La crisi della socialdemocrazia europea.
Per capire il senso politico generale delle elezioni europee e delle tendenze che si profilano, è importante analizzare gli spostamenti delle varie forze politiche, tanto dal punto di vista del loro peso elettorale, quanto da quello della loro allocazione nella mappa politica europea. Lo faremo un po’ per tutte le principali aggregazioni (sinistra radicale, popolari, liberali, euroscettici vari, verdi) cominciando dalla socialdemocrazia. Il primo dato evidente è che, salvo che per Germania, Portogallo ed Italia, ai partiti del gruppo socialista è andata proprio male: in Francia i socialisti sono precipitati al 14%, in Inghilterra al 24,7%, in Spagna al 23%, in Polonia raggranellano un magrissimo 9,7%come in Olanda dove sono al 9,4%, in Grecia l’8%. Anche nelle tradizionali roccaforti scandinave sono un pallido ricordo del passato, come in Svezia dove i socialdemocratici sono al 24,5%.
Per comprendere quale sia il segno della parabola descritta dalle socialdemocrazie europee, dobbiamo ricordare che sino agli anni ottanta, esse (salvo eccezioni locali come l’Italia, dove lo spazio “socialista” era occupato dal Pci) erano saldamente ben oltre il 30% e in diversi paesi superavano il 40%. Nei confronti di quegli anni, la socialdemocrazia ha perso circa il 40% del suo peso elettorale e la tendenza attuale è a scendere ulteriormente. I risultati migliori sono quelli della Germania, dove, però, la Spd si giovava della candidatura di Schulz e l’Italia, dove c’è il Pd che non è neppure un partito socialista e che, con la segreteria Renzi, si è cospicuamente avvicinato ai popolari.
I socialisti sono alla testa di ben pochi governi della Ue (fra quelli importanti solo Italia e Francia, dove però tracollano) ed, al massimo sono i partner di secondo piano di grandi alleanze (come in Germania).
Le tendenze elettorali che emergono dalle urne del 25 maggio dicono che nella maggior parte dei paesi europei i socialisti hanno ben poche possibilità di vincere in un prossimo periodo se non in coalizioni di sinistra o di centro-sinistra e, spesso sono secondi.
Fra i 6 paesi più importanti (Germania, Francia, Inghilterra, Italia, Spagna e Polonia) i socialisti possono realisticamente battersi per conquistare una maggioranza relativa in Italia ed Inghilterra, con molta fortuna potrebbero farcela in Spagna, e non hanno quasi nessuna probabilità in Germania, mentre la situazione è semplicemente disperata in Francia e Polonia.
Dunque, nel complesso, possiamo parlare di tendenze di lungo periodo al declino della socialdemocrazia europea. Un quarto di secolo fa la socialdemocrazia cercò di adeguarsi ai nuovi tempi con la svolta neo liberista che si espresse nella formula del new Labour di Blair subito seguita dalla Spd di Schroeder e dall’evoluzione del Pci in partito liberale con il Pds prima, poi Ds e Pd. Con qualche resistenza ulteriore, lo stesso cammino venne intrapreso dai socialisti francesi e spagnoli.
A distanza di poco meno di 25 anni, possiamo dire che la formula del new Labour è sostanzialmente fallita, portando i socialisti ai risultati più bassi della loro storia. A determinare questo risultato hanno contribuito diverse cause, prima fra tutte la liquidazione dello Stato sociale, la grande creazione storica della socialdemocrazia. Accettandone lo smantellamento, i socialisti hanno segato il ramo su cui stavano seduti, perché hanno sciolto il blocco sociale che li sosteneva.
Ma a questo ha contribuito anche la liquidazione della manifattura in gran parte dell’Europa che ha fatto scendere fortemente il peso della classe operaia e dei suoi sindacati, tradizionale punto di forza delle socialdemocrazie. Ma va detto che anche in Germania, dove la manifattura ha ancora un peso notevole e la classe operaia è ancora abbastanza numerosa, la Spd ha perso notevolmente peso ed in Inghilterra, Francia ed Italia settori cospicui della residua classe operaia si sono orientati verso partiti populisti di destra come la Lega, il Fn o, in questa fase, l’Ukip. In questo hanno inciso anche le reazioni all’immigrazione (illuminante è il caso di Marsiglia, da tempo roccaforte del Fn). D’altra parte, la socialdemocrazia non ha mostrato alcuna capacità di attrazione verso il vasto mondo del precariato che si è affidato all’astensione o, occasionalmente, ha votato per i verdi, la sinistra radicale o, in questa fase, il M5s.
Ne è derivata una sorta di “socialdemocrazia dei ceti medi”, che, in molte situazioni, si riduceva ulteriormente ad una “socialdemocrazia degli impiegati pubblici e privati”, stante la tradizionale diffidenza reciproca fra sinistra e lavoratori autonomi. A questa base impiegatizia si aggiungono pezzi residui di classe operaia, pensionati, e un ceto medio rampante di professionisti, operatori finanziari, frange intellettuali e burocrati di partito e sindacato.
Cioè lo spettro di una base sociale ristretta, che difficilmente può aspirare ad essere maggioritaria (ed infatti, l’attuale socialdemocrazia si colloca fra il 20 ed il 30% in fascia largamente sub maggioritaria) e, per di più, con una alta percentuale di ultrasessantenni che fa presagire un ulteriore declino per ragioni strettamente demografiche.
Alla testa di questa specie di blocco sociale, si è posta quella borghesia rampante descritta poco sopra, sostanzialmente parassitaria ed inetta, che si bea della retorica della globalizzazione ed è stata la punta di lancia della penetrazione liberista in seno alla socialdemocrazia.
Il fallimento della formula New Labour è in queste dinamiche che promettono di proseguire ed approfondirsi.
E qui occorre porsi un interrogativo: ha ancora un ruolo la socialdemocrazia? E quale è? Non c’è dubbio che ancora per una fase politica di non breve periodo, la socialdemocrazia continuerà ad essere uno dei poli più importanti del sistema politico europeo ed il suo declino sarà probabilmente lento: il blocco di interessi che la sostiene (dagli apparati burocratici alle nicchie finanziarie al ceto para politico dei consulenti ecc.) è ancora abbastanza forte da riprodursi ancora per diverso tempo e può sempre contare su quei meccanismo inerziali (illusioni ideologiche, voto utile, voto consuetudinario, ecc) che fanno da paracadute. A meno di svolte repentine e particolarmente drammatiche della crisi, è realistico pensare che il declino della socialdemocrazia si trascinerà per diverso tempo ancora, ma sarà comunque inevitabile. Di fronte a questo, ci sono tre vie di fuga possibili e tutte prefigurano una sostanziale “rottamazione” della socialdemocrazia. La prima è quella che viene dall’interno stesso dei partiti “socialisti e democratici”, guidata dalle frange più spregiudicate del suo ceto politico, con l’appoggio dei rampanti: liquidare ogni residuo socialista e trasformare il partito in liberale, perfettamente fungibile agli altri. E’ quello che ha proposto l’ala della Spd che vuole rimuovere anche il nome ed il simbolo, ed è quello che sta facendo Renzi, che ha trasformato il Pd in una sorta di lista Monti con base di massa dandogli il leader giusto. Monti era una buona imitazione di un economista ma era noioso ed aveva il carisma di un palo della luce. Renzi non è un granchè, ma è già più simpatico e pop.
Il limite di questa ipotesi sono le resistenze opposte dalle frange dello stesso ceto politico e, soprattutto, sindacale, che temono di essere emarginate nel processo di trasformazione. D’altra parte, rinunciare a nome e simboli è sempre rischioso nei confronti della propria base più anziana e la socialdemocrazia ha una fetta importante del suo elettorato di questo tipo.
La seconda via di fuga è quella della base popolare che si lascia irretire dalla deriva populista e va ad ingrossare le fila dei vari Fn ed Ukip. Ma difficilmente questa tendenza andrà molto oltre i limiti già raggiunti. E’ però possibile che ancora delle frange si stacchino in questa direzione.
La terza via di fuga è quella che definiamo alla Syriza o alla Linke: il ricongiungimento di pezzi di socialdemocrazia con la sinistra radicale per dar vita a formazioni capaci di costituire una valida alternativa alla fuga verso i lidi populisti. Sui limiti di questa formula scriveremo nel prossimo articolo.
In ogni caso, è probabile che per i prossimi 5-10 anni la socialdemocrazia, similmente a liberali e verdi, avrà essenzialmente un ruolo caudatario dei popolari nel super partito “europeista” (dove per “europeista” si intende difensori di questa Europa tecnocratico-finanziaria così come è). Ma rinunciando del tutto ad un autonomo ruolo strategico: la “sinistra inutile” che ostacola la formazione di una sinistra vera.
Aldo Giannuli
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Camillo Jimmy Fiorito
Ottimo. Aggiungerei l’inadeguatezza o meglio l’impossibilità di applicare misure Keynesiane – altro cavallo di battaglia di socialdemocratiche e Democrat (in U.S.) in questa e nelle prossimime crisi economiche, che saranno peggiori (mannaggia a chi non legge più Marx).
Per quanto riguarda una Syriza italiana, già sento puzza del solito accordo di segreterie di partitini. Speriamo di poterlo sventare.
leopoldo
hola
SantiNumi
Quello che il piddo-€uropeista non capisce, è che la Socialdemocrazia noi l’abbiamo scolpita in Costituzione.
Costituzione che è “socialista” e, quindi, anti-liberista e ANTI-LIBERALISTA.
Se i Padri costituenti avessero voluto una Costituzione “liberale”, avrebbero fondato la Repubblica anche sulla “libertà” come, appunto, proposero nel ’48 i Liberali.
Fu rigettato: come fu rigettata la proposta comunista di fondarla sui “lavoratori”.
La proposta accettata dai Padri fondatori fu quella di Fanfani: “fondata sul lavoro”.
Cosa significa?
Significa che il “liberalismo” (ovvero quello delle “libertà negative” di stampo anglosassone), non solo quello “economico” in italiano “liberismo”, è stato ritenuto contrario ALL’UGUAGLIANZA SOSTANZIALE dell’Art.3 Cost.
Le Democrazie costituzionali europee, di cui quella italiana è regina, non hanno attualmente né sovranità né rappresentanza politico-culturale.
Ma questo processo sta galoppando dal ’78 (non solo perché sono morte la politica sovranista con Moro e l’intellettualità con Basso): il VINCOLISMO, latente da decenni a causa dello spauracchio sovietico, ha permesso la nuova feudalizzazione del pianeta stritolando le socialdemocrazie DALL’ESTERNO.
Quando Volcker ha dato il “LA” dalla Fed, la compressione dei diritti sociali e individuali ha iniziato a strangolare tutto il mondo libero.
Con le stesse modalità VINCOLISTE usate dai tempi del colonialismo.
Per capire come riattivare la Socialdemocrazia (l’unica VERA Democrazia possibile, stando a Mortati), è necessario far capire cosa è il VINCOLISMO (che è l’ideologia che ha partorito la “shock economy”).
Il VINCOLISMO è l’ideologia su cui si fonda TUTTO l’€uropeismo. (Il VINCOLISMO è presente anche nella corrente LIBERAL-sociodeché? spinelliana, ab origine, da quel manifesto einaudiano vergato a V€ntot€n€)
Che il compito di estirpare questo fascismo globo-feudale spetti – ad ora – agli Americani, non ci son dubbi. Sono la causa degli squilibri del pianeta.
Che spetti agli intellettuali fare anti-fascio-vincolismo per conservare come nel triste ventennio il lume da riaccendere per una nuova fase costituente, è certo.
Non si vorrà lasciare la cultura alla discrezione dei frati amanuensi ancora per un paio di millenni di oscurantismo?
paolo raffone
Caro Aldo, le tue sconsolate considerazioni sul processo di declino della socialdemocrazia, e sulla sua trasformazione da socialista a liberale, sono condivisibili. Anch’io ho la sensazione che il tempo “dell’alternativa” di sistema sia molto lontano, perlomeno in Europa. Sarebbe interessante capire se e come le mentalità delle popolazioni europee sono cambiate negli ultimi 40-50 anni. Ci servirebbe uno studio antropologico e demografico pan-europeo sullo stile di quelli che Emmanuel Todd conduce così bene sulla Francia. Purtroppo credo che se un cambiamento di sistema verrà dobbiamo aspettarcelo dall’Oriente. A meno che non s’acceleri il declino del dollaro e quindi degli Usa che potrebbero “liberare” l’Europa dalla “liberazione” di 70 anni fa.
giandavide
insomma, leggendo questo post sembra che la storia sia finita e che fukuyama abbia ragione. io non sono di queste idee e prederei in considerazione una quarta ipotesi, in cui il rampantismo perde il ruolo egemonico dopo la perdita consistente di voti (che sarà sempre maggiore) e in cui si tenta una mediazione di diverso tipo che argini queste meccaniche distruttive. lo so che la classe dirigente socialista sembra composta da persone ignobili, ma se arriveranno al punto in cui la socialdemocrazia scenderà sotto il venti ma sopra il dieci per cento, è difficile non pensare che si verificheranno cambiamenti che spariglino questo schema che già con le socialdemocrazie al 20% si dimostra obsoleto.
aspetto fiducioso i prossimi improperi contro quei sfigati di sinistra che non hanno ancora abbracciato la vera fede del populismo
Clemente
Bell’articolo.
Tuttavia noto qualche dato in controtendenza: in alcuni Paesi, come la Germania o la Spagna, se ai partiti socialdemocratici si sommano i voti dei partiti più radicali, vediamo che la “sinistra” nel suo complesso non è messa poi così male (in Germania si arriva al 45% con SPD, Linke e Verdi, in Spagna anche di più con PSOE, IU, Podemos e i partiti laici di centrosinistra, nei Paesi Bassi i partiti progressisti, pur divisi, prendono più voti di quelli di destra, ecc.). Il buco nero della sinistra è soprattutto nell’Europa Orientale, ma in Occidente i voti di per sé ci sono, anche se spaccati soprattutto sul tema europeo. Dove la sinistra è assente non è nei voti ma nella società. In fondo nell’Italia del 1948 la sinistra perse di brutto, ma era la Sinistra, quella vera. Se gli operai di Sesto San Giovanni o di Torino uscivano dalle fabbriche era una massa che faceva paura. La domanda di partecipazione anche oggi ci sarebbe (vedi manifestazione dei lavoratori dei call center, in passato i referendum sui beni pubblici), ma i partiti della “sinistra” di oggi non sono interessati alla cosa. Poi c’è il problema pratico di milioni di proletari (si può dire) che non hanno diritti politici perché cittadini stranieri. Tutte cose su cui riflettere.
Pierluigi Tarantini
@Aldo
Forse che i partiti popolari se la passano meglio in Italia, GB, Francia e Spagna?
Perfino la Merkel non mi sembra abbia avuto un gran risultato nonostante abbia fatto di recente concessioni sul fronte pensionistico e salariale che neanche nel paese di Bengodi.
Non è che i cambiamenti economici, demografici, sociali in atto stravolgono il mondo che conosciamo ed allo smarrimento consegue la deriva populista e/o l’astensione?
Auspichi l’avvento di una sinistra vera intendendo come tale quella antagonista al super partito “europeista”.
Ma non c’era da sperare nella maturazione dei promettenti grillini?
Pierluigi Tarantini
Ps.
Mi sorge un dubbio atroce: non è che speri che sinistra vera possa diventare Grillo, magari dopo un accordo con Farage?
Vincenzo Cucinotta
Caro Aldo,
sulla socialdemocrazia la penso un po’ diversamente da te. Tu accentui i caratteri soggettivistici del declino, come se la responsabilità sia ascrivibile a Blair ed ai suoi epigoni. Al contrario, io penso che la straordinaria fortuna di tali partiti nel ventennio sessanta/settanta sia dovuta a una serie impressionante di condizioni contingenti favorevoli, che di seguito riassumo:
– la volontà di superare le divsioni tra nazioni a seguito delle tragedie della seconda guerra mondiale che ne hanno premiato le caratteristiche internazionaliste,
– la crescita impetuosa del PIL che ha favorito il sorgere stesso dello stato sociale in clima di piena occupazione, premiando le ispirazioni keynesiane,
– l’esistenza del blocco sovietico che teneva i capitalisti sotto pressione ed alla ricerca di forme di convivenza pacifica interclassista.
Una volta che questi fattori oggettivi sono venuti meno, è venuto meno lo stesso ruolo delle socialdemocrazie, mai realmente fondate su una teoria politica consolidata.
Dissento anche sul prospettare che tu fai delle vie di fuga. Elettoralmente, avrà sicuramente un senso, ma nei fatti in politica ogni cambiamento, fosse anche di semplice nome, diventa subito reale.
Insomma, io vedo la sparizione pura e semplice della socialdemocrazia e non vedo forme di eredità trasmettibili, finisce e basta così. Il quadro che avremo è a mio parere del tutto indecifrabile, proprio perchè sono convinto che questa crisi del capitalismo è davvero epocale e ciò non potrà che tradursi anche in stravolgimenti politici (altro che populismo agitato per scopi elettorali, vedremo ben altro!)
alberto
non capisco proprio cosa ci si possa aspettare ancora dagli uomini che si vogliono definire di sinistra; intendiamoci: non che essere di sinistra oggi sia diventato tabù, diciamo piuttosto che i vertici dei partiti, o di quello che resta, di sinistra, sono dei falsari di prima riga, ma che all’interno del mondo delle idee di sinistra ci sono ancora sicuramente ottime persone che a livello locale fanno sicuramente bene.
e dunque?
dunque occorre uscire dagli stereotipi, cioè spegnere il televisore e usare i giornali di regime come accenditori di stufe e ricominciare a imparare a usare la propria testa; cosa molto difficile per gente abituata all’idolatria del liderino di turno che promette prebende e continuità in cambio di feroci tagli ai servizi e precarizzazione strutturale non solo del lavoro ma pure della vita intesa come fenomeno sociale.
la socialdemocrazia, in un certo senso non ha perso come vuole evidenziare giannuli, la democrazia ha raggiunto il suo obiettivo: annullare la lotta di classe, creare un bacino elettorale costituito dal lavoro dipendente per reintroiettarlo in una dimensione neoliberista mascherata dal termine modernità; certo, oggi deve vedersela con fenomeni che in fondo aveva previsto perché ne puoi realisticamente fregare molti,ma non li puoi fregare tutti.
in italia il m5s sganciandosi dalla dicotomia destra-sinistra è stata l’unica forza che ha saputo raccogliere la contraddizione tra la redistribuzione iniqua lo sviluppo modernista, mista al fenomeno tutto sintomatico di una società priva di valori quali la corruzione, e ne ha fatto il vessillo per la sua ascesa, ma anche il suo attuale fisiologico stallo.
bene ha fatto giannuli a votare m5s perchè ha dimostrato coi fatti qullo che ho poc’anzi sostenuto e bene hanno fatto tutti coloro che hanno votato m5s perché hanno colto il vero segno della possibilità di un cambiamento.
chi invece crede ancora una volta ai sofismi dei collateralismi tra pd e il berlu (vuol dire capra in piemontese) mediati dal leghismo opportunista ma anacronistico, fa segno di: o non aver capito ancora che la lotta è tra chi vuole il risanamento e un uscita graduale ma definitiva dal capitalsimo finanziario con il ritorno a un economia basata sulla produzione di bene i servizi accessibili a tutti uniti dal patto sociale e non ai soli privilegiati; oppure di essere consapevole che il modernismo neoliberista sia l’unica e possibile ricetta per continuare a ricevere le prebende che fino ad oggi ha ottenuto, vedi per esempio i pensionati, i quali inconsci del fatto che le loro garanzie di oggi ben meritate, saranno trasformate dai politici attuali al potere nella tomba per le generazioni future mal meritata.
per questo i pensionati avrebbero dovuto scegliere m5s per tentare di garantire ai loro figli o nipoti le stesse garanzie che loro nel passato hanno ottenuto; intendiamoci, oggi le giovani generazioni non hanno le socialdemocrazie che per tenere a bada la lotta di classe e il muro di berlino hanno concesso al lavoro dipendente più di quanto non sarebbe stato dovuto, ma oggi la lotta è molto più dura a dispetto dei miglioramenti tecnologici del lavoro.
lungi da me una critica ai pensionati perché si capisce che non si deve pretendere da chi ha già lottato e duramente nel passato, solo si vorrebbe però una maggiore attenzione anche verso il presente.
e dunque non basta ammirare un bamboccio andare dalla de filippi con il giubbotto alla fonzie per risultare “ggiovane” e predicare il modernismo e le magnifiche sorti e progressive dell’umano consesso( tra l’altro fonzie è vecchio di quarant’anni; e voi direte appunto che era proprio lì che voleva far centro…..sul pensionato modernista, ggiovane);occorre anche sapere distinguere tra coloro i quali si fanno accompagnare da persone pulite e invece da chi si fa accompagnare da persone non pulite, sempre ammessa già la pulizia del bamboccione.
il socialdemocratico fassino che grida e giura dell’impunità del sindaco di venezia è credibile?
il socialdemocratico monte dei paschi di siena è credibile?
i socialdemocratici implicati nelle mazzette expo sono credibili?
oppure non è credibile chi denuncia in piazza le nefandezze e accompagnadosi a persone sconosciute ma comunque pulite di ergersi a paladino dei diritti ed aspirare a dirigere questo paese?
in italia gli elettori hanno deciso che è meglio un ladro sull’uscio di casa che un onesto in parlamento.
noi siamo un prodotto della socialdemocrazia senza tuttavia i benefici, almeno, della socialdemocrazia nordica.
ah, dimenticavo: tutto questa pappardella deve essere sempre misurata al netto dei brogli elettorali, perché nel caso in cui essi ci sono, ma noi lo possiamo solo eventualmente congetturare ( dico congetturare perché non voglio credere nella profonda idiozia del popolo italiano refrattario al cambiamento tout court), il discorso cambia in radice.
saluti
alberto
maurizio
In Italia vivono piu di un milione di immigrati rumeni,alcuni hanno partecipato alle recenti elezioni europee.Non una parola ho letto o sentito sull’esito elettorale in questo paese sui media e anche in questa analisi.Si tratta di un paese di 21.500.000 abitanti,dove il partito socialista ha ottenuto un risultato lusinghiero.
Capisco che per i partiti dell’est europa,le analisi sono piu difficili e sfuggenti e non si adattano a schemi precostituiti.Schemi che mi sembrano comunque inefficaci nel descrivere
una situazione politica per tutti cosi diversa da quella di qualche decennio fa.
Come ad esempio il collegamento tra un elettorato (sempre piu ristretto) e gli strati sociali.Dappertutto questi riferimenti sono saltati.
Non vorrei comunque che la dimenticanza relativa alla Romania e a tutto l’Est Europa fosse dovuto al razzismo piu volte manifestato da Farage nei confronti di questi popoli,mentre pare sia piu tollerante verso gli immigrati di provenienza Commonwealth
giandavide
comunque ho fatto benissimo a non votare lista tzipras. ritrovarmi un partito monocolore ferreriano andato in europa grazie al mio voto da un lato, e i renziani di sel che rinfacceranno ai non renziani che senza renzi c’è solo il ferrerismo è già abbastanza fastidioso. ma se avessi pure suffragato tutto sto schifo con il mio voto a quest’ora sarei incazzato come un’ape. la spinelli si rivela un personaggio improbabile e non all’altezza dei suoi articoli su repubblica, articoli tanto belli che parlano di un mondo diverso, ma tanto ridicoli pensando che questa presunta diversità si è risolta nel solito ferrerismo astioso e monodimensionale.
ma forse è segno che ormai la politica italiana si è incartata pesantemente nella dimensione del carisma personale, e il muro contro muro che tanto successo ha avuto tra l’elettorato piddino e grillino è stato risdoganato anche a sinistra grazie all’illuminata dirigenza della lista tzipras (in particolare la spinelli) che manca non solo di intelligenza politica, ma soprattutto di senso del ridicolo
giandavide
c’è un “grazie al mio voto” che mi sono scordato di cancellare
alberto ferrari
L’articolo mi sembra peccare di saccenteria. Se è scritto poi da uno di sinistra mi sembra anche masochistico. Inviterei a leggere Capitalismo contro capitalismo di Michel Albert. Sbagliato mettere Schröder tra i neoliberisti in quanto le sue politiche sono state profondamente Keynesiane.