La Crisi Irachena e l’Avanzata dell’ISIS in Kurdistan

La situazione sul terreno nel centro nord dell’Iraq.

Di Lorenzo Adorni.

Quando analisti ed esperti si riuniscono per discutere il ruolo della distribuzione della forza militare nell’area mediorientale, fra valutazione di sistemi d’arma, capacità di offesa e deterrenza, può accadere che a qualcuno sorga un dubbio: “Ma, nel caso di una crisi, sono disposti a combattere?” Domanda tutt’altro che banale.

Derivante da una problematica concreta. In ultima istanza, la guerra non viene condotta dai numeri nelle tabelle e dalle ipotesi degli analisti, ma da uomini presenti sul terreno. Persone che hanno propri legami di appartenenza in grado di esercitare influenze determinanti. In particolar modo in medio oriente.

Chi è chiamato a prendere parte in guerre che non percepisce come “proprie ”, se può non combatterle, non le combatte. E’ in questo modo che gli eserciti scompaiono. E’ in questo modo che gli armamenti vengono abbandonati sul terreno. Se non direttamente venduti. E’ in questo modo che le armi finiscono, poi, nelle mani del nemico. E’ per questo motivo che la notizia della sostanziale scomparsa dell’esercito iracheno, di fronte all’avanzata dell’ISIS nel centro nord del paese e nella provincia di al Anbar, non ha suscitato stupore fra gli esperti. Si è trattato di un evento prevedibile.

Ma la situazione è divenuta critica nel momento in cui i miliziani dell’ISIS hanno iniziato ad avere la meglio anche nei confronti dei peshmerga curdi.

Ai primi di agosto le città di Sinjar e Qaraqosh, nel nord dell’Iraq, sono cadute nelle mani dei miliziani sunniti fondamentalisti. I combattenti curdi sono stati costretti a ritirarsi, e con il loro ritiro ha avuto inizio l’esodo dei civili yazidi e cristiani.

Mossul era già caduta agli inizi di giugno. L’offensiva dell’ISIS, dopo aver trovato sbarrata la strada per Baghdad da una discreta resistenza attuata da miliziani sciiti e da truppe iraniane giunte in territorio iracheno, si era ridiretta verso nord, avanzando nel Kurdistan. Qui, i peshmerga si sono ritrovati in prima linea, scarsamente armati, a combattere contro una milizia ben addestrata e munita dei veicoli blindati abbandonati dall’esercito iracheno in fuga. Non c’è stata possibilità di opporre la resistenza necessaria a contenere l’avanzata dell’ISIS.

Successivamente alla caduta di Sinjar, la situazione sul terreno è precipitata ulteriormente. La linea del fronte si è attestata a breve distanza da Erbil, capoluogo della regione autonoma curda. Un’eventuale caduta di questa città avrebbe permesso all’ISIS di conquistare ampia parte del nord est iracheno, consentendo poi una ripresa dell’avanzata verso Baghdad in maniera più incisiva, senza problemi nelle retrovie.

Mentre nelle settimane precedenti, di fronte ai miliziani sunniti che iniziavano a dilagare in territorio iracheno, il governo centrale di Baghdad e i curdi si sono rifiutati di concedersi reciproca assistenza, ora, al Maliqi, anche a seguito delle pressioni americane, si è visto costretto ad acconsentire all’invio dell’aviazione irachena a supporto dei peshmerga curdi. Si tratta però di un aiuto tardivo, che non porta nessun beneficio effettivo alla situazione militare sul terreno. Cadono così nelle mani dell’ISIS Gwer e Mahmour, due centri minori ma strategicamente fondamentali, distanti poche decine di chilometri da Erbil.

Ora è la stessa Erbil ad essere direttamente minacciata. Fra il capoluogo del Kurdistan iracheno e l’ISIS non rimane più nessuna linea difensiva sostenibile. Le richieste di aiuto dei peshmerga, indirizzate direttamente a Washington, si fanno più insistenti. Erbil è sede di un consolato statunitense con numerosi funzionari ed esperi militari americani. Per la Casa Bianca si apre quindi uno scenario nuovo. Gli Stati Uniti sono chiamati a difendere direttamente i propri uomini dislocati in zona.

A ciò si aggiunge il fatto che i curdi del nord Iraq sono dei validi alleati regionali degli americani. Si sono dimostrati tali sia durante l’invasione del 2003, quando il loro territorio è servito come retroterra logistico dell’esercito statunitense, sia nel decennio seguente, quando il resto dell’Iraq cadeva vittima di una devastante guerra civile.

Alleati che, fin dagli anni novanta, davano ospitalità agli esperti statunitensi che conducevano la lotta clandestina al regime di Saddam Hussein. Inoltre, il Kurdistan iracheno ha svolto, e svolge, un discreto ruolo di contenimento delle influenze iraniane nel nord dell’Iraq.

Tuttavia, un aiuto militare diretto, a sostegno dei peshmerga curdi, avverrebbe in un contesto politico particolarmente delicato. Potrebbe favorire un’ulteriore disgregazione dello stato iracheno e peggiorare i rapporti, già estremamente conflittuali, fra al Maliqi e Washington. Obama, dopo le recenti elezioni irachene, ha chiesto più volte all’ex primo ministro di farsi da parte.

Quest’ultimo, nel tentativo disperato di difendere Baghdad e il suo governo, si è rivolto ai russi per avere a disposizione aerei da caccia, e agli iraniani per predisporre la difesa della capitale sul terreno. Teheran ha quindi provveduto ad inviare in Iraq truppe scelte a difesa della capitale. Per gli iraniani al Maliqi è sostituibile, ma è utile sacrificarlo nel momento opportuno. I vertici della teocrazia iraniana non sono disposti ad accettare l’eventualità che il vicino stato iracheno si trasformi in un califfato sunnita, potenzialmente destabilizzante per lo stesso Iran. Gli ayatollah si ritroverebbero un’emanazione militare del regno saudita sulla porta di casa. Una minaccia intollerabile.

La Casa Bianca è a conoscenza del fatto che, senza un proprio intervento militare, la situazione sul terreno diverrebbe insostenibile sia per i curdi prima, che per Baghdad successivamente. I funzionari americani presenti in Iraq si muovono quindi per sbloccare la situazione politica, tentando di convincere l’ormai ex primo ministro al Maliqi ad accettare l’aiuto militare statunitense a favore dei curdi, dopo che il medesimo aiuto era stato negato allo stesso governo di Baghdad. Ma ormai lo spazio di manovra dell’ex primo ministro è ridotto a zero. La sua sostituzione è questione di ore.

Obama conferisce il via libera all’intervento militare dell’aviazione statunitense. Fra l’8 e il 9 agosto hanno luogo una prima serie di raid. I bombardamenti non sono solo limitati alla difesa delle postazioni curde nel nord dell’Iraq, nei pressi di Erbil, ma consento anche ai peshmerga di passare ad un parziale contrattacco riconquistando Gwer e Mahmour, cadute nei giorni precedenti.

L’avanzata dell’ISIS nel Kurdistan iracheno è stata momentaneamente fermata.

Lorenzo Adorni

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Aldo Giannuli

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Comments (21)

  • una volta eliminato al maliki, lasciati in pace curdi e cristiani strumentalmente utilizzati per consentire il rienttro usa in iraq, il “califfo” baghadi punterà verso la siria, il vero obbiettivo. intanto gli usa impianteranno batterie missilistiche per intercettare gli aiuti iraniani ad assad.
    come si poteva pensare che “l’occidente” avesse rinunciato al suo progetto?

  • Manca il Rojava nella descrizione degli attori regionali.
    Sicuramente io mi sono informato presso fonti partigiane e quindi anche d parte, però mi pare che abbia veramente un peso importante. SI parla di decine di migliaia di curdi yazidi in salvo in Rojava, villaggi riconquistati e soprattutto una offensiva ISIS già respinta a Kobane.

  • Che il SIIL si sia potuto armare raccattando le armi perse per strada dell’esercito iracheno dissolto fa semplicemente ridere. Omettere che essi siano stati foraggiati in Siria prima di attaccare l’Iraq è ancora più insopportabile. Il SIIL è un sostanziale prodotto di Cia e Mossad, come Hamas o la stessa Fratellanza. Lo stesso Al-Baghdadi pare essere un agente del Mossad (ci sono foto che paiono ritrarlo con McCain, ma su questo ci andrei cauto) quindi difendere l’idea che il SIIL sia nato dal nulla è una falsificazione intollerabile.

  • Perché si parla solo dei peshmerga?
    Qui di seguito un testo importante sul ruolo dei/delle combattenti del PKK che, lo ricordo, a tutt’oggi è nella lista delle ‘organizzazioni terroristiche’…

    Le forze delle YPG e del PKK: Gli eroi non celebrati della guerra contro lo “Stato Islamico”

    Il collaboratore esterno, il Dr. Saladdin Ahmed, ha conseguito il suo Ph.D in filosofia all’Università di Ottawa.Ha insegnato nei dipartimenti di scienze politiche e sociologia dell’Università di Duhok nell’anno accademico 2013-2014. Sta lavorando ad un libro dal titolo, “La distruzione di Aura e lo spazio totalitario.”

    L’agenda fascista dello Stato Islamico (IS) rispetto alla popolazione yezida dell’Iraq non era un segreto per nessuno. Ma le forze dei Peshmerga del presidente del Governo Regionale Curdo (KRG), Massoud Barzani, che aveva promesso protezione agli yezidi di Sinjar e delle aree circostanti li ha abbandonati senza preavviso dopo che erano stati attaccati, lasciandoli al loro destino nelle mani dell’IS. Il risultato è stato un genocidio.

    D’altra parte i curdi siriani stanno combattendo gli jihadisti, incluso IS, da oltre un anno. Hanno fatto questa resistenza alle forze estremiste nonostante il rifiuto di Barzani di sostenerli, anche solo togliendo l’embargo economico sul Kurdistan siriano. Sono stati i curdi siriani che sono andati in soccorso degli yezidi intrappolati sul monte Sinjar. In mezzo all’intrigo internazionale in crescita e il plauso per i Peshmerga del Kurdistan irakeno, il ruolo delle Unità di Difesa del Popolo (YPG) del Partito dell’ Unione Democratica (PYD) e del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) è stato seriamente ignorato.

    Per ricapitolare: il 3 agosto le forze del Partito Democratico del Kurdistan di Barzani (KDP) hanno disertato le loro posizioni in ed attorno a Sinjar lasciando centinaia di yezidi e altre minoranze religiose alla mercé dello Stato Islamico (IS). Dato che le forze del KDP non hanno informato i civili della loro cosiddetta “ritirata,” e perché il tutto è successo senza che ci fossero effettivamente combattimenti, la gente di Sinjar si è svegliata quella mattina trovandosi sotto la bandiera nera dello Stato Islamico.

    IS, considera il genocidio degli yezidi come un dovere religioso, da allora ha catturato centinaia di ragazze e donne yezide e le ha costrette alla schiavitù sessuale. Allo stesso tempo risulta che gli yezidi che hanno avuto la possibilità di fuggire sul monte Sinjar sono stati fuorviati da falsi rapporti da parte dei media del KDP secondo i quali i Peshmerga avevano liberato Sinjar, facendo sì che alcuni profughi scendessero dal monte, solo per trovare i miliziani dell’IS che li aspettavano per massacrarli.

    Nei giorni successive i Peshmerga del KDP non solo non sono riusciti a riconquistare Sinjar come promesso, ma altre città sono cadute nelle mani dell’IS. Quando IS continuava ad avvicinarsi alle vicinanze a sud di Erbil e si è sparso il panico tra la gente della capitale curda irakena, pare che migliaia di appartenenti al personale della sicurezza del KDP abbiano smesso di presentarsi al proprio posto e le richieste del KRG per un intervento militare americano sono iniziate sul serio.

    L’8 agosto, quando l’attenzione del mondo era rivolta alla decisione degli USA di impegnarsi di nuovo militarmente in Iraq e i Peshmerga di Barzani continuavano a disertare le proprie posizioni, le donne curde siriane e i combattenti uomini delle YPG, insieme ai loro compagni del PKK si erano già spostati da Rabiya verso la regione di Sinjar e nella città di Makhmur per difendere le aree lasciate vuote dalle forze del KDP. Ci sono persino rapporti secondo i quali avevano mandato forze a sud fino a Kirkuk per fermare l’offensiva dell’IS.

    Nonostante i loro equipaggiamenti molto scarsi, in particolare a fronte degli armamenti avanzati dell’IS, dei quali molti abbandonati dall’esercito irakeno a Mosul, e il perdurare della lotta attraverso il confine nel Kurdistan siriano per respingere IS da villaggi e città nel Rojava, YPG e PKK si sono rivelate come le forze più competenti sul campo. Già il 4 agosto, il giorno dopo che migliaia di yezidi erano fuggiti sul monte Sinjar, viene riferito che guerriglieri delle YPG stavano proteggendo la gente dagli attacchi dell’IS.

    Oltre all’embargo economico contro i curdi siriani da parte del KDP insieme alla Turchia e alle forze dell’IS. Per rafforzare l’embargo contro il Rojava, il KDP ha anche scavato un fossato proprio lungo il confine che per i curdi ha sempre rappresentato occupazione e ingiustizia. Ciononostante le YPG e il PKK hanno messo da parte le dispute politiche con Barzani in questo momento di crisi nel Kurdistan irakeno. I curdi del Kurdistan occidentale (Rojava) e settentrionale (Bakur) hanno combattuto l’IS ai confini della regione del Kurdistan in Iraq che dovevano essere protetti dal KDP di Barzani. Inoltre, se non fossero intervenuti in modo così forte per combattere l’IS, forse nemmeno l’intervento americano sarebbe stato in grado di salvare Erbil.

    Le lezioni da trarre da questo atto di solidarietà non si esauriscono nei metodi efficaci per combattere gli jihadisti – anche se con la vasta esperienza che le YPG hanno maturato su quel fronte andrebbero da tutti sollecitati anche consigli di questo genere. Il Kurdistan irakeno può e deve anche imparare dal Kurdistan siriano come attuare politiche più inclusive sotto tutti gli aspetti del governare, inclusa la loro struttura e il funzionamento delle forze armate.

    Come il Rojava, il Kurdistan meridionale dovrebbe coinvolgere i diversi popoli della regione, non solo i curdi etnici e non solo gli uomini. In questo modo la grande regione del Kurdistan, nonostante i confini che separano ciascuna delle parti sarà unita nel suo impegno per staccarsi dalle politiche razziste che hanno dominato le politiche degli stati-nazione del Medio Oriente per decenni.

    Infine, nel caso probabile in cui IS sotto la pressione dei bombardamenti americani contro le sue forze in Iraq presto manderà più forze in Siria, i curdi siriani continueranno a pagare un prezzo pesante per l’incapacità degli attori politici di mettere un freno a questa creazione arabo-sunnita. In effetti, a seguito dell’abbandono delle proprie postazioni e di armi americane avanzate da parte dell’esercito irakeno a Mosul il 9 giugno e solo due giorni dopo nella città di Tikrit, l’IS ha prontamente portato le armi conquistate in Siria dove da allora hanno sferrato attacchi contro I curdi siriani con ferocia ancora maggiore.

    In questo contesto, non solo I curdi irakeni, ma la Comunità Internazionale nel suo complesso, dovrebbero ricordarsi dei sacrifici del Rojava nella crisi in atto in Iraq. Il Rojava si è guadagnato il diritto alla solidarietà e al sostegno della Comunità Internazionale attraverso la resistenza contro le forze dell’oscurità.

    Traduzione a cura di Retekurdistan

    Tratto da http://new-middle-east.blogspot.ca

  • gianfranco d'atri

    Potreste analizzare il saggio di Grillo/Dibattisat sul blog e spiegarne le conseguenze nella politica estera italiana?grazie

  • @gianfranco d’atri
    simpatica la ricostruzione storica, ma perché prenderla così lunga per dire che il tea party e la politica guerra fondaia di bush ha creato un vuoto riempito da un nemico che fa paura tutti.
    cmq concordo sia sul superamento del trattato Sykes-Picot per una definizione dei territori culturali, sia sulla questione terrorismo chi sa se gli abbonamenti annuali li aboliranno(-?-).

    potremmo goderci un bell’incontro sul ring mediatico tra Mogherini e M5S

  • Il post sul blog di Grillo, per rispondere all’amico grillino, è un buon segnale della maturazione di un punto di vista critico in materia di politica estera da parte del M5s. L’analisi storica impeccabile dell’articolo,la valutazione saggia delle conseguenze nefaste della sudditanza europea all’unilateralismo degli usa sono segnali da cogliere in maniera positiva, insieme all’articolo di Pritchard sul Telegraph, di una valutazione più oculata e ragionata delle conseguenza degli attuali indirizzi di politica estera e interna italiane al traino di un’europa suddita degli usa. Il m5s deve capire che se non si pensa a tirare fuori l’italia dalla tonnara dell’euro e in un europa senza euro rinnovata non si vorrà emanciparsi dai maneggi sporchi degli americani per l’italia sarà la rovina. Ci pensino loro a tirare fuori l’italia dal pantano. Sono l’unica alternativa al suicidio di un grande paese.

  • chiarimento:

    – gli armamenti abbandonati dall’esercito iracheno hanno consentito all’ ISIS di aumentare notevolmente le proprie capacità di fuoco e rapidità di spostamento. Detto ciò nessuno dimentica il supporto fornito da altri governi a questo gruppo. Mi pare di averlo scritto… ” emanazione del governo saudita “

  • Chiarimento:

    – é ovvio che le politiche usa nelle regione hanno contribuito a creare un nuovo iraq debole vittima di una serie di problematiche. Ma qui ci siamo limitati ad analizzare quello che sta accadendo sul terreno. Le altre importanti questioni magari le affrontiamo in un prossimo momento.

  • Da quanto risulta YPG sta combattendo contro l’ISIS, già da tempo. Sono una forza con un certo grado di eterogenità al proprio interno, come del resto anche altre formazioni curde.

    Risulta inoltre che a fronte dell’avanzata dell’ISIS nel kurdistan iracheno, diverse formazioni curde hanno raggiunto un accordo per combattere in modo unito e coordinato i miliziani fondamentalisti sunniti. Fra queste ovviamente anche YPG.

    Come segnalava anche Nicoletta il ruolo di altre formazioni combattenti è stato spesso ignorato dai media.

    Se ne avremo l’occasione non mancheremo di trattare questo aspetto.

  • Xlorenzo adorni
    ma sauditi e emirati vari, dato che foraggiano questi elementi che non sono certo un esempio di condivisione [nemmeno su facebook], il loro atteggiamento non sarà indice di una volontà autoritaria che l’occidente dovrebbe portare a più miti consigli?-:-?

  • Il finanziamento da parte dei sauditi ( e altri) rientra ( ma non solo ) in una logica di contrasti fra attori regionali. Da un lato l’Iran e i suoi alleati, fra cui il regime siriano e hezbollah, dall’altro l’Arabia saudita e altri stati del golfo.
    La Turchia ha cercato di ritagliarsi un ruolo da potenza regionale di primaria importanza ma al momento ha fallito.

    La situazione è molto complessa e non è possibile trattarla qui.

    Tuttavia qui è utile ricordarsi che un disinteresse sempre più elevato da parte delle potenze occidentali, in questa situazione, potrebbe portare ad un maggior incertezza e instabilità regionale, con un proliferare di attori e gruppuscoli attivi nei diversi scenari di crisi.

  • Tanto x dare una ulteriore precisazione al ginepraio Iracheno/Siriano,Curdo ecc…
    A tuttoggi 17/08/2014 il PKK Curdo(cioé quello che aveva come leader Abdulha Oçalan)
    Risulta ancora nella lista nera dei movimenti terroristi del dipartimento di stato USA,x cui…
    Come volevasi dimostrare!
    un saluto
    Alexfaro

  • In passato gli stati uniti avevano un valido alleato nella Turchia.
    Paese in cui i golpe militari si sono susseguiti alla media di uno ogni dieci anni circa. Il fatto che alcune organizzazioni come il pkk siano rientrate e rientrino in queste Black list sottende anche alla logica del rapporto fra alleati.

  • Oggi a Parigi un commando armatissimo ha rapinato un principe (mi pare saudita) di 250 mila (dollari, euro).

    Hanno rischiato tanto per cosi’ poco?

    Forse cercavano altro: il servizio televisivo diceva che sono stati sottratti anche documenti “sensibili”.

  • Salve Prof Giannuli. Ho gia’ letto diverse volte di possibili collegamenti tra Istaele Mossad e Isis. Mi pare di capire dai suoi scritti che lei non metta queste relazioni al centro delle sue riflessioni.Mi piacerebbe sapere la sua opinione al riguardo. D’altro canto sento mti mussulmani roconoscere ISIS come uma vera e propria forza rivoluzionaria contro gli imperialismi. E non sto parlando di terroristi ma di persone comuni.Questo mi sembrerebbe un problema ben piu’ preoccupante che una semplice lotta per questioni di equilibri interni di potere del mediooriente. Grazie e un saluto.

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