Ma perché questa crisi non è presa sul serio?
Due anni e mezzo fa i grandi geni dell’economia (quelli che la crisi non l’avevano prevista nemmeno il giorno prima del fallimento della Lehman Brothers e che ridicolizzavano i pochi che ne segnalavano l’arrivo) decretarono che la crisi era ormai risolta o in via di soluzione e che alla fine del 2010, al più tardi nel 2011, l’economia avrebbe recuperato il terreno perso e sarebbe tornata a galoppare. Infatti….
La nuova fiammata iniziata esattamente un anno fa avrebbe dovuto rendere tutti un po’ più accorti e far venire qualche sospetto. Invece, la crisi continua ad essere trattata come un incidente di percorso, certo un po’ più noioso del previsto, ma, insomma, destinato a risolversi in breve (al massimo un paio d’anni). Nel frattempo, tutto quello che si richiede è di innaffiare i mercati bancari con ripetuti getti di liquidità e, per il resto, aspettiamo che il temporale passi per i fatti suoi.Eppure, riflettiamoci: dal 1929 in poi non c’è stata nessuna crisi così diffusa e duratura. Mai, prima, si era registrata una crisi di tale ampiezza planetaria: è vero che abbiamo avuto numerose recessioni dal 1945 in poi, ma mai così contemporaneamente in tutto il Mondo. E, se ancora non si è registrata una caduta della domanda aggregata mondiale, è anche vero che questo non è accaduto essenzialmente per la tenuta delle economie cinese, brasiliana ed indiana; oggi una regressione della domanda aggregata mondiale appare un rischio tutt’altro che lontano o improbabile.
Anche dal punto di vista temporale le cose non stanno meglio: questa crisi è iniziata nel 2008 (ma sarebbe più corretto antedatarla almeno di un anno) e nessuno sostiene che siamo alla vigilia della sua fine. I più ottimisti parlano ancora di 1-2 anni di recessione. Quindi, si tratterebbe di una crisi sostanzialmente ininterrotta da 5-6 anni. Chi scrive queste righe è convinto che ci vorranno ben più di due anni per venirne fuori, ma, anche considerando che questo lasso di tempo sia sufficiente, si tratterebbe pur sempre della crisi più prolungata dopo quella del 1929. Ma, per di più, non si capisce sulla base di quali presupposti possiamo ipotizzare una uscita in tempi anche medio brevi e senza un lungo strascico. Per cui la prospettiva di una recessione prolungata che sbocchi in una depressione paragonabile (quantomeno per i tempi) a quella degli anni trenta è tutt’altro che irrealistica.
Ma quello che più rileva è che ampiezza, diffusione e durata della crisi non sono quelle di una delle tanti crisi ricorrenti, ma fanno chiaramente intendere che si tratta di una crisi sistemica: in altri termini, non si tratta di scelte sbagliate ed errori occasionali, ma di una disfunzione del sistema in quanto tale. Non si tratta di gomme lisce o di una manovra sbagliata che ci ha messo fuori strada, è il motore che non va più.
Ma questo è un tabù che non bisogna toccare: istituti di vigilanza, banche centrali, governi, organizzazioni finanziarie ed “economisti” ammettono che ci sia al massimo bisogno di qualche aggiustamento, di “limitare gli eccessi”, rafforzare gli asset, imporre un po’ più di trasparenza e, per il resto, inondare di liquidità tutto il globo terrestre. Come dire che il motore si è fuso, ma il meccanico pensa a cambiare la coppa dell’olio o rettificare un po’ l’albero di trasmissione che, in effetti, era un po’ sbilanciato e, per il resto mettere tanta acqua nel radiatore. Voi dire che l’auto riparte?
Il punto è che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, per cui i finanzieri non hanno alcuna intenzione di rimettere in discussione la loro centralità nel sistema economico e tantomeno di prendere in considerazione massicci salassi all’incredibile massa di profitti realizzati in questi anni, le banche centrali, sostenute dagli “economisti” non prendono lontanamente in considerazione l’idea di ripensare il Talmud neo liberista con le sue verità rivelate, i governi non pensano neppure che possa esserci un diverso ordine sociale ed economico e, più che di uscire dalla crisi, si preoccupano di fare in modo che tutto resti come è. E per il resto la ricetta è quella di sempre: liquidità a cascata per le banche e tagli ai servizi sociali e tasse sui consumi. Che a pagare la crisi siano lavoratori e ceti medi: nuova questa idea!
Solo che ci sono momenti in cui non serve neppure la solita spremitura dei ceti subalterni. Continuate pure a tagliare i servizi sociali ed a decurtare i salari, a licenziare e ad aumentare le tasse sui consumi: i consumi caleranno sempre più, le aziende falliranno a catena, i disoccupati diventeranno legione, il Pil precipiterà e con esso il gettito fiscale, ci sarà un impoverimento generale su cui “galleggeranno” i vostri patrimoni ultra miliardari, ma tutto quello che otterrete sarà di approfondire la recessione ed andare verso la catastrofe.
A distanza di quattro (cinque) anni dall’inizio della crisi, questa dinamica dovrebbe ormai essere abbastanza chiara e, invece, siamo al punto di prima: quelli che “non vedevano” venire la crisi e bacchettavano i “profeti di sventura” sino al giorno in cui gli è caduta in testa la Lehman Brothers, oggi continuano a non vedere che la crisi non solo c’è, non solo continua, ma si è anche avvitata su sé stessa precludendo ogni via di uscita.
Da cosa dipende questa straordinaria cecità?
I maggiori responsabili sono gli “economisti”, cioè quanti occupano cattedre universitarie, centri studi di grandi banche, ecc che, (salvo qualche mosca bianca” sono tutti di dichiarata e granitica fede neo liberista e sono totalmente incapaci di un minimo di laicità che gli consenta il benché minimo dubbio sui propri dogmi. Ma, in fondo, non è colpa loro: povera gente che conosce solo le quattro formule neo classiche che ripetono alla noia, si trovano in quei posti perché ce li ha collocati il vento dell’anti rivoluzione liberista che si illudono di aver suscitato. Negli anni settanta-ottanta negli Usa, in Inghilterra e poi, man mano, negli altri paesi occidentali iniziò un processo di espulsione di qualsiasi corrente culturale alternativa a quella neo liberista, lo strumento fu quello della “peer review” per cui prevalevano quelli che scrivevano sulle riviste più autorevoli o partecipavano ai convegni internazionali più fastosi, solo che le riviste più accorsate erano tali perché finanziate con valanghe di dollari dalle maggiori banche che provvedevano anche a finanziare i convegni internazionali. Ed ovviamente, i finanziamenti arrivavano solo agli istituti ed alle riviste orientati “bene”. Mass media e consulenze fecero il resto ed una responsabilità gravissima la ebbe il Premio Nobel che promosse fior di cialtroni e truffatori, purché dichiaratamente liberisti.
L’operazione “pensiero unico” ebbe successo: l’economia fu costantemente sinonimo di pensiero liberista. Economisti furono riconosciuti solo quelli che suonavano solo lo spartito che il padrone voleva sentire. D’altro canto, le consulenze bisogna pur meritarsele e non è educato sputare nel piatto in cui si mangia.
A questo proposito, nei prossimi giorni, pubblicherò un saggio di Alberto Martinelli su alcuni aspetti nascosti della crisi globale, in cui si sofferma anche sulle responsabilità degli economisti e sulla loro venalità, Martinelli non è affatto un marxista e tantomeno un estremista bolscevico, anzi ama molto la tradizione liberal degli Usa, ma è una persona molto intelligente ed onesta intellettualmente. Il testo è in inglese (forse con un po’ di tempo proveremo a tradurlo) ma consiglio di leggerlo ugualmente.
Tornando a noi: l’operazione è riuscita, ma i promotori di questo pogrom intellettuale non hanno a gioirne: oggi, al posto di valenti consiglieri si trovano solo un coro di cortigiani prezzolati. Non c’è malafede nelle diagnosi che questi “economisti” spacciano impudentemente, semplicemente è quello che sanno fare. D’altra parte, l’assenza di confronto intellettuale non ha mai fatto crescere nessuno. E, dunque, molto più che gli “economisti” le responsabilità vanno attribuite a chi se li è inventati come tali: i finanzieri ed in parte i politici. E siamo all’ altra categoria che porta tutto il peso di questo disastro: i politici. Anche qui siamo di fronte agli effetti del “pensiero unico” per cui da trenta anni abbiamo stabilito che legittimo è solo il pensiero liberale-liberista, tutto il resto era conservazione (in particolare qualsiasi difesa dello Stato sociale o dell’eguaglianza), utopia, errore, quando non proprio insania (come quella di che continua a dirsi comunista). In questo senso, la catastrofe è stata il passaggio dei partiti socialisti europei in campo liberale. Gravissime sono le colpe di personaggi come Schroeder, Blayr, Occhetto, D’alema, ecc. personaggi molto, più spregevoli dei loro dirimpettai (Berlusconi incluso) per la loro inconsistenza politica ed intellettuale e per il ruolo di becchini della tradizione socialista.
Il risultato di questa uniformazione generale al verbo neo liberista (e guardate come l’attacco alle ideologie si è trasformato nella dittatura di una ideologia e della più fondamentalista, spacciata come scienza) ha avuto come unico risultato un ceto politico occidentale di sconfortante mediocrità: fra Obama, Monti, Sarkozy, Hollande, Bush, Blair, Cameron, Merkel, Berlusconi, Schroeder, Zapatero, Rajoy, ecc ecc. riuscite a trovare uno (solo uno) capace di reggere il confronto (non dico con Churchill, Roosevelt, Tito, De Gaulle, Togliatti, ed azzardo persino Stalin e Franco) con Mitterrandt, Brandt, Moro, Kennedy, Mc Millan, Johnsonn, Khol ecc.? Di fronte a questa compagnia di guitti diventa un personaggio di statura storica. De Gasperi diceva che la differenza fra un politicante ed uno statista sta nel fatto che il primo pensa alle prossime elezioni ed il secondo alla prossima generazione. Qui abbiamo personaggi che pensano al massimo al prossimo sondaggio d’opinione e le cui gesta più memorabili sono qualche confronto televisivo. Deprimente.
Ma c’è anche altro che riguarda la percezione della crisi nei comuni cittadini che, pure, non vivono la cosa con particvolare drammaticità, convinti che si tratti dell’ennesima perturbazione passeggera, Ma di questo parleremo nel prossimo pezzo.
Aldo Giannuli
aldo giannuli, berlusconi, crisi del 29, grande crisi, merkel, neoliberismo, obama, premio nobel, recessione

robbi
Bene. Queste sono le conclusioni cui sono giunta anch’io, nonostante non avessi strumenti scientifici. Quindi mi cogratulo con me stessa per la perspicacità. Il mio problema ora è: e adesso che si fa?
Come se ne esce? Una persona comune, casalinga, panettiere, medico o operaio che sia, cosa deve fare? Come deve immaginare il proprio futuro? Che soluzioni può mettere in campo?
Massimo Copetti
Articolo con il quale condivido tutto, dalla prima all’ultima parola.
Negli ultimi giorni stavo cominciando a sentirmi come un alieno, che ragiona al contrario, solo perchè ritengo che non si esca con questo disastro tagliando posti letto negli ospedali, tredicesime, pensioni e via dicendo.
E’ ormai evidente che stiamo cercando di drogare ulteriormente un cavallo già morto. Ma se non se ne rendono conto politici, banchieri e giornalisti, cosa possiamo fare noi?
Scendere in piazza a farci massacrare come a Genova?
Votare Grillo, che è uno di loro?
Prima ancora della crisi economica, il nemico numero uno è, appunto, il pensiero unico a cui fai riferimento. Finché continua a stritolare il pianeta come una serpe non c’è soluzione. Che mezzi abbiamo noi per uscirne?
Luca Iozzino,
Caro Aldo,
Sto Leggendo ( dopo averlo trovato nelle citazione del tuo ultimo Libro ) ” Fuori da questa crisi , Adesso” del buon Krugman. Nonostante io apprezzi l’autore resta fondamentalmente l’accettazione dell’assioma fondamentale della crescita perpetua dell’economia e la non accettazione del fatto fisico naturale che essa ha dei limiti che ( stando agli unici che hanno fatto questo calcolo )stiamo cominciando a vedere se non forse toccare.
Luca Iozzino,
Basterebbe guardare l’andamento relativo dei prezzi delle risorse fossili e minerali che si mantengono alti nonostante una crisi mostruosa per capirlo, e basterebbe vedere come siano stati i picchi di questi prezzi ad innescare la crisi del 2008 ( e non i subprime che invece sono stati solo il punto di fragilità dove si sono registrati i primi cedimenti ). In questo quadro neanche l’aumento di spesa pubblica keynesiana ha effetto perchè anche un piccolo aumento infiamma proprio quei prezzi che poi fanno esplodere tutto, La ragione è la limitatezza di quella risorsa che nessuna politica economica o monetaria può cambiare.
Vincenzo
Analisi interessante
giandavide
aldo, si ritorna sempre là: dove i partiti di sinistra si sono saputi riorganizzare partendo da valori solidi e condivisi, il singolo politico conta poco, e può pensare alla prossima generazione. in caso contrario, venendo meno i partiti come blocco di convinzioni diffuse e come portatori di una visione del mondo (o di una narrazione, come dice nichi pentola), c’è solo il baratro della pesonalizzazione dei partiti politici e la forte tendenza a personalizzare tutto. sono perfettamente d’accordo sul fatto che la colpa principale sta nei politici da terza via da te citati (e ci metterei anche quello pesudo intellettuale di cacciari), ma ammettiamolo: con che velocità gli stalinisti sono diventati neoliberisti*? velocità vorticosa. troppo vorticosa per non riflettere sulle affinità presenti tra lo stalinismo e il neoliberismo, perlomeno sotto il punto di vista dell’oligarchia che in entrambi i casi doveva far da guida. e anche per questo motivo penso che d’alema, blair eccetera siano stati frutto dell’incapacità dei partiti postcomunisti di affrontare il crollo dell’urss attraverso un momento di profonda riflessione, decidendo in modo chiaro e una volta per tutte, quali valori portarsi con sè e quali lasciare indietro. e inveceno: tutto insieme: stalinismo e socialdemocrazia, un sincretismo che quando c’era l’urrs non era facilmente evitabile (e peratro non era sempre pacifico), ma dopo la caduta del muro mantenere senza motivo due impianti ideolgici diversi tra loro ha avuto un unico effetto: aprire la strada a un terzo orientamento ideologico (quello neoliberista) che è stato giustapposto ai primi due per incrementare il sincretismo, e poi un quarto (quello protocattolico) messo là per creare il tripudio del sincretismo politico. tanto, uno più, uno meno…
ma purtroppo non c’è molto da fare: dal basso c’è poco interesse ad abbattere i feticci coi baffi o a interessarsi di economia, dato che dall’alto non vengono formulate prospettive che renderebbero utili tali operazioni. io continuo a pensare che sia compito degli storici fare si che si possa definire un concetto di sinistra accettato a livello internazionale, e che il neoliberismo ha potuto diventare pensiero unico anche grazie all’incertezza e all’incapacità di risolvere in modo coerente i propri aspetti sincretici.
e ricordo sempre che a destra perlomeno il problema se lo sono posti, e se le loro soluzioni passano dal nascondere i problemi sotto un tappeto, perlomeno sono riusciti a fornire delle direttive entro le quali è possibile l’affermarsi di una visione del mondo più o meno precisa. le possibilità di fornire una simile visione del mondo unitaria a sinistra sono sfumate, e possono essere solo ambito di esercitazioni teoriche che non sono nemmeno comprese dall’uomo della strada in quanto nessuno le ha definite, nessuno le ha marchiate e sono dominio dell’interpretazione dei singoli. non una visione del mondo, ma tante visioni (almeno 4 quelle ufficiali,se si guarda alla base c’è ancora più molecolarizzazione) che non c’entrano l’una con l’altra e che corrispondono ad altrettante interprestazioni sincretiche tra loro. e quando ognuno ha la propria esegesi e nessuno si capisce con l’altro, è logico che quelli che godono sono i vari dalema e veltroni, che si divertono a guarddare dall’alto della loro posizione di baronetti l’entropia della sinistra italiana.
p.s.
vendola sta tacendo troppo, e non sta sfruttando nemmeno il caos nel pd. non mi piace affatto la cosa. di pietro peraltro mi ha ricordato uno dei motivi per cui non ho mai pensato di votarlo proprio qualche giorno fa, ovvero pronunciandosi sul g8. grillo ha detto una cosa di sinistra, ma finchè non dà spiegazioni sull’utilizzo della parola busone nei comizi continua a non sembrarmi credibile. sono sempre stato abituato a turarmi il naso, ma se si va avanti così per quanto mi riguarda vanno tutti lisci.
*
http://www.lettera43.it/politica/il-leninista-napolitano_4367556019.htm
Nicola Mosti
Attenzione: i prezzi delle risorse fossili e minerali sono pompati artificialmente verso l’alto per una questione di mero profitto.
Per comprendere il fenomeno basti pensare alla bufala del picco del petrolio, che è ben lungi dall’essere raggiunto.
Andrea T
Ottima analisi. D’accordo al 100%.
Mi permetto di consigliare ai frequentatori del blog il libro “23 Things They Don?t Tell You about Capitalism”(tradotto anche in italiano: “23 cose che non ti hanno mai detto sul capitalismo”) scritto da Ha-Joon Chang, un economista sud-coreano che ha insegnato a Cambridge per molti anni, che demolisce – letteralmente – l’ideologia neo liberista pezzo per pezzo.
Per quanto riguarda la questione crescita/decrescita e lo scetticismo di molti, sulla base del fatto che le risorse su cui il nostro modello di sviluppo si basa cominciano a diventare scarse e sempre più costose, vorrei chiarire quello che secondo me è un equivoco sulla crescita:
Se c’è una eredità che io giudico positiva del pensiero schumpeteriano è la visione dinamica dello sviluppo. Quello che Schumpeter sosteneva, in estrema sintesi, è che lo sviluppo economico non si misura soltanto quantitativamente ma anche qualitativamente, ossia, la richezza non si riproduce soltanto grazie alla disponibilità delle risorse (naturali, umane) che vengono organizzate come fattori di produzione, ma attraverso l’evoluzione DELLA STESSA ORGANIZZAZIONE con cui vengono combinate le risorse disponibili per generare il prodotto (cioè, ad esempio, attraveso la tecnologia). L’esempio più clamoroso è la rivoluzione industriale che fu favorita non tanto dalla scoperta di nuove risorse ma dall’invenzione della macchina a vapore, e la conseguente riconversione dell’economia inglese con aumenti vertiginosi della produttività (a parità di imput).
Questa è la cosiddetta “distruzione creatrice”, che è forse la citazione più diffusa di Schumpeter.
Come spiega molto bene Chang nel libro di cui sopra, la visione neoliberista – che al di la di tutti gli orpelli e le argomentazioni, ha come scopo pratico quello di mettere in cima alla catena alimentare il possessore di attività finanziarie – nel lungo periodo è autodistruttiva proprio perchè priviliegia i dividendi/rendimenti a breve termine. Quindi sacrifica, in misura sempre maggiore, gli investimenti di lungo periodo, i cui frutti possono essere raccolti solo dopo decenni (a volte anche diversi decenni), come tipicamente la ricerca e sviluppo di nuove tecnologie. Anche la mera “pianificazione” di lungo periodo – assolutamente necessaria in alcuni settori – (prima ancora, quindi di investire capitale in questi progetti) che spesso può essere fatta soltanto da soggetti pubblici, è un’altro elemento penalizzato dalla retorica “più (libero) mercato e meno stato”. Perchè ci sono cose che il privato (per quanto grande) non avrà mai interesse a pianificare.
Quindi, secondo me, se ci troviamo in una condizione materiale in cui siamo ancora dipendenti da fonti di energia (come gli idrocarburi e il carbonfossile) che oggi cominciano a scarseggiare e diventare più cari, per alimentare teconologie della mobilità (automobili, treni, navi) che oggi potrebbero essere state già abbodantemente superate, la responsabilità è anche di decenni di rincorsa del profitto a breve termine senza pianificazione.
Come osserva Chang, non è auspicabile che tutta l’economia sia pianificata (come in URSS, non potrebbe funzionare) ma, perlomeno, quella delle tecnologie di punta deve essere prese in mano da soggetti pubblici che non hanno obbligo di chiudere bilanci in attivo a fine esercizio e di staccare dividenti agli azionisti. Non è un caso che, mentre fino ai tempi della guerra fredda le migliori risorse umane (scienziati) erano spese nella ricerca rivolta all’evoluzione degli armamenti (che, per quanto pericolosa, ha prodotto avanzamenti tecnologici successivamente applicati in ambito civile) oggi, la ricerca devoluta alle forze di mercato (cioè ai privati) sia prevalemtemente concentrata sugli inutili (se non addirittura dannosi) prodotti di complessa ingegneria finanziaria.
Gianluca
Aldo questo articolo mi è piaciuto molto, ti ho visto grintoso e incazzato come dovremmo essere tutti. Molto mi interessa anche la tua chiosa: la percezione nel cittadino medio della bufera che stiamo attraversando. Sono curioso di leggere le tue osservazioni in tale direzione, che inevitabilmente dovranno fare riferimento al come viene trattata la crisi dai media, tv in primis. Certo da tocqueville in poi sappiamo come in democrazia (che oggi è solo formale, in gran parte smantellata, ma questo è un altro discorso) la gente non abbia molto tempo per “pensare”, e si abitui a demandare ad altri, i suoi rappresentanti, la gestione dei suoi problemi e interessi. Inoltre bobbio metteva in guardia da quel sapere estremamente tecnico, incomprensibile per le masse e quindi autoreferenziale, solo per esperti-stregoni, come oggi è il discorso finanziario. La gente non sa nulla della crisi della modernità, di stato-nazione e ue, vive i cambiamenti come il potere desidera: da gregge distratto. prende le cose come vengono, sperando migliorino per i suoi figli e non ha grande percezione dei cambiamenti nemmeno su archi temporali di decenni. finchè la quotidianità (fare la spesa, far studiare i figli, tirare a campare) nn diventerà impossibile per la maggioranza della popolazione essa non potrà prendere coscienza piena della crisi.
ugoagnoletto
ci sono due cose che possono creare angoscia: ammettere che la politica non ha capito nulla della crisi, ammettere che le risorse sono finite. Allora è meglio rimuovere queste due cose e far finta di niente. Perché, se parli di crisi, vuol dire che sei comunista.
pierluigi tarantini
Caro Aldo,
la situazione, in effetti, è grave ma non mi sembra per niente seria.
Cercare di comprendere la complessità dell’attuale mi fa pensare ad un’equazione che non è soltanto economica ma che ha molte variabili di natura politica, internazionale e nazionale.
Delle variabili, inoltre, ve ne sono di difficili da identificare e valutare.
Per fare qualche esempio, senz’alcuna pretesa di esaustività, basti pensare ai rischi che vengono da un mondo poco trasparente come la Cina.
Ed a livello mondiale credo che la partita più seria si giochi non tanto sulla sopravvivenza dell’euro quanto sulla possibilità per gli States di continuare a dominare la finanza mondiale in virtù del dollaro e di Wall street.
In Europa, d’altro canto, ci troviamo di fronte alla necessità di diventare grandi e, quindi, qualcosa di più della UEM, e questo risveglia desideri egemonici, timori ancestrali e diffidenze diffuse.
Per il momento, comunque, niente paura!
Forse non riusciremo mai ad abbattere le barriere linguistiche ma le banche europee sembrano intendersi a meraviglia.
Dico che la situazione è poco seria perchè, essendo così complessa, si presta alle più viete strumentalizzazioni.
E così il governo Monti impone l’IMU in nome del necessario risanamento esentandone, però, le fondazioni bancarie.
Si chiudono gli ospedali ma non si rinuncia agli F35.
Quanto a far pagare le frequenze a B., pensa che ingenuo! Per un attimo il desiderio mi ha obnubilato e c’ho creduto..
Questo per rimanere in casa nostra.
Sprezzo del ridicolo mostrano anche gli anglosassoni, vedi Cameron, che attribuisce la crisi interna ai problemi dell’eurozona dimenticando che il sistema bancario inglese sopravvive solo grazie agli aiuti della BoE.
E per un paese che trae il 45% del PIL dal sistema finanziario è tutto dire…
Cosa possiamo fare?
Poco: abbiamo il dovere di studiare ed informarci, cercare di capire quello che succede.
E poi evitare isterie, depressioni da Tg, identitarismi, radicalismi ed astensionismi vari ed assortiti.
Ed infine, per quanto possibile (prende allo stomaco, lo so), partecipare.
aldogiannuli
hai visto che la politica serve anche a fare buoni affari e buona economia? Te ne sei convinto?
Luca Iozzino,
@Nicola Mosti , attenzione: Naturalmente condivido che i profitti sui fossili siano esagerati, cionondimeno i profitti c’erano anche dieci anni fa e i prezzi sono aumentati. Cionondimeno è assolutamente fuorviante ipotizzare che ve ne siano abbondanti e è anche improprio asserire che i costi siano troppo alti, in realtà i costi dei fossili esternalizzano gran parte della domanda sulle generazioni future ( a cui li sottraiamo usandoli oggi )quindi sono in realtà sottostimati dal Mercato che fallisce nel detemrinarne il corretto prezzo. Andrei cauto anche nel parlare di “bufala” del picco petrolifero. E’ vero che rispetto ai calcoli fatti in passato si è trovato il modo di ampliare l’estrazione, altrettanto vero però che il Petrolio estratto oggi è un petrolio intrinsecamente più costoso di quello del passato ( come l’incidente British Petroleum ai caraibi ha iconizzato ). In realtà i Giacimenti di facile Estrazione come quelli USA hanno prevalentemente raggiunto davvero il picco , altri lo raggiungeranno nei prossimi anni. Certamente ci resta ancora da sfruttare molto Petrolio molto più difficile ( o rischioso ) da estrarre… ossia siamo entrati nella fase di tensione sul prezzo. Nei prossimi anni queste tensioni potranno comportare alti e bassi ma nei prossimi decenni la tendenza sarà ad aumento. Questo non toglie la necessità di fare un uso pubblico dei troppo ingenti profitti privati su le risorse del sottosuolo, ma a mio avviso non per ridurre il prezzo ma per investimenti tecnologici che via via diminuiscano la necessità di utilizzarli in modo troppo massiccio ( e non ho nemmeno considerato le esternalità ambientali che gravano oggi in parte irrisoria – Carbon tax ma bassissima rispetto ai reali danni prodotti – sul prezzo dei combustibili.
Mario Vitale
Sbaglio, o fu un giovane Giann Agnelli a dire “Se gli operai guadagnano poco, chi le compra le auto che costruiscono?”. Peccato poi che, come tanti, abbia iniziato predicando bene ed abbia finito razzolando male (se non mi sbaglio la Fiat è andata all’estero in stati con manodopera a basso costo quando Gianni Agnelli era ancora saldamente in sella all’azienda). E’ già da qualche anno che dico (con amici e parenti, io ho un orizzonte più modesto) che la crisi mondiale in fondo è tutta lì: si produce in paesi con manodopera pagata pochissimo, nei paesi ricchi si perdono posti di lavoro, nei paesi poveri non hanno i mezzi per comprare gli oggetti costosissimi che producono, alla fine non si vende più niente.
pierluigi tarantini
Caro Aldo,
la politica serve (anche) a fare buoni affari?
Complimenti: abbiamo scoperto l’acqua calda!
Ergo: se la politica serve (solo) a fare buoni affari non è con la finanza, che fa il suo mestiere, che dobbiamo inc…ci ma con quei politici che non fanno il loro (di mestiere)!
E, nel nostro caso, c’è più da avercela con Monti, che fa il suo mestiere, o con il PD che lo sostiene ad es. su gli F 35?
aldogiannuli
Certo che dire che la politica serve a garantire la buona economia è scoprire l’acqua calda: io l’ho sempre saputo. Ma ti ricordo che eri tu 20 anni fa a dire che il fatto che si fosse in una fase di decadenza politica era un dettaglio di scarso rilievo perchè tanto era la finanza a guidare le sorti del mondo.
La finanza oggi non fa il suo mestiere perchè un branco di gangster che abusa delle (eccessive) libertà e dei (troppi) poteri che una classe politica di sguatteri gli ha attribuito. Il risultato è, fral’altro, una ondata di scandali finanziari senza precenti ed una finanza che divora se stessa. I politici vanno bastonati, verissimo, ma solo dopo che avremo appeso i banchieri ai lampioni di strada. La finanza deve rientrare nei ranghi e deve essere almeno per metà statizzata.
Monti è un cretino in sè neppure troppo pericoloso, ma, come cercherò di spiegare prossimamente, non bisogna assolutamente sottovalutare il montismo che è cosa assai pericolosa che va ben al di là del modestissimo personaggio che gli dà nome. Del Pd non farmi dire: sai quel che penso…
Tommaso
@Aldo: come al solito quando scrivi di economia faccio una fatica tremenda a capire quel che vuoi dire e , quando finalmente credo di aver capito, trovo che tu faccia una confusione pazzesca.
Questi “geni dell’economia” che citi continuamente mi piacerebbe che avessero un nome ed un cognome, perchè io ad esempio conosco parecchie persone che stando all’articolo dovrebbero appartenere alla categoria ma che hanno opinioni diametralmente opposte a quelle che riporti tu : un nome per tutti, giusto perchè ricopre una carica di un certo rilievo, Mario Draghi, ma posso farti un lungo elenco.
Le opinioni di queste persone sono opposte a quelle che l’articolo riporta sia per quanto riguarda la necessità di fare riforme, che dovrebbero essere radicali (ben più radicali di quelle che ,almeno qui a casa nostra, vedo proporre da chi suona l’altra campana), sia per quanto riguarda il giudizio sulla crisi, tutt’altro che passeggera.
Ad esempio, qui in Italia, che queste persone si ritrovino nelle politiche portate avanti da Berlusconi e Tremonti, piuttosto che dallo stesso governo Monti ora, è semplicemente falso.
Per questo sono curioso di conoscere alcuni dei nomi delle persone alle quali ti riferisci, per capire se sono le stesse alle quali penso io (e allora si applica il discorso di sopra) o altri, che tuttavia non riesco ad identificare chiaramente dall’articolo.
Ci sono diversi altri punti che mi piacerebbe fare, ma cerco di non mettere troppa carne al fuoco in un unico commento, specie perchè non so se riceverà risposta, sapendo quanto poco tempo tu abbia per star dietro a tutti i commenti del blog.
aldogiannuli
Caro Tommaso,
non ho difficoltà a farti dei nomi, così ci capiamo (a proposito: trovo moltio divertente il fatto che tu non sappia a chi mi stia riferendo, ma affermi che comunque non hanno le opinioni che io gli attribuisco. Mi ricorda una nota dei carabiniweri di marina sul golpe Borghese nella quale si affermava che non era stato possibile individuale gkli ufficiali che avevano partecipato alle riunioni del Fronte Nazionale, ma che essi erano leali all’ordinamento):
1- Quando Roubinì previde la crisi fu trattato da deficiente da Tremonti (primo nome) che disse che era un economista indipendente …dalla logica e da Donald Luskin (altro nome) che il giorno prima del crack Lehman brothers, disse che chi parlava di recessione lo faceva sulla base di una sua personale definizione di recessione. Pitrei farti molti altri nomi…
2- Poi vennero il piano Paulson e obana con l’alluvione miliardaria e molti (fra i più autorevoli Bernanke, Olivier Blanchard e Trichet) prolamarono che la riporesa ci sarebbe stata già nel 2011 se non già nella seconda metà del 2010. Posso farti molti altri nomi…
3- una nbutrita schiera di economisti (tanto per restare a casa nosta farei i nomi di Alesina, Boeri, Giavazzi…) decretò che la crisi non era dovuta alle scelte neo liberiste ma, al contrario, al fatto che c’era stato troppo poco neo liberismo e ci si doveva guardare da ritorno di ogni statalismo (salvo il trascurabile fatto che lo Stato doveva salvare le banche..)
4- La gran parte degli “economisti” universitari -oltre che dei governatori centrali ecc- escluse che si potesse verificare un double dip (Arnav Guleria, Kurt Klingeris per fare al solito qualche nome)
5- Tutti i principali responbsabili di banche cetrali (compreso il tuo Marilo Draghi, per altri versi più prudente dei suoi colleghi) hanno ritenuto che i, rimedio sovrano fosse la ,liquidità alluviuonale alle banche ma pare che la cosa non abbia sortito gli effetti sperati, O a te risulta qualche altera cosa?
6- Non so che intendi tu per riforme radicali di cui sarebbero latori i misteriosi personaggi di cui ti riservi di fare lunghi elenchi.
io penso che le riforme necessaqrie dovrebbero contemplare l’azzeramento dei derivati, del sistema bancario ombra, delle Otc, delle vendite allo scoperto e che occorrerebbe nazionalizzare stabilmente una buona metà del sistema bancario. Mi sai indicare quali dei tuoi misteriosi personaggi fanno di queste proposte? Forse pensi che le “riforme radicali” siano altre e che io sbagli. Può darsi che tu abbia ragione, però perche non provi a prebdere in considerazione le idee di chi la pensa diversamente da te? Nel tuo tono trovo molta dell’arroganza del “pensiero unico” neoi liberista che non concepisce pensiero al di fuori del proprio scenariop concettuale.
Insomma, vedo che sei un professore mnolto severo che boccia con aria di sufficienza un allievo poco preparato (d’altro canto ricordo una tua polemica con Sonia di questo autunno che aveva toni molto simili). Io quel tono non me lo permetto neanche con i miei studenti agli esami.
Se poi quando scrivo di economia fai una fatica tremenda per capire cosa voglio dire (di solito mi si riconosce una certa chiarezza) e poi trovi che io faccia una confusione pazzesca, può darsi che non dipensa da me, ma che la confusione la abbia tu in testa.
Con immutata simpatia
Aldo
aldogiannuli
chiedo scusa per i numerosissimi refusi ed anacoluti ma vando molto di fretta
pierluigi tarantini
Caro Aldo,
20 anni fa sostenevo che l’economia e la finanza determinassero le sorti del mondo più di una politica ancora pregna dei condizionamenti figli del ‘900 quali, ad es. la paura dei carri armati per strada.
Trovavo fuori luogo che le analisi politiche venissero condotte in totale astrazione rispetto ai temi dell’economia e della finanza che Tu, encomiabilmente, hai preso a trattare relativamente da poco.
E la Storia recente, purtroppo, mi ha dato ragione atteso che mutamenti sostanziali dell’accordo sociale oggi vengono perpetrati con modalità diverse da quelle utilizzate da Pinochet.
Ed anche la strategia della tensione oggi la si fà con lo spread e l’ansia mediatica più che con le bombe.
pierluigi tarantini
P.S.
Quanto al se appendere i banchieri prima del bastonamento dei politici per me, in estrema sintesi, la causa principale dello stato di cose attuale và individuata nella deregulation finanziaria degli States e nella politica militare e monetaria perseguita nell’era Bush.
E, quindi, la causa prima è politica.
E il dare addosso ai banchieri, che beninteso non meritano alcuna pietà, è solo una valvola di sfogo per l’opinione pubblica atta a salvare quella politica che ha permesso l’affermazione dell’oligarchia finanziaria.
E che sia la politica a dover essere riformata da subito te lo prova il fatto che proprio in Italia abbiamo uno significativo esempio di cosa produca la commistione tra affari e politica permessa dalla politica.
Andrea
Buonasera a tutti
condivido l’analisi di Aldo, salvo che in un punto che vorrei sottoporre all’attenzione di Aldo stesso e della platea intera. Inondare i mercati (vedi le banche) di liquidità no, ma con una moneta sovrana infondere liquidità direttamente alle aziende per costruire una scuola, un asilo un ospedale, certo bisogna eliminare corruzione sprechi, in una parola un netto cambio culturale sul malfunzionamento di tante amministrazioni, ma pensate che sarebbe possibile?
Non so se qualcuno o lo stesso Aldo conosce i dettami della MMT e che ne pensa?
giandavide
se i banchieri dovrebbero essere tutti messi a spaccare pietre in un cercere, i politici dovrebbero essere perseguiti fino alla settima generazione ed essere mandati a bonificare le fogne di calcutta (senza guanti), ma comunque mi sembra il problema dell’uovo e della gallina. ma chi glielo spiega che ì stata la destra a fare tutto sto casino? nessuno, dato che la sinistra sta con casini o con grillo che non è nè di destra nè di sinistra, e quindi la colpa sarà di tutti, anzi di tutti quelli vecchi, e si sentirà il bisogno di persone nuove. e infatti abbiamo montezemolo, oscar giannino e la mercegaglia che sono pronti a candidarsi. chi spiegherà alla gente che sono di destra e che le loro politiche non sono distanti da quelle catastrofiche provate finora? nessuno, dato che non ci sono gli strumenti per spiegarlo, e basta che qualcuno tiri fuori un pò di retorica contro le banche per poi fare tutt’altro, in stile tremonti, per apparire come un grande economista.
Lu.CA
La MMT (che, è bene ribadirlo per non offendere nessuno, NON SI E’ INVENTATA PROPRIO NIENTE) è senz’altro una (la?) soluzione possibile. Oggi, forse, la migliore.
E però, è bene ricordarlo, a essa va affiancata una reale rivoluzione etica nel nostro paese. Perché anche la MMT se applicata da un Berlusconi, un Monti, un Veltroni di turno (suvvia, scherzo…) non sarebbe, da sola, senza una governante politica forte, in grado di guarire i nostri mali.
Quindi: MMT subito, ma gestita da persone oneste, competenti, che abbiano a cuore il Bene comune e la Res Publica.
ugoagnoletto
non lasciamoci sfuggire quello che, leggendo la storia, è molto probabile (lo dico da un’anno). Una crescita di democrazia metterebbe in crisi il sistema politico e finanziario in Italia, quindi il prossimo passo è una dittatura di tipo autoritario-militare per bloccare una protesta ritenuta pericolosa. Non credo che la finanza diventi improvvisamente buona, né che la politica voglia e possa cambiarla. E quelli che hanno i soldi, fosse pure il vaticano, non sono per niente disposti a perderli. Felice di essere smentito.
Nicola Mosti
Per Vitale:
– No. Era Ford.
Tommaso
@ Aldo: non ho nessun problema a prendere in considerazione le idee di chi la pensa diversamente da me e non avevo intenzione di risultare arrogante, internet in questo non aiuta. perdonami se adesso sarò telegrafico e rischierò di apparire arrogante una seconda volta ma sono di corsa e potrò risponderti con calma solo domani. Divertente la nota dei carabinieri che riporti, tuttavia il caso qui è diverso: il post mi permetteva di fare delle ipotesi su chi fossero gli individui in questione, e quelli che mi son venuti in mente hanno in massima parte opinioni a mio avviso diverse da quelle riportate, motivo per cui ho chiesto dei nomi al fine di capire se ci riferiamo a persone diverse o se valutiamo diversamente le stesse persone (mi sembra un po’ l’una ed un po’ l’altra cosa).
no, i misteriosi personaggi di cui parlo non fanno le proposte che segnali nella tua risposta (pensi davvero che ad esempio qui in Italia dovremmo spingere ulteriormente il sistema bancario nelle mani del pubblico?), ne fanno altre, che in buona parte sono differenti a seconda del paese del quale si parla. In italia si possono riassumere parlando di una riduzione del peso dello stato in termini di spesa pubblica ed imposizione fiscale, parallela allo scioglimento di alcuni nodi ben poco salutari che questo ha con il sistema economico e finanziario, come nel caso delle fondazioni bancarie. Una ricetta abbastanza uniforme a livello globale riguarda invece la finanza (pubblica e privata) e, tagliando con l’accetta, dice che chi si accolla dei rischi (banche, fondi di vario genere, stati…) deve poter fallire.
mi scuso per la valanga di refusi che sarà senz’altro presente in questo mio commento ma devo scappare, conto di tornarci sopra con più calma domani.
aldogiannuli
così va già molto meglio. Allora, vedo che siamo d’accordo su una cosa che chi si accolla rischi finanziari si espone a quello di fallire ed è giusto che, al caso, fallisca.
So perfettamente cosa pensi del ruolo dell’impresa pubblica ed immagino perfettamente il terrore che ti ispira l’idea di banche nazionalizzate. E’ un timore che si fonda sull’esperienza della prima repubblica, quando un uso criminale del keinesysmo ci ha regalato le premesse del disastro attuale. Però c’è modo e modo di fare le cose e non è detto che si debba ripetere la stessa esperienza clientelare fatta. Non è detto che pubblico debba fare sempre rima con inefficienza, furti, corruzione, nomine clientelari, incompetenza ecc. Anche perchè, come vedi, non è affatto detto che privato faccia sempre rima con efficienza, competenza, rigore morale, nomine cristalline ecc.
pfra64
Se prima abbiamo avuto il Socialismo reale ora abbiamo il Capitalismo reale, fatto dal nuovo pensiero unico neo-liberista.
Occorre che si freni su alcuni principi utopistici del nuovo ordine, come quallo che il mercato sia sempre adatto a tutto.
Vanno abbattute impietosamente alcune icone come Reagan (“…quello che voi storici dovete spiegare è come un uomo così privo di doti intellettuali possa aver guidato la California per otto anni e Washington ormai da quasi sette” H.Kissinger) e la Thatcher (dopo di lei non c’è rimasta nessuna grande industria in Inghilterra).
Due icone vuote dei liberisti, come Guevara per i rivoluzionari di sinistra. Dannose nella Storia almeno quanto il Che.
Tuttavia non possiamo dare la colpa solo ai neo-liberisti.
Occorre chiudere gli occhi e tagliare tante cose, finora ci hanno portato solo debiti, domani ci faranno affondare.
PS saluti a tutti, primo post.
aldogiannuli
Oddìo, sul Che non sarei così convinto che meriti un giudizio così negatoivo anche se riconosco che ha fatto molti errori politici. Ma, insomma… non mi pare che ci siano paragoni con i due appena citati
pfra64
forse non ci sono paragoni, ma anche far andar su Castro non è stata una cosa carina
economia | Pearltrees
[…] Archivio Blog » Ma perché questa crisi non è presa sul serio? Due anni e mezzo fa i grandi geni dell’economia (quelli che la crisi non l’avevano prevista nemmeno il giorno prima del fallimento della Lehman Brothers e che ridicolizzavano i pochi che ne segnalavano l’arrivo) decretarono che la crisi era ormai risolta o in via di soluzione e che alla fine del 2010, al più tardi nel 2011, l’economia avrebbe recuperato il terreno perso e sarebbe tornata a galoppare. Infatti…. La nuova fiammata iniziata esattamente un anno fa avrebbe dovuto rendere tutti un po’ più accorti e far venire qualche sospetto. Goofynomics Ultima Parola 25-05-2012 – Versione Integrale : oseido The Chronicles of Everstate: the future of the modern nation-state As riots and protests have been progressively, and in an accelerating way, occurring in many countries, starting with France in 2005, as public deficits have become structural and entrenched, made more acute by the financial and economic crisis triggered in 2007 by the sub-primes, it became increasingly clear that something was happening at the very heart of our societies. The political systems in which we live are under stress and changes are in the making. by photographer Yiannis Biliris C.C. 3.0 Requiem for Detroit […]
Tommaso
Cerco di scrivere ora un commento un filo più corposo di quello di ieri, facendo un minimo di punto sulla situazione qui in Italia seguito da una breve conclusione di carattere più generale.
Prima alcuni fatti sparsi :
i) è di ieri la notizia riportata tra gli altri dal corriere (tutt’altro che una sorpresa, sono cifre che si conoscono da tempo) che la pressione fiscale nel belpaese è record mondiale, ammontando al 55% del pil dichiarato (http://www.corriere.it/economia/12_luglio_19/confcommercio-nota-evasione-sommerso_26b41b1e-d178-11e1-aa2d-fec7547fb733.shtml );
ii) nello stesso paese di cui sopra , la spesa pubblica (primaria, ovvero al netto della spesa per interessi, e a prezzi costanti) cresce senza interruzione praticamente da sempre, come il debito pubblico del resto, ed entrambi fanno il botto a partire dagli anni 80.
iii) più difficile da misurare, tuttavia direi che anche l’influenza della politica e dell’amministrazione statale, centrale come locale, su quella fetta di economia che non è direttamente gestita dal pubblico ci farebbe guadagnare una posizione molto vicina alla vetta delle classifiche OCSE (e non penso solo a tutti quei casi in cui un settore formalmente privato è di fatto controllato in gran parte da politici, come il settore bancario tramite le fondazioni, o al mondo degli appalti pubblici regolati in maniera sommaria e fumosa, ma anche ai livelli di burocrazia delle leggi con le quali tutti, dal piccolo-medio imprenditore al cittadino che richiede un qualche tipo di autorizzazione dobbiamo confrontarci e che finiscono per garantire un potere pressoché discrezionale a chi ha il potere di farle applicare.)
mi sembra il quadro di un paese in cui lo stato spende molto, spende male ed ha un potere sostanziale che viene usato spesso a fini più o meno personali ; chi è fuori da certe cerchie e cerca di produrre non solo sopporta la pressione fiscale record necessaria a finanziare spese folli ma spesso si trova in una posizione di svantaggio nei confronti di chi sfrutta altri canali per garantire il successo alla propria attività, in particolare gli agganci con il mondo della politica o la violazione più o meno sistematica delle leggi. Ovviamente tutto questo fa male al paese e ne causa un lento declino: chi produceva smette di farlo, chi sarebbe diventato produttore non lo diventerà, chi ha successo spesso non se lo guadagna sul mercato, ma estrae delle rendite che lo arricchiscono senza avere ricadute sociali positive.
In questo quadro provvedimenti come la nazionalizzazione del sistema bancario, l’erogazione di sussidi statali ad attività economiche “strategiche” e via discorrendo mi sembrano difficilmente delle soluzioni, quanto piuttosto un altro piatto della minestra che, presentataci con nomi sempre diversi, mangiamo da anni.
Giavazzi, Boeri, Alesina, Zingales, Boldrin, Giannino, Bisin, Perotti etc, tutt’altro che un blocco omogeneo, non mi sembra abbiano mai cantato le lodi del prode Silvio né quelle del suo attuale successore (che a quanto pare sta cercando di garantire che l’attuale distribuzione del potere in Italia non cambi, che chi ha munto continui a mungere e che chi è stato munto continui ad esserlo, ritagliando magari un posticino per sé al quirinale) e mi sembra ingeneroso attribuire a loro i problemi che ha il paese; davvero chi chiede pesanti dismissioni di patrimonio pubblico destinate all’abbattimento del debito ed una seria revisione e riorganizzazione della spesa, volta ad una riduzione drastica e non lineare della stessa che si traduca in una pari riduzione della tassazione sul lavoro sta proponendo riforme che vengono già portate avanti in Italia da decenni?
Mi sembra che spesso per sostenere un maggiore interventismo statale si compia un’operazione intellettualmente fallace che presenta i fallimenti del mercato come l’essenza di questo ed i fallimenti del pubblico come eccezioni degeneri dello stesso.
Politici e imprenditori, o banchieri, non sono antropologicamente diversi ed è sbagliato trattarli diversamente: il problema in entrambi i casi è un problema di concentrazione di potere e di responsabilizzazione degli agenti. Il limite che vedo in molte proposte è duplice e consiste in primo luogo nel sopravvalutare le capacità di un singolo ente di controllare e indirizzare una realtà complessa verso gli scopi che questo ente si prefigge, ed in secondo luogo nell’eccesso di ottimismo riguardo alla capacità di orientare gli scopi in questione (non è certo un discorso nuovo).
Gli unici contributi stabili sono quelli che si preoccupano di ottimizzare la situazione quando il potere (politico, finanziario, o quel che volete) è in mano ai peggiori, non ad un dittatore illuminato perchè questo, prima o poi, smetterà di esserlo o cederà il passo a qualcuno meno illuminato di lui.
Abbiamo bisogno che i processi politici ed economici siano trasparenti, che le energie impiegate in lavori inutili vengano liberate (il che, tra le altre cose, si traduce in una valanga di licenziamenti nel pubblico, che ovviamente vanno gestiti in maniera intelligente) e che le persone particolarmente capaci siano premiate, che l’accumulazione di potere sia consentita in qualsiasi ambito solo quando ha delle solidissime giustificazioni ed è causa di vantaggi e benefici palesi a tutti, perchè è altrettanto certamente fonte di costi e problemi.
Proposte concrete… oltre ad un ridimensionamento dell’apparato statale ed una parametrizzazione dei suoi costi a quelli europei (modulo il pil pro capite dei vari paesi) una drastica riduzione del legame tra anzianità a livello retributivo nella PA, decentramento del livello della contrattazione salariale in maniera tale da consentire stipendi differenziati sul territorio nazionale, l’introduzione di una prova dei mezzi prima di elargire qualsiasi trasferimento statale, la sostanziale abolizione dei sussidi alle imprese, tetti alle pensioni, un sistema di ammortizzatori sociali universale degno di un paese svilupato ed una trasformazione del sistema fiscale che modifichi gli incentivi perversi insiti in quello attuale (qui si apre il capitolo della redistribuzione dei frutti del prelievo tra i vari enti locali che è un nervo scoperto, ma è chiaro che così come stanno le cose non funzionano)…
Chi fa queste proposte? In Italia alcuni nomi stanno nella lista che ho fatto sopra, e all’estero molti sono loro colleghi.
Spero di non aver fatto troppa confusione nella pergamena qui sopra e di essere riuscito a chiarire il mio punto senza apparire eccessivamente ripetitivo, spocchioso o altro…in caso contrario mi scuso perchè non era mia intenzione e forse è il caso che smetta di commentare nel blog, se non riesco a postare commenti che risultino utili.
ugoagnoletto
trasparenza.
Chi conosce persone che lavorino o abbiano lavorato nel settore pubblico sa come è presente la corruzione e l’uso indebito dei beni pubblici, su, su fino alla grande politica. Una volta che uno entra nella corruzione, è poi ricattabile all’infinito. Allora, chi può dire o è in grado di sanare la corruzione? Per me siamo a un punto di non ritorno. Tagli fatti di quà e di là difficilmente elimineranno privilegi e corruzioni e abitudini a fare la cresta consolidate. Siamo come in un’azienda in cui ogni ufficio ci mangia sopra all’insaputa degli altri.
ugoagnoletto
la crisi sarà presa sul serio quando la gente, cioè noi, invece di scrivere soltanto quello che si pensa, si comincia a fare quello che si dice. Ma nessuno vuole arrivare seriamente a questo perché le rivoluzioni si sa dove cominciano, ma non dove finiscano. I più preoccupati dovrebbero essere i politici. Ma come possono pensare di uscirne salvi continuando a compiere ingiustizie e soprusi!
rosario
Vorrei fare un po’di dietrologia e mi viene da considerare che forse questa crisi non è (tanto) temuta da chi ci governa perchè ritengo che sia governabile (cioè un momento prima dell’incendio sbuca fuori il secchio d’acqua già predisposto) e soprattutto sia funzionale agli scopi che la tendenza economica selvaggia e liberista di questi sfortunati anni sta portando avanti: resettare le conquiste sociali finora ottenute per rendere più agevole il governo dell’oligarchia finanziaria e cercare di spremere più soldi possibili dalle tasche dei cittadini prima dell’inevitabile ondata di rigurgito popolare. In fondo basta che qualche grossa banca venda le sue posizioni obbligazionarie (pagate poco grazie alla BCE) per guadagnare ancora maggiori interessi di debito pubblico e orientare a piacere, riacquistando graziosamente a capriccio le stesse obbligazioni (allo scoperto, s’intende!). Qualcuno, come direbbe Pasolini, sa … ma non non lo si può dimostrare (..anche se con il Libor e l’Euribor…). Avete notato poi come dopo aver orientato il voto dei greci sia l’FMI sia la Germania abbiano tirato indietro la manina che avrebbe dovuto aiutare? Ma non esiste un giudice nell’universo?
giordano
Buongiorno a tutti,
avrei alcune domande per il prof. Giannuli e per chi vorrà rispondere.
Keynes sosteneva che pensare di uscire da una recessione con una politica monetaria espansiva è come cercare di estrarre del sangue da una rapa, pertanto (per farla breve) suggeriva una politica di investimenti nell’ economia reale.
Ora, considerato che il nostro caro Monti è un economista di primo livello che sicuramente avrà studiato in modo approfondito teorie e crisi economiche nelle migliori scuole d’europa , come mai sta facendo esattamente l’opposto di ciò che serve per uscire dalla crisi? Come mai continua, da una parte a cadere nella famosa trappola della liquidità e dall’ altra a ridurre ( a forza di tagli ) la domanda aggregata del nostro paese?
Ma non sarà che gli obiettivi effettivi che vuole raggiungere siano diversi da quelli dichiarati ?
Grazie
aldogiannuli
Credo che la realtà sia più semplice di quello che lei pensa: Monti non è un economista, non ha mai scritto nulla di significativo ed è solo un ragioniere prestato alla politica. Per il resto è uno che deve fare quello che gente molto più forte gli dice di fare
giordano
Mi scusi se insisto,
ma questa gente molto più forte secondo Lei dove vuole arrivare ?
Il loro obiettivo è veramente quello di farci uscire dalla recessione (seguendo evidentemente strade non keynesiane) oppure c’è altro ?
Perché da profano l’unica cosa che vedo è che lentamente con la scusa dei tagli si sta smontando il nostro sistema sociale a partire dalla sanità pubblica passando per l’istruzione , le tutele del lavoro..etc
aldogiannuli
I poteri forti sono interessati ad uscire dalla crisi, ma alla condizione che resti in piedi l’attuare architettura di potere sociale economico e politico, di qui lo smantellamento di quel che resta dello stato sociale
mile
io però ho l’impressione che il vero problema operativo per poter superare questa situazione di stallo sia dato dal fatto che oggi mettere in discussione il diritto del liberismo economico verrebbe definito e liquidato come atteggiamento sovversivo, antidemocratico, antistorico e pertanto da reprimere subito.
Forse era meglio bombardare wall-street piuttosto che Tripoli….
aldogiannuli
su questo personalmente nion ho nessun dubbio
enrico
Sono impressionato dalla qualità delle informazioni su questo sito. Ci sono un sacco di buone risorse qui. Sono sicuro che visiterò di nuovo il vostro blog molto presto.