruolo degli AGGANCI VALUTARI nelle politiche neoliberiste” che meriterebbe un’accurata riflessione, dal momento che l’EZ ne è la più palmare dimostrazione di fallimento.
Eliogabalo
Ma nell’articolo non si fa menzione delle vere cause del primo default: l’aggancio monetario col dollaro.
Comunque consiglio questo intervento di Bill Mitchell che e’ molto esaustivo sulla dinamica ed implicazioni della sentenza del giudice Griesa.
http://economiapericittadini.it/approfondimenti/politica-economica-europea-internazionale/513-argentina-vulturefunds-bill-mitchell
SantiNumi
@que se vayan
L’analisi che fai la condivido completamente tranne ovviamente i “post scriptum”: e qui ti scontrerai come sempre con una certa sobrietà filologica e una certa libertà di pensiero.
1 – chi ha confuso il mondialismo neoliberista (aka globalizzazione) con l’internazionalismo (che, come suggerisce il termine, prevede l’esistenza degli Stati nazione) sono i nipotini mainstream della “sinistra”: infatti parli di Patria Grande: preferiamo Grande Società?
Se ti (ri?)leggessi il Manifesto di Marx ed Engels scopriresti che le conquiste socialiste sarebbero state ovviamente (sì, lo ritenevano ovvio) da ottenere a livello NAZIONALE. Non continentale. Non mondiale. Nazionale.
Rosa Luxemburg si espresse anch’essa chiaramente in merito: hai verificato?
Fu l’imperialismo sovietico ad usare per i suoi fini il mantra “Proletari di tutto il mondo unitevi”.
2 – l’unico razzismo in Europa (oltre a quello di classe, che è l’unico che conta) è quello dei tedeschi verso i “pigri e corrotti” porcellini del sud e il bieco, raccapricciante, cialtronico AUTORAZZISMO italico.
Se ti fossi letto qualcuna delle perle di Coudenhove-Kalergi sapresti che il progetto pan-europeo è basato su un’ideologia razzista (vera), percui neanche i finanzieri avrebbero di per sé diritto a governare per una questione di “sangue”.
Il collaborazionismo autorazzista, implicito nel cercar delle differenze tra il diritto all’autodeterminazione degli Italiani rispetto a quella degli Argentini, è pietoso. (D’altronde fa parte del frame “vincolista”, promosso unanimamente dal paternalismo fascista europeista)
La Patria con la P maiuscola rimane la Patria nazionale, proprio perché lo Stato nazione è espressione del Patto costitutivo che permette a più popoli, accumunati da storia/lingua/cultura, di condividere un ordinamento.
Il “leghismo” e l’identitarismo secessionista/regionalista è prodotto neoliberista/BrunoLeoni/Tea-Party
Il concetto che vuoi esprimere è quello di “xenofobia”: neologismo inventato proprio da chi?
Dai neoliberisti.
Sei contro al liberoscambismo e al movimento di capitali che comporta la libera circolazione del fattore della produzione chiamato lavoro? Sei uno xenofobo.
Ti lamenti perché avrai solo insetti da offrire come cena ai tuoi figli? Sei un aracnofobico.
Ti lamenti perché dovrai vivere con altre tre famiglie nel medesimo locale? Sei claustrofobico.
Ti bruciano le chiappe dopo trent’anni che blateri di rivoluzione proletaria e scopri di essere stato il miglior servo del capitalismo globalizzato?
Non sarai mica “omofobo”? :o)
È più chiaro?
SantiNumi
p.s. Ti do una news: il problema del ritorno alla sovranità da “destra” o da “sinistra” è compassionevole, ed è propaganda di chi si è compromesso collaborando col regime europeista ed ora non sa più come uscirne politicamente.
Il ritorno alla sovranità è ritorno alla Costituzione: la costituzione è fondata sul lavoro o sul capitale? È de destra o de sinistra?
Ti do questa lieta novella: la nostra costituzione è socialista.
que se vayan
@santinumi
mi pare che il tema meriti contributi piu interessanti di questa polemica.
cmq luxembourg era contraria all’indipendenza della
Polonia, fondera’ un nuovo partito comumista polacco per poter essere libera dal condizionamento dell battaglia nazionale, contro il parere di Lenin e Kautsky. Proprio allo scoppio della guerra segnera’ il momento piunimportante della sua vita olitica trovandosinsul fronte opposto dei socialisti votati alla collaborazione con la guera.
L’imperialismo sovietico preferi invece il socialismo in un paese solo e lo schema meccanicista del DiaMat funpernesempio utilizzato per tardare ed ostacolare la rivoluzione cinese. Xke’ temibile concorrente.
La nostra costituzione e’ lun chiaro esempio del compromesso keynesiano e la sua storia racconta delle forze che lo determinaronone reseronpossibile.
SantiNumi
Condivido.
Ma almeno si cerca di aprire un dibattito un po’ più degno rispetto a quella che è stata la migliore tradizione del nostro Paese.
Siamo tutti meglio di così.
Buone vacanze.
que se vayan
Altri articoli dalla rete:
http://cantiere.org/art-04486/largentina-contro-i-fondi-buitre-e-larma-del-debito-sovrano.html
http://www.carmillaonline.com/2014/08/12/grazie-argentina-sullultimo-curioso-default-argentino/
http://quaderni.sanprecario.info/2014/08/lo-sgarro-dellargentina-di-grateful-dead/