Perché D’Alema ha tirato il freno a mano?
D’Alema ha annunciato che, per ora, non ci sarà nessuna scissione: è una ritirata? Non proprio.
Anzi, da un punto di vista formale, il discorso non fa una piega: nell’assemblea del 28 gennaio, aveva detto che se non ci fosse stato il congresso prima delle politiche, sarebbe scattato il “liberi tutti”, cioè la scissione. A quanto pare le elezioni si stanno allontanando e per Renzi è sempre più complicato evitare il congresso. Gli interventi di Napolitano e della Ue hanno lasciato il segno ed, una volta di più, la sinfonia dello spread condiziona le danze in Italia, ieri per far cadere un governo, oggi per far durare un altro governo.
L’importanza è che il nostro paese faccia quello che dicono Bce e Ue. E “l’Europa” non vuole che si voti in Italia prima che in Germania. Già c’è la grana francese che non si sa come va e, se ad una vittoria della Le Pen, dovesse aggiungersi un terremoto elettorale in Italia, sarebbe compromessa anche la partita tedesca e, con essa, quella dell’“unione europea”.
D’Alema queste cose le sa e, per la verità non era un tifoso delle elezioni subito neppure prima ed il suo annuncio di scissione è stato fra le cose che hanno bagnato le polveri di Renzi ed allontanato le elezioni. Infatti, anche se la sua scissione portasse via solo un 2-3% al Pd, l’effetto sarebbe disastroso per Renzi. Anche se quello di raggiungere il 40% è solo un miraggio per un po’ di illusi, se ai circa 10 punti che mancano all’obbiettivo se ne aggiungessero altri tre, l’illusione non sarebbe più credibile neanche per il più fanatico e stupido dei renziani. E, per la verità, anche restare il partito di maggioranza relativa sarebbe sempre più difficile e ci sarebbero concrete possibilità che la posizione passi al M5s.
E, infatti, Renzi ha innestato una prudente marcia indietro concedendo le primarie e non escludendo del tutto il congresso, pur restando sulle barricate del voto a giugno.
Musica per le orecchie di baffino: anche se il suo nuovo partito dovesse prendere il 10%, si tratterebbe, nella migliore ipotesi, di mettersi a capo di un “cespuglio”, prospettiva per nulla entusiasmante per lui che è stato Presidente del Consiglio e fra le primissime personalità politiche della Seconda Repubblica. Non è una Rifondazione comunista un po’ allargata la prospettiva che uno come D’Alema può considerare un traguardo desiderabile. Quello è un ripiego in mancanza di meglio. E con le incertezze di Emiliano, che ha fatto marcia indietro a sua volta, anche questo traguardo appare molto incerto. Ma se si riapre la possibilità si scalare la leadership del Pd, va da sè che questa prospettiva è molto più interessante. Negli ultimo giorni, alle candidature di Rossi, Emiliano e Speranza, si è aggiunta la fronda manifesta di Franceschini, Martina e Cuperlo, che minaccia di candidare Orlando. Facendo due conti:
– Speranza forse mette insieme un misero 6% con piccole isole di consenso in Emilia, Sardegna e Veneto,
– Rossi avrebbe un bel pezzo di Toscana, ma anche un po’ di roba fra
Marche, Umbria e Lazio e può aspirare ad un 8-9%
– Emiliano è molto forte in Puglia e Basilicata ma potrebbe tirarsi dietro la Campania di De Luca e con sacche di consenso nelle altre regioni meridionali, per cui la soglia del 15% non è affatto irraggiungibile
Sin qui saremmo più o meno al 30% della vecchia opposizione, ma con un’area di incerti (Bersani, Cuperlo e pochi altri) che potrebbe spostare un altro 5-6%. Comunque troppo poco per sfidare Renzi. Le cose cambiano con la sfida del plotone franceschiniano che non faticherebbe a superare il 30%: Già il solo correntone cattolico, che faceva capo a Franceschini, era accreditato di un buon 25% ma con l’appoggio di Martina in Lombardia, Orlando in Liguria e quel po’ di dote che può portare Cuperlo, la soglia del 30% non sarebbe affatto lontana.
E una situazione così aperta potrebbe ridestare vecchie enclaves dormienti come gli ultimi prodiani e lettiani, senza contare la possibilità di slittare dei piemontesi in campo anti renziano. Morale: Renzi rischierebbe di ritrovarsi con uno scarso 25% e, comunque di non raggiungere il 40%. A quel punto, il cambio di leadership auspicato da D’Alema sarebbe cosa fatta e la scissione, semmai, dovrebbe farla Renzi. E, infatti, D’Alema, che non ha moltissimo nel partito, ma qualcosa si, aspetta che si chiarisca la situazione, sia per scegliere il suo eventuale candidato, sia per decidere si restare nel partito o, se il gioco non valesse la candela, riprendere il piano B e operare la scissione.
A Renzi non resta che venire a patti con Franceschini, ma il costo dell’accordo (in buona sostanza, la divisione delle candidature nelle prossime politiche) potrebbe essere troppo alto e Renzi, per bene che gli andasse, dovrebbe adattarsi a convivere con un gruppo parlamentare incontrollabile come è stato sin qui.
Peraltro Renzi non è uomo particolarmente incline a mediare, per cui va da sé che continuerà sulla strada delle elezioni anticipate per essere il solo a fare i gruppi parlamentari, cercando l’occasione buona e mettendo tutti gli altri di fronte al fatto compiuto. Che poi ci riesca è un altro paio di maniche.
Comunque, in fondo al tunnel c’è un signore con baffi sottili ed armato di manganello che lo sta aspettando..
Aldo Giannuli
aldo giannuli, d'alema, partito democratico, renzi, scissione nel pd, strategia di dilemma
Paolo Selmi
Professore buona sera!
Grazie per questa disamina delle questioni interne al PD da “persona informata dei fatti”. Forse la meteora Renzi ha compiuto il suo ciclo, forse no. Resta il fatto che carta bianca non gliela darà più nessuno. E con buone, buonissime, ragioni. La cosa che non finirà mai di stupirmi, da uomo della strada, è la falsità delle persone: vinci, e ti osanno; perdi, e ti seppellisco. Lasciamo stare chi, prima del referendum, taceva prevedendo la sconfitta e affilando le armi per il dopo: a parte questi, metà di quella gente (ma anche di più) era per il SI ovunque e dovunque. Ma anche Berdini, dall’altra parte, non capisco perché non abbia detto subito in faccia alla Raggi quello che è, ovvero un’incapace (ammessa e non concessa la buona fede…). Politica ridotta a carrierismo e a calcolo di convenienza.
Un caro saluto.
Paolo
Gaz
ACME NEWS
A Berlino, Bruxelles e Francoforte hanno davvero paura che Gaz alle prossime imminenti elezioni anticipate prenda la maggioranza assoluta dei voti?
Mah !!
Gaz
O.T.
Gentiloni a colloquio dalla May.
Nella vita ci sono cose più interessanti!
Gaz
Colpito da un raptus di masochismo, ho deciso di ascoltarmi la mezz’ora circa della conferenza stampa tenuta dal Primo Ministro inglese Theresa May in occasione del colloquio londinese con il suo omologo italiano Paolo Gentiloni.
Tralasciando i contenuti, che meritano un discorso a parte, l’estetica dell’incontro lascia parecchio a desiderare ad iniziare dall’abito grigiastro topo della May.
In quale asilo la May avrà mai imparato l’inglese? Certo lo parla meglio del suo ministro degli esteri Jhonson, ma è tutto dire. Prendano esempio dalla REgina, la cui pronuncia è limpida.
Noi continentali siamo torturati sull’esatta pronuncia, salvo poi ascoltare le raffiche di “t” dagli inglesi, anche dove non ce le si aspetta, per non parlare del corpo a corpo con le parole di origine greca. I politici italiani, e gli italiani in genere, vengono presi in giro per il loro inglese o per il loro italiano dai forti connotati dialettali.
Ma i politici inglesi li abbiamo sentiti come parlano la loro stessa lingua? E che dire dell’inglese del nord? Ce ne siamo accorti che los anglos ignorano le lingue straniere? L’italiano per diffusione non è proprio l’ultima lingua, ma la MAy non ha pronunciato neppure una parola in italiano. Bella figura !!
Perchè io italiano sono stato torturato per imparare un inglese che gli inglesi non parlano e con i quali occorrerebbe l’interprete per comprendersi da inglese a inglese?
P R O V I N C I A L I !!!
P.s. Questi sono poi quelli che si proiettano come potenza globale.
Roberto B.
Perdonami GAZ se approfitto dell’occasione, ma a parte come pronunciano l’inglese gli inglesi, forse tu potresti finalmente dare un senso ai tanti tormenti iniziati già sui banchi di scuola e continuati per tutta la vita rispondendo a questa semplice domanda:.
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Perchè mai gli inglesi scrivono “A” e poi la pronunciano come fosse “E”, oppure scrivono “E” e poi la pronunciano come se fosse “I”, scrivono “O” e pronunciano “U”, o anche scrivono “U” e pronunciano “A”? E via andare.
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Queste ed altre analoghe, sono le bassezze che hanno torturato me (ed tanti altri italiani come me), che dopo 50 e più anni ancora non riesco a capire una parola del testo di una qualsiasi canzone inglese (e non parliamo poi quando è scritta e cantata da un americano).
Posso dirlo? ODIO L’INGLESE!
Secondo me, se l’italiano è la più bella lingua come molti sostengono non è per la costruzione, la musicalità e tanto meno per la grammatica; se lo è, è grazie al fatto che così come è scritta, così si legge e si pronuncia.
Questo la rende semplice e sopratutto quasi unica nel confronto con tante altre lingue, includendo tutte quelle del nord Europa con quei suoni gutturali che abbisognano di esercizi di logopedia per essere pronunciati e di un sacco di altre lettere dell’alfabeto per essere rappresentati.
foriato
Mi permetto di aggiungere che questa mancanza di uno standard fonologico riconosciuto e riconoscibile, in concomitanza con un sistema di unità di misure proprio esoterico, facilitano enormemente delle furbate tipicamente provinciali: Bringresso CE nel ’73, Brabbandono SME nel ’92… Lo fanno di proposito.
Allora ditelo
PS: Certamente l’inglese ha una certa complessità e certi inglesi riescono a parlare con una velocità fulminea da fare invidia (per la velocità di pensiero) se solo si riuscisse a superare lo stordimento.
https://youtu.be/LTIjp8yvuxI?t=36s
Allora ditelo
Che strano, credevo di aver inviato già due commenti di risposta sull’inglese, lingua di enorme utilità e standard internazionale per la letteratura accademica.
Le fonti gratuitamente rese disponibili in inglese da persone di varie nazionalità non hanno paragoni.
Fa niente che l’inglese abbia una costruzione simile a quella data nei telefilm d’antan agli indiani (Viso-pallido parlare inglese).
Un problema rimane la comprensione degli oratori eccessivamente veloci (velocità di eloquio il triplo di quella abituale dalle nostre parti)
http://englishwithjennifer.com/students/understanding-fast-speech/
foriato
“Fa niente che l’inglese abbia una costruzione simile a quella data nei telefilm d’antan agli indiani (Viso-pallido parlare inglese).”
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Se è per questo, allora, il più facile è di gran lunga il cinese: niente tempi, niente modi, niente coniugazione, per non dire della sua calligrafia, bellissima senza pari e nel contempo rilassante… Non si può chiedere di più!
gianni
Dall’ottima disamina del professore, si può trarre una facile conclusione: che a D’Alema interessa esculsivamente riprendere il controllo del partito, e che la sua battaglia per il No al referendum era tutta e solo giocata in funzione anti-Renzi. Ora, vinta quella battaglia, è tornato il D’Alema di sempre: fedelissimo ai mercati, all’Europa e all’euro (sempre in attesa di un sostanzioso compenso softto forma di prestigioso incarico a Bruxelles), e soprattutto solerte esecutore dei voleri della Germania. Quanto peso dia ai principi costituzionali lo dimostra quando afferma che non si può votare a causa dello spread, rifacendo il verso a Monti del 2011. Peraltro mi chiedo: se a gennaio 2018 lo spread tornerà magicamente a salire, avremo un monito di Napolitano contro le elezioni, subito appoggiato dal partito filo-tedesco, di cui D’Alema è fiero esponente? La verità è che il PD è da sempre unito e compatto su tutte le questioni rilevanti: neoliberismo, privatizzazioni, euro, subalternità assoluta alla Germania, precarizzazione del lavoro, ecc. E’ solo sulle poltrone e sui seggi in Parlamento che si sviluppa la loro vivace dialettica interna…
vinicio giuseppin
Dal punto di vista del famoso “signor Diciamo”,l’articolo dice bene,ma, solo se ci dobbiamo mettere nei panni di “baffino”. Anche gli altri punti di vista dei personaggi indicati sono delineati bene,politicamente.Chapeau al Professore!
Mi chiedo,però,quando gli altri nuovi gruppi del PD si muoveranno…prima o dopo la scadenza naturale della legislatura,perchè va bene attendere le elezioni di Francia e Germania,va bene che la Ue elabori le proprie strategie conservative per rafforzare l’Unione,ma per l’Italia ,che è coi conti in bilico,che senso ha tutto ciò?Il nostro Paese è in declino costante ,sotto il rischio dell’attacco dei mercati finanziari,che questa volta non sono solo le banche europee francesi e tedesche,ma i fondi chiusi e d aperti del mondo ,tra cui molti fondi pensione, e ciò francamente mi inquieta .Ecco perchè ,analizzando la nostra situazione politica ed economica,sono importanti i nostri punti di vista,compreso quelli suoi,professore,ma pure quelli di altri attori segreti o meno della partita! Quindi per me faremmo meglio ad allargare la nostra visione perchè qui non è in ballo la egemonia del PD o di altre formazioni o di alcune ambizioni personalistiche dei vecchi della politica,ma la sopravvivenza stessa del Paese ,che non si risolve attendendo le elezioni in altri Paesi Ue ,ma riformandolo subito energicamente con gli strumenti più credibili e idonei alla bisogna. Schiettamente,ora ,no saprei quali sarebbero:so solo che più tempo passa ,peggio è.
Marco Bechini
Giannuli, Egregio Professore..
Cacar o pisciar fuori dal vaso è triste tradizione di noi piccoli Fiorentini..
Ma lasciam stare: Sa bene che Renzi non lascerà mai, tenterà il tutto per tutto e i renziani, i non renziani e i baffetti sottili, pur che il voto vada a “sinistra” (se magari) rimangeranno tutto e sarà di nuovo lui il leader e candidato premier.
E’ stato studiato da papà renzi, con verdini, lotti, papà lotti, Boschi, papa boschi e tutta la comnbriccola toscana.
Vogliamo ragionare o caxxeggiare?
La prego: una risposta che non sia di due parole o due righe: ho alta valenza delle sue parole e opinioni.
Cosa ne pensa?
Aldo S. Giannuli
non capisco bene la domanda
Herr Lampe
Scelgo la busta “B”.
benito
“…. L’importanza è che il nostro paese faccia quello che dicono Bce e Ue. E “l’Europa” non vuole che si voti in Italia prima che in Germania. Già c’è la grana francese che non si sa come va e, se ad una vittoria della Le Pen, dovesse aggiungersi un terremoto elettorale in Italia, sarebbe compromessa anche la partita tedesca e, con essa, quella dell’“unione europea….”
se fare le elezioni prima in un paese che in un altro puo’ mettere a rischio la stabilita’ dell UE, significa che il futuro dell’UE stessa e’ legato ad un filo. Del resto io ritengo che una qualsivoglia societa’ puo’ funzionare solo se tutti i membri trovano in essa una sia pur minima convenienza e questo non mi sembra il caso ne’ dell’UE ne’ dell euro. Che l’Europa crolli e’ solo questione di tempo anche se nessuno puo predire quando, ma la cosa tragica non e’ questa, bensi’ il fatto che non abbiamo un piano di uscita, perche’ i nostri “politucoli” sono troppo impegnati a farsi gli sgambetti l’un l’altro